Purificazione
radicale
di
Ajahn Chandapalo
© Ass.
Santacittarama, 2013. Tutti i
diritti sono riservati.
SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE
GRATUITA.
Traduzione di
Gabriella De Franchis.
Adattamento di un discorso dato nel 2006 in occasione del 25° anniversario del Monastero di Harnham (Aruna Ratanagiri), in Inghilterra.
Ajahn
Chandapalo è nato in Inghilterra nel 1957. E' entrato in monastero nel 1980,
prese upasampadā (accettazione nella comunità dei bhikkhu) con Ajahn
Sumedho al monastero di Cittaviveka nel 1982. Ha vissuto in tutti i monasteri
europei affiliati come pure un anno in Thailandia. Nel 1993 è stato invitato in
Italia, al Santacittarama. Dal 1996 ne è l’abate.
"In
quei primi anni sembra che ci siano state delle intuizioni importanti; la piena
realizzazione di queste intuizioni arriva quando impariamo gradualmente a
integrarle nella vita di tutti i giorni."
Oggi
celebriamo qui, al monastero di Harnham, il suo 25° anniversario. In termini
spazio-temporali, venticinque anni non sono altro che un battito di ciglia, ma
il fatto che alcuni dei membri più giovani dell'attuale comunità non fossero
neanche nati quando nacque questo monastero, ci da un’idea di questo arco di
tempo. Il mio contributo al suo iniziale sviluppo fu molto piccolo. Nel lontano
1981 vi trascorsi soltanto sei mesi, ma sin da allora, le mie visite sono state
regolari e, giacché sono un "uomo del Nord", ho un interesse
particolare nella evoluzione di questo posto. Anche per me sono circa
venticinque anni di vita monastica e, così, questo anniversario, mi ha dato l’occasione
di rivedere quei primi esordi e riflettere sul modo in cui si sono sviluppate le
cose da allora.
Il
mio primo ritiro di meditazione furono dieci giorni, da laico con Ajahn Sumedho,
a Oakenholt vicino a Oxford, nella Pasqua del 1979 e fu lì che un gruppo di
meditanti provenienti da Newcastle palesarono ad Ajahn Sumedho il loro desiderio
di potere offrire un luogo nel Northumberland, nel quale i monaci potessero
venire a praticare la meditazione. Fu da questo che in seguito mi ritrovai a
seguire Ajahn Sucitto come anāgārika, e a venire con lui ad
Harnham per aiutare nella costruzione di quello che sarebbe diventato il nostro
primo monastero affiliato in Gran Bretagna.
Costruire
un monastero
Arrivammo
qui a marzo di quell’anno. Ajahn Sucitto aveva detto che saremmo andati a
stare in una modesta casetta di campagna su di una collina – molto spartana,
ma i laici avevano in progetto di fare i lavori di ristrutturazione. Tutto
quello che volevano che facessimo era di vivere qui e praticare. Beh, alla fine
non fu proprio così. La casetta era davvero modesta: quattro stanze, due sopra
e due sotto, con una specie di spazio esterno posteriore in terra battuta,
quello che ora è la cucina. Avevamo un rubinetto d’acqua fredda con un
secchio sotto; alla fine arrivò qualcuno a mettere un lavello e questo, al
momento, ci sembrò un grosso miglioramento! C’era un wc, ma ancora senza un
vero muro tutto intorno, da un lato solo un paravento che si faceva scorrere per
chiudersi dentro, non c’era finestra, ma ci avevano fatto un buco. Mi ricordo
che un giorno, alla fine di aprile, ci fu una bufera di neve e Ajahn Sucitto
trovò circa tre centimetri di neve sulla tavolozza del water. Mettemmo insieme
del polietilene e dei pezzi di vecchia moquette e li inchiodammo sul buco del
muro, così potevamo usare il wc senza morire assiderati.
Anche
se era molto spartano, noi eravamo giovani e ci sentivamo dei pionieri, così
affrontammo le difficoltà che si presentavano. C’era anche un sacco di
energia positiva intorno. Ci sentivamo stimolati ad iniziare qualcosa di nuovo.
Mi alzavo al mattino e come prima cosa accendevo il fuoco nella stanza dove
facevamo le pūjā del mattino. Andavo nella stalla - dove ora
dormono i monaci, ma che ai tempi era la carbonaia – e prendevo un po’ di
legna e del carbone per accendere il fuoco. Durante la sessione avevo una parte
del corpo arrostita e l’altra ghiacciata e c’era qualcosa in me che voleva
che mi alzassi e mi girassi per scaldare l’altra parte – ma si supponeva che
questo non lo avrei fatto. Alla fine Ajahn Sucitto decise che era meglio non
accendere per niente il fuoco, così il freddo lo avremmo sentito uniformemente
dappertutto, pensava fosse la cosa migliore.
In
quella fase iniziale non c’erano buddhisti asiatici che presero parte alla
fondazione del monastero, solo un piccolo gruppo di gente del luogo che veniva a
trovarci nei fine settimana. Facevano dei lavoretti e portavano il cibo, ed
erano veramente interessati al Dhamma. Per la maggior parte del tempo Ajahn
Sucitto doveva contare su di me per quanto riguardava la cucina. Ricordo che la
sera, prima di andare a letto, studiavo i libri di cucina preoccupandomi di cosa
avrei potuto preparare per il giorno seguente. Ovviamente non mi potevo
aspettare di trovare tutti gli ingredienti nella dispensa, ma con un po’ di
iniziativa ce la cavammo.
Quell’anno
mi offrii di restare per dare una mano durante i tre mesi di Ritiro della
Stagione delle Piogge (vassa), infatti immaginavo che così non sarebbe
stato troppo duro. Però andò a finire che invece di essere un ritiro, nel modo
in cui uno se lo aspetterebbe, per tutto il primo mese si ebbe un’enorme mole
di lavoro edilizio da fare. Si mise uno strato isolante tutto attorno all’edificio,
e questo comportò di fare centinaia di fori nei muri di granito con un trapano
che c’eravamo fatti prestare da Chithurst, e che distruggemmo, visto che non
era sufficientemente potente per il lavoro che dovevamo fare. E poi, in quella
che adesso è la sala della reception, si buttò giù un vecchio caminetto. Al
suo posto ci mettemmo una stufa e il che implicò montare un tubo nella canna
fumaria, ovvero andare su per la canna fumaria e ricoprirsi tutti di fuliggine.
A un certo punto spostammo una porta di ingresso, praticando un enorme buco in
una delle pareti più spesse. Non ricordo quale fosse lo scopo, ma c’era un
progetto. L’abate che venne dopo, però, rifece la parete com’era prima.
Alla
fine smettemmo di lavorare ed iniziammo a seguire, per un intero mese, un
programma di ritiro molto intenso. Ci svegliavamo alle tre del mattino; ci
riunivamo alle tre e trenta, poi dopo le pūjā del mattino
alternavamo la meditazione seduta con quella camminata per tutto il giorno –
un’ora seduti e un’ora camminando. In quei giorni non si era ancora
introdotta la colazione, solo una tazza di caffè e poi meditazione
ininterrotta. Il pasto del giorno era alle dieci e trenta e ricominciavamo di
nuovo a mezzogiorno. C’era un’ora d’intervallo la sera, dalle cinque alle
sei, e poi continuavamo la pratica formale fino alle undici di sera.
Avevo
ricevuto l’istruzione di concludere la preparazione del pasto mischiando tutto
in un grande secchio di plastica – uno di quelli che di solito viene usato per
lavare i pavimenti. Semplicemente mi fu detto di offrirlo con un mestolo, all’ora
del pranzo, al Sangha. Questo prese il nome di "pratica del secchio",
una storia che forse qualcuno di voi ha già sentito! I primi giorni ebbi un po’
di nausea per via del fatto che mangiavo il cibo tutto mischiato, ma dopo un po’
ci feci l’abitudine. Anzi era molto pratico, avevi la misura di quanto te ne
serviva – solo due mestoli e mezzo – non dovevi stare a pensare: "Beh,
prendo un po’ di questo e un po’ di quest’altro". No, solo due
mestoli e mezzo e passavi il secchio.
Fu,
però, comprensibile il fatto che i laici, che generosamente ci offrivano quel
cibo, non ne fossero molto contenti e, difatti, non è del tutto in sintonia con
lo spirito delle nostre Regole di Addestramento (Sekhiya-vatta), che
dicono che dobbiamo accettare il cibo con gratitudine. Così, alla fine, dopo un
saggio intervento di Ajahn Sumedho, la "pratica del secchio" fu
abbandonata.
Parlare
della pratica e farla
Nel
frattempo il ritiro proseguiva. C’erano senza dubbio difficoltà fisiche, ma
la parte veramente difficile era l’aspetto psicologico. Il modo in cui avevo
vissuto da studente, prima di entrare in monastero, non mi aveva precisamente
preparato a questo, ma mi tornarono utili alcune delle prime intuizioni che
avevo avuto quando iniziai a praticare.
All’università
avevo un amico e ci piaceva discutere insieme dei concetti buddhisti e della
pratica di meditazione. Poi, una volta, decidemmo di smettere di fare tutti quei
discorsi, di interrompere quello che stavamo facevamo, per sederci e rimanere
immobili. Non pensavamo a nessun esercizio formale di meditazione, solo
fermarci, rimanere immobili e rivolgere la nostra attenzione al nostro interno.
Quella esperienza mi offrì una importante intuizione sul potenziale della
mente. Percepii una specie di potenziale inesplorato. Fu un’intuizione sulla
mente stessa – non semplicemente sui contenuti o sull’attività del pensiero
– ma una consapevolezza interiore, una spaziosità; la mente in sé. Ebbi la
percezione dell’origine delle cose e di come tutto questo poteva essere la
chiave per rispondere alle domande che avevo su quello che era veramente
importante nella vita. Ci fu una sensazione di scoperta, come di ritrovare un’altra
dimensione. E insieme arrivò la forte intuizione che valeva la pena di
sviluppare questa diversa prospettiva sulla vita, questa dimensione spirituale.
Fu allora che sentii che la chiave poteva essere la meditazione; un modo per
attuare questo potenziale della mente. Fu dopo questa esperienza che mi applicai
per conoscere e praticare delle tecniche di meditazione. E questo mi portò ai
dieci giorni di ritiro di cui vi ho parlato, quelli con Ajahn Sumedho.
Durante
il periodo in cui feci il mio master ci fu un’altra significante scoperta. Era
il giorno prima dell’esame finale e uno degli altri studenti venne a chiedermi
aiuto. Questo individuo era uno di quei tipi che riescono a irritare proprio
tutti. E mi diede fastidio. Non aveva fatto nessuno sforzo per frequentare le
lezioni o per fare i compiti del corso, e ora stava interrompendo il mio studio.
Dopo un po’ me ne liberai, senza essere scortese, ma la cosa mi lasciò in uno
stato di agitazione emotiva. Mi sentivo molto frustrato e infastidito da me
stesso e da lui e non ero assolutamente nello stato d’animo giusto per
prepararmi all’esame. Finii per sdraiarmi sul letto, rannicchiato in una
specie di posizione fetale. Poi mi sovvenne che Ajahn Sumedho aveva dato un
insegnamento sulla pratica di metta. In esso non seguiva la tecnica
formale di estendere la gentilezza amorevole verso questa persona, poi quell’altra
e così via. Si trattava piuttosto semplicemente di rilassarsi e lasciare che le
cose esistessero, accettandole ed essendo in pace con loro così come sono al
momento. Scoprii che mi potevo rilassare e permettere alla mente di essere a
proprio agio, lasciando lo stato delle cose così com’è. In quello che mi
sembrò essere uno spazio temporale molto breve, l’intero stato d’animo si
era trasformato; mi sentivo più leggero; molto più calmo. Provai una
sensazione di benessere interiore che era quasi miracolosa e mi trovai in una
condizione mentale migliore per prepararmi all’esame. Mi resi conto che prima
di iniziare a praticare la meditazione, probabilmente, avrei affrontato la
questione scendendo al pub per un paio di drink, finendo poi per trovarmi in uno
stato per niente buono.
A
quel tempo non prestai molta attenzione a queste prime esperienze della pratica,
ma se ora ci rifletto sulla base dei miei anni di vita monastica, sembra che in
tutto questo tempo non abbia fatto altro che applicare quelle intuizioni –
integrandole nella vita di tutti i giorni. L’addestramento offre una routine
per praticare quotidianamente lo sviluppo della consapevolezza mentre ci
occupiamo delle attività ordinarie del corpo, della parola e della mente. Ci
vogliono un sacco di tempo e di abilità per imparare a trattare in modo
corretto le questioni che sorgono e che ci ostacolano.
La
mente è molto ingannevole. Per esempio, quando abbiamo fatto esperienza di
qualche intuizione iniziale, tendiamo a ritenere che possiamo usare queste
intuizioni per affrontare qualsiasi situazione ci si presenti: "La prossima
volta che sto male, applicherò semplicemente questa tecnica", ma non
funziona così. Quell’esperienza originaria è stata spontanea, senza
aspettative. Non è stata una strategia. Quando si utilizza come strategia non
è la stessa cosa. Pur non di meno, avere avuto un’esperienza simile significa
che sappiamo di potere avere accesso a questo tipo di stato interiore che dà
spazio ai fenomeni, li permettere. Siamo consapevoli che la mente ha abitudini e
strategie e impariamo come purificare gradualmente il nostro atteggiamento.
Intensità
intollerabile
Così,
durante quel ritiro a Harnham, queste esperienze iniziali nella pratica, mi
diedero la possibilità di lavorare su alcuni turbamenti emotivi e psicologici
che mi trovai ad attraversare, eventi e avvenimenti che per me erano alquanto
nuovi. Un giorno andai su tutte le furie, mi ero davvero arrabbiato per
qualcosa. All’inizio mi spaventai alquanto, perché mi ero sempre visto come
una persona calma e rilassata, con un carattere abbastanza tranquillo e invece
eccomi in uno stato di rabbia totale. La cosa splendida, nel ritrovare me stesso
così pieno di rabbia, è che mi resi conto che non era necessario agire in
accordo con essa; lo stato d’animo, a poco a poco, svanì da solo. Riflettendo
dopo su questo episodio, mi resi conto che non avevo avuto una reazione di
rabbia né con il corpo né con la mente, e che non l’avevo neanche repressa.
Questo mi procurò un grande senso di libertà e di fiducia. Avevo permesso a me
stesso di fare un’esperienza intensa e potente, dalla quale non ero stato né
catturato, né sopraffatto.
La
prima settimana di quel ritiro mi sembrò di essere sulle montagne russe delle
emozioni. Ricordo di avere pensato che devo avere provato tutti gli stati d’animo
possibili per un essere umano. Ovviamente è un’esagerazione, ma mi sentivo
così. A volte mi sentivo pieno di ispirazione e di gioia e altre volte mi
sentivo depresso e disperato. Vidi quanto la mente può essere insicura e
mutevole.
Per
un certo periodo, durante la seduta di meditazione, iniziai ad essere preda
della nostalgia. Mi ricordai di un vecchio gruppo di amici con i quali uscivo
quando ero all’università. Improvvisamente mi trovai a pensare che tutta
quella gente era andata oltre e non avrei mai potuto riavere ciò che era stato.
Fui sopraffatto da una tremenda ondata di tristezza e poi, proprio in quel
momento, suonò la campana di fine sessione della meditazione seduta. Era il
momento di andare fuori e fare la meditazione camminata. Uscii dalla porta sul
retro, mi buttai sull’erba e scoppiai a piangere; una gran bella sessione di
pianto catartico – proprio qui dove ora c’è la Sala del Dhamma. Dopo provai
una sensazione di sollievo e le cose mi sembrarono più leggere. Continuammo
quella stessa routine per diverse settimane e tutto fu in un certo senso più
facile. Tuttavia la mia pratica aveva assunto una nota di scoraggiamento, molto
dolore fisico e trambusto emotivo, la meditazione era diventata un’esperienza
traumatica. Non riuscivo a farla per più di pochi minuti. Mi sentivo veramente
disperato, come se avessi perduto la migliore opportunità possibile.
Dopo
il Ritiro della Stagione delle Piogge ritornai a Chithurst e mi buttai a
capofitto nel servizio alla comunità. Mi sentivo disperato per quanto
riguardava la meditazione, ero solo felice di potere essere d’aiuto nelle
faccende domestiche e in tutto quello che c’era da fare. Essendo anāgārika
mi svegliavo e accendevo il fuoco della stufa a legna e poi preparavo la pappa
di cereali – dato che in quel periodo avevamo appena introdotto la colazione.
A
poco a poco cominciai a sentirmi un po’ meglio e lentamente riacquistai
fiducia in me stesso. Fu allora che Ajahn Sumedho fu nominato upajjhāya
(precettore), che significa che ora avrebbe potuto celebrare la sua prima
cerimonia di ordinazione di bhikkhu. Quella prima cerimonia di tre anāgārika
che entravano nella vita monastica, fu per me una grande ispirazione. Mi
sentii così sollevato che, anche se avevo passato delle difficoltà serie, vidi
quanta forza queste mi avessero dato. Inoltre, qualcosa dentro di me mi diceva
che, in ogni caso, non poteva essere molto peggio di com’era già stato!
Così, quando chiesi ad Ajhan Sumedho di prendere gli ordini, lui accettò e l’anno
seguente presi la upasampadā (completa accettazione nella comunità
come monaco).
Per
un buon numero di anni non ho avuto l’opportunità di venire ad Harnham. Ci fu
un periodo, nel 1985, quando Ajahn Tiradhammo era l’abate, in cui sarei dovuto
venire qui per un ritiro invernale. Ma ad Amaravati avevo dato una mano per il
sistema idraulico, l’istallazione del riscaldamento e delle docce. E quel 1985
fu il primo inverno ad Amaravati e fu anche eccezionalmente freddo, tanto da
avere un sacco di problemi con le tubature che scoppiarono – cosa che mi tenne
impegnato fino a giugno. Quando mi venne offerta l’opportunità di venire su
ad Harnham per il ritiro invernale ne fui entusiasta. Avevo sistemato la stanza
e fatto i bagagli, era tutto pronto, ma fu in quella sera che la temperatura
cominciò di colpo ad abbassarsi. Sapevo che lì c’era soltanto un altro
monaco in grado di fare lavori d’idraulica, Tan Subato, e sentii che non
potevo lasciarlo solo ad affrontare la cosa. Così mi offrii di restare e
continuare ad aiutare – in quei giorni feci parecchia pratica strisciando
sotto i pavimenti a riparare tubature scoppiate.
Trovare
le risorse interiori
Anche
se da allora non ho più risieduto ad Harnham, i miei genitori vivono qui
vicino, a York, così ne approfitto per tornare in visita ogni anno. è stato
molto gratificante vedere come si sono sviluppate le cose, non solo per quanto
riguarda gli edifici, ma anche per la comunità. Mi fa piacere potere guardare
indietro, a quei primi sei mesi della mia vita nel Sangha, e trovare che la
maggior parte dei miei ricordi siano abbastanza felici. Fu in quel periodo che
mi resi conto che questo era quello che volevo fare nella vita, nonostante tutte
le difficoltà e i molteplici ostacoli. Esperienze simili ci possono fare vedere
dove sono le nostre risorse interiori. Le intuizioni di quei primi anni hanno
fornito le basi della pratica. Dopodiché, il retto sforzo nella pratica,
significa impiegare le risorse interiori mentre impariamo a realizzare più
pienamente la verità di queste intuizioni. A poco a poco la nostra percezione
diventa più chiara.
Ora,
dopo venticinque anni, provo un immenso senso di gratitudine verso i laici che
mi hanno sostenuto in questi anni e verso il Sangha di qui e di tutti i
monasteri nei quali ho vissuto. Questo ultimo, per me, è stato un anno
sabbatico, visto che per un certo periodo sono stato libero dalle
responsabilità di condurre il monastero in Italia, dove vivo normalmente. è
una gioia potere dimorare nell'apprezzamento per i buoni risultati che ha
portato l’avere vissuto in questo modo. Mi rendo conto che questi ultimi anni
sono stati i più felici della mia vita. Ovviamente il processo è stato
graduale; ci sono stati periodi in cui è stato difficile vedere la luce in
fondo al tunnel. Stranamente, però, ho scoperto che a volte è più facile
praticare quando le cose sono più difficili. Quando sentiamo la sfida, siamo
costretti a essere più presenti. Siamo obbligati a fare uno sforzo per
affrontare la situazione e non ci possiamo permettere distrazioni. Quando le
cose sono più piacevoli e abbiamo più tempo, è più facile essere distratti.
Non c’è fine a quello che ci può coinvolgere quindi è fondamentale
sviluppare e mantenere un senso di direzione. è di questo che parla l’insegnamento
sull’impegno nel Dhammavinaya.
Proprio
come nella pratica individuale andiamo su e giù, allo stesso modo, negli ultimi
venticinque anni, questo monastero ha avuto periodi difficili; ma quella visione
e quell’ispirazione iniziale sono state realizzate. Pensiamo infatti a quello
che offre questo posto e a quante persone sono venute in visita o a stare, hanno
imparato a meditare, hanno ascoltato il Dhamma, sono diventate membri del Sangha.
Il suo effetto è stato sicuramente sproporzionato rispetto alla sua dimensione.
La comunità è grande quasi come la mia che comprende tutta l’Italia!
Quantificare gli effetti è difficile, ma sono sicuro che migliaia di persone
hanno avuto benefici dall’effetto onda della pratica che hanno fatto qui.
E
allora, molti auguri per i prossimi venticinque anni. Mi chiedo chi ci sarà qui
per il cinquantesimo anniversario. Forse alcuni di noi saranno ancora in giro,
non si sa mai, e magari potremo condividere insieme i ricordi del
venticinquesimo anniversario! Vi ringrazio per l’attenzione e per avermi dato
l’opportunità di condividere queste riflessioni.
La Realtà ultima, secondo la maggioranza dei sistemi filosofici indiani, è la pura Coscienza. La coscienza individuale vi è direttamente connessa, come lo è la scintilla al fuoco o l’onda all’oceano.
Alla base del processo di realizzazione di tale connessione, i principali sistemi filosofici e scuole di pensiero indiane (Upanishad, Samkhya, Yoga, Bhagavata, Nyaya, Advaita, Jaina, Bauddha…) menzionano una vita pura fondata sull’etica come “scienza del retto agire” ovvero il comportamento necessario al ripristino della smarrita armonia e alla reintegrazione dell’essere su tutti i piani antropologici.
Esistono leggi “etiche” o “morali” che regolano il microcosmo e sono indicate con il termine dharma (dovere, giustizia, legge, virtù, ecc.) o anche svadharma (dovere specifico di ciascun individuo a seconda della sua posizione nella società, delle sue qualità e delle sue tendenze).
Sia le leggi fisiche che quelle etiche sono espressione di un unico ordine universale di origine divina, definito ritam (legge, ordine fissato, verità). Quando l’essere infrange il dharma, rompe quell’armonia e si manifesta di conseguenza una condizione “innaturale” e patologica che porta l’essere a cadere vittima di conflittualità (interne ed esterne) , squilibri, smarrimenti, afflizioni e malattie (psichiche e fisiche).
Il termine dharma deriva dalla radice dhr-, “sostenere, mantenere”, e indica perciò ciò che regge e sostiene ogni cosa. E’ la concezione fondamentale che identifica l’induismo, chiamato appunto dai fedeli sanatana dharma, il “dharma eterno”. Questa legge profonda mantiene uniti i concetti di legge religiosa, norma etica, diritto pubblico e privato, legge naturale, concetti che in Occidente sono stati invece separati. Il dharma è il valore e il fine insito in ogni cosa, come lo splendore nel sole. Il dharma è fuori dal tempo, fisso, eterno, è la norma universale. La sua essenza è costituita da quattro principi. la “verità”, indicata con il termine (sat o il derivato satya) che alla lettera significa l‘“ente”, rispecchiando l’identità fra ciò che esiste eternamente e ciò che è vero; la “nonviolenza”, ahimsa; la “generosità”, dana. Ultimo principio è la signoria su se stessi, definita in molti modi, per esempio dama, “dominio (su di sé)”, o il bellissimo samatvam, “equanimità”, di Krishna che suggerisce ad Arjuna di seguire la via dello yoga.
Dama porta spontaneamente agli atteggiamenti di purezza, tolleranza, compassione, umiltà e modestia, onestà o rettitudine, principi non esclusivi del solo induismo che può essere definita perciò una religione “universale di fatto”.
Il Dharma
“Compi il tuo dovere con equilibrio, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento. Tale equanimità si chiama yoga.” (Bhagavad-gita II, 48)La Realtà ultima, secondo la maggioranza dei sistemi filosofici indiani, è la pura Coscienza. La coscienza individuale vi è direttamente connessa, come lo è la scintilla al fuoco o l’onda all’oceano.
Alla base del processo di realizzazione di tale connessione, i principali sistemi filosofici e scuole di pensiero indiane (Upanishad, Samkhya, Yoga, Bhagavata, Nyaya, Advaita, Jaina, Bauddha…) menzionano una vita pura fondata sull’etica come “scienza del retto agire” ovvero il comportamento necessario al ripristino della smarrita armonia e alla reintegrazione dell’essere su tutti i piani antropologici.
Esistono leggi “etiche” o “morali” che regolano il microcosmo e sono indicate con il termine dharma (dovere, giustizia, legge, virtù, ecc.) o anche svadharma (dovere specifico di ciascun individuo a seconda della sua posizione nella società, delle sue qualità e delle sue tendenze).
Sia le leggi fisiche che quelle etiche sono espressione di un unico ordine universale di origine divina, definito ritam (legge, ordine fissato, verità). Quando l’essere infrange il dharma, rompe quell’armonia e si manifesta di conseguenza una condizione “innaturale” e patologica che porta l’essere a cadere vittima di conflittualità (interne ed esterne) , squilibri, smarrimenti, afflizioni e malattie (psichiche e fisiche).
Il termine dharma deriva dalla radice dhr-, “sostenere, mantenere”, e indica perciò ciò che regge e sostiene ogni cosa. E’ la concezione fondamentale che identifica l’induismo, chiamato appunto dai fedeli sanatana dharma, il “dharma eterno”. Questa legge profonda mantiene uniti i concetti di legge religiosa, norma etica, diritto pubblico e privato, legge naturale, concetti che in Occidente sono stati invece separati. Il dharma è il valore e il fine insito in ogni cosa, come lo splendore nel sole. Il dharma è fuori dal tempo, fisso, eterno, è la norma universale. La sua essenza è costituita da quattro principi. la “verità”, indicata con il termine (sat o il derivato satya) che alla lettera significa l‘“ente”, rispecchiando l’identità fra ciò che esiste eternamente e ciò che è vero; la “nonviolenza”, ahimsa; la “generosità”, dana. Ultimo principio è la signoria su se stessi, definita in molti modi, per esempio dama, “dominio (su di sé)”, o il bellissimo samatvam, “equanimità”, di Krishna che suggerisce ad Arjuna di seguire la via dello yoga.
Dama porta spontaneamente agli atteggiamenti di purezza, tolleranza, compassione, umiltà e modestia, onestà o rettitudine, principi non esclusivi del solo induismo che può essere definita perciò una religione “universale di fatto”.
Il Dharma
Al di là dell’illusione
Pag.12
Bharatavarsha (l’india) tenne sempre
dinanzi a se l'ideale del Dharma. Esso rappresenta la via verso la
gioia, la contentezza e la pace, e quindi della forza. Oggi la via è
nascosta da una vegetazione di rovi e di spine, ponti e muraglie sono
danneggiati. La gente ha dimenticato la meta, la via e l'abitudine di
percorrerla. Ma questa via è l'unico rifugio e la si deve ritrovare
domani, se non oggi, perché al termine di questa via c'è il traguardo.
Fu tracciata secoli fa, dove non giunge la memoria della storia, dai
Veda. "Sathyam Vada, Dharman Ciara”, vi dicono i Veda. I Pandit, dotti
nei Veda e nelle Shastra sanno che cos'è il Dharma e ve lo possono
spiegare senza distorsioni. Perciò dovete andare a loro con reverenza e
farli sedere fra voi e averne luce.
Pag.22
Il Signore si compiace del Dharma. Al
fine di salvare e di ripristinare il Dharma Egli accondiscende ad
assumere forma umana e a camminare tra gli uomini, come se fosse uno di
loro. Perciò, se desiderate, se struggete per la grazia di Dio, fate che
il Dharma ispiri ogni vostro pensiero, parola e azione. Fate in modo
che la coscienza del sapere che tutto riporta a Dio, vi ispiri amore,
tolleranza, simpatia e rispetto. Con l'azione coerente, con il Dharma,
progredirete verso l’adorazione che è imbevuta dalla coscienza che il
Divino è in tutto e, con questa adorazione, avrete la sapienza quando Lo
sperimenterete. Il lavoro, l'adorazione e saggezza sono il frutto
acerbo, frutto semimaturo e il frutto maturo e succoso. Questo è
l'ordine del progresso spirituale di ogni individuo. Quando il frutto è
saturo di dolcezza cade dal ramo questa è la consumazione.
Pag.28
Là dove la Ghita vi dice di tralasciare
ogni Dharma, non vi chiede di lasciare ogni Karma! Se però fate Karma
per Dio, con Dio, coscienti che Egli è l'agente - e non voi - ogni Karma
diviene Dharma, e porta alla grazia. Nessun Karma dev'essere macchiato
di peccato o di sacrilegio. Perciò l'invito della Ghita non è alla
licenziosità, all'ignavia o all'inattività. E’ una chiamata
all'abbandono dell'ego e all'offerta a Dio di tutto ciò che esiste o
agisce. Impegnatevi in Karma come lo regola il Dharma. Praticate il
Dharma coscienti che tutto è Brahman. Camminate sulla via del Karma
verso il Dharmakshetra, dove vi compenserà la presa di coscienza di
Brahman.
Pag.63
Sathya, Dharma, Shanti e Prema sono le
quattro colonne del Sanathana Dharma (l'eterno Dharma), le quattro facce
dell'antica dottrina. Certo, sono parole che stanno sulla bocca di
tutti ma per la gente il senso è assai superficiale e inefficace.
Descrivere un incidente come l'avete visto è "verità" (Sathya), dar bere
all’assetato o cibo all'ammalato è "dovere" (Dharma), sopportare in
silenzio una disgrazia é: “pace" (Shanti) e provvedere a moglie e figli è
"amore" (Prema) questa è l'interpretazione che da l'uomo comune.
Ma è tutto sbagliato. La verità è ciò
che non può essere modificato né dal tempo, né dallo spazio, né da
alcuna Guna (qualità). Deve essere sempre la stessa, incrollabile e
invariabile, solo allora è verità. Non può essere smentita da fatti
nuovi o scoperte. Il Dharma è un "corpus" di principi fondamentali per
la stabilità sociale e il progresso individuale. Ve ne sono diversi
rami: Kartavya Dharma, Varna Dharma, Ashrama Dharma, ecc., ma il fine di
tutti è uno solo, cioè portare l'uomo, passo passo, alla liberazione
dal dolore e dalla catena delle nascite e delle morti. Vedete come è
grande ognuno di questi concetti, in confronto all'interpretazione che
comunemente se ne dà. Vediamo la qualità di Shanti. E’ la capacità di
sopportare trionfo e disfatta, gioia e tristezza, successo e fallimento
con perfetta stabilità d'animo. E Prema è la qualità di Sarvasamanatha,
non solo dell’accettazione di Ahimsà (non violenza), ma anche del dovere
dell'amore, perché ogni essere è una scintilla del Divino, quanto lo
sei tu.
Pag.70
Il termine Dharma, che è legato a una
infinita varietà di significati, si fa inadeguatamente corrispondere
alla parola "dovere", in questi tempi moderni. Ma " dovere" è riferito
specificamente a un individuo, a una situazione, o a un certo luogo e un
certo tempo. Invece il Dharma è eterno, identico ovunque e per tutti.
Esprime il significato dell’Atma interiore. Il punto ove nasce il Dharma
è il cuore; ciò che emana dal cuore è pura idea e la sua effettuazione
in atto è il Dharma. Dicendo: <<Fate agli altri ciò che vorreste
fosse fatto a voi>>, renderete comprensibile a tutti il
significato del Dharma, che è l'azione che non fa danno agli altri. Se
qualcuno vi fa contenti, dovete a vostra volta fare ciò che dà gioia
agli altri. Se vediamo che ciò che fanno altri genera difficoltà, e
facciamo le stesse cose, ciò è Adharma.
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Dobbiamo anzitutto cercare il significato di Dharma.
Esso ordina all'uomo di osservare certe
norme di condotta per il progresso sociale e spirituale. L’osservanza di
tali restrizioni e discipline può essere chiamata dharmica. Il Dharma
può anche ferire chi cerca di provocarne il declino, ma protegge chi
cerca di difenderlo. Un'altra importante qualità del Dharma è di
assicurare la vittoria ovunque esso sia rispettato. Dobbiamo anzitutto
cercare il significato di Dharma. Dovrete sacrificare molto perché il
Dharma nasca nel vostro cuore. E’ per questo che Dasaratha dovette fare
il grande sacrificio di Putrakameshitiyaga (rinuncia alla figliolanza).
Il Divino è l'incarnazione stessa del Dharma e solo con il Dharma può
essere adorato. E il Dharma è la ghirlanda dei fiori, delle buone
azioni, di sante parole e di santi pensieri. Guadagnatevi la qualifica
di essere buoni, servizievoli ed efficienti nel fare il bene. I figli
che non fanno contenti i genitori sono ricordati dalla madre solo per il
dolore che ella patì nel, partorirli.
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Dovrete sacrificare molto perché il
Dharma nasca nel vostro cuore. E’ per questo che Dasaratha dovette fare
il grande sacrificio di Putrakameshitiyaga (rinuncia alla figliolanza).
Il Divino è l'incarnazione stessa del Dharma e solo con il Dharma può
essere adorato. E il Dharma è la ghirlanda dei fiori, delle buone
azioni, di sante parole e di santi pensieri. Guadagnatevi la qualifica
di essere buoni, servizievoli ed efficienti nel fare il bene. I figli
che non fanno contenti i genitori sono ricordati dalla madre solo per il
dolore che ella patì nel, partorirli.
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Il malvagio gode nel creare fastidi al
buono, e nel compiacersi di commettere cose vietate dalle Shastra. Lo
stabilirsi nel Dharma significa, invece, agire nello stretto rispetto
delle Shastra, diffondere fra la gente la gioia di una vita vissuta nel
Dharma, creare rispetto per i Veda e le Shastra, verso Dio, verso gli
Avatara e i Paramapurusha (i grandi uomini) e, infine, verso Sadhana,
che porta alla liberazione e alla felicità oltre questa vita.
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Il primo passo nella Sadhana è
l’obbedienza al Dharma in ogni atto individuale e sociale. Il Dharma che
è seguito in rapporto a Prakriti (mondo materiale o natura) porterà
automaticamente anche al Dharma nel campo spirituale, ma lo dovete
seguire sempre, nelle cose importanti e nelle minime.
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Soprattutto ora, è urgente che ognuno di
voi esamini ciò che è puro, vero e permanente. Oggi infatti c'è
l'illusione riguardo ai valori. Anche i capi di governo si attaccano
alla falsa ipotesi che la felicità può essere ottenuta con il benessere
materiale e la salute, con l'abitazione e il vestiario, o con la
formazione di capacità tecnologiche. L'uccello sta sicuro sul ramo che
ondeggia al vento, non perché confida nel ramo, ma perché è sicuro delle
proprie ali. Anche voi vi dovete sentire forti delle vostre ali di
Shradda e di Bhakti (fede e amore divino) e non per quello che vi offre
il mondo. L'esperienza dell'inondazione del fiume Cauvery vi insegna che
nulla può salvare l'uomo dall'essere travolto da un simile disastro, né
il suo stato, né la casta, né i soldi e neppure la sua salute, se non
conosce la semplice arte del nuoto. E’ necessario che vi dica che
l'attraversamento dell’oceano del Samsara per raggiungere l'altra sponda
del mare della vita e della morte, è possibile solo a chi conosce
l’arte del Sadhana spirituale? Coloro che cercano di costruire la
comunità umana sul fondamento di Dhana (ricchezza materiale)
costruiscono sulla sabbia: chi è saggio cerca la fondazione sulla roccia
del Dharma.
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Il Dharma, per esempio,
dice:<<Sathyam vada>> e <<Dharman ciara>> (dì il
vero e agisci secondo il Dharma). E anche: <<Sathyannasthi paro
Dharmah>> cioè non c'è nessun fattore più stabilizzante per la
società e nessun sostegno maggiore per il progresso individuale che
Sathya, la verità. Celare il vero, distorcerlo o negarlo, sono tutti
segni di codardia. Nessuna persona coraggiosa si sofferma a nascondere
la faccia della verità. Notate anche il secondo precetto:
<<Dharman ciara>> (metti in pratica il Dharma). Riempire
ogni istante con la parola, il pensiero e l'azione del riflesso del
Dharma nella vostra coscienza, dà a questo modo di vivere il significato
di ciò che è detto Silam nelle frasi come: <<Silam param
bhuscianam>> (Silam è il gioiello più prezioso). Dovete in ogni
vostro istante esaminare se state rispettando il Dharma o se deviate.
Oggi invece si usa il Dharma come pretesto per sfruttare gli altri, e
non come norma per fare il proprio dovere verso gli altri. Si ricorda il
Dharma ai terzi, al fine di ottenere qualche vantaggio. Non dovete solo
ricordare i diritti che il Dharma vi conferisce, ma soprattutto i
doveri che esso vi impone. La tentazione di ignorare il Dharma nasce
dall'egoismo e dall'accettazione di falsi valori. Il desiderio di
soddisfare le brame più basse è la radice di A-dharma e si impadronisce
di voi in silenzio, con astuzia, come può fare un ladro di notte, o un
servo che vi vuole accudire, o un consigliere che vi vuole avvertire. La
malvagità, ahimè, ha mille trucchi per catturare il vostro cuore. La
bramosia apre una fessura nella vostra coscienza, ci entra e vi prende
dimora, si moltiplica e corrode la personalità che vi siete costruiti
con laboriosa cura. La fortezza non è più sotto il vostro controllo e
voi siete divenuti pupazzi manovrati da codesti nemici interiori.
Comunque cerchiate di risollevarvi, essi cercheranno di minare la
struttura e voi dovrete rifare tutto da capo, tanto è grande il danno
che vi procurano.
Pag.74
Al fine di poter sperimentare
l’Atma-tattva (la qualità dello spirito, l'elemento Atma) dobbiamo solo
intraprendere certi tipi di azione che si riferiscono al modo di vivere
dharmico. Alcuni dicono che tutti i Karma (azioni) che si fanno sono
differenti aspetti del Dharma, ma questo non è possibile; altri dicono
invece che si possono chiamare Dharma-Karma solo le opere di tipo
sattwico (spirituale) o che sono Nivritti (Ni significa "senza", Vritti
perturbazione, modificazione della mente). Poiché ci hanno detto che il
Karma, sia o no sattwico, riferito alle cose del mondo, deve essere
detto Dharma, dobbiamo qui fare una certa indagine: alcune volte noi
siamo benevoli, in pace verso gli altri, ma altre volte uccidiamo uomini
in battaglia; queste due categorie di azioni sono Karma. Per proteggere
questo corpo, che è in fondo ciò che compie l'azione, il Karma,
compiamo molti tipi di azione. Quelle che hanno per fine la
soddisfazione dei desideri dei sensi non chiamiamole dharmiche.
L’operato può essere qualificato come Dharma solo quando si toglie dalla
mente ogni tipo di egoismo e ogni tipo di desiderio. Allora le azioni
possono essere ritenute come adempimento dei dettati del Dharma divino.
Tali azioni aiuteranno anche l'individuo a progredire spiritualmente.
Pag.74
Sono due gli insiemi di norme che
regolano la condotta umana, quella amorale e quella morale. Le norme
amorali sono quelle del tipo materiale: essere, per esempio,
all'aeroporto per una certa ora per salire su un aereo. Le norme morali
riguardano invece la giustizia, l'uguaglianza, viste, secondo il Dharma,
come verità fondamentale. E’ una regola morale la divisione esatta di
proprietà che un padre fa per i suoi due figli. Dal punto di vista
dell'Atma tutti gli esseri sono uguali, senza differenze.
Pag.74
Concentratevi sempre sul frutto
duraturo, l'universale, lo spirituale. Non perseguite fini miseri,
utilizzate la mente per seguire il piano divino di ristabilire il Dharma
nel mondo. Cosa potreste progettare voi, con la vostra piccolissima
intelligenza?
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La più facile e fruttuosa espressione
del Dharma consiste oggi nel Seva (servizio) fatto a chi è attorno a
voi, come atto di adorazione del Principio divino che vi circonda.
Dedicate ogni vostra capacità, talento, possibilità economica e cultura
alle incarnazioni viventi del Divino che avete attorno. Questa è la
Dharmashakti (la forza divina, shakti) che può attirare la grazia su di
voi.
Pag.75
Nel Garudapurana (il Purana, storia
sacra di Garuda, avvoltoio sacro), Sri Hari istruisce Garuda sul
declinare di ogni giorno della vita umana, e sugli attacchi che la morte
le sferra con il suo esercito di malattie, di accidenti e di calamità
naturali. Da esseri inferiori che eravate, vi siete meritati codesto
corpo umano attraverso innumerevoli vite ed è davvero stolto sprecare
codesta stupenda occasione in attività proprie degli esseri inferiori.
La vita scorre tanto in fretta che la gente spesso si stupisce di
vedersi invecchiare tanto presto. Vi pare ieri, quando eravate a scuola o
giocavate per strada, e ora avete già dei nipotini che giocano come
facevate voi! Mentre la vita porta gli uomini velocemente verso la
morte, l'orgoglio li spinge a comportarsi male verso gli altri,
pretendendo che tutti si inchinino davanti a loro, senza sentirsi
obbligati, a loro volta, a prostrarsi davanti all'Onnipotente! Per la
"Luna Nuova" tutto il paese celebra la festa del Ramayana, e oggi è
proprio il Ramanavami, giorno in cui nacque Rama. Rama è il Dharma, il
Dharma è Rama. I quattro ideali dell'uomo, come li espongono i Veda,
sono: Dharma, Artha, Kama e Mokscia; il Dharma è la base di tutto. Se si
trascura o si disprezza perdurano il dolore e la pena. Rama considerava
di somma importanza il Dharma. Quando Bharata, sopraffatto dal dolore
per la morte del padre, per l'avidità della madre si recò nella foresta
per incontrarvi il fratello esiliato, si rotolò per terra preso dalla
sua terribile angoscia, Rama lo sollevò dolcemente e gli chiese:
<<Stai mantenendo il Dharma nel regno di Ayodhya, rispettando i
sudditi, i poveri, i vecchi, i santi e i saggi?>> Anche quando la
più dura delle calamità cade sull'uomo, egli non deve scostarsi dalla
via della morale e della giustizia. Rama svegliò Bharata dal sonno
dell'ignoranza: il poveretto era sopraffatto dal dolore e pensava che
suo padre, sua madre, fratelli, regno, potere e posizione fossero le
cose più importanti, fossero reali, eterne. Rama gli ricordò che esse
sono solo strumenti da usare per l'esercizio del Dharma.
Pag.76
Il Dharma è la via del progresso
individuale e sociale, in questo mondo e attraverso questo mondo verso
il successivo. Non se ne possono alterare i principi per assecondare o
servire velleità personali o problemi impellenti. Questo appare
terribile agli occhi di moltissime persone. Bisogna rendersi conto che
il Dharma è come la madre, che deve essere accettata, non come la moglie
che può essere scelta!
Pag.76
Il Dharma, come è descritto nel
Mahabharatha, è un sostegno che può essere d'appoggio a ogni cuore
abbattuto. Se vi sentite di indagare a fondo e di ragionare con
coraggio, verrete ad apprezzare il punto di vista indiano, il quale
afferma che invece di cercare una Ananda (felicità) di bassa lega, come
quella che procurano i sensi, si può raggiungere un'Ananda duratura,
educando la mente a essere sempre rivolta al cosmico, all'universale, al
Signore, come Lo chiamate quando Gli imponete un nome e una forma per
potere avere la consapevolezza della Sua esistenza. Perché l'uomo giunge
all'Ananda quando contempla il cosmico e l'universale? Perché egli
stesso è il cosmico e l'universale! L'uomo è fondamentalmente,
essenzialmente e pienamente immortale; egli è Anandaswarupam (forma,
incarnazione della felicità) eppure piange, è triste. Egli è
Shantiswarupam (la pace incarnata) eppure è pieno di ansia. Questo
assurdo autoinganno è la radice della tragedia del mondo di oggi. La
verità deve essere fatta entrare nella coscienza di tutti: in quella dei
Gurù (maestri) e in quella dei Shishya (discepoli), in ogni parte del
mondo.
Pag.77
Il Dharma è il confine che
l'intelligenza pone alle passioni, alle emozioni e agli impulsi
dell'uomo. I Pandit hanno il compito di insegnare l’applicazione del
Dharma nella vita quotidiana. Manava (l'uomo) significa "colui che
osserva mana, la misura, il limite"; la interpretazione corrente è:
essere dotato di manas, mente, non andare all'impazzata e
disordinatamente, sottomettendosi volentieri al controllo, alle regole e
alla disciplina.
Pag.77
Se cercate di avere il Signore al vostro
fianco, come vostra guida, provvedetevi della natura divina, delle
Daivi Sampath (le qualità del Dharma) perché il Signore è là dove c'è il
Dharma.
Discorsi 88/89 volume I
Dharma e devozione [2] pag.45
La cultura tramandataci dagli antichi
figli dell’India è tale che né col passare dei secoli, né col
sovrapporsi di altre culture più recenti, ha subìto variazioni; non può
dissolversi, né ricrearsi, né cambiare, perché ha preso ispirazione dal
Dharma, l’eterna Legge Divina, che è la sua misteriosa corrente. La
devozione occupa in questa cultura un posto di grande rilievo, ma non
deve essere confusa con l’abitudine invalsa di frequentare templi o
compiere pellegrinaggi, azioni meramente esteriori, marginali che, per
avere senso, devono essere mosse da una forza interiore, dall'Amore
assoluto, disinteressato, il solo che possa essere chiamato "devozione".
SCHEDA DI STUDIO Massime di condotta pag.223
di Shri Satya Sai Baba
di Shri Satya Sai Baba
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36 37. |
L'Amore è da considerare come l'autentico respiro della Vita. L'Amore si manifesta allo stesso modo in tutte le cose. Sii convinto che lo stesso Amore è l'Anima Suprema, la divina Emanazione. In ciascuno, sotto forma di Amore, esiste l'unico Essere Supremo . Il principale sforzo dell’uomo dovrebbe consistere nel focalizzare il proprio amore sul Signore, piuttosto che su tutte le altre forme di amore. Orientato a Dio, questo Amore è Devozione- La principale prova da superare consiste nell'acquisire Devozione. Chi cerca la Beatitudine dello Spirito non dovrebbe inseguire le gioie dei sensi. Alla Verità, va riservato il trattamento che spetta allo stesso respiro vitale. Proprio come un corpo senza respiro è inutile ed in poco tempo incomincia a putrefare e a puzzare, così la vita senza Verità è inutile e diviene una fetida dimora di conflitto e di dolore. Credi che non v'è nulla di più grande, di più prezioso, di più dolce e di più duraturo della Verità. La Verità è Dio che protegge tutti. Non c'è Custode migliore della Verità. Il Signore che ha la forma della Verità (Satya) accorda la Sua visione a coloro che fanno discorsi pieni di Verità ed hanno un cuore irradiante Amore. Abbi verso tutti gli esseri un'imparziale cortesia ed anche spirito di abnegazione. Devi anche possedere il controllo dei sensi, un carattere imperturbabile e non avere attaccamenti. Sii sempre vigile contro i quattro peccati verso cui è incline la lingua: l) Menzogna; 2) Maldicenza; 3) Calunnia e 4) Loquacità. La miglior cosa è tenere sotto controllo queste tendenze. Cerca di prevenire i cinque peccati che commette il corpo. 1) Uccisione. 2) Adulterio; 3) Furto. 4) Assumere bevande tossiche e 5) Mangiare carne. Mantenere lontani il più possibile questi peccati servirà ad elevare maggiormente il livello della vita . Bisogna essere sempre vigilanti, senza un solo momento di negligenza, contro gli otto peccati commessi dalla mente: l) Desiderio; 2) Collera; 3) Avidità; 4) Attaccamento; 5) Impazienza; 6) Odio; 7) Egoismo; 8) Superbia. Il primo dovere dell'uomo è quello di tenersi a debita distanza da tutte queste cose. La mente dell'uomo rincorre azioni sbagliate. In quei momenti, evitando di lasciarla andare così, ricordati del Nome del Signore, oppure dedicati a qualche buona azione o altro. Chi si comporterà in questo modo sarà sicuramente pronto a ricevere la Grazia del Signore. Per prima cosa abbandona la meschina propensione a sentirti inquieto per la prosperità degli altri e a desiderare la loro rovina. Sii felice quando gli altri sono felici. Sii comprensivo verso coloro che si trovano nelle avversità e augura loro fortuna. Questo è il punto di arrivo di chi coltiva l’amore di Dio. La pazienza è tutta la forza di cui ha bisogno l'uomo. Chi anela ad una vita felice deve sempre fare del bene. E' facile dominare l'odio con l'amore, l'attaccamento con l'uso della ragione, la menzogna con la verità, il male con il bene e l'avidità con la carità. Non si deve reagire alle maldicenze. Stai ben lontano da chi le dice. E' per il tuo bene. Tronca ogni relazione con gente simile . Cerca la compagnia dei buoni, anche se ciò ti dovesse indurre al sacrificio della rispettabilità e della vita; ma prega sempre Iddio di benedirti con il dono della discriminazione, necessaria per saper distinguere le persone buone dalle cattive. Inoltre, fai ogni sforzo, usando l'intelletto che ti è stato dato. Coloro che conquistano le nazioni e raggiungono la celebrità nel mondo sono senza dubbio stimati eroi; ma coloro che hanno dominato i sensi sono degli eroi che devono essere acclamati come i conquistatori dell’Universale. I frutti che maturano da qualunque azione l'uomo faccia, buona o cattiva che sia, lo seguiranno senza mai arrestarsi. L'avidità produce solo dolore; la cosa migliore è sapersi accontentare. Non c' è gioia più grande del sapersi accontentare. Si deve sradicare la tendenza a fare il furbo negli affari commerciali e ci si deve liberare da essa, poiché, se le si permette di sopravvivere, insidierà la vita alle sue basi. Sopporta con forza sia le perdite che le afflizioni. Sforzati di formulare piani per acquisire gioia e vantaggi. Quando l’ira ti coinvolge, adotta il silenzio oppure ricorda il Nome del Signore. Piuttosto, non cercare di rammentare cose che ti riaccenderebbero ancor più di rabbia. Il danno che ne proverrebbe sarebbe incalcolabile. Da questo istante proponiti di evitare tutte le abitudini cattive. Non dilazionare o prorogare. Esse non contribuiscono alla più piccola gioia. Per quanto dipende dalle tue possibilità, cerca di soddisfare le necessità dei poveri, i quali sono il Creatore stesso venuto a risiedere in loro. Invitali alla tua mensa, dà loro qualunque cibo e rendili felici almeno quell'unica volta. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Pentiti sinceramente dei peccati commessi per ignoranza. Fà in modo di non ripeterli ancora. Prega Dio perché ti benedica con la forza ed il coraggio necessari per imboccare il giusto sentiero. Non lasciare spazi a ciò che può distruggere il tuo ardore ed entusiasmo per il Signore. La mancanza di zelo provoca il deperimento delle forze di un uomo. Non piegarti alla codardia; non rinunciare alla Beatitudine. Non insuperbirti, quando la gente ti elogia; non scoraggiarti quando ti biasima. Se fra i tuoi amici qualcuno nutre dell'odio verso un altro e sta per litigare, non cercare di renderli ancor più furiosi, fomentando il loro odio reciproco. Cerca piuttosto, con amore e comprensione, di ristabilire la loro amicizia di prima. |
38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. |
Anziché indagare sui difetti degli altri, cerca di vedere i tuoi
propri errori: sradicali, sbarazzatene. Basterebbe che, nella tua
indagine, scoprissi un solo tuo difetto: è molto meglio che scoprirne
dieci fra le centinaia degli altri. Qualora non possa o non voglia compiere una buona azione, è assai preferibile che non progetti né ponga in effetto un'azione cattiva. Non essere ipersensibile se qualcuno ti fa notare dei difetti che non hai; come per quelli che sai di avere, cerca lo stesso di correggerteli, anche se qualcuno prima te li ha fatti rilevare. Non nutrire rancore o sentimenti di vendetta verso le persone che ti indicano i tuoi difetti. Non rimbeccare contro costoro, mostrando a tua volta i loro errori. Sii invece loro grato. Lo sforzo di rintuzzare i loro sbagli è da parte tua un errore ancora più grave. Per te è un bene conoscere le tue manchevolezze, mentre non hai alcun vantaggio nel conoscere i difetti degli altri. Ogni volta che disponi di un po’ di tempo libero, non sprecarlo per parlare di tutti, ma usalo per meditare su Dio o per compiere del servizio altruistico. Il Signore può essere capito solo dal devoto e il devoto può essere capito solo dal Signore. Nessun altro li può capire. Perciò, con chi non ha devozione non stare a discutere argomenti che si riferiscono al Signore. Queste discussioni abbattono la tua devozione. Se qualcuno sta dibattendo con te un argomento che non ha capito nel suo verso giusto, non tirare in ballo altre nozioni sbagliate per sostenere quella posizione, ma cogli solo ciò che di buono e di gradevole sta dicendo. Un discorso ha senso quando è apprezzato e gradito, non quando è pieno di contraddizioni o di prolissità, che non servono a niente e costituiscono solo un intralcio alla Beatitudine. Se vuoi coltivare concentrazione, in un luogo affollato o in un negozio, non disperdere il tuo sguardo in ogni angolo e su ogni cosa, ma guarda solo la strada che ti sta davanti, giusto per evitare incidenti. La concentrazione diverrà sempre più salda se si va in giro senza distogliere la propria attenzione dalla strada, schivando i pericoli e non gettando occhiate sulle fattezze degli altri. Elimina tutti i dubbi sul Maestro e su Dio. Se La concentrazione diverrà sempre più salda se si va in giro senza distogliere la propria attenzione dalla strada, schivando i pericoli e non gettando occhiate sulle fattezze degli altri. i tuoi desideri terreni non trovano soddisfazione, non prendertela con la tua devozione. Simili desideri non hanno niente a che fare con la devozione a Dio. Un giorno o l’altro i desideri del mondo andranno abbandonati e, prima o poi, si dovranno acquisire i sentimenti di devozione. Stanne pur certo. Non avvilirti attribuendo colpe a Dio se la tua meditazione o la tua preghiera non fanno molti progressi oppure se i desideri che accarezzi da tempo non si realizzano. Ciò ti scoraggerà ancor più e, qualunque cosa abbia conseguito, piccola o grande che sia, non ti darà la pace. Durante la meditazione o la preghiera non essere mai depresso, disperato o scoraggiato. Se ti sorprendono sentimenti del genere, desumi un errore nella tua disciplina spirituale e fai di tutto per correggerlo |
(Da SANDEHA NIVARINI, Dialoghi con Bhagavan Shri Satya Sai Baba, pp.41 -47)
Discorsi 88/89 volume II
Il retto agire [9] pag.9
Lo affermano i Veda: “Il retto
comportamento è un contributo al benessere di questo mondo e di quello
futuro". Yato abhyudaya nissreyas siddhih sa Dharmah. Yato significa
“qualunque”; Nissrevas significa “il responsabile del mondo di ora e di
domani". Siddhih significa che sta all’uomo il potere di liberarsi dalla
sofferenza e dai dispiaceri e Dharmah rappresenta ciò che dà questa
liberazione. Soltanto chi agisce rettamente è libero dal dolore e
possiede ogni gioia e beatitudine in questo e nell’altro mondo.
Armonia in pensieri, parole, azioni [10] pag.9
Semplifichiamo con un esempio. La vera
rettitudine consiste nell’armonizzare pensieri, parole ed azioni. La
mente, la parola ed il corpo sono fra di loro in stretta relazione.
Quali valori avrà in sé un uomo che non coordina ciò che pensa con
quanto dice e fa? Il livello della rettitudine umana viene raggiunto
nella consonanza di questi tre fattori. Se l’uomo si attiene alla sua
dimensione fisica e non asseconda le sue qualità interiori, non potrà
mai essere di grande aiuto al mondo.
Il Dharma [10] pag.196
Ma che cosa significa la parola shastra?
Significa tradurre in parole un’esperienza e ricordare cose
dimenticate. L’autorità di queste Scritture si fonda sul Dharma, ossia
sui principi di retta condotta, che sono svariati. Vi è il Dharma adatto
ad una razza e il Dharma adatto alla Nazione, vi è quello della casta e
quello di un gruppo particolare e vi sono norme di comportamento per i
momenti critici: in tutto sono cinque e alla loro base c’è un comune
senso di tolleranza e di rispetto per tutti gli esseri viventi.
Il Dharma di Dio [5] pag.258
Quali sono gli aspetti del Dharma, cioè
della Rettitudine? Come attributo del Divino, il Dharma, comprende ogni
aspetto: c’è il Dharma del mondo, il Dharma della società, il Dharma
dell’individuo, e così via. Ma fra tutti questi aspetti, ve ne sono due
importanti: l’uno riguarda la retta condotta da tenere nei confronti
degli altri o Paradharma, l’altro è inerente alla natura propria di
ciascuno, e si chiama Svadharma. Sono molti coloro che, non comprendendo
il vero significato di quest’ultimo termine, ritengono che abbia
attinenza con problemi di casta o comunitari.
Un Dharma per tutti [6] pag.259
E’ sbagliato ritenere che questo tipo di
Dharma riguardi gli uomini di governo, i sacerdoti, gli operatori
economici e i lavoratori. Svadharma sta per Atma-dharma, e perciò sta ad
indicare una condotta che ha relazione con lo Spirito. Dovere
principale dell’uomo è seguire questa norma spirituale di condotta.
Para-dharma è in relazione al corpo e comprende l’etica da rispettare
ogni giorno nel guadagnarsi da vivere e nella vita di società. Il
Paradharma comporta timori e delusioni; nel perseguire gli impegni del
mondo con i suoi codici di condotta, l’uomo viene tormentato da molte
paure: paura dell’insuccesso, del disprezzo o della critica, paura
causata dall’incertezza e dall’ansia. Ma per colui che segue le vie
dello Spirito nell’Atmadharma, non c’è assolutamente posto per la paura
né per l’ansia. L’uomo, dunque, segua queste vie.
Corso estivo 1990
Il dharma dell’audacia [35] pag.150
A questo proposito, dovreste comprendere
il giusto significato dei termini Svadharma e Paradharma, come vengono
usati nella Bhagavad Gita. Svadharma significa il dharma relativo allo
Spirito (Atmadharma), ossia il compito di andare a Dio, e non va inteso
come i doveri del proprio stato, inerenti alla propria casta di bramini
(brahmana-dharma), di guerrieri (kshatriya-dharma), e così via. Così
pure, Paradharma è il dharma che ha attinenza con le cose del corpo
(deha-dharma), cioè con i doveri implicati nel rapporto col mondo fisico
e con ciò che è corporeo. Questo è il senso da attribuire
all’espressione della Gita, Paradharma bhayavahah, con cui non si vuol
dire altro che la paura è la sorte che spetta a chi nella vita soggiace
ai doveri del corpo (deha dharma). Nessuna paura, invece, vi affligge
quando seguite le vie dello Spirito (Atma-dharma). Se, dunque,
comprenderete il vero significato dei versetti e dei termini usati nella
Gita, e sulla base di quella conoscenza modellerete la vostra vita,
nessuna calunnia, né scherno, né dolore, né sofferenza potranno
incutervi paura.
Verità, Rettitudine e Giustizia [17] pag.169
Ci sono tre cose che non dovreste mai
dimenticare: la Verità (Satya), la Rettitudine (Dharma) e la Giustizia
(Nyaya). I nostri avi furono dei fedeli osservanti di questi tre
principi nella vita quotidiana. Ma oggigiorno questi valori sono stati
dimenticati persino in India, per non parlare di altre nazioni. In
qualità di futuri patrocinatori della cultura e della tradizione
indiane, dovete ripristinare questi valori, cominciando intanto a
mettere in pratica ciò che avete appreso qui durante queste due
settimane. Coltivate amore per la nazione, per la cultura del vostro
paese, per la vostra religione. Ma per nessun motivo dovreste criticare
le altre nazioni, le altre culture, le altre religioni, le altre
persone. Abbandonate la grettezza di mente e siate di larghe vedute.
Pregate,sempre per il benessere di tutto il mondo, secondo quanto
recitano i Veda: Lokasamastah sukhino bhavantu, “Che tutto il mondo sia
felice".
La scienza di Dio
La vera fama viene da una vita retta [12] pag.71
Ogni virgola di questi consigli dati
agli allievi è di una potenza elevatissima, Dharmavyadha si guadagnò una
fama perenne per il servizio devoto offerto al padre e alla madre. Rama
e Harischandra ebbero fama immortale a causa della loro costante
fedeltà alla Verità. Con la retta condotta dei semplici mortali
divennero dei maha Purusha, dei Grandi indimenticabili. Il Buddha si
astenne dal fare del male ad ogni essere vivente, perché diceva che la
non-violenza (ahimsa) è la forma più alta di morale (paramo dharmah),e
divenne così rispettato come maestro del mondo.
Dio è unità
Capitolo I. 10. Dio assume forma umana per salvare il "Dharma"
Il Signore ama la condotta morale ed è
per salvaguardarla e per ridarle la purezza e lo splendore originario
che Egli assume una forma umana e vive fra gli uomini. Se volete
ricevere la Sua Grazia dovete ispirare le parole, i pensieri e le azioni
al "Dharma" (condotta morale). Dovete prendere coscienza che Dio dimora
in tutti gli esseri e ciò farà nascere in voi l'amore, la tolleranza,
la simpatia ed il rispetto. Il lavoro ispirato dal "Dharma" vi farà
progredire, senza che ve ne accorgiate, suscitando in voi un
atteggiamento di devozione che vi farà raggiungere la saggezza. Potrete
gustare allora la dolcezza del Divino di cui essa è tutta pervasa. Il
lavoro, la devozione e la saggezza corrispondono agli stadi di
formazione del frutto, della sua crescita e della sua maturità finale.
Ecco le tappe che indicano il progresso spirituale. Quando il frutto
sarà saturo di succo e di zucchero cadrà dall'albero, perché avrà
raggiunto la sua piena maturazione.
Capitolo VI. 7. Riconoscete lo Spirito come il parente più stretto
Una società non può essere legittimata
solo dal fatto che pianifica la distribuzione, in misura uguale o
disuguale, di quanto trae dalla Natura. La sua finalità dovrebbe essere
invece la dimostrazione e la messa in atto, in ogni azione e proposta
sociale, della conoscenza dell'Unico e Universale Spirito e della gioia
che si ottiene da essa. Sai non dice: “L’anima non muore quindi puoi
uccidere il corpo fisico".
No! Sai non incoraggia le guerre! Sai vi
guida a riconoscere l'anima come il vostro parente più prossimo, più
dei membri della vostra famiglia, dei vostri consanguinei, dei vostri
più cari discendenti. Raggiunta questa meta non vi allontanerete più dal
cammino del Dharma, l'unico che può mantenere questa parentela.
Quelli che Dio ama di più
2 - pag.91 – (92) Il corpo è sacro
...L’uomo oggi vive una vita inutile:
piange quando nasce, piange quando muore, e piange nell'intervallo per
cose insignificanti. Piange forse quando vede declinare il
<<dharma>>? Che cos'è il vero <<dharma>>? Esso è
fare il proprio dovere pensando e contemplando il Signore. La Bhagavad
Ghita non insegna di abbandonare la famiglia, la ricchezza e le
proprietà, ma di prendersi cura della famiglia e fare il proprio dovere!
Concentratevi sul Divino! Qualunque cosa facciate, fatela senza
dimenticare la meta finale, perché se la dimenticate, finirete sulla
strada sbagliata. Svolgete il vostro dovere quotidiano tenendo ben in
vista il vostro obbiettivo finale.
Ghita Vahini
3 - pag.11 Il <<Dharma>>
Arjuna è l'individuo (Jivi), il corpo è
il carro e l'auriga è Krishna, il Signore, l'ispiratore della
intelligenza, il <<Brahman>> (la divina energia cosmica) che
lo spinge in risposta alla sua preghiera <<Dhiyoyonah
prachodayath...>> (risveglia la mia intelligenza Signore e
guidami!).I Kauravas rappresentano la natura diabolica, mentre i
Pandavas quella divina. I primi sono <<Asat>>, irreali, i
secondi <<Sat>> la verità. Gli uni il male e gli altri il
bene. Fra i due sempre vi è stata lotta ed in questo conflitto fra forze
opposte, Krishna (Il <<sé>>, l’”atma'' è sempre dalla parte
del <<dharma>>, la realtà che sostiene, e non
dell'illusione che la mina. Se cercate di avere il Signore dalla vostra
parte come guida, munitevi della divina natura (<<Daivi
Sampath>>), e delle qualità del <<dharma>>. Dove c'è
il <<dharma>> c'è il Signore! Naturalmente ciò non significa
che il Signore non è omnipresente.... !
Il burro è ovunque nel latte e può
ottenersi con il processo dello sbattimento e del mescolamento. Anche il
Signore si rende manifesto in un luogo specifico, proprio come il
latte, dal processo del <<Dharma-sadhana>> (disciplina
spirituale che conduce a riconoscere ciò che è <<Dharma>> e
ciò che non lo è). E’ detto: <<Dove c'è il Dharma c'è la
vittoria!>>. Arjuna era vinto dall'aspetto fisico e perciò fu
necessario benedirlo con la conoscenza del reale, cioè con l'aspetto
atmico. L’intero complesso del <<sadhana>> è impiegato per
chiarire cosa è la consapevolezza dell'<<Atma>> e per
fissare l'attenzione su tale concetto. L’insegnamento di Krishna è il
riassunto e la sostanza della ricerca della verità.
4 - pag.12 Lo sconforto di Arjuna
Krishna rispose a molti dubbi che
avevano tormentato Arjuna e che quest'ultimo non era riuscito ad
esprimere <<Oh Arjuna! Tu stai soffrendo perché questi re e
principi che ti sono parenti devono essere uccisi dalle tue mani. Tu
parli del <<dharma>> con leggerezza, ma ricordati che l'uomo
saggio (colui che conosce il <<dharma>>) non soffre per la
vita o la morte, e ti dirò perché. Ti rammarichi del corpo che decade e
muore, ma non quando passa attraverso i suoi diversi cambiamenti. Il
bambino sparisce nel ragazzo, il ragazzo nel giovane, il giovane
nell'uomo maturo ed infine l'uomo maturo nell'uomo vecchio, che poi
muore. Non hai mai pianto per i cambiamenti che hanno afflitto il corpo,
perché ora piangi per quest'ultimo chiamato <<morte>>? Hai
forse oggi il corpo che avevi quando eri ragazzo? Dove é quella
sembianza che avevi quando legasti Drishtadyumma? Ancora ti ricordi di
quella ragazzata? Eppure il corpo che la fece se ne é andato! Ma
qualunque cambiamento il corpo soffra, l'<<atma>>, lo
splendore della vera saggezza, rimane immortale>>. Essere stabili
in quella conoscenza è il segno del saggio <<Jnani>>.
Potresti chiederti il perché una persona
non si rattrista quando i corpi, con i quali ha vissuto per anni,
spariscono. Ma per quanti ti dovresti lamentare allora, ammesso che sia
giusto soffrirne? Hai mai pensato a questo? La gioia e la sofferenza
sono come il giorno e la notte, ad esse dovresti abituarti, perché
attraverso di esse devi passare. Se le rifiuti, non per questo
smetteranno di accadere e, se le desideri, non per questo incominceranno
a presentarsi. Entrambi sono connesse con il fisico, il corpo
materiale, e non intaccano lo spirito, l'anima. Il momento in cui
fuggirai da loro, sarà il momento in cui sarai libero e avrai ottenuto
<<Moksha>> (liberazione). Il primo discorso che insegna
questa verità è chiamato <<Arjuna Vishada Yoga>>, lo
<<sconforto>> di Arjuna. Esso rappresenta le fondamenta
dell'edificio della Bhagavad Ghita. Quando le fondamenta sono forti
anche l'edificio è durevole. La Ghita fu costruita su quelle fondamenta
5.000 anni fa ed è immutabile ed incrollabile. Da ciò potrete dedurne
quanto forte sia la base sulla quale riposa e quanto saggia fu la
persona che l'ha edificata. Quello <<sconforto>> di Arjuna,
quanto fu benefico! Non si trattava di una ordinaria mancanza di
coraggio! Esso mise alla prova la sua sincerità e la sua risolutezza e
lo indusse in tale condizione a prendere rifugio nel Signore senza fare
domande. E questa condizione di risoluta sottomissione è stata chiamata
<<Yoga>>. La Ghita che inizia con lo sconforto di Arjuna,
finisce con <<Sanyasa Yoga>> (la rinuncia). "Vishada" (lo
sconforto) è la base e <<Sanyasa>> è la superstruttura, una è
il seme e l'altra il frutto.
7 - pag.14 Il Dharma più nobile
Il <<dharma>> più nobile è
di seguire quello relativo al proprio stato. A questo riguardo vi è
conflitto fra religione e morale.<<Gahana karmano ghathith>>
("E’ difficile e piena di pericolo") dice il Signore parlando della
disciplina morale. Quale atto è legittimo, e quale no?
Quale atto è sanzionato dalla morale e quale no?
Molti hanno lottato e lottano per rispondere a queste domande.
Ma Krishna ha menzionato quali atti sono
validi nei seguenti versi:<<Pensa a Me, sii devoto a Me, rendimi
culto ed omaggio, Mi raggiungerai. La verità ti rivelo, perché sei caro a
Me. Questo è il Mio insegnamento, la Mia Grazia>>.<<Questa è
la strada per venire a Me, abbandona tutti i <<dharma>>,
arrenditi a Me, non affliggerti, ti libererò dalle conseguenze di tutti i
tuoi atti>>.Ah! Notate il significato di questi due
<<Slokas>>. Non è sufficiente questo atto di resa per
liberarvi dal circolo vizioso del venire, stare e vivere in questo
mondo? Vedi Lui in ogni essere, sii cosciente di Lui in ogni momento
dell'esistenza, sii immerso nella beatitudine di quella consapevolezza,
in un profondo amore e devozione per Lui. Dedica a Lui tutti gli atti,
grandi e piccoli, volontà, desiderio, attitudine, attività, frutti e
conseguenze, ogni cosa dall'inizio alla fine, rinuncia a tutti gli
attaccamenti e compi gli atti in uno spirito di reverente distacco.
Questo è ciò che il Signore cerca in noi.
8 - pag.15 La resa totale
Naturalmente è molto difficile effettuare questa totale resa.
Ma se l'uomo fa anche il più piccolo
sforzo in quella direzione, il Signore stesso gli darà il coraggio di
proseguire fino alla fine. Egli camminerà con lui e lo aiuterà come un
amico, lo condurrà come una guida, lo proteggerà dal peccato e dalla
tentazione, sarà il suo sostegno e supporto. Egli ha dichiarato:
<<Questo modo di agire, se seguito anche in minima parte, lo
salverà da una terribile paura>>. Seguire il "Dharma" è in se una
sorgente di gioia, è il cammino meno irto di ostacoli. Questo è
l'insegnamento del Signore.<<Verrete vicino a Me... capirete il
mio mistero, entrerete in Me, acquisirete la Mia natura>>.Questi
sono i termini usati:
"Saadrisya" acquisire la divina natura.
"Saalokya" esistenza in Dio.
"Sayuja" unità in Dio.
Quando si è raggiunto lo stadio di
realizzare la divinità in ogni essere, quando con ogni strumento della
conoscenza (i cinque sensi) si sperimenta quella divinità, quando essa
sola viene vista, udita, sentita, odorata e toccata, l'uomo diviene
senza dubbio una parte del corpo di Dio e vive in Lui e con Lui. Non
appena questo dovere verso il proprio progresso viene deciso, sentirete
sin dal primo passo sorgere in voi una nuova forza e sperimenterete una
nuova e più pura gioia, assaggerete la pienezza della beatitudine,
sarete rinfrescati da una nuova santità. Questo "Dharma" non è stabilito
o raccomandato per degli uomini straordinari. Esso è raggiungibile da
tutti coloro che hanno sete di Dio, che hanno la discriminazione per
scoprire che esiste qualcosa al di là di tutto questo cambiamento. Anche
il più incallito peccatore può pulire il suo cuore e divenire puro
arrendendosi al Signore in un angosciato pentimento.
9 - pag.15 Il comandamento di Dio
Pertanto il comandamento di Dio è che
ciascuno segua lo speciale "Dharma" stabilito per lui; pianifichi la sua
vita in concordanza con le basi spirituali della sua cultura
abbandonando la visione cosiddetta <<oggettiva>> ed ascolti
la voce di Dio.
Coloro che sono nati in Bharat (India)
dovrebbero meritare il privilegio di ascoltare la voce del leader di
Bharat, Gopala (Krishna), e manifestare la divinità latente in loro in
ogni parola che pronunciano, in ogni lettera che tracciano, in ogni
desiderio che accarezzano, in ogni pensiero concepito ed in ogni atto
fatto per acquisire cose grossolane, come il cibo, un tetto o la salute.
Solo la Nazione Indiana può dimostrare al mondo l'eccellenza di questa
antica religione, il <<Sanathana dharma>>, speciale dono
all'umanità ed assicurare la pace a tutto il mondo. Agire in accordo con
il <<dharma>> può conferire la forza spirituale capace di
superare tutte le crisi ed ottenere la vittoria. La sacra Ghita ci
garantisce quel dono indicandoci chiaramente la strada da seguire.
6 - pag.27 Due tipi di illusione
Bisogna porre attenzione ad un fatto:
Arjuna soffre di due tipi di illusione: ordinaria e fuori
dell'ordinario. Confondere il corpo con se stesso e disperarsi per esso
quando qualcosa gli accade, è una illusione di tipo ordinario. Prendere
il proprio <<dharma>> (in questo caso quello di
<<Kshathrya>> o del soldato) per <<adharma>> è
una illusione fuori dell'ordinario. Krishna distrugge la prima e rimuove
la seconda. La prima è trattata dal l2° al 30° <<sloka>>
del secondo capitolo, mentre la seconda in 8 <<sloka>>,
spiega ad Arjuna l'idea di <<swadharma>> o il suo
<<dharma>> personale. I <<dharma>> sono
collettivamente chiamati <<dharmashaktas>>. Lo
<<swadharma>> non lega e non produce ulteriori nascite, esso
conduce direttamente alla liberazione. Esso deve essere compiuto come
<<Karmayoga>>, senza attaccamento ai frutti dell’azione.
Verso la fine del secondo capitolo c'è pure la descrizione
dell'aspirante di successo che ha sviluppato un intelletto purificato:
lo <<sthithaprajna>>. Krishna così continuò il suo discorso:
<<Pensa per un istante chi sei tu e cosa ti proponi di fare. Dici
di conoscere ogni cosa e piangi come una donna indifesa. Le tue parole
proclamano che sei un <<pundit>>, un erudito, ma i tuoi atti
rivelano che sei solo un credulone. Ascoltandoti si potrebbe pensare
che sei un <<jnani>>, ma vedendoti si scopre che sei un
ignorante. La tua condizione è come minimo disgustosa. Se ti prendo per
un <<pundit>>, non posso conciliare la mia visione con le
tue lacrime, poiché un <<pundit>> non soffre né per la vita
né per la morte. Se soffre non è un <<pundit>>. I
<<pundits>> hanno la capacità di scoprire ciò che è
fondamentalmente vero. I <<pundits>> sono coloro che
conoscono il segreto della materia ed il mistero dello spirito. Come
possono quindi piangere se uno è o meno incarnato? Essi non si
priveranno della loro calma interiore, qualunque sia la circostanza. Il
vero ignorante ed il vero saggio, entrambi, non soffriranno per la vita e
per la morte. Piangi perché i corpi di Bhisma e di Drona cadranno o
perché la loro <<atma>> sarà distrutta? Tu piangi per i
corpi? Ebbene, a cosa servono le lacrime? Se servissero veramente, la
gente conserverebbe i cadaveri dei propri morti e li farebbe rivivere
con i suoi pianti. No! Non può essere così! Se immergi un corpo morto in
un recipiente di <<amritha>> non per questo potrà ritornare
alla vita. Perché allora piangere per l'inevitabile? Forse dirai che
stai piangendo per l'<<atma>>, il centro spirituale del tuo
essere. Questo mostra quanto grande è la tua pazzia. La morte non potrà
mai toccare l'<<atma>>. Essa è eterna, evidente in se, pura.
E’ evidente che tu non possiedi <<atma-jnana>> (la
conoscenza dell'atma). Per uno <<kshathrya>> combattere è il
suo <<swadharma>> (<<dharma>> della sua casta).
Fai il tuo dovere senza badare ad altre considerazioni. Ti chiedi:
<<Come posso causare la morte di Bhisma in guerra?>>. Ma
tutti devono morire o uccidere. E’ <<adharma>> ucciderli
nelle loro case, ma sul campo di battaglia, come può essere contrario al
<<dharma>>? Sono spiacente, ma non hai neanche questo poco
di discernimento! Ora basta! Alzati e sii pronto a batterti! Perché
rotolarsi al suolo sotto il peso di questo inutile Ego? Il Signore è la
causa di tutto ciò che succede e non tu! Esiste un potere superiore che
anima tutto. Sappilo e compi la Sua volontà!
Bhisma e Drona sono venuti come dei veri
guerrieri per combattere e non piangono come fai tu! Pensaci! Essi non
soffriranno e non si ritireranno, Arjuna!
Non c'è tempo dove io non fui, e dove
questi re e questi principi non furono. <<Thath>> è il
<<Paramatma>>, l'anima suprema, <<Twam>> è il
<<jivatma>> l'individuo, e tutti e due erano, sono e saranno
uno per sempre. Prima che il vaso fosse, vi era, vi è e vi sarà
l'argilla>>.
6 - pag.35 Il dovere di uno Kshathrya
<<Il principale dovere di uno
<<kshathrya>> è essere dalla parte del
<<dharma>> e distruggere l'<<adharma>>.
Considera quale enorme fortuna hai: sul campo di battaglia ci sono
validi nemici come Bhisma e gli altri, lo stesso Bhisma, al fine di
compiere il suo dovere di kshathrya (militare), combatte in passato
contro il proprio <<guru>>: il <<brahmino>> che
gli insegnò tutte le arti, il grande Paramasurama stesso. Ed ora tu,
come un codardo, hai paura di prendere le armi contro tali coraggiosi.
Uno <<kshathrya>> trova che il suo dovere è compiuto quando
difende le cause del <<dharma>> senza fare differenze.
Questa è la via del progresso!<<Kshatham>> vuol dire
<<dukham>> (pena) e lo <<kshathrya>> è colui che
salva gli esseri dalla pena. Una fortuna come quella di condurre una
guerra a favore del <<dharma>> contro le forze
dell'<<adharma>> capita raramente all'uomo. Tu sei benedetto
perché come <<kshathrya>> puoi prendere parte a questa
<<dharmayuddha>> (guerra del dharma>>). Cerca di
immaginare quanti meriti acquisterai nel servire il mondo. La guerra che
è stata intrapresa per stabilire la pace nel mondo
(<<shanti>> la pace, e <<soukya>> l'abbondanza) è
una guerra per il <<dharma>>, dove la giustizia è destinata
a vincere. I Kauravas non hanno rinunciato a nessuna ingiustizia, a
nessun peccato ed a nessun vizio. Hanno insultato gli anziani, disertato
i virtuosi, diffamato la casta, e ferito la dignità dei buoni: i loro
misfatti sono innumerevoli. Ora è giunto il momento della resa dei
conti: essi devono rispondere per tutti i loro crimini. E, se in
quest'ora ti comporti come un vigliacco, disonorerai i tuoi genitori, i
tuoi fratelli, e l'intera casta degli <<kshathrya>>. Tu
credi che sia un peccato entrare in guerra. Questo è il grande errore!
Il peccato risiede, invece, nell'evitare la opportunità di distruggere i
malvagi e prolungare l'agonia dei virtuosi. Abbandonare il tuo
<<dharma>> ora, significa correre il rischio di cadere nella
perdizione. Attieniti con fermezza ad esso e non sarai toccato dal
peccato. Abbi una mente ferma, e non dare spazio né all'una né all'altra
delle dualità del mondo>>. Dal 31° sloka di questo capitolo,
Krishna ha parlato di questo <<swadharmanishta>> o
<<dharma>> personale di Arjuna, in otto slokas.
1 - pag.51 Il significato di Dharma
Quando il declino scende sul dharma Io
Mi incarno come <<narakaara>> (forma) dallo stato di
<<niraakaara>> (senza forma) per farlo rivivere, proteggerlo
e salvare i buoni dalla paura>>, disse Krishna. Questa
dichiarazione potrebbe far sorgere qualche dubbio. Il dharma poiché è
qualcosa soggetto a declino o decadimento, non può essere considerato né
come <<nithya>>, eterno, né come <<sathya>>,
vero. Ebbene, riuscirete ad afferrare l'importanza dell'opera di
proteggere il dharma, solo quando considererete la sua origine ed il suo
scopo. Dio ha creato questo <<jagath>> (mondo) di Sua
iniziativa ed ha ordinato vari codici di condotta per il suo
mantenimento ed il suo funzionamento. Ha stabilito regole di retta
condotta per tutti gli esseri le quali formano il
<<dharma>>. La parola <<dharma>> deriva dalla
radice dhr, che vuol dire <<vestire>>. Il dharma è un
vestito <<desa>>. Il <<deha>>, il corpo del
Signore, è protetto dal <<dharma>> con il quale Egli si
veste, donandogli bellezza e gioia. Il <<dharma>> è
<<pithimbara>>, il santo abito di Bharat (India). Esso
vigila sull'onore e la dignità di un popolo, protegge dalle avversità e
dà fascino alla vita. Il dharma preserva l'amor proprio di una nazione.
Come gli abiti danno dignità ad una persona che li indossa, così il
dharma è la misura della dignità di un popolo. Non solo questo paese, ma
ogni paese nel mondo ha il suo speciale <<dharma>> o il suo
proprio dovere. Ciascuno ha l'abito che lo distingue. Il dharma regola i
gruppi e l'individuo. Prendete i cinque elementi, i componenti del
<<prapancha>> (mondo obiettivo). L'acqua ha come suo
<<dharma>> il movimento ed il freddo, il dharma del fuoco è
la luce ed il caldo. Ciascuno dei cinque elementi ha il proprio.
L'umanità per l'uomo, l'animalità per l'animale, li preservano dalla
degenerazione. Come può il fuoco essere fuoco se non possiede il potere
di combustione e di dare luce? Esso deve manifestare il proprio
<<dharma>> se vuole essere se stesso e quando lo perde
diventa un pezzo di carbone senza vita. Allo stesso modo l'uomo ha le
sue caratteristiche naturali che sono il suo stesso respiro. Esse sono
chiamate <<shakthis>> abilità o poteri. Gli uomini sono tali
se possono essere identificati con quelle speciali abilità o poteri
presenti in loro. Se esse sono perse, essi non sono più uomini. Per
preservare e nutrire tali poteri ed abilità, sono stati stabiliti codici
di comportamento e linee di pensiero. Il <<dharma>> non
declinerà se queste (aacharas e vicharas) sono conservate. Il
<<dharma>> non è qualcosa che viene dall'esterno, ne
qualcosa che possa essere rimossa. E’ la vostra natura genuina, la
vostra originalità. E’ la cosa che fa un uomo anziché un animale. Come
osservare il <<dharma>>? Essendo se stessi! Se una cosa si
distacca dal suo <<dharma>> e si comporta secondo il suo
capriccio, allora quella cosa sta compiendo <<a-dharma>>.
2 - pag.52 Come osservare il dharma
Questo <<sahajadharma>>
dell'uomo fu sopraffatto nel corso del tempo. Il numero di coloro che lo
sostenevano, lo incoraggiavano e da esso ricavavano gioia, si
affievolì. Nel linguaggio comune si dice che è stato
<<distrutto>> anche se è qualcosa che non può essere
distrutta. E come l'erbaccia che copre il raccolto. Pertanto la
<<restaurazione>> del dharma è togliere le erbacce.
Attualmente in questa era di Kalì o Kalì Yuga, il <<dharma>>
è divenuto una questione di parole soltanto, ma il
<<dharma>> non è una magica combinazione di parole. Ciò che
si deve dire è la verità, ciò che si deve praticare è il dharma.
<<Sathyam vadam, dharmam chara>>, è il richiamo delle
Upanishads, le depositarie della cultura indiana (dire la verità,
seguire il <<dharma>>). Questi gloriosi insegnamenti sono
stati oggi dimenticati e travisati. Infatti, l'ordine del giorno di oggi
è <<dharmam vadam>> <<Parla del dharma>>.
Questo è il primo gradino per il suo declino. Discendere dall'azione
alle parole e credere che una cosa sia fatta quando è solo pronunciata,
questo non è dharma! Ciò che non è praticato non può possedere forza. La
forza del coccodrillo dipende dal fatto che sta nell'acqua, la forza
del <<dharma>> dipende dalla sua pratica, quando non si
pratica con l'azione ma solo a parole, esso diventa debole. La forza ha
qui due aspetti: la forza animale e la forza dharmica. Bhima aveva la
forza fisica e suo fratello maggiore Dharmaraja, che era dalla sua
parte, aveva la forza dharmica, quindi anche la sua forza divenne
dharmica. I Pandavas furono salvi perché aderirono alla forza dharmica
ma, per ottenerla, essi dovettero soffrire sconfitte, sin dall'inizio. 1
Pandavas senza Dharmaraja, qualunque fossero le loro risorse, sarebbero
stati una preda facile per l'avversario. Ponderate su ciò! Come furono
distrutti i Kauravas, nonostante la loro superiorità nelle risorse?
Perché non possedevano la forza del <<dharma>>Essi potevano
confidare soltanto sulla forza animale. Il giorno in cui Dharmaraja e
Bhima che avevano la forza del <<dharma>>, entrarono nella
foresta, l'<<a-dharma>> entrò nel territorio dei Pandavas.
3 - pag.53 Il compito di Krishna
Il <<dharma>> che è stato
esiliato nella foresta deve essere riportato nei villaggi e nelle città
per ristabilire pienamente la prosperità e la pace nel mondo. Dal regno
dell'<<a-dharma>>, il mondo deve entrare nell'era del
<<dharma>>. Uno sforzo speciale deve essere fatto per
coltivare il raccolto, mentre diventa inutile se si permette alle
erbacce di crescere. Il prezioso raccolto di
<<sahajadharma>> deve essere coltivato con cura ed
attenzione. Quando il <<dharma>> è praticato,
1'<<a-dharma>> sparisce da solo. Nessuno sforzo speciale è
richiesto per eliminarlo. Pertanto <<dharmasthaapana>>
significa nel presente contesto, la crescita della pratica del
<<dharma>>.Cosa s'intende quando si dice: <<Il sole è
tramontato?>> Semplicemente che non è visibile. Nello stesso
senso, se il <<dharma>> non è visibile, non si può dire che
esso non esiste! Come può non esistere? Se non ci fosse non ci sarebbe
la verità che è indistruttibile e alla quale è associato intimamente.
Renderlo nuovamente visibile è il <<dharmasthaapana>> ed è
esattamente ciò che fece Krishna. Usando Arjuna come strumento, Egli
riportò alla luce i codici di condotta ed i modi di pensiero che erano
stati stabiliti come <<dharma>> sin dai primissimi tempi, ed
ancora una volta ne rafforzò la pratica. Questo è ciò che si chiama
<<dharmoddharana>> (far rivivere qualcosa che si era
perso).Non è un lavoro per uomini comuni! Il Signore stesso, la base
universale, deve assumersi quel compito. Egli insegnò al mondo tramite
Arjuna.
5 - pag.61 Come far rivivere il Dharma: l'organizzazione delle caste
<<Arjuna, vi è un sistema per far
rivivere il dharma, il compito per il quale sono venuto. Questo è
<<chaturvarnyam>> cioè la riorganizzazione delle 4 caste
(varnas) fondata sul <<karma>> e sul <<guna>> di
un popolo. Il sistema delle caste è essenziale per il funzionamento del
mondo. Il suo significato non è facile da capire. Molti credono che
tale sistema aumenti l'inquietudine e sia causa di divisione fra gli
uomini, ma la verità si mostrerà chiaramente se il problema è ragionato.
Concludere che il sistema delle <<varnas>> non è buono,
mostra solo ignoranza e, fra l'altro, tale giudizio crea confusione. Io
ho stabilito questa organizzazione per promuovere il benessere del
mondo. Le <<varnas>> aiutano l'uomo ad agire in modo a lui
congeniale ed a realizzarsi. Senza di esse l'uomo non può avere
felicità, neanche per un momento. La casta è la causa del successo di
ogni attività. Coloro che sono equipaggiati con il satwaguna, che hanno
capito il principio dell'unità, <<Brahmatathwam>>, che
favoriscono la vita morale e spirituale, che aiutano gli altri a
desiderare la gioia di visualizzare la realtà della loro propria natura,
sono chiamati <<brahmini>>. Coloro che salvaguardano un
sano sistema politico, la legge e la giustizia, il benessere e la
prosperità, l'ordine morale stabilito per il popolo, tenendo sotto
controllo i malvagi e gli immorali, soccorrendo i deboli ed i poveri,
questi sono gli <<kshathrya>>. Coloro che immagazzinano e
forniscono al popolo, entro certi limiti, il necessario per vivere, sono
i <<vaisyas>>. Coloro che pongono le fondazioni per il
benessere con le attività di servizio e provvedono la forza ed i muscoli
sono i <<sudra>>. Ho stabilito queste quattro caste e
quando esse svolgono propriamente i loro doveri, l'umanità progredisce
ovunque. Come risultato di tale sistema vi è una divisione nei servizi, e
l'individuo può condurre una felice vita armonica in società, senza
timore ne dolore. Questo sistema è un esempio della Grazia che il
Signore ha voluto elargire a Bharat (l'India). Il popolo di Bharat è
benedetto perché ogni suo atto è visto come esecuzione dei Suoi ordini
che portano naturalmente alla Sua Grazia. Dovete riflettere su questo
problema, è importante! Il comando divino oggi viene sprezzato ed è in
grande pericolo. Se le leggi cambiano i connotati di questo sistema il
mondo non avrà il benessere al quale aspira. Molti dicono ed insegnano
che Bharat è giunta a queste tristi condizioni a causa del sistema delle
caste. Ma costoro dovrebbero sedere tranquilli per un momento e
ponderare su queste domande: il paese è sopravvissuto come risultato di
quel sistema? Oppure, queste condizioni deplorevoli sono state causate
dall'indebolimento del sistema? Poi sulla base delle loro conclusioni
potranno consigliare la soppressione o meno delle caste. L’opinione
della gente che accusa il sistema delle caste di essere responsabile del
malessere del paese non ha nessun valore perché essi non lo hanno
studiato obiettivamente. Naturalmente rimane il fatto che il sistema
delle caste ha cambiato direzione e si è mosso in quella sbagliata, e
ciò è stato sottolineato da più di un grande uomo. Ma questa non è una
ragione sufficiente per gettare via tutto. Se la gamba fa il lavoro
delle mani e la testa quello dei piedi non per questo è consigliabile
tagliare mani e piedi. Sforzi devono essere compiuti per rimettere il
sistema a posto, invece di distruggerlo. Il sistema delle caste non è la
causa di tutta questa confusione ed inquietudine. La colpa risiede nel
modo casuale con il quale si é sviluppato. E’ divenuto un giocattolo in
mano di tutti e così ha perso la sua armonia e perfezione originaria. Il
sistema è essenziale non solo in Bharat, ma in tutto il mondo.
Nei paesi fuori dell'India questo
sistema non è assente. Il nome può essere differente, ma il modo di
lavorare è medesimo. Ci sono anche là le quattro classi;
<<sikshaka varga, rakshakavarga, vanig varga, sramika
varga>>. Ma, mentre in India le caste sono decise dalla nascita,
cioè sono ereditarie, nelle altre parti del mondo sono decise dal
<<karma>>, il lavoro, nel quale ciascuno è occupato. Questa è
la sola differenza. Molti brahmini hanno abbandonato il loro culto per
svolgere attività di casta diversa mentre, <<sudra>> mossi
da ideali, aspirazioni spirituali e desiderosi di raggiungere la purezza
mentale, hanno abbandonato la loro casta. Ma non per questo è giusto
concludere che il sistema delle caste per l'organizzazione della società
umana è inutile>>.
4 - pag.151 La devozione è seguire il dharma
La Ghita dichiara che quantunque una
persona abbia devozione per il Signore, essa non potrà essere chiamata
"devoto" se la sua vita non è in accordo con i Suoi comandamenti che
costituiscono il "dharma" stabilito dalle Sastra e rivelato dai santi e
dai veggenti. E’ in questo senso che Krishna usa la parola
"bhakthimaan", quando dice nella Ghita: "bhakthimannyah sa me miyah".
Qualunque atto compiuto dal "bhakta" non dovrebbe essere considerato
come il "mio karma" ma concepito come il "Karma del Signore" e dal
"Signore" "Eeswarayakarma”. Generalmente la gente sente che alcuni atti
sono "loro" ed altri sono del "Signore", ma questo non è il segno
distintivo di un vero "bhakta”. Se tutti gli atti sono sentiti come
fatti dal Signore, essi non saranno macchiati dall'egoismo o dal senso
del "mio". La "bhakti" deve essere intesa come una disciplina che
rimuove l'egoismo ed il sentimento del "mio". Per questa ragione il
"bhakta" è chiamato uno che è "a-vibhakta" con Dio, "non separato da
Dio”. In ogni momento ed in ogni circostanza l'atto ed il sentimento
deve essere centrato in Dio. Invece se voi pregate: "Oh Dio! Salvami,
toglimi questa sofferenza!" quando siete nei pasticci, mentre quando
essi passano, ritornate a comportarvi allo stesso modo di prima, una
tale condotta non è devozione.
2 - pag.188 Arrendersi
Prima di concludere il Suo sacro
consiglio Krishna si rivolse ad Arjuna dicendo <<Abbandona tutti i
dharma ed arrenditi a Me, Io ti libererò da tutti i peccati. Abbandona
l'orgoglio e l’ego, il senso del possesso ed il sentimento di "io" e
"mio". Distruggi la identificazione del sé con il corpo, la sua
prigione, rimani fermo nel pensiero che tutto questo è "Paramatma" e
null’altro. Niente altro deve essere quindi fatto, se non arrenderti al
mio piano. L’uomo deve abbandonare le attività di fare e di non fare
"sankalpa" e "vikalpa", deve eseguire i comandamenti del Signore,
accettare la Sua volontà ed essere felice ovunque Egli lo voglia, e
comunque lo voglia. Non dovrebbe giudicare se i suoi atti sono giusti o
sbagliati, ma farli come atti disinteressati di culto a Lui. Questo è
tutto il suo dovere!
Alcuni sterili Vedantini prendono spunto
dagli insegnamenti di Krishna per abbandonare tutti i "dharma" e
starsene con le gambe incrociate e gli occhi chiusi senza fare niente,
tutto il santo giorno! Schivano i loro doveri legittimi, mangiano,
dormono e vagabondano per il mondo, non discriminano su ciò che è giusto
ed ingiusto, dicendo che il Signore ha ordinato loro di trascendere il
"dharma”. Quando gli anziani ed i ricercatori chiedono il perché della
loro condotta, essi rispondono: <<Che domande stupide! Non sapete
che il Signore lo ha detto nella Ghita? Il suo comandamento "sarvam
dharmaan parithyaga" l'ho preso come base della mia condotta. Non mi
occorrono consigli da altri, che non ne hanno l'autorità>>.
Essi sono orgogliosi e fieri della loro
devozione e della loro ortodossia. Tali persone selezionano dalle parole
del Signore, solo quelle parti che sono a favore delle loro
inclinazioni. Le parole prima, e dopo, vengono convenientemente
ignorate, perché spiacevoli, nonostante siano inseparabili dal resto del
discorso. Essi ignorano la parte più importante del comandamento che
pretendono di seguire. Il Signore ha dichiarato: <<Abbandona tutti
i dharma>>, e poi ha aggiunto: <<Arrenditi a Me!>>.
Lo hanno fatto questi Signori? No! Hanno forse il desiderio profondo di
essere liberati? No! Se lo avessero non avrebbero negletto i loro doveri
legittimi e non sarebbero schiavi del cibo e del sonno. Questi
individui non mettono in pratica i comandamenti del Signore, perché sono
troppo pigri per farlo ed in loro non esiste neppure un atomo di sforzo
spirituale.
3 - pag.189 Il vero "nishkama karma"
I veri aspiranti sono coloro in grado di
capire le verità contenute nelle divine parole del Signore. Notate che
il Signore ha detto: "sarva dharmaan parithyaga" e non "sarva karmaan
parithyaga". Qual è il significato di tali dichiarazioni? Significa:
compi gli atti per far piacere al Signore e per la Sua gloria, senza
essere coinvolto in discussioni di "dharma" e di "adharma”. Voi sapete
che non c'è nulla da acquisire, poiché avete posto tutta la vostra
fiducia nel Signore e vivete solo offrendo tutto a Lui. Come Janaka ed
altri, dovete agire per il bene del mondo.
L'anima immanente in tutti gli esseri
non è diversa dall"atma'' che è in voi, pertanto, agite per il benessere
di tutti. Il vero "nishkama karma" è compiere tutti gli atti prescritti
dalle Sacre Scritture in uno spirito di dedica e senza desiderarne i
frutti. Il solo vostro compito è capire la Ghita bene, osservare le sue
ingiunzioni, stabilirvi in una attitudine di "nishkama karma", compiere
tutti i vostri doveri come atti di preghiera, "Hari prasadam". Lasciate
il frutto, la conseguenza, il risultato a Lui, allora riceverete la
Grazia, e la vostra vita sulla terra diventerà degna. Per coloro che
seguono il cammino del "dharma" la vittoria ultima è sicura, nonostante
le difficoltà che incontrano. Mentre coloro che non lo seguono potranno
avere ricchezza e conforto, anche per lungo tempo, ma, alla fine, sarà
per loro il disastro. I Kauravas ed i Pandavas sono degli esempi
illuminanti di ciò. I Kauravas, che non seguivano il "dharma", erano
così ciechi dalla loro superbia che soggiogarono i Pandavas e li
sottoposero a varie torture. Ma essi andarono incontro alla totale
distruzione. Essi avevano il supporto di molti alleati ma, dato che non
possedevano la forza della Grazia, furono abbandonati dalla buona sorte
ed il fato li portò alla rovina irrimediabile. Il "Mahabharatha" insegna
alla gente dell'India questa lezione: niente può eguagliare la Grazia
di Dio, neppure il più potente armamento. Questo è il messaggio più
valido che contiene.
La filosofia dell’azione
1 - pag.83 IL <<DHARMA>> e LA VERITA’
Il <<dharma>> è ciò che
sostiene. Dove c'è il <<dharma>> c'è la vittoria. Quando il
<<dharma>> è protetto, esso protegge. Praticate il
<<dharma>>. La base ed il fondamento del
<<dharma>> è la verità. Per il benessere delle società sono
stati stabiliti 7 tipi di <<dharma>>, come i sette colori
dell'iride. Il primo è la <<verità>>, il secondo è il
<<carattere>>, il terzo è <<dhana>>, la carità,
il quarto è il <<dharma>> lo swa-dharma o il
<<dharma>> di ciascuno, il quinto è <<thapas>>
la perfetta coordinazione fra pensieri, parole ed azioni, il sesto è la
<<rinuncia>>, ed il settimo è la
<<non-violenza>>. Questi sette sono stati stabiliti per la
protezione del benessere sociale. Come il <<dharma>> del
fuoco è quello di bruciare, quello del ghiaccio è di essere freddo,
quello del fiore che sboccia di profumare, dello zucchero di essere
dolce, così il <<dharma>> per l'essere umano è la verità. La
realtà potrà essere capita quando si afferrerà la natura della verità.
Il carattere è il soffio vitale della verità. Tre cose sono importanti
per coloro che vogliono seguire il cammino spirituale ed avere successo:
le sacralità, la tolleranza e la ferma risoluzione. Qualunque tipo di
cultura o di istruzione un individuo abbia acquisito, qualunque
ricchezza possegga, se non ha quelle tre cose, sarà come un morto
vivente. L'uomo riconosce la bellezza della natura esterna, ma Dio
riconosce la bellezza della natura interna, le debolezza di un individuo
è il suo carattere. L'uomo che non ha carattere è come pietre. L'uomo
deve perciò conquistare il carattere che è in lui naturale e la cui base
è la verità. L’uomo deve considerare la verità come il proprio respiro
ed essere pronto a rinunciare a qualsiasi cosa per essa. Il mondo serve
la verità e si muove nel timore della menzogna. Dove non esiste la
verità c'è la paura, la verità allontana la paura e dà protezione. La
verità protegge il mondo e lo muove. Con la verità l'uomo può diventare
divino. Il carattere è il soffio vitale della verità! Il buon
comportamento è la virtù più importante senza la quale l'umanità non può
risplendere. Per proteggere l'umanità e sviluppare la Divinità,
dobbiamo fondare la nostra vita sul carattere, sulla verità e sul buon
comportamento sin dalla fanciullezza. Nella fanciullezza si commettono
consciamente o inconsciamente molti errori. La paura di essere puniti
porta il bambino a nascondere i propri errori. Così facendo sviluppa la
non-verità e l'abitudine a dire le bugie, distruggendo così la base
stessa della umanità. Nel dire la verità non dovremmo avere nessuna
paura. Quando avremo imparato a dire la verità, acquisteremo coraggio,
gioia e pace. Non dovremmo avere paura di dirla, sia che ci renda felici
o ci danneggi. La verità è la radice della vita stessa, come le
fondamenta per una casa e le radici per l'albero. Se noi tentenniamo,
non ci sarà né protezione né salvezza. La vita di Harichandra è un
esempio di vita vissuta per il <<dharma>> e per la verità.
Per seguire la verità egli abbandonò moglie e figli che dovette vendere,
insieme a se stesso, per pagare i suoi debiti. Tuttavia egli non disse
mai il falso! Quando suo figlio morì, sua moglie lo porto al crematoio
dove lui lavorava. Egli sapeva bene che erano suo figlio e sua moglie,
ma compì lo stesso il suo dovere perché era addetto alla cremazione dei
corpi. Harichandra, in ogni circostanza, buona o cattiva della sua vita,
non disse mai il falso e seguì sempre il <<dharma>>. Egli
considerò la verità ed il <<dharma>> come i suoi due occhi,
come le ruote del carro, come le ali di un uccello.
3 - pag.86 IL <<DHARMA>> E IL DOVERE
La verità è la strada reale della vita.
La parola <<dharma>> molti la traducono con
<<dovere>>. Ma <<dovere>> non è una traduzione
appropriata del termine. Il <<dharma>> non è connesso al
comportamento esteriore o alle qualità esteriori. Esso è immutabile di
era in era. Se cambiasse, non ci sarebbe la necessità di ristabilirlo.
Esso non muta; ciò che muta è la sua pratica! Krishna si incarnò per
ristabilire la pratica del <<dharma>> e non il
<<dharma>> in sé. Il dharma>> è sempre esistito in
tutti gli yuga. C'era nell'era <<Kritha>>, c'è nell'era di
<<Kali>>. Nell'era di <<Kritha>> il codice era
la <<meditazione>>, nel <<Thetra>> era il
<<sacrificio>>, nel <<Dwapara>> fu il culto, ed
infine nell'era di <<Kali>> è la ripetizione del nome del
Signore>>. Il codice è stato stabilito per ogni era. Nell'età di
<<Kali>> ci sono persone che fanno meditazione, altre
<<culto>> ed altre ancora fanno <<austerità>>.
Nell'era del <<Kritha>> c'erano persone che ripetevano il
nome del Signore. In tutte le ere queste forme di <<dharma>>
sono esistite. Le ore mutano ma il flusso del <<dharma>> è
uno e sempre il medesimo, immutabile! La verità è il fondamento del
<<dharma>> e, quindi, anch'essa è immutabile. Essa è una e
non due! In tutti i tre tempi, in tutti i tre mondi, in tutti i tre
<<gunas>>, la verità rimane una! Il dovere invece cambia con
il tempo.
sea
Per esempio una persona fa un
determinato lavoro e dice che è il suo <<dharma>>. Quando va
in pensione, si mette negli affari e, quindi, cambia mestiere e dice:
<<Gli affari sono il mio "dharma"! Questo è ciò che chiamiamo
dovere, ma non è <<dharma!>> Un esempio: camminate su una
strada con un bastone appoggiato sulle vostre spalle e sul collo. E' una
strada pubblica e non avete la libertà di muovervi come volete e dovete
stare attenti agli altri, che vengono in direzione opposta. Il vostro
<<dharma>> è cercare di evitare di dare fastidio alle
persone che vengono in direzione opposta. Se fate delle azioni e delle
attività che danno fastidio agli altri, questo non è
<<dharma>>.
Dovete seguire il <<dharma>>
che non intralcia gli altri che camminano sulla stessa via. Il modo di
compierlo correttamente è quello di non causare nessun inconveniente
alla libertà altrui. Se si considerasse il <<dharma>> come
lo svolgimento di attività che non recano danno al prossimo, allora vi
sarebbe una grande pace, prosperità e gioia nel mondo. Questo è il
dovere che dobbiamo compiere per dare un esempio agli altri.
3 - pag.133 IL DHARMA
Il reale significato di dharma è il
Principio di Parabrahman. Esso si fonda su tale principio, esso è il
corpo di Dio. Dio è la vera forma del <<dharma>>. Esso
rivela la vera natura e gli aspetti di Dio. Krishna disse ad Arjuna:
<<Dal sentimento personale devi espanderti in una più ampia
visione. Il corpo non è la sola entità, esso è solo un “upadhi”, un
contenitore che vedi con i tuoi occhi, allarga la tua visione, e quando
essa sarà piena del “dharma”, l'intera creazione diventerà "Brahman”.
Come individuo, tu appartiene alla casta degli “kshatrya” (soldati)
quindi, il tuo dovere è combattere. Non hai bisogno di essere invitato
per questo: è sufficiente che i Kauravas ti abbiano dichiarato guerra,
perciò vai, e fai il tuo dovere>>! Krishna indicò in questo modo
il <<dharma>> ad Arjuna: <<Arjuna! E' nella natura del
fuoco di bruciare: se il fuoco non avesse questo potere, non sarebbe
fuoco, ma un pezzo di carbone. La natura del ghiaccio è quella di essere
freddo, senza questa natura non potrebbe essere chiamato ghiaccio. Così
la morte è naturale ad ogni corpo umano. Perché avera paura? Il
"dharma”, dello zucchero è di essere dolce, del fuoco, di bruciare, del
ghiaccio, di fare il freddo, del corpo, di morire. Arjuna. non badare ai
corpi dei tuoi parenti, ma con le qualità di uno “sthithaprjna”
combatti; distruggi tutti i tuoi attaccamenti. Se vuoi avere la pace,
distruggi il tuo ego, non abbandonare Dio, non disubbidirGli! Riconosci
di essere un umano e sappi tuttavia che tutto ciò che è inerente
all'umanità è "maya”, e che un giorno andrà distrutta>>. L'altro
giorno Swami ha dato la definizione di uomo. In Inglese "uomo" si dice
<<man>>, <<m>> sta per rimuovi
<<maya>>, <<a>> sta per: <<vedi
l'atma>>, e <<n>> sta per: <<raggiungi il
Nirvana>>. Il dovere dell'uomo è distruggere <<maya>>,
avere la Visione di Dio e fondersi nella gioia dell'atma. Questi
concetti andrebbero meditati e contemplati numerose volte.
<<Arjuna! La pace non è qualcosa che si compera al mercato, né
qualcosa che può essere guadagnata con il tuo regno: non è neppure un
regalo che ti possono fare i tuoi parenti, ma essa è in te, e solo
quando la cercherai in te, la troverai! Il vero uomo è colui che ha una
visione interiore, la visione esteriore è solo degli animali.
La via per amare
17 - pag.47 L'eterna legge universale (il Sanathana Dharma) è la divina madre dell'umanità
Il Sanathana Dharma è madre di ogni
religione, di tutti i codici morali e di tutte le leggi del mondo; la
terra di Bharata (l'India) è il luogo in cui la madre è nata. Quanta
fortuna per i figli di Bharata!
Com'è sublime, com'è splendido questo
suolo di Bharata! Il mondo, nella sua totalità, è il corpo del Signore
dell'Universo e l'India è l'occhio, l'organo straordinario di quel
corpo. Senza gli occhi è forse il corpo padrone di se stesso? Possiamo
anche dire che la terra di Bharata deve la bellezza ai suoi due occhi: i
Veda e gli Shastra. Per questo motivo si può affermare che, senza alcun
dubbio, i Samskara acquisiti dagli Indiani non sono stati ottenuti da
nessun altro popolo della Terra. Il Sanathana Dharma, che rivela la
verità insita in tutte le religioni ed insegna la tolleranza religiosa, è
il Dharma dell'umanità intera. I fiumi, che nascono da sorgenti diverse
e scorrono in varie direzioni, alla fine raggiungono l'oceano; così la
gente, nata nei luoghi più distanti, seguendo le svariate vie del Dharma
attraverso differenti modi di pregare, si trova alla fine in presenza
del Signore. Il Sanathana Dharma è il punto centrale verso cui
convergono tutte le vie provenienti dalle più disparate direzioni. I
seguaci di qualunque religione possono praticare il Sanathana Dharma
parlando con sincerità, evitando la gelosia e l'ira e comportandosi
sempre con benevolenza. Tutti coloro che seguono così la Divina Legge e
ne osservano i principi senza esitare, meritano la qualifica di " Figli
di Bharata". L'Induismo è l'unica religione che abbia raggiunto e
mantenuto, dai tempi più remoti, la posizione preminente fra tutte le
altre ed è quella che si è definitivamente consolidata. Il solo popolo
sopravvissuto senza subire lo sterminio, lungo le epoche storiche, è il
popolo Indù. Nell'Induismo, più che in qualsiasi altra religione, la
gente ha saputo vivere con sentimenti d'amore, d'uguaglianza, di
gratitudine. Gli Indù hanno ottenuto il loro Dharma per aver divulgato i
principi filosofici ed i Veda, di cui hanno bevuto a grandi sorsi
l'essenza eterna. Una terra tanto sacra è una miniera di spiritualità
per il mondo intero. Proprio come il sottosuolo terrestre rivela in ogni
singola regione la presenza di particolari metalli, nella terra di
Bharata si trova la miniera del Sanathana Dharma, essenza di tutti i
principi avvalorati dalle Scritture Sacre. Per buona fortuna dei figli
di Bharata, insieme al Sanathana Dharma - che è il loro naturale
elemento - comparvero, nella stessa terra indiana, le guide spirituali, i
pensatori, i commentatori, gli apostoli ed i maestri. E poi, sempre
nella terra di Bharata, vennero i veggenti, i Karmayogi disinteressati, i
saggi, le anime realizzate e personaggi divini legati a questa
religione. Per merito loro la saggezza spirituale, avallata dalle
personali esperienze, si diffuse in tutto il Paese. Cosi, validamente
collaudato, il Sanathana Dharma fece progressi nel mondo. Ma, in
qualunque Paese si diffonda, la sua patria d'origine è sempre Bharata.
Guardate, per esempio, ciò che avviene nel mondo: macchine, veicoli,
motori di ogni tipo vengono prodotti in qualche. Paese ed esportati
negli altri. Ma la loro casa madre non può venire dimenticata in quanto
quelle macchine e quei motori sono stati costruiti in base ad esperienze
fatte nel paese di fabbricazione. Niente può essere fatto senza
un'esperienza di base. Anche il Sanathana Dharma ebbe origine nella
terra di Bharata e gente di altre nazioni ne trasse beneficio per opera
di grandi personaggi e dei testi che essi lasciarono. E’ quindi chiaro
che la sua patria di provenienza non debba essere ignorata. E’
impossibile. Ma in questa terra benedetta, luogo nativo di quei santi
uomini fautori e promotori del Sacro Dharma, oggi c'è di che
preoccuparsi nel vedere che si tengono per buoni dei metodi nuovi
accolti come un dharma personale, mentre lo stesso Sanathana Dharma
viene lasciato e messo a disposizione degli stranieri proprio da quelle
persone che non ne hanno neppure assaporato l'aroma, che non ne hanno
capito il significato, che l'hanno soffocato con vuote discussioni. Il
motivo di quanto avviene è, naturalmente, la mancanza di guide adatte
che sappiano indicare la via. Ma anche quando le guide ci sono, la gente
preferisce cedere alle mode correnti e seguirle. Questa modernità è
come la mercanzia di un bazar che attira con i suoi profumi: chi non sa
far bene le sue scelte compra qualsiasi cosa. Ora, sebbene il dovere
personale (Swaaharma) sia il vero Sanathana Dharma, esso manca di un
fascino apparente e perciò viene trascurato. Ma la Verità non ha bisogno
di appariscenze; ciò che conta è il suo sapore, la sua essenza. Ma oggi
gli uomini sono stimolati da desideri capricciosi e da fantasiose
illusioni. E’ diventato abituale respingere la realtà ed accettare il
Dharma altrui. E’ un grave errore, ed il fatto che i figli di Bharata si
lascino sedurre dalla superficialità e dall'ostentazione è contrario
alla stessa Legge Divina. Nessun altro Dharma ha ed avrà quella verità e
quell'amore sublime contenuti nel Sanathana Dharma, che è l’autentica
espressione della verità e che è appannaggio di tutti gli esseri umani.
La santità non ha una linea di confine ma è estensibile a tutti; è una
sola, accessibile ad ogni uomo.
Coloro che hanno conseguito la
liberazione durante la vita mortale per aver tenuto fede al Sanathana
Dharma, che hanno conquistato la Grazia Divina, che hanno capito
l'essenza della verità, che hanno raggiunto la realizzazione, sono tutti
figli di Bharath e, nella terra di Bharath, sono stati adorati senza
distinzione di casta, di fede o di sesso. La sacralità di quello stato
brucia e annulla tutte le differenze, ma - finché non è stato raggiunto -
è impossibile realizzare l'uguaglianza di tutti gli esseri. Dunque, è
opportuno decidersi fermamente all'adempimento del Sanathana Dharma. E’
ciò che dà il diritto di appartenenza alla " stirpe dei Bharatiya " . Se
consultiamo la storia fin dalle sue origini, veniamo a conoscere nei
dettagli come nacquero i grandi personaggi ed a quali classi
appartennero. Incarnazioni e personalità divine ed anime realizzate,
quali Rama, Krishna, Balarama, Janaka e Parikshit, Rajayogi come
Viswamitra, nacquero tutti fra gli Kshatriya, la casta dei re e dei
guerrieri; i Brahmarishi, i grandi Pandit, i Rishi vedici (veggenti,
studiosi e saggi ispirati) furono di stirpe Brahminica, la casta
sacerdotale. La casta degli Sudra predominò nei racconti epici, come nel
Bharata e nel Bhagavata. Fra i grandi devoti del Signore figura un gran
numero di membri appartenenti alle classi inferiori. Per avere la
santità e raggiungere lo Spirito Supremo, il Paramatma, senza lasciarsi
influenzare dal mondo, ciò che conta è la Sadhana individuale; tutto il
resto, comprese le caste, non è preclusivo. Bisogna cioè meritare la
Grazia Divina con la pratica spirituale regolare e disciplinata. Oggi,
purtroppo, taluni " santi" di Bharata procurano un danno notevole
all'induismo. Trascurano i principi morali insegnati dagli antichi
saggi, non studiano e non seguono i loro ammaestramenti, modificano il
proprio tenore di vita per seguire le mode correnti e, schiavi del
desiderio di rinomanza, della sete di potere e di prestigio, cercano
ansiosamente di accrescere il benessere delle loro famiglie con mezzi
egoistici. Eppure non mancano le persone che sanno amare tutti
imparzialmente, persone prive di egoismo che lavorano per il bene comune
e si dedicano al servizio dell'umanità, sacrificando ogni cosa. Ma sono
respinte e umiliate; non vengono valorizzate o collocate in posizioni
autorevoli per paura che poi manchi il posto per i malvagi, i disonesti,
gli ingiusti. Per quanto largo e profondo sia l’oceano, le sue acque si
dividono quando la terra è sommossa ma, non appena la perturbazione si
calma, riprendono il loro stato naturale. Allo stesso modo, queste
ottime persone si tengono appartate e non si lasciano influenzare dagli
sconvolgimenti provocati da ingiustizie, disonestà, egoismo ed
ostentazione; quando il frastuono cessa, riprendono il loro posto nel
mondo. L'autorità terrena e la boria non sono di lunga durata. "
Crescere vuol dire decadere" si dice; lo stato attuale di turbolenza è
decadimento, non progresso. Infatti, notate come i Bharatiya che, sin
dalle loro origini crebbero vivendo onestamente, con purezza di
sentimenti, nel dominio di sé e nel rispetto del loro buon nome, che si
nutrirono dell'insegnamento dei Veda, degli Shastra, delle Upanishad,
che accolsero cordialmente ed onorarono anche popoli di altre razze
scacciati dai loro Paesi e che amarono indistintamente tutti, notate
come oggi, per brama di potere ed amor proprio, essi, i discendenti di
Bharath, accusano i loro stessi congiunti e, reciprocamente insofferenti
e pieni d'invidia per l'altrui fortuna, spinti da interessi personali
raggirano i propri fratelli, tengono a distanza chi desidera il loro
vero bene, perseguono esclusivamente fini egoistici, fomentano certe
cattive abitudini finora sconosciute ai fedeli indù, seguono strade e
sistemi di vita sbagliati e diventano causa di conflitti ed agitazioni
perché non hanno timore del peccato, non hanno timor di Dio, sono
indisciplinati e irriverenti e miscredenti. Questo crollo è davvero
incredibile. Fratelli indù, figlioli di Bharath! Seguaci della via
immortale! Dove sono le qualità eccelse dei tempi antichi? Quando vi
deciderete ad accettare la verità, la tolleranza, la moralità, la
disciplina? Sorgete, risvegliatevi, ristabilite il regno di Rama - il
Rama Raja - splendido per le sue virtù di Sathya, Dharma e Shanti. Amate
i vostri fratelli di Bharath, mettete in atto il Sanathana Dharma,
spegnete le fiamme veementi dell'ignoranza, dell'inquietudine,
dell'ingiustizia, dell'invidia con le acque dell'amore, della pazienza e
della verità; sviluppate il senso di collaborazione, spazzate via ogni
sentimento di gelosia e di collera. Ricordate i precetti dei santi, le
caratteristiche dei grandi e del regno di Dio. Ognuno dovrebbe
riconoscere i propri difetti e capire che è inutile cercare quelli degli
altri. Diventa una perdita di tempo oltre che una causa di litigio. E
allora, desistete da questo atteggiamento. Se lasciate perdere questa
occasione, che altro potrete fare? Non scoraggiatevi, ma dite " fine" a
tutti gli errori del passato. Pentitevi sinceramente ed incamminatevi
sulla via della preghiera, delle buone opere, dell'amore fraterno.
Ristabilite l'imperituro regno di Rama. La rivista Sanathana Sarathi è
stata creata per il ripristino di quel regno, il suo esercito
contribuirà allo sforzo con la parola e con i fatti. Mandate avanti
questo cocchio! Accingetevi energicamente all’opera e incominciate la
divina battaglia. I Bharatiya sono tutti figli della stessa madre ed il
Suo nome è Sanathana Dharma. Saldate il debito che le è dovuto. Non è
suo figlio chi la dimentica e non può essere buono chi dice che la madre
è cattiva; il suo latte è il respiro vitale. Chi dona la vita, il padre
di tutti, è il Paramatma, l'Essere Supremo. Siete tutti figli degli
stessi genitori. Per cui, evitando di biasimarvi e di accusarvi a
vicenda, di desiderare il male di amici e parenti, cercate di capire che
i vostri fratelli sono, come voi, attaccati agli oggetti che amano. Non
dovreste trovare nulla da ridire su ciò che un altro ama, non dovreste
deriderlo, cercate invece di amare anche voi lo stesso, oggetto. Questa è
la natura dei sentimenti di sincerità e d'amore dei veri figli di
Bharath.
31 - pag.99 Il benessere del passato e la povertà attuale sono entrambi dovuti alle opere dei cosiddetti " Grandi"
Ogni uomo dovrebbe vivere in modo da non
recare alcun danno ad altri esseri viventi. E’ il suo più grande
dovere. Per di più, chi ha avuto la fortuna di esser nato uomo, ha
l’obbligo primario di dedicare parte delle sue energie e del suo tempo
alla preghiera, alla recitazione del Nome Divino, alla meditazione; deve
inoltre adeguare il suo tenore di vita alla verità, alla rettitudine,
alla concordia e fare opere di bene in favore del prossimo; deve aver
timore di commettere atti immorali o nocivi agli altri, come si ha paura
del fuoco o di un cobra; deve agire bene, cercare di rendere felice
ogni altro essere e pregare Dio con la stessa tenace volontà impiegata
per cercare tesori e ricchezze. Questo è il Dharma dell'uomo. Per
fortificare questi valori, il Signore viene sulla terra in forma umana.
Ma, domanderete, come può essere fortificato e migliorato qualcosa che
non esiste? Ma tali valori non sono inesistenti: essi sono ingeniti
nell'uomo! Quando declinano e si inaridiscono, il Signore interviene per
vivificarli ed annientare le forze avverse. Questo intendimento è stato
reso chiaro dal Signore Krishna nel Dwapara Yuga, quando, nel dare i
Suoi insegnamenti ad Arjuna, disse:"
Paritranaya sadhunam
Vinasaya cha dushkritam
Dharmasamstapanartaya
Sambhavami yuge yuge".
" Tutte le incarnazioni del Signore avvengono per proteggere ed incoraggiare i Sadhu - gli uomini buoni, virtuosi, onesti".
E il termine Sadhu non si riferisce ad
un particolare gruppo religioso o a qualche casta oppure ad una certa
famiglia o ad una fase speciale della vita, né ad una specifica
comunità, e nemmeno ad una singola specie come quella del genere umano,
ma riguarda tutte le religioni, tutti gli stadi della vita, ogni razza,
ogni creatura. Il Signore, nella Gita, ha rivelato la Sua mente
universale, ed il Suo messaggio ha reso importante e famosa la Gita. Lo
stesso Sri Krishna ha dichiarato in molte circostanze e in molti luoghi
di essere l'obbediente servitore dei Suoi devoti. E ne ha fornito
l'esempio accettando di diventare il cocchiere di Arjuna. Se con la
cultura anche l'uomo comune riesce ad elevarsi, chiunque potrà giudicare
quanto più pura e sacra sia la personalità di chi si applica agli
esercizi spirituali ed alla incessante contemplazione del Signore. In
questo raffronto, la valutazione più significativa è la qualità del
carattere. Vi è una grande differenza fra i Brahmanishti (coloro che
vivono nella contemplazione di Dio) del passato e quelli dei giorni
nostri. Bisogna anzitutto capire la grandezza stessa del Brahmanishta.
La povertà attuale è sopraggiunta perché i santi uomini di oggi non
l'hanno capita, mentre in passato quella grandezza era veramente sentita
e gli asceti vivevano in santità. Potreste chiedervi come mai quella
grande sensibilità spirituale oggi non emerge: è vero, ma essa non è
scomparsa. La causa del fuoco è il combustibile, non altro, e
l'illuminazione dipende dalla sua quantità. Ogni individuo umano ha
l'indiscutibile diritto di alimentare la sua fiamma interiore; il fuoco
per sua natura, ha il potere di illuminare. Orbene, la fiamma interiore
dell’aspirante e del praticante, la fiamma che produce la luce della
saggezza, dev'essere sempre mantenuta viva dal combustibile della
rinuncia, della pace, della verità, della pietà, della pazienza e del
servizio altruistico. Più il Sadhaka è attivo e fervente e più egli
diventa efficace. Solo gli alberi che crescono in un terreno fertile
possono dare buoni frutti; quelli che sono stati piantati in terra
salmastra daranno frutti immangiabili. Così, solo i cuori immacolati
possono emanare, in tutto il loro splendore, quei doni, quei poteri e
quei pensieri santi. La differenza tra i Brahmanishti del passato e
quelli del nostro tempo, per quanto riguarda la Sadhana - anche se le
pratiche spirituali sono sempre le stesse - consiste nel decadimento
dell’autocontrollo. Da quando il numero dei " grandi uomini" seriamente
intenti a meditare su Dio in luoghi isolati è diminuito, molte sventure
hanno colpito la terra. Quelli di oggi stanno danneggiando il loro
carattere di religiosità col frapporre ogni sorta di ostacoli
all'adempimento della Sadhana prescritta, perché si rendono schiavi
della sete di miseri elogi e di una squallida fama, si lasciano irretire
dalle illusioni e dalla continua ricerca di onori, sempre tesi ad
ingrandire le istituzioni da loro stessi fondate. Ma chi desidera
veramente rimanere nello stato del Brahmanishta, deve cercare la
solitudine, meditare e pregare nelle ore stabilite, per giungere, con
questi mezzi, all'unicità di pensiero e di intenti; deve sempre esser
disposto ad operare per il bene di tutte le creature e mantenersi
assiduamente occupato in lavori disinteressati. Quando uomini di tal
genere scendono sulla terra, ogni sofferenza ha termine. Ed è questo il
segno che ha contraddistinto il Krita Yuga, l'Età dell'oro. Come nel
mondo i medici di buon cuore vanno dovunque negli ospedali a curare gli
ammalati ed i i sofferenti, così abbiamo bisogno, negli Ashram, di
persone sante ed esperte nel trattamento della malattia "
nascita-morte", presso le quali la gente afflitta da ignoranza,
menzogna, immoralità e ambizione, possa essere risanata. L'ignoranza
genera il vizio, che può essere curato solo con la medicina della
conoscenza spirituale e con dosi complementari di serenità, coraggio,
autocontrollo, ecc. Invece, i " grandi uomini" dei giorni nostri danno, a
chi li avvicina, le cure e le medicine che il paziente preferisce !
Così diventano gli strumenti dei loro seguaci e, per sete di notorietà e
di onori, si comportano come quei medici che si lasciano guidare dagli
ammalati! I cosiddetti " grandi" vanno alla deriva, anche prima di aver
provato la grande gioia interiore, a causa della loro insana debolezza,
vittime del desiderio di rinomanza e di celebrità! La causa primaria
dell’attuale stato di povertà è proprio questa. Ma i Sadhu ed i " grandi
uomini" del tempo presente non l'hanno capito e non si adeguano agli
obblighi che il loro stato richiede. L'Essenza Divina dev'essere
sperimentata e realizzata. Le esigenze egoistiche vanno sacrificate; per
fare il bene ci vuole uno sforzo continuativo ed il vivo desiderio di
ristabilire il benessere nel mondo. E, con questi sentimenti nel cuore,
bisogna meditare sulla grandezza di Dio. Questo è il cammino da
percorrere. Se i " grandi uomini" si impegnano così nel servizio
all'umanità e si fanno promotori della prosperità mondiale, i ladri,
ovvero l'ira, l'odio, l'orgoglio, l'invidia, la gelosia, la presunzione,
non invaderanno più le menti umane, e le proprietà divine dell'uomo
quali il Dharma, la carità, la verità, l'amore, la sapienza e la
saggezza, saranno fuori pericolo. Gli addetti all’ordine pubblico ed i
magistrati possono combattere solo gli avversari esteriori, ma non hanno
il potere di distruggere anche i nemici interni dell'uomo; sarebbe un
compito impossibile per loro. Non sono le autorità adatte. Il nemico
interiore, i sei nemici che operano nell'uomo - gelosia, ira, avarizia,
cupidigia, superbia, invidia possono essere debellati solo
dall'insegnamento dei saggi, dall’amore, dalla conoscenza divina e dal
contatto con i santi ed i grandi. Quando le forze di polizia e le altre
autorità preposte alla salvaguardia dei cittadini si assoggettano agli
stessi ladri del cui arresto sono responsabili, il mondo va incontro a
gravi danni perché cade in balìa dei delinquenti; così, se i
Brahmanishti ed i " grandi" Sadhu trascurano la via del bene e cadono
vittime del richiamo dei sensi e dell’ambizione di gloria e di
popolarità, il mondo sarà avvolto nella più cieca ignoranza e il Dharma
andrà distrutto. Oggi purtroppo, sia le vicende temporali che quelle di
carattere spirituale stanno proprio come le ho descritte; perciò le
sofferenze aumentano ogni giorno. Il mondo intero avrà pace e gioia solo
quando i due poteri - potere laico e potere religioso - capiranno il
giusto atteggiamento da tenere e, prendendo a cuore il benessere
generale, rifletteranno sull'Onnipotenza del Signore. Entrambi governano
i due stati dell'uomo. I religiosi sono le guide dello stato interiore;
le autorità amministrative reggono le sorti dello stato esteriore. Se i
due gruppi agiscono e governano nel modo corretto, ambedue gli stati
lavoreranno per creare felicità. La responsabilità della presente
miseria ricade su entrambi. In tempi come questi, il Signore decide di
riportare l'equilibrio fra gli stati e di sopprimere l'ignoranza e
l'ingiustizia. Per rendere chiaro tale concetto, il Signore dichiarò
nella Gita:
"Yada yada hi dharmasya glanirbhavati Bharata Abhyuttanamadharmasya tadatmanam srijamyaham".
" O Bharata, quando il Dharma declina, quando l'Adharma fa la sua comparsa, allora Io nasco".
In effetti, per l'avvento del Signore,
anche le preghiere dei " grandi" operano come un invito. Nel mondo
materiale, quando i cittadini hanno bisogno di qualche miglioramento o
di aiuto, si mettono in contatto con i governanti e presentano le loro
richieste. Analogamente, quando nel mondo spirituale diventa impossibile
avere devozione, carità, pace e verità, i grandi e i buoni che
desiderano ritrovare queste doti, invocano il Signore nell'intimità del
loro animo. Ed Egli ascolta ed esaudisce queste invocazioni: scende in
persona sulla terra e spande la Sua Grazia su di loro. Il fatto è ben
noto a tutti. Non si incarnarono forse Rama e Krishna perché il Signore
ascoltò le preghiere dei Saggi? Molti lo hanno letto nel Ramayana e nel
Bhagavata. Anche Ramakrishna, sebbene fosse di origine divina, pregò
Kali di mandare qualcuno, dato che lui non poteva farlo, che potesse
predicare il Dharma nel mondo intero, per estirpare l'ingiustizia e
l'egoismo. E questo lo sanno tutti coloro che hanno letto la storia
della sua vita. Dunque, bisogna pregare e pregare, incessantemente,
senza stancarsi, per essere esauditi. Non disperatevi e non interrompete
le preghiere se esse non hanno determinato l’avvento del Signore. Anche
nelle vicende che riguardano lo stato laico si deve scrivere e scrivere
e girare e darsi da fare per avere un servizio che poi, forse, non è di
alcuna utilità! Chi può sapere quali effetti suscita l’ardente
desiderio dell’anima? Poiché non è dato conoscerli, è indispensabile
pregare affinché nel mondo possa ristabilirsi la felicità. Il benessere
mondiale è il segno del Suo arrivo e, sapendo ciò, è facile riconoscere
immediatamente l’Avatar. Ed è proprio allora che la religione della
verità, della carità, della sapienza e dell’amore, rifiorisce e
prospera; ma finché non si è tenacemente radicata, gli uomini devono
insistere con la preghiera: qui sta la loro responsabilità. La via di
transito tracciata dai santi ha bisogno, ogni tanto, di essere riparata,
sia da chi la percorre che da chi ne rivendica la tutela. Queste
riparazioni si chiamano " insegnamenti". Per tali restauri il Signore
manda, di volta in volta, individui dotati di eccezionali facoltà: saggi
e personalità divine. Per opera dei loro insegnamenti, la via aperta in
passato dagli uomini di Dio viene ripulita e spianata. Quando la
volontà del Signore e le richieste dei Sadhu unite agli insegnamenti dei
grandi, producono una concomitanza di effetti, la felicità del mondo è
garantita e non subirà menomazioni. Se l'umanità al completo, tutta
insieme in una stessa ora, elevasse a Dio la sua preghiera perché
l'inquietudine, l'ingiustizia, la discordia e la menzogna siano
trasformate in amore, pace, verità e soccorso reciproco, le cose
andrebbero sicuramente meglio. Non c'è altro sistema. Preoccuparsi e
tormentarsi è inutile e non c'è motivo di disperare. E’ contro la vera
natura umana dichiararsi debole e impotente. Perciò, lasciando da parte
ogni altro mezzo, gli uomini devono pregare, servire il prossimo, amarsi
e rispettarsi vicendevolmente. Non devono più indugiare; ed allora
avranno presto consolazione e gioia. Si dice che servire l'uomo è come
servire Dio: Manavaseva è Madhavaseva. E’ vero. Ma, sebbene il servizio
reso all'umanità sia sacro, per quanto grande esso sia, se non è pervaso
del più alto ideale non porterà alcun bene agli uomini. La semplice
ripetizione di slogans è inutile se il servizio viene svolto senza fede
nella divinità dell'uomo e, per di più, con un certo interesse alla
fama, agli onori ed agli eventuali vantaggi. Qualunque atto, unito alla
contemplazione costante della gloria del Signore ed alla fede nella
divina essenza dell'uomo, rende legittima l'affermazione che il
Manavaseva è il Madhavaseva. Ma se non si pensa al Madhava, come può
esserci un Madhavaseva? La frase sarebbe solo ostentazione, ed Io, così,
non voglio accettarla. Dunque, qualunque cosa fatta col pensiero
rivolto al Signore, nel rispetto della verità e dei vari aspetti del
Dharma, è veramente un servizio reso a Dio, mentre tutto ciò che si fa
per onori, fama e vantaggi personali, non può essere considerato un
Madhavaseva. In effetti, chi è sempre immerso nella contemplazione
divina, non ha bisogno di fare altro. La, stessa preghiera può
santificare il mondo. Ma non tutti sono in grado di impegnarsi cosi;
quindi ognuno deve cercare di prepararsi a quello stadio purificando la
mente e riducendo l'intensità dei suoi desideri. I Sadhu che hanno già
raggiunto quel livello possono capire queste cose, ma gli altri non
hanno ancora la capacità di comprendere 1'identicità fra il Manavaseva e
il Madhavaseva.
Questo però non significa che uno debba
starsene inattivo. Intendere tali cose dipende dal destino individuale,
dalle azioni del passato e dalla sadhana personale. Fino a quando non le
avrete capite, pregate, pregate e meditate in modo che la mente si
liberi dalle ondate delle sensazioni e si colmi della divina forma;
continuate a lavorare per il bene altrui, dedicate il vostro tempo al
servizio dell'umanità incuranti dei possibili risultati, e sarete
benedetti. Altrimenti, per quanto il corpo rimanga inattivo, la mente
sarà sempre occupata ed agirà per proprio conto. Così si diventa vittime
del Karma, anche senza far nulla! Quando l'uomo mantiene la mente fissa
nel Signore e persegue la verità, anche se il corpo ed i sensi lavorano
per il mondo, non ne sarà influenzato; benché compia delle azioni, non
produrrà conseguenze: benché faccia del Karma, non produrrà altro Karma.
La lezione della Bhagavadgita è racchiusa tutta qui. Il cuore di chi
non educa la mente ai pensieri santi diverrà ricettacolo del male e
della cattiveria. Ciò dev'essere bene impresso nella memoria di coloro
che aspirano alla salvezza, che cercano l'unicità degli intenti e che
sperano di elevarsi alla grandezza spirituale. Per realizzare l'Atma a
nulla valgono la casta, la vita monastica, le cerimonie rituali, la
cultura ottenuta con lo studio degli Shastra. La sola condizione
indispensabile è la profonda concentrazione del pensiero nel Brahman
(Brahmanishta). Anche i testi delle Upanishad affermano:
"Nasramam karanam mukteh, aarsanani nakaranam. Tathaiva sarvakarmani jnanamevahi karanam ".
" Solo la suprema conoscenza dà liberazione; non la casta, non la filosofia, non la dottrina".
Per fissare il pensiero
sull'onnipresente Signore non ci sono prescrizioni di tempo o di luogo.
Non c'è luogo santo particolarmente indicato né un'ora specificamente
adatta. Dovunque la mente desideri estasiarsi nella contemplazione
divina, quello è il luogo santo! E ogni volta che ciò avviene, quello è
il momento propizio! Proprio là e precisamente allora deve meditare.
Ecco perché, fin dall'antichità, è stato detto:
" Na kala niyame yatra, na aesasya sthalasya cha Yatrasya ramathe cittam, tatra ahyane na kevalam".
" Per meditare su Dio né il tempo né il
luogo sono stati prestabiliti. Quando e dove la mente lo desidera,
allora è il momento, quello è il luogo".
Il mondo avrà prosperità per opera di
quelle anime disciplinate, dal cuore puro, che rappresentano il sale
della terra. Tutti devono pregare, incominciando da questo stesso
momento, per l'avvento di tali uomini; tutti devono cercare di meritare
la benedizione dei grandi e dimenticare le sofferenze attuali nel
tentativo di far rifiorire il benessere mondiale.
La legge eterna
pag.7 IL DOVERE DELL'UOMO
Chi desidera la pace per se e per il
mondo, deve impegnarsi ad agire sempre secondo il Dharma. Non si può
ottenere la pace né la Grazia divina se non per mezzo di una vita
dharmica. Il Dharma è la base del benessere umano: è la Verità eterna.
Quando la vita non è modellata dal Dharma il mondo è sconvolto dalla
paura, dall'angoscia e dalle rivoluzioni. Quando la sua luce non
illumina le relazioni umane, l'umanità diviene prigioniera del dolore.
Dio è la Personificazione del Dharma, anzi è il Dharma Stesso. E’ Lui
che lo sostiene e lo rafforza, e il Dharma è il solo mezzo per ottenere
la Sua Grazia. I Veda, gli Sastra, i Purana e gli Itihasa (Sacre
Scritture) proclamano a gran voce la gloria del Dharma, e le diverse
religioni la espongono col linguaggio familiare ai loro seguaci. Il
dovere dell'uomo, ovunque e sempre, è di rendere omaggio alla
Personificazione del Dharma, vale a dire a Dharma-Narayana.
Il fiume dell'attività dharmica non deve
prosciugarsi mai, perché quando le sue fresche acque cessano di fluire,
si avvicina sicuro il disastro. Il genere umano ha potuto raggiungere
questo stato solo perché il Dharma, come il fiume Saraswati, scorre
invisibile sotto terra nutrendo le radici degli alberi e alimentando le
sorgenti. Del resto anche gli uccelli e le fiere devono il loro
benessere al rispetto del Dharma. Occorre dunque che le sue acque
scorrano copiose e continue, perché tutte le creature possano essere
felici. Oggi sulla scena del mondo danza follemente la rovina, perché il
Dharma è trascurato e si è perduta la fede nei suoi principi. Dunque è
indispensabile chiarirne il significato. Cosa si intende con questa
parola, qual è la sua essenza? Può l'uomo, l'uomo comune, avere una vita
felice attenendosi al Dharma? Queste domande sorgono spesso nel corso
della vita ed è necessario, anzi urgente, risolverle. Quando sente
parlare di Dharma, l'uomo comune pensa ad azioni come fare l'elemosina,
dare cibo e alloggio ai pellegrini, obbedire alle norme tradizionali del
proprio mestiere, rispettare le leggi, distinguere le cose giuste da
quelle sbagliate, dare sfogo al proprio carattere naturale e ai capricci
della propria mente, soddisfare le aspirazioni più care e così via.
Ormai, da moltissimi anni, il vero significato di quel concetto è stato
degradato sino a renderlo irriconoscibile. Campi bellissimi e floridi
frutteti, se trascurati, divengono terre incolte, e ben presto si
trasformano in foreste inestricabili. Poi giungono degli uomini avidi,
tagliano gli alberi migliori, e tutto il paesaggio cambia. La gente si
abitua, col passare del tempo, a quel nuovo stato di cose, e non nota
più la trasformazione e la decadenza. Tutto questo è accaduto anche per
il Dharma. Gli uomini devono conoscere i principi del Dharma come
vengono esposti dai Veda, dagli Sastra e dai Purana, e non come sono
stati ridotti e travisati da intelletti inadeguati, impuri e in preda
alle passioni. Come la goccia di pioggia, caduta limpida dal cielo, si
insudicia al contatto del suolo, così il messaggio dei saggi (rishi)
dell'antichità, il luminoso esempio e i purissimi motivi delle loro
azioni sono stati tramutati in vili caricature della loro grandezza
originaria per opera di studiosi e interpreti senza vera cultura. Le
illustrazioni contenute nei libri per bambini servono a facilitare
l'apprendimento, ma i piccoli lettori guardano soltanto quelle e
dimenticano il testo. Allo stesso modo le persone ignoranti e avventate
dimenticano che i riti sono nati per rendere accessibili le grandi
verità, e li ritengono fini a se stessi. Alcuni, nella loro ottusa
perversità, si comportano come quei viandanti che guastano il rifugio
che li ha accolti, cioè alterano il volto stesso della morale dei Veda e
ingannano il mondo facendo credere che il loro agire corrisponde
all'insegnamento delle Scritture! Quando in passato sono avvenuti simili
oltraggi al Dharma e il suo volto è stato sfigurato dalle mani dei
nemici di Dio, il Signore ha sempre risposto alle invocazioni dei
giusti, salvando il mondo dalla rovina e ristabilendo il Giusto e il
Vero sia nell'ambito del Dharma che in quello del Karma, ossia tanto
nell'Ideale che nella pratica. Ma oggi chi potrà curare tanta cecità?
L'uomo deve uccidere la sestuplice belva - che lo trascina alla rovina -
del desiderio, dell'ira, dell'avidità, dell’attaccamento, della
superbia e dell'invidia; solo così il Dharma potrà essere ristabilito.
Nei Veda il Signore viene chiamato Dharma, ma il Buddha preferì
riferirsi a Lui chiamandoLo Vtjnana, cioè Intelligenza Suprema, perché
allora nessuno gradiva la parola dei Veda, proprio come ai tempi del
demone Somaka, quando i seguaci dei Veda si guardavano bene dal chiamare
quei sacri Testi con questo nome. D'altra parte è un contegno
abbastanza comprensibile in caso di pericolo di morte. Eppure il Buddha
era sempre immerso nello Spirito divino e pieno di venerazione per i
Veda. Di Lui si dice spesso che era ateo. Ora, se il Buddha era ateo,
chi mai potrà chiamarsi pio ? Tutta la Sua vita è un esempio di
comportamento dharmico ! Alcuni criticano Sankara ritenendolo contrario
alle vie del Dharma e del Karma, cioè dell'ideale e della pratica. Ma
egli vi si opponeva solo quando avevano come fine il soddisfacimento dei
desideri. In verità, da quel grande Maestro che era, sosteneva entrambe
le vie, e insegnava che l’azione pratica deve sempre scaturire dalla
conoscenza della Verità fondamentale. Il rispetto di Sankara per il
Dharma e l'attività ispirata dalla Verità, e la fede del Buddha
nell'essenza dei Veda, possono essere compresi solo da chi possiede una
visione superiore, altrimenti l'interpretazione sarà certamente
sbagliata. Per salire ad una grande altezza occorre una scala
altrettanto alta, non vi pare? Chiunque domini il proprio egoismo, vinca
i desideri e distrugga i sentimenti sbagliati e gli impulsi bestiali,
abbandonando la tendenza innata di considerare il corpo come il proprio "
io", è certamente sulla via del Dharma, perché sa che la meta è la
fusione dell'onda con il mare, dell'io individuale col se universale. In
tutte le attività mondane dovete aver cura di comportarvi sempre
correttamente, secondo i canoni della buona condotta. Non dovete
trascurare i suggerimenti della voce interiore, ma essere sempre
disposti a rispettare ciò che vi detta la coscienza. Fate attenzione a
non ostacolare gli altri e siate sempre pronti a scoprire la verità che
si cela dietro il fantasmagorico divenire del mondo oggettivo. Questo è
il dovere dell'uomo, vale a dire il suo Dharma.
Il fuoco ardente della conoscenza
(jnana) che vi dice che " tutto questo è Dio" (sarvam Khalvidam Brahman)
ridurrà in cenere ogni traccia della vostra egoicità e ogni
attaccamento al mondo. Vi dovete inebriare del nettare dell'unione con
Dio (Brahman): questa è la meta finale del Dharma e dell'attività
ispirata dal Dharma." Poni il Dharma sull'altare della conoscenza
(Jnana), dopo aver sacrificato l'ignoranza (ajnana) e l'egoismo
(ahamkara)": ecco il messaggio dei Veda. Tutte le azioni disinteressate
che preparano la fusione dell'anima individuale con l’Anima universale e
portano a vedere ovunque la presenza di Dio, sono azioni dharmiche.
Ognuna è come un ruscelletto che incrementa il fiume della santità e
corre verso il mare della conoscenza divina (Brahma-jnana) . Le vostre
azioni e il vostro lavoro sono tutti riti di adorazione del Dio Supremo
(Paramatma) che pervade l'Universo. Ogni cosa compiuta con spirito di
dedizione e abbandono al Signore fa parte del Dharma e conduce alla
realizzazione. Il modello di vita indiano è volto proprio alla
santificazione di ogni gesto, parola e pensiero al fine di prendere
coscienza della propria innata Divinità. Possiamo comprendere le azioni
dharmiche del passato solo penetrando il loro significato simbolico. In
campo spirituale, infatti, vi sono molti termini tecnici, ciascuno con
un significato suo proprio che, una volta compreso, permette di
afferrare correttamente l'insegnamento degli Sastra.
sea
Vediamo un esempio. Anticamente si
celebravano dei riti (yajna) nei quali venivano sacrificati gli animali
(pasu). Ma l'animale è solo un simbolo; ciò che si deve immolare non è
una creatura che già conduce una vita di sacrificio senza che l'uomo
gliela debba far concludere sull’ara! La bestia che dev'essere uccisa è
un'altra. Nel lessico spirituale, infatti, " animale" significa "la
coscienza del corpo" o " coscienza dell'ego". Ora, è proprio questa che
deve morire. Il Signore è anche detto Pasupati o Govinda, dove Pasupati
non significa " il custode degli animali ", ma " il Signore di tutte le
anime individuali (jiva)", perché pasu sta per jiva. Anche Govinda
significa " guardiano delle vacche", dove " vacca (go)" sta per " anima
individuale (jiva)". La cura delle vacche è una lila, cioè un gioco
divino di Krishna, e simbolizza la Sua Missione di pastore delle anime.
Gli Sastra hanno profondi significati
occulti. Lo scopo del Dharma è far sì che l'anima individuale (jiva)
abbandoni l'attaccamento al mondo e alle sue illusioni per prendere
coscienza della realtà o, piuttosto, per rifiutare ciò che prende ora
per vero, realizzando in tal modo la propria identità. Tutti devono
imparare questi significati.
sea
Prendiamo ad esempio il Tempio di Siva.
Vi avranno insegnato che il toro Nandi, posto davanti alla statua del
Dio, rappresenta la cavalcatura di Siva, cioè il Suo veicolo ( vahana);
per questa ragione lo si colloca in quella posizione. Ma in realtà il
toro, l'animale (pasu), rappresenta l'anima individuale (jiva), mentre
la struttura ovoidale (Lingam) è il simbolo di Siva. Nessuno deve
passare tra il toro e il Lingam, cioè tra l'anima individuale (jiva) e
Dio ( Siva), che devono fondersi in uno. Si dice anche che bisogna
guardare Siva attraverso le corna di Nandi e, se ne chiedete la ragione,
vi risponderanno che quello è il modo più sacro per vedere il Lingam.
Invece il significato occulto è che bisogna scorgere Siva in jiva, cioè
Dio nell'anima individuale. La bestia (pasu) e il Guardiano (pasu-pati)
sono Uno, Nandi e il Signore (Iswara) si fondono in Nandiswara. Sono
solo due modi per riferirsi alla stessa Entità che, prigioniera, è
Nandi, mentre libera è Dio (Iswara). Non appena i vincoli cadono, si
manifesta il " Signore-Nandi" (Nandiswara) che viene giustamente
adorato. Quando l'animale (pasu) viene offerto al Guardiano (Pasu-pati) e
i due si fondono in Uno, si ha il vero sacrificio (yajna). Ma questo
significato è stato dimenticato, perché i riti hanno subito delle
modifiche talmente profonde che le pratiche di oggi sono molto lontane
dai principi del passato.
Persino i lavori più umili e modesti
dovrebbero essere ispirati agli ideali della perfezione spirituale,
perché in questo modo anche gli animi semplici avranno la possibilità di
salire passo passo verso la meta. Se non cercate di comprendere il
significato e lo scopo di ogni vostra azione e tuttavia continuate ad
agire, ogni atto si trasformerà in una pratica ridicola e vuota. Disse
una volta Prahlada: " Trovando difficile annullare il proprio egoismo,
l'uomo preferisce sacrificare una bestia. Ma uccidere gli animali
conduce alla schiavitù, perché è una manifestazione di " ignoranza "
(tamoguna), mentre il sacrificio della bestia dell'egoismo è un
atteggiamento virtuoso (sattwico ), che porta alla liberazione e quindi a
Dio". Quelli che un tempo erano " i valori supremi" (paramartha), oggi
sono considerati soltanto delle " pazzie" (pamarartha). Allo stesso modo
i riti del passato, così pieni di significato, si sono inselvatichiti
ramificando in tutte le direzioni, tanto che non è più possibile
sradicare l'albero e piantarne uno nuovo, ma occorre potarlo e
insegnargli a crescere diritto. Dovete sempre ricordare il Fine supremo,
senza mai mescolarlo con le bassezze.
pag.17 L’ATMADHARMA
Il Dharma non riguarda solo alcune
particolari società o Nazioni, ma è intimamente connesso alle sorti del
mondo intero. E’ una fiamma dalla luce inestinguibile, la cui azione
benefica non conosce ostacoli. L'insegnamento che Krishna diede ad
Arjuna nella Gita era destinato a tutti gli uomini, e Arjuna fu solo un
pretesto. Oggi la Gita sta educando l'Umanità intera, perché non è stata
concepita per una particolare casta, religione o Paese, ma è
l'universale respiro vitale dell’uomo. Il Dharma si esprime in molte
forme che possono prendere nome da chi le ha codificate, ad esempio la "
Legge di Manu" (Manudharma), oppure dai gruppi che le praticano, come
la " Legge delle caste" (Varnadharma), o ancora dai diversi stadi della
vita cui si applicano, come il " dovere del capo-famiglia"
(Grihastha-Dharma) ecc. Queste però non sono la " norma fondamentale",
vale a dire il Dharma divino, l'Atmadharma, ma soltanto delle regole
secondarie di comportamento pratico, le Acharadharma. Infatti si
riferiscono a cose temporali e a problemi di necessità materiale, cioè
alle relazioni passeggere dell'uomo con il mondo oggettivo. Anche lo
strumento di queste norme, il corpo fisico, è temporaneo. Dunque, come
potrebbero essere eterne, come si può definire " reale" la loro natura ?
Non è possibile esprimere l'Eterno con l’evanescente, la Verità non può
rivelarsi nella nonverità, né la Luce generarsi dalle tenebre. L'Eterno
emerge solo dall'Eterno e la Verità dalla Verità. Quindi, bisogna
rispettare le norme che riguardano le attività mondane e la vita
quotidiana, per l'importanza che rivestono nel loro campo specifico,
mantenendo però sempre la piena consapevolezza della " norma
fondamentale", della Legge spirituale interiore, vale a dire
l'Atmadharma. In questo modo le sollecitazioni interiori e quelle
esterne potranno collaborare e concedere la gioia di un progresso
armonico. Se nella vita di ogni giorno riuscirete a tradurre gli
autentici valori del Dharma eterno in atti pieni d'amore, avrete
compiuto il vostro dovere verso la Realtà interiore, cioè avrete
rispettato l’Atmadharma. Costruite la vita sulle fondamenta dell'Atma, e
il vostro progresso sarà assicurato. Oggi l'uomo si sforza di
trasformare Dio in sasso, ma come può portare alla Verità un simile
atteggiamento, quando si dovrebbe invece vedere Dio nel sasso? Per prima
cosa è necessario meditare sulla Forma della Divinità e imprimerla bene
nella coscienza. Successivamente si deve immaginare quella stessa forma
nel sasso, e infine dimenticare il sasso finché la forma non diventa
Dio. Allo stesso modo dovete imprimervi nella coscienza il Dharma
fondamentale, cioè la verità che l'Atma è la sola Entità esistente.
Quindi, protetti da quella visione interiore e da quella fede,
riuscirete a muovervi tra le lusinghe e i pericoli del multiforme mondo
esterno. Solo così potrete realizzare l'Ideale, e scongiurare il
pericolo di snaturare il vero significato di Atmadharma. Quando si adora
Dio nel sasso, nel particolare si visualizza l'Illimitato,
l'Onnipresente, l'Entità Immanente, l'Assoluto. Allo stesso modo il
Dharma, che è universale, giusto e libero, può essere sperimentato anche
in un singolo atto concreto. Non pensate che sia impossibile!
Certamente avrete fatto nella vita delle cose difficili che hanno solo
aumentato le vostre ansie e i vostri timori. E allora, non è forse più
saggio coltivare degli interessi validi e capaci di garantire la pace
della mente? Essere liberi è il vostro diritto naturale. Ma lo sarete
veramente solo percorrendo la strada illuminata dal Dharma universale
che rende liberi. Deviando da quella luce finirete in catene. Potrebbe
però sorgere un dubbio, come può rendere liberi una legge che regola,
controlla e impone limiti al pensiero e alla parola? Il fatto è che voi
chiamate "libertà" un certo tipo di schiavitù, mentre la vera Libertà si
ottiene solo negando l'illusione, l'identificazione col corpo, i sensi e
la servitù al mondo esterno. Pochissimi sono riusciti in questa
impresa.
Ogni azione compiuta nella convinzione
di essere il corpo, rende l'uomo schiavo dei sensi, mentre solo chi ha
rifiutato quella identificazione può dirsi libero: questa è la meta del
Dharma. Se manterrete sempre vivo il ricordo di questa verità mentre
svolgete i vostri doveri nella vita, diverrete dei Muktapurusha, cioè
degli uomini liberi. Voi stessi vi siete legati e siete usciti dalla via
del Dharma: è sempre così, nessuno vi può imprigionare, se non voi
stessi. Se aveste una fede profonda nell'Onnipresenza di Dio sapreste
che Lui è il vostro se e che voi non potrete mai essere schiavi! Ma per
alimentare questa fede, dovete sempre cercare e sperimentare la
beatitudine che deriva dalla conoscenza dell’Atma, vale a dire
l’Atmananda. La realtà dell’Atma è la base, la conoscenza
incontrovertibile, la Nischithajnana, senza la quale l'uomo cade preda
del dubbio, della disperazione e dell'illusione, e la vergine del Dharma
non si lascerà sposare . Sforzatevi quindi di rendervi liberi, e come
passo preliminare per ottenere il successo, coltivate la fede che l’Atma
è il nucleo centrale della vostra personalità, e successivamente
cercate di imparare e di praticare la disciplina adatta a realizzarLo.
Una volta in possesso di questi requisiti, potrete impegnarvi nelle
attività mondane, rispettando il Dharma specifico per ognuna di esse:
diverrete così un Dharmapurusha, cioè una persona morale. Chi invece
ritiene il mondo fisico fine a se stesso e si identifica col corpo,
spreca in modo insignificante la sua vita, cioè trasforma Dio in sasso.
E’ molto più sacro e produttivo lo sforzo di tramutare il sasso in Dio.
Il non perdere mai di vista l'Atmadharma, cioè la norma fondamentale,
trasforma ogni singolo atto in adorazione, sublimandolo e liberandolo da
ogni carattere vincolante, mentre l’agire al di fuori di essa è
dissacrante quanto trattare Dio come un sasso. Le regole di
comportamento pratico (Acharadharma) che non sono ispirate dalla norma
fondamentale (Atmadharma o Sathyadharma) oppure la norma fondamentale
che non trova riscontro nel comportamento pratico, sono atteggiamenti
privi di risultato, perché i due codici sono indissolubilmente connessi
tra loro e come tali vanno considerati. L'ufficiale subalterno deve
ubbidire al superiore, ma a sua volta l'ufficiale superiore ha bisogno
delle prestazioni del subalterno. E allora, chi dei due può dichiararsi
libero? Entrambi sono legati dalla ricerca del benessere e dal desiderio
di essere felici. Finché l'uomo non scopre il segreto fondamentale
dell'Atma, cioè non si rende conto che esiste una fondamentale unità
spirituale, sarà gravato dalla schiavitù ai sensi e al mondo esterno.
Solo la conoscenza dell’Atma può alleggerire quel peso, perché in tal
caso il codice di comportamento pratico si fonderà con quello interiore
divino e tutte le spinte vitali saranno in armonia tra loro.
Il Vedanta, le verità spirituali
contenute negli Sastra, e lo stesso Dharma esortano l'uomo ad agire e
vivere come Dio (Bhagavan) anziché come schiavo. Solo così ogni azione
sarà morale, cioè conforme al bene universale, e non più dettata dal
desiderio di goderne i frutti: sarà cioè un Dharmakarma e non un
Kamyakarma! Non basta cambiare tipo di attività per spezzare le catene
della schiavitù, ma è necessario trasferire la propria identità dal
corpo (deha) a Dio (Deva), dalla creatura al Creatore. Anche le qualità
morali verranno così rafforzate.
Alcuni pensano che il lavoro sia una
schiavitù, mentre starsene inoperosi equivalga ad essere liberi. Questo
modo di pensare non è corretto, perché se l'impiegato deve ubbidire ai
superiori, anche lo sfaccendato non potrà evitare le richieste e le
pressioni dei parenti. Persino con gli amici dovrà adeguarsi ai loro
desideri. Anche la necessità di prendersi cura del proprio corpo e
procurarsi un certo benessere costituisce un legame! Quindi, come potete
sentirvi liberi in questa gabbia di obblighi? Ogni esistenza è una
prigione, cambia solo il tipo di sentenza. D'altra parte non può essere
diversamente, finché permane l'atteggiamento di identificazione col
proprio corpo. Ecco perché Sankara disse che: " L'inferno non è altro
che l’egoicità basata sul corpo". Questo tipo di egoismo non è che una
manifestazione dell’atteggiamento antidivino. Chi mai riuscirà ad
eliminare tutte le spine e i sassi dalla faccia della terra? L'unico
modo di evitarli è andare calzati, e la filosofia del Vedanta, il
Vedanta-darsana, serve proprio a questo scopo. Con la vista interiore
concentrata sulla Realtà (Sathya) e la piena fiducia in Brahman, cioè
nella vostra Essenza divina, potrete fare a meno di trasformare il mondo
esterno secondo le vostre esigenze e praticherete il Sathyadharma. Chi
sa calpestare il proprio egoismo e dichiara convinto: " Io non sono
schiavo di questo corpo soggetto ad ogni specie di servitù, ma anzi sono
il Padrone, sono Colui che dirige e controlla ogni cosa: sono la
Libertà fatta Persona", costui è già libero. Tutti i codici morali
devono aiutare il processo di distruzione dell'ego, non alimentarlo
facendolo crescere selvaggiamente: è questa la via che porta alla
Liberazione. Se un uomo, trovando triste la vita col figlio, va ad
abitare dalla figlia, non per questo ottiene la libertà, anzi alimenta
solo il proprio egoismo. Una simile ricerca di felicità sensoriale non
può essere elevata al grado di Dharma. Una casa deve servire per avere
la gioia di contemplare il Signore e meditare su di Lui senza essere
disturbati. Si può trascurare tutto il resto, ma non questo. Il vero
Dharma dell'uomo è quello di gustare la beatitudine dell'unione con
l’Assoluto, conquistando la liberazione finale. Chi raggiunge questo
stato non sarà più prigioniero, nemmeno nel carcere più buio, mentre per
chi è schiavo del corpo anche un filo d' erba può divenire uno
strumento di morte. Il vero Dharma dev'essere immerso nella beatitudine
dell’Atma, nella visione interiore, nella fede costante dell'identità
della propria natura con l’Assoluto e nella consapevolezza che ogni cosa
è Dio (Brahman). Nell'esistenza fisica e individuale queste quattro
esperienze, pur mantenendosi sature del Dharma interiore della realtà
atmica, vengono chiamate per convenienza pratica, Verità (Sathya), Pace
(Shantham) Amore (Prema) e Non-Violenza (Ahimsa) in modo da consentire
agli individui, che altro non sono che personificazioni dell’Assoluto,
di praticarle nella vita quotidiana. Oggi, come in passato, il rispetto
del Dharma si manifesta trasferendo quei sublimi principi in ogni
pensiero e in ogni azione. La Verità, la Pace, la Non-Violenza e l’Amore
altro non sono che l'immersione costante nello Spirito Assoluto (Atma),
la visione della verità interiore, la contemplazione della propria vera
natura e la conoscenza che tutto è Dio (Brahman), l'Unico e il Solo.
Quando l'Originale e il derivato vengono coordinati e si armonizzano,
allora si può parlare di Atmadharma. Poco importa quale attività, nome o
forma abbiate scelto. Una catena, sia essa di ferro o d'oro, lega
sempre, non vi pare ? Quindi, qualunque lavoro, purché basato
sull'Atmadharma e avente per radice il Principio atmico (Atmatattwa), è
certamente dharmico e porterà in premio la Pace (Shanthi). Chi invece è
mosso dall'ingordigia o da timori egoistici, non potrà mai sfuggire alla
sofferenza, sia che viva nell'intimità della propria casa o nella
solitudine della foresta o in qualsivoglia altro luogo. Il cobra non
cessa di essere un cobra anche quando si avvolge nelle sue spire. In
sostanza, quando l'azione è motivata dalla consapevolezza dell'esistenza
dell'Atma, reca il sigillo del Dharma; mentre se si regge sulla
convenienza e l'interesse personale, il Dharma viene degradato a
pseudodharma e si trasforma in un legame, per quanto attraente possa
sembrare. Come le guardie mettono in fila i carcerati sia per condurli
nell’aula del processo che verso il refettorio, così le sollecitazioni
dei sensi spingono chi ne è schiavo tanto verso un luogo di sollievo che
verso uno di pena . Anche il distinguere gli " amici" dai " nemici" è
un errore, un'illusione da abbandonare. Il Signore, l'Incarnazione
dell’Amore, è il solo Amico fedele, l'Unico Parente, Compagno, Guida e
Protettore. Sappiatelo, e vivete in quella consapevolezza. Questo è il
Dharma costruito sulla base della Conoscenza, la vita edificata sulla
roccia del Dharma. L’ignoranza di questi principi fondamentali, induce
l'attenzione a concentrarsi solo sugli aspetti esteriori, e così la meta
si allontana divenendo irraggiungibile. L'attaccamento al mondo può
essere vinto solo con l'attaccamento al Signore. Perché lamentarsi di
non vedere la terra quando si cammina con gli occhi rivolti al cielo ?
Guardate la superficie riflettente della pozzanghera e vedrete
contemporaneamente sia la terra che il cielo. Allo stesso modo se volete
seguire il Sathyadharma, cioè mettere in pratica il Principio Atmico
immanente, dovete riuscire a scorgere in ogni azione un riflesso della
Gloria dell'Atma; allora l'attaccamento al Signore trasformerà in
un'offerta purissima l'attaccamento al mondo. La Meta non deve venire
modificata ne abbassata; occorre cioè mantenere inalterate le cose
fondamentali. Il Dharma non dipende dai nomi e dalle forme che assume
nella sua applicazione pratica - queste cose non hanno un'eccessiva
importanza - ma piuttosto dalle motivazioni e dai sentimenti che lo
informano e lo dirigono.
pag.27 LA VITTORIA
Finché ignorerà la sua natura, l'uomo
non potrà sfuggire all'inquietudine. Il desiderio di migliorare il
proprio benessere o il bisogno di soddisfare le proprie voglie, che lo
spingono a cambiare continuamente lavoro, non gli recheranno certamente
una pace durevole. Sarebbe come voler migliorare l'illuminazione di una
stanza spostando i mobili. Basterebbe accendere una lampada per
circolare agevolmente senza dover scomodare l’arredo, non vi pare? La
stessa cosa avviene nel mondo. E’ molto difficile muoversi
tranquillamente, con sincerità e correttezza, senza urtare contro
qualche ostacolo. Eppure il rimedio esiste! Accendete la lampada e
lasciate che la Luce della Conoscenza (jnana) vi riveli la Realtà. In
questo modo ogni difficoltà verrà appianata! Forse voi credete di vivere
nel rispetto del Dharma, ma l'errore di fondo è che non agite con
spirito di dedizione, altrimenti le vostre azioni recherebbero il
marchio inconfondibile del Dharma.
Qualcuno potrebbe chiedere: "Allora è
lecito uccidere o fare del male nel Nome del Signore, offrendo a Lui le
nostre azioni?" Ma come può una persona dedicare la propria opera a Dio
se non è pura nel pensiero, nella parola e nell’azione? Le virtù che
accompagnano il servo del Signore sono l'amore, l'equanimità, la
rettitudine e la non-violenza. Come potrebbero coesistere con la
crudeltà e la durezza di cuore? Per manifestare lo spirito di sacrificio
e la levatura spirituale necessaria alla dedizione, occorre anzitutto
possedere la Verità, la Pace, l'Amore e la Non-violenza. Senza queste
quattro virtù, o limitandovi semplicemente a nominarle, non riuscirete
mai a trasformare un'azione in un'offerta. Le azioni dharmiche sono
immortali, e soltanto la conoscenza di questa verità mette gli uomini in
grado di compierle. Questa è la Meta suprema, ma l'uomo anziché
affrettarsi a raggiungerla, continua ad agire contro il Dharma. Ovunque
sta degradando il suo stato da figlio dell'immortalità (amrithaputhra) a
figlio della futilità (anrithaputhra)! Stringe nelle mani il calice del
nettare e beve il veleno dei piaceri sensoriali; trascura la gioia
della contemplazione dell'Atma, la fondamentale Realtà dell'Universo, e
si lascia irretire dalle lusinghe delle apparenze mondane. Vien voglia
di piangere sul destino che travolge il genere umano!
Alla fine del capitolo 14° della Gita si legge:
Brahmano hi pratisha, ham
amrtasya, vyayasya ca
sasvatasya ca dharmasya
sukhasyai, kantikasya ca.
Io sono la Base di Brahman
della Vita Eterna
del Dharma imperituro
e della Beatitudine Assoluta.
Il modello di vita dharmico è essenziale
come il respiro, è la via che conduce alla realizzazione della propria
vera natura, e chi la percorre è caro al Signore. Egli è sempre vicino
ai puri di cuore che agiscono secondo il Dharma. Proprio per questo
motivo la Gita insegna ad Arjuna come sviluppare le virtù che aiutano a
mettere in pratica l’Atmadharma. Questi consigli vengono descritti nelle
strofe 13-19 del 12° capitolo, e chi si è abbeverato a quella fonte le
ricorderà certamente. A questo riguardo la strofa più importante è la
seguente:
ye tu dharmyamrtam idam
yathoktam paryupazate
sraddhadhana matparama
bhaktas te, tiva me priyah
Coloro che seguono la via
dharmica verso l'Immortalità
come è stata insegnata, con fede,
e avendo Me come Fine supremo,
quei devoti Mi sono cari in
modo particolare.
E’ un concetto grandioso! Questa strofa
chiude la serie sulle qualità che l'uomo deve sviluppare, ed è molto
importante che definisca "Via dharmica verso l'Immortalità" tutto il
gruppo che la precede! Meditate bene l'espressione " Via dharmica verso
l'Immortalità" e cercate di ispirarvi. Solo chi rispetta il Dharma del
Signore merita il nettare della Sua Grazia. Gli ingenui credono di avere
devozione per il Signore (bhakti), ma non si chiedono se il Signore ha
amore verso di loro. Anzi, sono rare le persone che lottano per
scoprirlo. Invece è proprio questa la misura del successo spirituale. La
stessa persona può essere re per i sudditi, figlio per i genitori,
nemico per i nemici, marito per la moglie, padre per i figli. Recita,
come si vede, molte parti, ma al momento di definire se stessa,
commetterebbe un errore identificandosi con uno di questi ruoli che
hanno origine da parentele fisiche o da rapporti sociali, e quindi sono
in grado di esprimere soltanto delle condizioni temporanee. D'altro
canto non può neppure affermare: "Io sono le mie mani, i miei piedi o la
mia testa", perché questi organi appartengono alla forma fisica, mentre
l'uomo è più reale del suo corpo. I nomi e le forme sono solo delle
apparenze che celano la sua Essenza divina (Brahman). Egli è l'Io, il
sé. Riflettete bene su questa Entità, scoprite chi è realmente questo
Io. Dal momento che incontrate tanta difficoltà ad analizzarvi per
comprendere la vostra Natura, con che diritto esprimete giudizi
definitivi sugli altri? Quando dite " io" e " tu" vi riferite al corpo,
all'apparenza, non all'Essenza. L'Atma è Uno e Indivisibile, e solo il
Dharma costruito su queste fondamenta è Dharma autentico. Qualcuno
potrebbe obiettare. " Parli continuamente di Atma, ma dimmi un poco,
com'è fatto l'Atma, qual è la Sua forma?". Ebbene, come potrebbe l'Atma
avere una forma? Esso è eterno, sempre uguale a se Stesso, immortale. E’
Bontà, Giustizia e Carità; Immutabilità e Purezza. Non può essere
limitato dai nomi o dalle forme, ma soltanto compreso per mezzo della
Conoscenza che albeggia nel Karma-deha, quel corpo che avete acquisito
come risultato delle azioni passate. Solo il corpo ha nome e forma, e
quindi in ogni atto fisico dovete manifestare l’Atmadharma, il Dharma
basato sulla coscienza dell’Atma. Le Scritture dicono che "l’Atma non è
né maschio né femmina, non è bue, cavallo o pecora, e neppure elefante,
uccello o albero, ma trascende queste categorie, perché le distinzioni e
le diversità nascono solo dal movimento". L’Atma non subisce
modificazioni, si può soltanto affermare che " è".
Quindi, volendo riassumere, dobbiamo
dire che l’Atma è l’Assoluto. Ogni altra cosa è particolare,
insignificante, apparente, irreale, denominabile e identificabile.
Prendiamo ad esempio un palanchino. Prima era un albero, poi fu
trasformato in assi e tavole, e infine divenne un palanchino. Ogni
qualvolta mutava la forma cambiava anche il nome. Ma chi siede su un
palanchino non dirà mai di star seduto su un albero, su una tavola o su
un trave, non vi pare? Gli oggetti subiscono dei cambiamenti: non sono
eterni, non sono Sath, vale a dire " Reali". Si distinguono per mezzo
dei nomi e delle forme, e possiamo descriverli solo in base alle loro
caratteristiche, proprio perché sono artificiali e temporanei. Una sedia
non è che un particolare modo d'essere del legno. Se togliete il legno,
sparisce anche la sedia. Allo stesso modo se pensate solo al legno, che
è la " sostanza di base", l"' apparenza" della sedia scompare. Questo
ragionamento vale anche per il Dharma. Tutti sappiamo che esiste il
Dharma della casta (Varnadharma), quello del padre di famiglia
(Grihasthadharma), quello di chi, avendo assolto gli obblighi familiari,
si dedica alla ricerca spirituale (Vanaprasthadharma), quello del
rinunciante (Sanyasadharma), quello del figlio-studente
(Brahmacharyadharma) e così via. Ora, tutti questi Dharma sono soltanto
delle modificazioni del Dharma " Fondamentale", come lo sono il
palanchino e la sedia rispetto al "legno". Tutte le diversità si
annullano non appena indaghiamo la loro natura. Svaniscono gli oggetti e
resta solo il legno; scompaiono i Dharma particolari e rimane solo
l’Atmadharma in tutto il suo splendore. Naturalmente i Dharma pratici
sono necessari per disciplinare la vita nel mondo. Come per utilizzare
il legno lo si deve trasformare in oggetti pratici, così l'Atmadharma,
chiamato anche Santhadharma o Sathyadharma, viene forgiato nel Dharma
del figlio studente, del capofamiglia, del rinunciante, della donna
(Stridharma), dell'uomo (Purushadharma) e così via. La materia prima
però rimane sempre la stessa. La sostanza di base può solo venir
forgiata in varie forme, che assumono nomi differenti a seconda dell'uso
cui sono destinate. L’Atmadharma rimane tale anche quando lo si
scompone per raggiungere determinati obiettivi, come il legno che viene
segato, ridotto in pezzi, ricomposto e lavorato. Finché i vari Dharma
provengono da quel " Legno", non c'è pericolo. Ma ricordate che non si
può ricostruire l'albero originario rimettendo insieme i pezzi di legno!
Allo stesso modo trasferite l'Atmadharma in tutte le attività mondane,
ma non chiamate Atmadharma i Dharma pratici! Sarebbe come barare con
l'Ideale, con l'Assoluto! Il Dharma è la via morale, la via morale è
Luce e la Luce è Beatitudine. Il Dharma è caratterizzato dalla santità,
dalla pace, dalla verità e dalla fortezza. E’ Yoga e Sathya, vale a dire
unione con Dio e Verità. I suoi attributi sono la giustizia, il
controllo dei sensi, il senso dell'onore, l'amore, la dignità, la bontà,
la meditazione, la simpatia e la non violenza. Questo Dharma imperituro
è la disciplina più elevata e più utile, perché conduce all’Amore
Universale e all’Unità. Tutta questa " evoluzione" ebbe inizio col
Dharma ed è resa stabile dalla Verità (Sathya): questi due principi sono
inseparabili. La Verità è la Legge dell'Universo che fa ruotare gli
astri nelle loro orbite. il Dharma è rappresentato dai Veda e dai
Mantra, e dalla conoscenza (jnana) che essi sono in grado di
trasmettere. Il Dharma è la Direzione, la Via e la Legge. Ovunque si
vive nel rispetto per la morale, si può vedere la pratica del
Sathyadharma. Anche il Bhagavata dice: " Dove c'è il Dharma c'è Krishna,
e dove ci sono tutti e due, c'è la Vittoria " .Il Dharma è la
Personificazione del Signore, e dal momento che il mondo è il Suo corpo,
" mondo " è soltanto un'altra espressione per dire " Ordine Morale";
questa affermazione non potrà mai essere contraddetta.
pag.35 IL DOVERE DELLA DONNA
Gli uomini fanno riferimento a molti
doveri, diritti e obblighi che non costituiscono l'essenza del
Sathyadharma, non sono cioè fondamentali, ma servono a regolare le
complicazioni del vivere. Tutti questi codici morali e di comportamento
sociale nascono dal bisogno di rivolgersi alle due diverse nature
dell'uomo e della donna. Queste due creature esprimono l'idea della
manifestazione (Prakriti) e del non-manifesto (Paramatma), del
grossolano e del sottile, dell'inerte e del cosciente: la coppia che
pervade ogni cosa. Come tutta la molteplicità del creato ha avuto
origine dall'interazione dell'inerte e del cosciente, così le
ramificazioni e le differenti elaborazioni del Dharma, sono dovute
proprio all'esistenza del principio maschile e di quello femminile.
Quindi, il Dharma più importante per il progresso del mondo riguarda la
condotta morale e il comportamento di queste due nature. Anche il più
grande dei Maestri deve tener conto di questa realtà nei suoi
insegnamenti.
Il Dharma dell'uomo (Purushadharma) e
quello della donna (Stridharma) sono due importanti applicazioni del
Sathyadharma; mentre le norme e le discipline che si riferiscono a
circostanze, situazioni e stati temporanei, sono accessorie, possiamo
cioè considerarle come affluenti, al pari dei corsi d'acqua che si
gettano nel fiume Godavari. Ora, voi dovete prestare attenzione sempre
al fiume principale, non ai corsi secondari. Voglio dire che dovete
lasciarvi guidare dai due Dharma di base, il maschile e il femminile,
senza assegnare mai un ruolo determinante ai Dharma minori ed
accessori...
pag.53 IMMUTABILITA’
I principi del Dharma non possono
cambiare per essere adattati alla convenienza dell'uomo, perché sono
immortali ed eterni. Naturalmente può accadere che le norme e le
consuetudini, per effetto del variare delle cause, debbano subire delle
modificazioni nella loro applicazione pratica. Ebbene, anche in questo
caso, la loro validità deve venire saggiata sulla base delle Scritture
(Sastra) e non alla luce del profitto personale. Questo tipo di calcolo
va decisamente evitato. Ora, non si può certo pretendere che le
Scritture espongano solo quelle regole che favoriscono il raggiungimento
di vantaggi materiali, e neppure che i Veda esaltino solo questo tipo
di azioni, proprio perché il Dharma non può venir convalidato da questi
criteri, anzi esula da qualsivoglia dimostrazione pratica. Tanto è vero
che i Mimamsaka, cioè gli studiosi dei primitivi testi vedici,
sostengono addirittura che il Dharma può essere conosciuto solo per
mezzo dei Mantra, e che i Veda affermano solo quelle verità che sono
oltre la prova dei fatti. Naturalmente chi segue il Dharma con l'ottica
del profitto, generalmente finisce per trascurarlo se i risultati non
sono evidenti ed immediati. Vi faccio un esempio: ogni uomo ha una sua
idea dei vantaggi che vorrebbe ottenere dalle pratiche spirituali
prescritte, quali le abluzioni, le preghiere quotidiane e la
meditazione, perché ognuno ha un suo modo di pensare e di vedere le
cose. Bene, un atteggiamento del genere può portare persino a trascurare
la recitazione della Gayatri alla sera per sostituirla con i mille Nomi
(Sahasranama) di Vishnu o di Siva. Ma le Scritture parlano chiaro al
riguardo: Kale Sandhya samachareth, vale a dire " recita le preghiere
del mattino e della sera nei modi prescritti". Ora non vi pare che
quest'atteggiamento di comodo sia contrario al Dharma? Lo stesso avviene
per quanto riguarda le caste (Varna). Nella Gita si legge:
Chathurvarnyam maya sristham guna karma vibha gasah, e il significato mi
sembra abbastanza chiaro " Io - dice il Signore - ho creato le quattro
caste, differenziandole sulla base delle attitudini e delle inclinazioni
personali". Ma gli uomini si lasciano sviare dai falsi ragionamenti e
dalla fredda logica, e preferiscono seguire il Dharma che reputano più
conveniente. Non tengono in nessun conto il timore di Dio e del peccato,
e finiscono col trascinare nell’errore le persone semplici e ingenue.
Tra l’altro questa è la ragione che spinge di quando in quando il
Signore ad incarnarsi per risollevare gli oppressi e ristabilire il
Dharma. La Gita lo dice molto chiaramente: Dharma samsthapanarthaya
sambhavami yuge yuge.
E qui voglio precisare una questione
fondamentale. Dopo aver letto la Gita, molte persone pensano che il
Signore si incarni ogni qualvolta il Dharma viene distrutto e cominciano
a prevalere le forze del male. Ora, questa interpretazione è priva di
fondamento logico. La Gita non parla affatto di " distruzione", ma usa
la parola glani." Quando il Dharma è in pericolo - dice il Signore - Io
scendo per proteggerlo". Come si vede, non afferma che viene per
difenderlo e preservarlo dopo che è stato distrutto! A cosa può servire
il medico quando il malato è deceduto? Una volta che il Dharma, l'alito
vitale dell'umanità, sia stato sopraffatto, che bisogno può esserci
dell'Incarnazione divina (Bhavarogavaidya)? Cosa verrebbe a proteggere?
Ripeto: il termine glani non indica la distruzione, ma il declino,
l'indebolimento. Ora, il compito del Signore è la protezione del Dharma,
che costituisce il respiro vitale delle anime individuali (jivi). Il
Dharma non è una cosa di poco conto. Chi non lo pratica è come se fosse
morto, mentre chi lo rispetta partecipa della natura divina. Oggi è
necessario riportare gli uomini sul sentiero del Dharma per mezzo dei
buoni consigli, allettandoli con la speranza delle conseguenze benefiche
che derivano dalla sua pratica, minacciando di abbandonarli quando se
ne allontanano e, come ultima risorsa, infliggendo loro anche delle
punizioni. Ossia col metodo tradizionale di sama, tana, bheta e tanta:
l'amicizia, il premio, il distacco e il bastone! Anticamente gli uomini
rispettavano il Dharma anche a rischio della vita, mentre oggi si
scivola nell'immoralità senza la minima pressione esterna. In verità,
c'è una grande confusione nel campo del Dharma. I suoi seguaci vengono
ostacolati, derisi ed emarginati. Spesso bollati come imbroglioni e
ignoranti. Purtroppo questi calunniatori non conoscono né il Dharma né i
suoi principi, e non hanno la capacità di afferrare neppure il
significato letterale del termine! Come può un cieco sapere cos'è un
raggio di sole? Conosce il calore, ma non sa nulla dello splendore,
della forma e della natura dell’astro! Allo stesso modo chi non conosce
il Dharma e non ha fede nei suoi principi, non può comprendere la gioia
che nasce dall’osservare quella Legge. Esporre il Dharma a queste
persone è come suonare la buccina a un sordo! Prima dovete accertarvi
che l'ascoltatore abbia fede nel Dharma e desideri metterlo in pratica
con fermezza e sincerità; in seguito potete occuparvi di lui e cercare
di aiutarlo. In questo modo, anche la persona più ignorante, spinta
dalla gioia che nasce dalle sue stesse esperienze, spargerà nel proprio
cuore i semi del Dharma. Oggi molti eruditi, studiosi dei Veda, degli
Sastra e della tradizione classica hanno perso la fiducia in quei testi.
Temono, attenendosi strettamente al Dharma, di venire derisi dai loro
cinici amici. E così si sono piegati alle distorte argomentazioni dei
critici e hanno venduto la loro preziosa eredità per un profitto
insignificante. Interpretano il prescritto digiuno di Ekadasi
(undicesimo giorno della fase lunare) come una norma igienica,
considerano la fiamma della canfora un rimedio per gli asmatici, il
controllo della respirazione (prana-yama) come un aiuto alla digestione,
i pellegrinaggi dei giri turistici e la carità un sistema per farsi
pubblicità. Ecco come hanno ridotto i sacri precetti del Dharma!
Queste persone ingannano il mondo, sono
barbari che non conoscono e non seguono i principi della rettitudine.
Forse potrebbe aiutarli un' attenta lettura della Legge di Manu
(Manudharma):
Arsham Dharmopadesam cha Vedasastra a virodhina Yastharkenanusandhaththe Sa Dharmam Veda, netharah
" Chiunque voglia conoscere il Dharma,
deve seguire un sistema di logica che non sia in contrasto coi Veda e
gli Sastra." Come viene ben precisato in questi versi, nessuna
conclusione contraria ai Veda può essere logica. Il freddo argomentare
non dà frutti, e Manu lo sconsiglia nell'interpretazione delle
Scritture. Purtroppo oggi molte persone amano questa arida razionalità,
e, col loro cattivo esempio, trascinano gli altri alla rovina. A questo
proposito sentite cosa disse in passato Vedavyasa:
Na yakshyanthi, na hoshyanthi, hethuvadavimohithah Nimmokshyaham karishyanthi, hethuvadavimohithah
" Coloro che seguono la via logica,
cercando le relazioni di causa-effetto, non alimentano il fuoco
sacrificale e si fanno coinvolgere in azioni degradanti". Ora, Vedavyasa
scrisse queste parole nell’Aranyaparva (prima sezione del terzo libro)
del Mahabharata, e intendeva precisare proprio quale sarebbe stata la
situazione nell'attuale periodo storico (Kaliyuga). Del resto il sole e
la luna percorrono le loro orbite senza mai deviare solo perché
rispettano il Dharma, e le potenze divine svolgono i loro compiti e i
loro doveri soltanto in virtù di questa Legge universale che vincola i
cinque elementi al rispetto della loro natura. Anche voi dovete trarre
il massimo bene possibile dal Dharma, ed evitare, nel seguirlo, di recar
danno a voi o agli altri. Dovete diffondere la sua gloria
trasformandovi in esempi luminosi di pace e di gioia. Evitate sempre di
percorrere l'arida via della logica che confonde la mente col cinismo e
il pregiudizio. Non occupatevi di quel che fanno o credono gli altri, e
non cercate di riformarli o di correggere i loro passi. Tenete per certo
che l’Atma è la vostra vera natura, e su questa base verificate tutte
le vostre azioni, chiedendovi sempre se vi stanno aiutando o meno a
rivelarvi quella suprema Realtà. Se svolgerete i vostri doveri laici e
religiosi alla luce di questa fede, non sbaglierete mai e sarete sempre
felici. Alcune massime profane come Uayogam Purushalakshanam o Karmam
Purushalakshanam affermano che solo l'uomo impegnato in un lavoro o in
una professione può definirsi tale. Ma la vera massima è Dharmam
Purushalakshanam, il segno dell'uomo è il rispetto del Dharma. Tutti
devono impegnarsi in azioni dharmiche mentre mettono in pratica i
quattro purushartha, vale a dire i quattro obiettivi dell'esistenza
umana: il compimento del dovere (Dharma), l'acquisizione dei mezzi per
vivere (artha), il soddisfacimento dei desideri (kama) e la liberazione
finale (moksha). Come per la donna esiste il Pathivrathaaharma, così
anche l'uomo deve rispettare il Brahamacharya. Se la donna deve
considerare come suo signore e marito una sola persona, anche l'uomo è
tenuto ad essere fedele ad una e una sola donna, che dovrà considerare
come moglie e compagna. Per rispettare il suo Dharma la donna deve
adorare il marito come Dio, assisterlo e assecondare i suoi desideri. A
sua volta l'uomo deve onorare la moglie come la Griha Lakshmi (la Dea
del focolare), considerarla regina della casa e agire sempre in
conformità al suo volere. Solo cosi potrà meritare il titolo di uomo. Il
nome e la fama, l'onore e il disonore, il vizio e la malvagità, il bene
e il male sono gli stessi sia per l'uomo che per la donna. Non è giusto
affermare che la donna è legata e l'uomo è libero. Entrambi sono
vincolati dal proprio Dharma e cadono nell'iniquità se non rispettano il
corretto svolgimento dei quattro purushartha. Gli uomini, in alcune
circostanze, sono legati proprio come le donne, e non hanno alcun
diritto di comportarsi diversamente, perché tra moglie e marito esiste
un reciproco impegno.
pag.71 GLI STADI SOCIALI
Gli stadi che regolano l'esistenza umana (Asrama) sono quattro, e cioè:
- BRAHMACHARYA: è lo stadio dello studente, la cui educazione comincia dopo una cerimonia di iniziazione alla vita spirituale;
- GRIHASTHA: è lo stadio del capofamiglia;
- VANAPRASTHA o eremitaggio: il capofamiglia, esauriti i doveri del suo stato, si ritira nella foresta per dedicarsi alla meditazione e condurre una vita di austerità. E’ uno stadio di preparazione al successivo, cioè al
- SANYASA: lo stadio del monaco itinerante che ha completamente rinunciato a tutti i beni terreni, a tutti i valori mondani, e ha scelto l'ascetismo.
Il Grihasthasrama è lo stadio più
importante; infatti gli altri si basano su di esso, perché il
capofamiglia deve preparare e sostenere tutti e tre. Come ogni essere
vivente ha bisogno dell'aria per la sua esistenza, chi appartiene agli
altri tre stadi dipende dal capofamiglia che, non solo li veste e li
nutre, ma ne agevola lo studio dei Veda.
Manu, nel suo codice legislativo, ha
chiaramente espresso questo punto di vista. Egli ha dichiarato che anche
il capofamiglia raggiunge la liberazione purché segua rigorosamente il
suo Dharma. Non v'è dubbio che ciascuno, in qualunque fase della vita si
trovi, otterrà la salvezza se sarà fedele al Dharma prescritto per il
proprio stato. Nei codici legislativi di Manu, di Narada e di altri, si
fa presente che in alcuni casi, se il capofamiglia osserva
scrupolosamente il Dharma, è da considerare il più nobile esemplare
d'uomo; mentre in altri testi si afferma che soltanto i Saggi, avendo
rinunziato a tutto, meritano venerazione. Perciò può sorgere il dubbio
se sia preferibile scegliere la condizione di capofamiglia, che è la
base e il sostegno delle altre, oppure intraprendere la universalmente
onorata via del Sanyasa, il sentiero della rinuncia. C'è un intimo
rapporto fra il virtuoso Grihastha ed il santo Paramahansa. Quindi,
qualunque sia la vostra condizione, non è sbagliata. Gli stadi della
vita portano tutti e quattro alla liberazione se seguite rigorosamente
il Dharma prescritto per ciascuno di essi e se vi dedicate con costanza
al vostro progresso. Ciascuno degli Asrama è importante nella sua fase
specifica; la condotta individuale e la pratica sono le prove
essenziali. Se si applicano gli insegnamenti spirituali, ogni Asrama è
sacro, ogni Asrama è encomiabile: questo è il criterio delle Sacre
Scritture.
Chi è consapevole che l'Atma è la realtà
fondamentale dell'uomo, attraversa l'oceano dei cicli di nascita e
morte e, senza dubbio, raggiunge la meta, la liberazione. Mentre coloro
che ignorano i voti ed i riti prescritti per quella particolare fase
della loro vita, cosi come coloro che, non avendo studiato le Sacre
Scritture, si accontentano di mostrare una purezza soltanto esteriore,
dovranno sicuramente soffrire. I voti ed i riti prescritti per la
pratica religiosa quotidiana, sono, fra le altre discipline ascetiche,
oltremodo importanti. L'osservanza di essi è la più alta forma di
abnegazione (Tapas), la più alta forma di dovere religioso e morale
(Dharma). Avete notato ciò che a tale proposito dice la Gita, che è
l'essenza delle Upanishad? (raccolta di testi di carattere sacro).
Coloro che sono costantemente attivi nel campo spirituale, a qualunque
categoria appartengano, qualunque sia la loro casta, raggiungono il
Signore. E’ ciò che anche Manu dice: " Essi possiedono la più alta
conoscenza". La persona libera da ogni desiderio, che non ha neppure la
minima inclinazione al possesso o al piacere dei beni materiali, che non
ha in se alcuna traccia di egoismo o di avidità, che è sempre nella
beatitudine della consapevolezza del Brahman, non ha alcun sintomo di
sofferenza e vive nella gioia suprema e nella pace. E poi, nel suo
ultimo istante, se ha consolidato la conoscenza della sua natura
essenziale, che è il Brahman, può, oltre ogni dubbio, unirsi al Brahman e
fondersi nello stato più elevato.
La stabilità nella conoscenza è del
tutto naturale in tali persone. Il costante sentimento che Io sono
Brahman è la panacea per tutti i mali dell'uomo. La liberazione giunge
con la stessa intuizione di essere il Brahman. Coltivare quel sentimento
ed entrare in quella esperienza è il vero dovere degli uomini.
L'ignorante, indotto dal principio di inerzia, ritiene di essere il
corpo fisico, mentre l'erudito, capace di raziocinio e di indagine,
percepisce che l'Io è la Jivi che sta nel corpo (l'anima). Ma quegli
uomini saggi che possono vedere il Non-Sé (An-Atma) distinto dalla
permanente essenza individuale (Atma), sanno che la verità è
l'identificazione col Brahman, Io sono il Brahman, e non divergono da
tale convinzione. Le caste come quella dei Brahmini, i colori della
pelle come il bianco e il nero, gli stadi della vita come quello del
capofamiglia ecc., sono condizioni fisiche; non hanno le caratteristiche
dello Spirito. Tali condizioni sono sottoposte ai fattori tempo e
spazio, appartengono a questo mondo di schiavitù, sono governate dalle
cause connesse col mondo materiale, sono stabilite dalla Volontà Divina
per il regolare funzionamento del mondo e devono essere osservate da chi
è legato alle limitazioni fisiche. Sono invece prive di valore per chi è
immune da restrizioni, per chi ha superato i vincoli materiali. Ecco
perché le persone costantemente assorte nella contemplazione del
Brahman, che hanno ben compreso la realtà fondamentale, non badano
troppo ad esse. Come potrebbero, infatti, curarsi di ciò che viene
chiamato " casta" ? Ma finché quello stato non è raggiunto, bisogna
seguire le regole della propria casta e del proprio stato, senza
eccezione. Questa è la legge per il " corpo-cosciente", è la legge
fisica individuale, il Dehadharma. I grandi veggenti che capirono il
significato del Dharma spirituale (Atmadharma), affermarono che Sath,
Cith e Ananda (esistenza, coscienza e beatitudine) sono le
caratteristiche fondamentali del Se. Perciò possiamo dire che quei
grandi Sapienti raggiunsero il Brahman che è la stessa
essenza-coscienza-beatitudine (Sath-Cit-Ananda). Per ottenere la
liberazione basta la chiarezza intuitiva che consente la visione dello
Spirito; questo è l'essenziale, non la casta o il colore della pelle.
Come ottenere quella chiara visione ? Con la pratica del Dharma; del
Dharma condizionato dalla casta e dalla posizione individuale. Il Dharma
dà la capacità di percepire l’Atma senza nebulosità o velature che lo
celino alla vista. L'osservanza del Dharma offre l'esperienza; con
l'esperienza si stabilisce la verità; la verità dona la chiarezza di
visione; la visione assicura la salvezza. Chi è libero dagli ostacoli
interiori che velano l'Atma, può appartenere a qualunque casta o
condizione; ciò non ha importanza, egli raggiunge la liberazione. Questo
puro strumento interiore, questa limpida mente, è ciò che le Scritture
esaltano quando parlano di salvezza.
Coloro che nutrono sentimenti di
inimicizia o di attaccamento, anche se vivono nella foresta, non possono
sfuggire al male. Coloro che hanno dominato i sensi, anche se
appartengono all’Asrama dei capifamiglia, possono essere dei santi
asceti. Se si impegnano in azioni non dannose o condannabili, anch'essi
meritano di essere chiamati Saggi (Jnani).La loro casa è il " boschetto"
in cui attuano l’austerità per acquisire il senso del distacco. La
liberazione non può essere ottenuta in virtù della stirpe, non con atti
caritatevoli ne con ricchezze, non con celebrazioni rituali ne con
pratiche Yoga; ciò che occorre è la purificazione interiore. Per
stabilire quale sia l’azione giusta e quella sbagliata, la voce degli
Sastra ( Sacre Scritture) è la sola autorevole. Quali che siano lo
stadio della vita e la condizione personale, se l'uomo ha come obiettivo
la realizzazione del Brahman e se cerca di capire la propria realtà,
riuscirà a rimuovere il velo dell'ignoranza ed a riconoscersi nel
Brahman. L'attenzione fissa sulla propria essenza interiore è il mezzo
per avere la liberazione. Chiunque, a qualsiasi casta appartenga, se
capisce questa lezione impartita dai Veda, se vive secondo i principi
morali dettati per la fase particolare della propria vita, può
raggiungere lo stadio supremo (Parampada), la finale emancipazione. Se
non ha difficoltà ad acquisire la conoscenza, l'uomo può rimanere nella
condizione di capofamiglia ed avere la salvezza senza dover abbracciare
lo stato del rinunciante. Saggi come il grande re Janaka, Aswapathi,
Dilipa, raggiunsero la meta nella loro condizione di capifamiglia;
fecero ogni sforzo e riuscirono ad eliminare tutti gli ostacoli che li
intralciavano nella conquista della Grazia divina; il loro obiettivo era
quello di raggiungere il Sommo Dio. Perciò non abbiate dubbi: lo stato
di capofamiglia non è un impedimento. Spinti dal desiderio di superare
questo oceano del Samsara (il legame di vita, morte e rinascita), marito
e moglie devono vivere in perfetta armonia di pensiero e di volontà; il
proposito di arrivare alla meta dev'essere ugualmente forte e risoluto
in entrambi. Altrimenti la via della rinuncia (Sanyasa) è il loro
rifugio. Vedete, anche il sole di mezzogiorno è unito alla sua consorte,
l'ombra; la luna, durante le sue fasi, è strettamente legata ai freschi
raggi di luce, che sono come il nettare. La Signora della casa
dev'essere sveglia, paziente, calma, buona; deve avere ogni virtù. Così
la casa sarà splendente; sarà la casa della vittoria anche nel campo
spirituale. Non c'è alcuna regola che imponga ad una persona di
diventare monaco rinunciatario e sparire quando in casa trova difficoltà
nel campo spirituale. Se un marito lo fa senza il pieno consenso della
moglie, la sua rinuncia non avrà alcun esito positivo. La cosa migliore
che può fare è quella di abbandonare la casa insieme alla moglie e farsi
eremita, seguendo il Dharma di quel nuovo stato. Se però ci sono
bambini bisognosi di cure e di assistenza, neanche l’eremitaggio è
concesso, secondo gli Sastra. Bisogna prima fare in modo che i figli si
rendano indipendenti dai genitori e poi lasciarli. Le Scritture perciò
impongono che una persona, lo voglia o no, debba mantenere la sua
posizione di capofamiglia fino all’età di 48 anni e sforzarsi di
compiere il suo dovere senza impacci. Se sorgono difficoltà, deve
offrire anche queste al Signore e accettarle tranquillamente come una
prova necessaria al Suo piano. Questo è il modo di affrontare la
disciplina richiesta al capofamiglia, la via che uomini e donne devono
percorrere.
pag.79 – (85) Il diritto alla conoscenza
...La stretta aderenza alla verità e
l'osservanza del Dharma possono naturalmente richiedere una grande
fatica ma, se avete in vista la Beatitudine che vi attende alla fine,
dovete rassegnarvi e sopportarla volentieri. Solo chi è veramente
intelligente può salvarsi quando conosce la verità; gli altri rimarranno
nella loro condizione di schiavitù. Gli Yuga, o periodi nei quali si
svolge l'esistenza del mondo, sono classificati in base al livello
mentale dominante. Si dice che nel Kritayuga il Dharma si reggesse su
quattro gambe, sano e vegeto; che nel Tretayuga il Dharma avesse tre
gambe, mentre nello Dvaparayuga doveva andare avanti traballando su due
sole gambe; nell'attuale Kaliyuga, secondo quella tradizione, non ha che
una sola gamba. Le quattro gambe sono: Sathya, Daya, Tapas, Dana
(Verità, Pietà, Austerità, Generosità); se uno ha solo tre di queste
qualità dharmiche, può ben dirsi che costui si trova nel Tretayuga
qualunque sia l'epoca storica in cui vive: se in una persona la qualità
Sathya non è costante, ma persistono le altre tre doti, essa è nel
Tretayuga, se sono assenti Sathya e Daya, ma rimangono Tapas e Dana,
l'individuo che si trova in questa difficile situazione, appartiene
all'epoca Dwaparayuga; se però delle quattro rimane solo Dana, è come se
il Dharma stesse in piedi su una gamba sola e la persona che si
mantiene fedele al Dana, in dispregio però di tutto il resto che è
scomparso, vive nel Kaliyuga anche se apparentemente la sua esistenza si
svolge nell'era cronologica chiamata Krita. Gli Yuga cambiano soltanto
col mutare del Dharma, non col semplice trascorrere del tempo. Il
malvagio Hiranyakasipu ed il puro Prahlada vissero nello stesso periodo
cronologico; lo stesso Yuga vide Dharmaja, che fu la personificazione
della Rettitudine e della Pace, e il furfante Duryodhana. Quindi è il
Dharma ciò che per ognuno determina il periodo storico; un individuo può
trovarsi sempre nel Kritayuga se possiede le quattro qualità dharmiche.
E’ la condotta dell'uomo che fa o rovina la storia e cambia l'età
dell'Oro nell'età del Ferro.
pag.117 DHARMA E KARMA
Il Dharma non è soggetto a pregiudizi o
parzialità; è permeato di verità e di giustizia. Pertanto l'uomo deve
attenersi al Dharma e fare in modo di non agire mai contro di esso;
deviare dai suoi principi è un errore. La legge del Dharma esige che
l'uomo sopprima il sentimento di astio contro gli altri e che coltivi la
concordia reciproca e l’amicizia. Per effetto della concordia e
dell'amicizia, la terra diventerà, giorno dopo giorno, la sede della
felicità; se questi sentimenti saranno saldi e profondi, il mondo si
sottrarrà agli artigli dell'inquietudine, dell'indisciplina, del
disordine e dell'ingiustizia. Qualunque cosa stiate per affrontare,
dovete anzitutto capirne il vero significato e poi, per trarne
vantaggio, bisogna che ogni giorno vi adoperiate per portarla a
compimento. In tal modo si sviluppa la saggezza e si conquista una
permanente gioia. Le due cose essenziali sono il Dharma ed il Karma. Il
Saggio, imparziale e senza pregiudizi, saldo nel Dharma, va diritto
sulla via di Sathya, seguendo le istruzioni dei Veda. Quello è il
sentiero adatto a tutti gli " uomini" dell’epoca attuale. La conoscenza
del Dharma avviene per gradi: prima di tutto vi occorre ricevere
l'istruzione dai Saggi, che praticano il Dharma; poi dovete mirare alla
purificazione interiore ed alla verità, ed infine dovete capire il
valore della Suprema Sapienza racchiusa nei Veda, che sono la voce del
Parameswara. A questo punto, l'uomo sa che cos'è la verità e come quella
verità debba essere tenuta separata dalla " non-verità". L'indagine
sulla verità va fatta con spirito di amicizia ed in collaborazione;
ognuno dev'essere ugualmente ansioso di scoprirla per il bene di tutti.
Le opinioni di ciascuno vanno poi vagliate alla luce del Dharma, e
sottoposte al collaudo del bene universale. I princìpi che hanno
superato la prova saranno prescelti e diffusi nel mondo per il progresso
del benessere umano. Così tutti quanti potranno avere, in egual misura,
conforto e gioia. Samithih Samani dicono le Scritture. Tutti hanno lo
stesso diritto di accedere alla sapienza ed ai mezzi per conseguirla,
come l'istruzione. Perciò tutti devono fare e ricevere azioni nobili e
pure. Ripudiare le cattive azioni, tenere a freno i desideri... ecco,
queste due cose si ottengono mediante lo stesso strumento, la mente; e
gli obiettivi dell'esistenza umana (i Purusharthas) si conquistano
soltanto con questo sistema. Come risultato del continuo allenamento, la
mente imparerà a lasciarsi guidare da voi. La coscienza, d'altra parte,
vi mette davanti l'esperienza passata e presente e vi stimola ad essere
perspicaci ed a giudicare le cose alla luce di quelle esperienze.
L'equanimità si raggiunge attraverso questo processo, che continua nella
mente. Ricordate inoltre che tanto la mente quanto la coscienza devono
seguire scrupolosamente il sentiero che porta al benessere di tutta
l'umanità. Il Dharma illuminerà soltanto quelle persone che danno agli
altri il loro aiuto e che sanno diffondere la gioia. Esse non solo
riceveranno la Grazia del Signore, ma otterranno anche l'immenso
privilegio di potersi unire a Lui. Ogni volta che date o ricevete
qualche cosa, fate in modo di non oltrepassare i limiti imposti dal
Dharma. Non andate contro i suoi precetti; seguiteli sempre, pensando
che questo è il vostro imprescindibile dovere. Dedicate tutta la vostra
energia all'applicazione dei principi del Dharma e cercate di avanzare
ogni giorno di più su quella strada. La persona che segue il Dharma farà
ogni cosa con decisione ed entusiasmo; la sua aderenza al Dharma deve
avere una simile efficacia. L'atteggiamento di timore perché Dio vede
ogni luogo ed ogni cosa, l'apprensione sempre presente per la
possibilità di scivolare nella colpa, la naturale tendenza verso la
lealtà, la predisposizione ad una irreprensibile condotta... la mente è
dotata di tali virtù. E’ vostro compito dirigerla ed impiegarla al
servizio dell'umanità. La subordinazione al Dharma garantisce ed aumenta
lo stato di benessere; elimina i sentimenti di rancore e non vi
permette di essere altezzosi di fronte a chi soffre. E come potrebbe
darvi gioia un siffatto comportamento ? Ricordate che potete essere
felici soltanto se gli altri lo sono. Ciò che occorre è l'amore, è la
verità, sempre; la menzogna non dà alcun beneficio. Gli uomini sanno
essere rispettosi e oltraggiosi; però non troverete mai nessuno che dia
onore alla menzogna, all'inganno e all'ingiustizia; tutti, invece, hanno
rispetto per la verità, l'onestà e la giustizia. Il Dharma imposto dai
Veda è stato collaudato e può ancora esser messo al banco di prova. E’
imparziale e giusto. La fiducia nelle sue leggi aumenta con la pratica.
Gli atti del culto religioso devono seguire le norme prescritte dai Veda
perché la gente diventi più ferma nel praticare il Dharma. Il Dharma è
il comandamento del Signore, è l’autentica voce di Dio e quindi può
essere, a ragione, seguito da tutti. Intanto, chi è un Devata? Il
termine Devata indica una persona che, nella vita quotidiana, ha fatto
della Verità Eterna la sua regola di condotta. Osservate quanto talento
Dio ha donato agli uomini. Con l’aiuto di quella impareggiabile
dotazione, dovete adoperarvi per avere i Purusharthas e spingervi
innanzi lungo la strada che porta al Signore, nella meticolosa
osservanza della verità. Questo è l'uso a cui bisogna destinare il
talento ricevuto; per questo vi è stato donato. Chi ha il bene della
vista può vedere ogni cosa; il cieco non ha tale fortuna. Chi ha avuto
il dono della verità e cerca di raggiungere gli obiettivi della vita
umana (Purusharthas) seguendo le regole del Dharma, può vedere il
Signore; gli altri rimangono ciechi. Il Signore ha dato all'uomo anche
gli strumenti per sviluppare l'intelletto e la facoltà discriminante; se
li usa bene e cerca di capire la propria essenza, il Creatore aumenterà
le sue capacità e gli darà nuove fonti di potere, perché Lui è pieno di
grazia verso chi lotta per affermarsi spiritualmente. Quando l'uomo si
sforza di seguire il Dharma, la stessa Verità gli si rivela. Se
trascurate la disciplina che la Verità esige, ogni dovere impostovi dal
Dharma ed ogni azione motivata dal Dharma sarà per voi opprimente come
un fardello. Ricercate la realtà dietro tutti i fenomeni e la vostra
indagine renderà leggera e piacevole ogni azione dharmica. Il Creatore
ha plasmato l'uomo in maniera tale da indurlo a dedicarsi a Dio, ad
esser lieto quando la sua visione si espande e contento quando vive in
conformità al bene morale e alla virtù. Così, l'uomo può essere di
grande utilità a se stesso se rimane fedele alla sua fondamentale
natura, se concentra il pensiero sul Brahman, se coltiva la verità e
pratica il Dharma. Sathya dev'essere cercata e verificata con tutti i
canoni della ragione, alla luce dei principi razionali universalmente
validi (Sathyenavrtha). La disciplina consiste: nel coraggio di
uniformarsi scrupolosamente al Dharma (Ojascha); nell'intrepidezza
dell'auto-controllo (Tejascha); nella ripulsa di tutti i sentimenti di
gioia e di piacere di fronte alle alterne vicende della vita e nella
fiducia incrollabile in Sathya e Dharma (Sahascha); in un'ottima salute
fisica e mentale ottenuta mediante la disciplina e l'educazione
spirituale (Balancha); nel desiderio e nella capacità di parlare in modo
gentile e schietto, che si ottiene mettendo in pratica Sathya e Prema
(Vakcha); nel distacco dei sensi dal vizio e dal peccato e nella
purificazione di essi perché siano messi al servizio della verità
(Indriyamoha); nella conquista del potere sui mondi visibili e non
visibili attraverso l'autodominio interiore (Srescha); nel rigetto di
tutti i pregiudizi e nel perseguimento costante della verità
(Dharmascha). - "Che tutto questo possa essermi concesso" - così l'uomo
deve pregare. Il Dharma è causa di bene per tutti; dona la perfetta
gioia in questo mondo e nell’altro. Tutto il genere umano deve vedere la
grandiosità di questo Dharma universale. Il Brahmino è noto per le sue
qualità particolari: sapienza, bontà, operosità al massimo grado. col
suo esempio, è l'ispiratore di virtù, eccelse. Chi promuove, sviluppa,
coltiva queste doti, chiunque egli sia, è un Brahmino. Queste qualità
eccellenti lo rendono idoneo ad esercitare l’autorità che un Brahmino
deve avere. Soltanto un uomo profondamente istruito, che si comporta
come la sua istruzione richiede, ha diritto a quel titolo e, se vuole
difenderlo, deve fare di tutto per guadagnarsi le qualifiche necessarie.
I caratteri che contraddistinguono i membri appartenenti alla classe
dei " guerrieri" - i militari - e degli uomini di Governo (Kshatriyas)
sono: l'efficienza nelle loro imprese, l’eroismo ed il coraggio, lo
spirito di avventura, la sollecitudine nel punire i delinquenti e nel
proteggere gli onesti. Chi ha queste qualità ha il diritto di
appartenere alla " casta dei guerrieri". Essi hanno il dovere di
svolgere tutti i loro compiti con un'attitudine conforme a tali
caratteristiche e devono cercare di stabilire nel Paese delle valide
leggi per tutti. I commercianti, gli agricoltori, gli uomini d'affari in
genere (Vaisyas) devono segnalarsi per la loro capacità di rendere
facili e sicure le relazioni commerciali e di agevolare i rapporti fra i
paesi, di incrementare la produzione e far prosperare la ricchezza
comune. Questo è il loro compito. Devono garantire che l'accordo fra i
popoli non si interrompa o non si indebolisca. Devono aspirare alla
considerazione generale per l'impulso dato a grandi azioni ed a nobili
imprese, per aver contribuito al diffondersi dell'istruzione e della
salute pubblica con la costruzione di scuole, ospedali, ecc. Devono
destinare i loro averi all'istituzione di opere degne di merito. In
questo modo si facilita l'espandersi della virtù e della rettitudine.
Gli appartenenti alla quarta classe sociale (Sudra) devono dedicarsi
alla produzione ed alla raccolta dei beni di comune utilità senza
deviare dal sentiero del Dharma. Sempre pronti a realizzare gli
obiettivi dell'esistenza umana ed a battersi per essi, devono
provvedere, con avvedutezza, ad immagazzinare e proteggere la loro
produzione e cercare, per il bene collettivo, di produrre sempre di più.
Ciò che è stato così raccolto dev'essere generosamente adoperato per la
diffusione dell'autentica esperienza e per offrire sostentamento e
sostegno agli uomini virtuosi. Così, con la collaborazione di questi
quattro tipi dell'umana fatica, la ricchezza sarà molta e di vario
genere e l'uomo potrà essere contento. Tutti gli appartenenti a ciascuna
delle quattro classi devono capire che l’ordinamento sociale è stato
ideato per un fine superiore: mantenere il Dharma nel mondo. Se ogni
casta compie le sue mansioni, il benessere mondiale sarà senz'altro
sicuro; inoltre - ed è anche più importante - ciascun individuo potrà
ottenere la beatitudine spirituale. D'altra parte, se si dovesse credere
che esiste una sola classe, un solo codice di condotta ed un solo
regolamento buono per tutti, la prosperità e la sicurezza del mondo
sarebbero compromesse. Se tutti si occupano di commercio, chi comprerà e
consumerà i beni offerti? Se tutti si mettono ad insegnare, dove
trovare gli allievi che devono apprendere e mettere in pratica gli
insegnamenti? Se tutti comandano, chi ubbidirà? Se tutti producono e
aumentano la produzione, chi cercherà i prodotti del lavoro? Per creare
la diversità che deve contribuire a formare l'unità mediante
l’applicazione dei principi di Sathya e Dharma ad ogni atto individuale e
sociale, il Signore ha regolato il sistema di vita con l'istituzione
legittima dei Varna (delle classi sociali previste dalla Legge del
Dharma). E’ stato supposto che il comportamento di ciascuno dovesse
conformarsi al Varna, che l'occupazione fosse regolata dai Varna; no, la
denominazione dei rispettivi Varna era dovuta esclusivamente ai
mestieri ed alle professioni. Oggi non ci sono né Varna, né mestieri. Un
lavoro oggi ed un altro domani; un Varna oggi ed un altro domani;
questa instabilità è la causa della turbata atmosfera del mondo, del
malcontento generale. Svolgete ogni professione, ogni lavoro, con
onestà, nel costante rispetto della verità, con l’imperturbabile
serenità della forza d'animo, poi seguite i doveri della vostra classe
sociale nelle professioni adatte ad essa. Questo è il sommo bene, questa
è la benedizione celeste. Se non si attiene alle regole, l'uomo è
destinato alla sofferenza e alla povertà cronica. Si tratta dunque di
scegliere fra il primo sistema di vita ed il secondo, tra la salvezza e
la perdizione. La vostra salvezza da quella pena è la conoscenza del
Dharma.
La conoscenza
Le medicine sono per i malati pag.36 [95]
Oggi c'è in giro un'altra credenza
sbagliata. Si dice che, per avere diritto ad una disciplina spirituale
tesa alla realizzazione di Dio, come nel caso della recitazione dei nomi
del Signore e della meditazione, occorra attenersi strettamente a certe
modalità di condotta quotidiana affermate tradizionalmente, e
purificarsi in quei modi. Non sono d'accordo, perché le medicine sono
necessarie solo a chi è ammalato. E costoro, come possono guarire e
divenir sani, se non hanno prima fatto una cura? Dire che una persona
dev’essere pura e buona e che debba obbedire a certi codici di condotta
prima che possa camminare sulla strada verso Dio, è come dire che uno
dev'essere libero da malattie per aver diritto alla cura medica! E’
assurdo. La purezza, la bontà e così via, sono tutte conseguenze del
cammino verso Dio; non sono dei prerequisiti necessari per
incominciarlo. L'assunzione della medicina a poco a poco darà salute e
buon umore; non si può pretendere che la salute ed il buon umore ci
siano perfino prima di prescrivere il farmaco! Eppure molti dimenticano
questo fatto ovvio; ed è questo invero il sintomo di una grave malattia!
Corso estivo 1993
Karma, Dharma e Brahma Jijnasa pag.109
Il sistema della PURVA MIMAMSA
raccomanda il KARMA JIJNASA allo stadio iniziale. La vita dell’uomo è
contraddistinta dalla mattina alla sera dal KARMA. Tutte le azioni degli
esseri umani - compresa l’inspirazione, l’espirazione, la circolazione
del sangue ecc., - costituiscono il KARMA. L’Universo è pervaso di KARMA
in tutti i tempi. Il Saggio Jaimini spiegò in modo molto bello i tre
concetti di KARMA JIJNASA, DHARMA JIJNASA e BRAHMA JIJNASA attraverso un
esempio convincente, ossia come fare del chutney (una salsa).
sea
Prendere tutti gli ingredienti come la
noce di cocco, il tamarindo ecc., e alla fine preparare il chutney
costituisce il KARMA JIJNASA. Assaggiare il chutney è DHARMA JIJNASA.
Rendersi conto che qualche ingrediente non è armonico, come il sale, e
aggiungerlo è BRAHMA JIJNASA. Quindi fare il chutney ed assaggiarlo è
rispettivamente Karma e DHARMA JIJNASA, mentre scoprire il difetto nella
preparazione e correggerlo è BRAHMA JIJNASA.
In modo analogo il compimento di azioni e
il mettere in atto le regole delle scritture costituisce KARMA e DHARMA
JIJNASA. Definire i difetti e correggerli è BRAHMA JIJNASA. Vivere la
vita umana che è segnata dai cinque elementi è KARMA JIJNASA. Rendersi
conto che la vita che si vive è priva di gioia eterna (SASVATANANDA)
dovuta dalla non-sperimentazione di BRAHMATATVA e quindi riconciliarsi
con essa è BRAHMA JIJNASA. Il Saggio Jaimini fece conoscere il sistema
della PURVA MIMAMSA per dare la possibilità all’uomo comune di
sperimentare la beatitudine di BRAHMAN nella sua vita quotidiana. La
vita dell’uomo moderno è finalizzata alle cose terrene. Pensando che la
vita mondana sia tutto, fa enormi sforzi per gioire al massimo di questi
aspetti mondani. Sebbene l’uomo adori il dio denaro, non è capace di
liberarsi dall’ansia e dall’agitazione che sono situate nella profondità
del suo cuore. Ignorando le regole morali e spirituali e conducendo una
vita mondana espone se stesso alla disillusione ed al disinganno. Egli
si identifica con il corpo e lo considera il tutto senza preoccuparsi di
indagare sulla Divinità che è contenuta nel corpo. L’uomo si presenta
agli altri con il nome di Raniyya, Krishnaiyya ecc., basandosi sul nome
dato al suo corpo. Se la gente gli chiede che cosa fà si qualifica
secondo la sua professione: avvocato, contadino, commerciante, ecc.
Inoltre se si domanda di dove lui è, risponde che è Canadese, Indiano,
Africano ecc. Così l’uomo si presenta in termini di nome, professione e
nazionalità, senza fornire l’essenza della sua vera indentità. E’
sbagliato identificarsi con il nome, la professione e la nazionalità,
perché non sono eterni. La gente cambia nome, professione e persino
nazionalità, per questo è sbagliato dare la propria identità in termini
di professione, paese ecc. Quindi la risposta alla domanda “Chi sei?" è
"IO SONO ATMA”. Perché ATMA è la realtà eterna che trascende tutti i
tempi e tutte le entità, forma la vera identità dell’uomo. Atma è DEHI,
mentre il corpo è DEHA: ATMA è l’auriga ed il corpo è il carro: ATMA è
il Padrone della casa, mentre il corpo è la casa.
Il Dharma verso Brahma pag.114
Il compito principale dell’essere umano è
di nutrire la sua conoscenza ATMICA. Egli deve lottare duramente per
proteggere il Dharma. "DHARMO RAKSHATI RAKSHITAH" l’uomo che protegge il
DHARMA sarà in cambio protetto dal DHARMA. Ognuno deve compiere il
proprio DHARMA. Il capofamiglia deve compiere il GRIHASTA-DHARMA: i
celibi devono compiere il BRAHMACHARYA-DHARMA; i rinunciatari devono
compiere il SANYASA-DHARMA. L’essere umano non solo deve condurre una
vita corretta, ma anche una vita Divina. Non è sufficiente chiudere gli
occhi e dire "RAM, RAM”, muovendo le labbra. Tutte le vostre attività
dovrebbero essere inondate dalla Divinità. Qualsiasi cosa vediate,
vedetela con un sentimento Divino; qualsiasi cosa udiate, uditela con
sentimento Divino; qualsiasi cosa facciate, fatela con sentimento
Divino. Fate tutto per il piacere del Signore.
Studenti. Non è corretto da parte vostra
dimenticare tutto quello che avete sentito durante questi ultimi
giorni. Mettete nel vostro cuore quello che avete sentito e visto qui e
riflettete su questo. Solo mettendo in pratica quello che avete sentito
qui potrete ottenere dei benefici reali dalla vostra presenza ai corsi
estivi. Troverete anche la realizzazione in questa vita.
Il Dharma e la cultura indiana pag.117
Un vero studente non cerca il piacere;
colui che cerca il piacere non è uno studente. Il "ricercatore" del
piacere non può essere un ricercatore della conoscenza. Lo studente
dovrebbe cercare la conoscenza e mai il piacere.
"Promuovere tra la gente l'Amore verso il Signore
quello è il suo primo dovere.
Vivere per gli altri, non per se stesso, è il suo ideale sublime.
Offrire se stesso altruisticamente al servizio dell’umanità è la
sua felicità.
Occorre nutrire un Amore puro nel cuore,
Altrimenti se non aiuti i tuoi simili
Di che utilità è la tua istruzione, Oh Sciocco? “.
Studenti, insegnanti e responsabili dell’istruzione,
Tra tutte le Nazioni del mondo l’India è
la Nazione con le fondamenta più salde. Nonostante che, di tanto in
tanto, ci siano state delle sfide e degli sconvolgimenti, l’India ha
avuto uomini che hanno affrontato queste sfide con pace e pazienza e
hanno mantenuto sano e salvo il grande palazzo dell’India. I sovrani che
governarono l’India si possono dividere in tre categorie: i
sostenitori, i denigratori e gli ordinari. I Re che favorirono la
cultura Indiana contribuirono notevolmente alla sua bellezza el alla sua
gloria; i denigratori fecero degli sforzi enormi per distruggere la
cultura Indiana e si trovarono sconfitti nelle loro imprese, gli
ordinari che adottarono un’atteggiamento di compiacenza e di
indifferenza sparirono nel grembo del tempo. Queste tre categorie di
uomini come esistevano allora, esistono anche oggi ed esisteranno nel
futuro. Ma grazie alla pazienza e alla sopportazione del popolo, l’India
diede appuntamento alla storia, incontrò le sfide del tempo ed emerse
grande e vittoriosa. Le Nazioni che sembravano costruite su basi
incrollabili si sono sgretolate davanti ai nostri occhi. Tale è il
destino delle Nazioni che furono orgogliose delle loro prodezze fisiche e
mentali. Ma l’India, sebbene non dotata di ricchezze economiche e della
potenza di tali Nazioni, resistette alle devastazioni del tempo e alle
vicissitudini della storia. La cultura Indiana si pone persino oggi come
un’ideale da essere imitato da altre Nazioni. Gli stranieri che fecero
delle ricerche sulla ragione della cultura Indiana incontaminata non
trovarono delle risposte. L’osservanza dell’India al DHARMA e alla vita
dharmica che loro rispettarono fece sì che la cultura dell’India
divenisse una cultura eterna, Non esiste una parola adatta per spiegare
la profondita e l’ampiezza del significato contenuto nella parola
"DHARMA”. Parole come "azione corretta e vita corretta” sono solo delle
traduzioni che non rendono giustizia al significato originale. Solo
"DHARMA” è l’equivalente della parola "DHARMA”. Molte persone hanno
interpretato erroneamente “DHARMA" come religione. Ma "religione" non
trasmette la vastità del significato latente nella parola "DHARMA".
DHARMA è come un oceano mentre religione è un lago. Mentre la
possibilità ed il significato di una religione è limitato ad un certo
numero di persone che seguono un certo credo, "DHARMA" è di estensione
universale e trascende correnti e religioni. Il DHARMA appartiene a
tutti. In Occidente si pensa comunemente che ognuno abbia certi diritti.
Al contrario gli Indiani credono che ognuno abbia certi "DHARMA" da
compiere. Però diritti e dharma hanno qualcosa in comune. Quando i
genitori compiono il loro DHARMA il diritto dei figli cresce; quando i
figli compiono il loro DHARMA, il diritto dei genitori cresce. In modo
analogo, quando gli insegnanti compiono i loro doveri, i diritti degli
studenti cresceranno. Quando gli studenti compiono i loro doveri
correttamente, il diritto dell’insegnante crescerà.
Il Dharma degli studenti pag.118
Qual’è il DHARMA essenziale di uno
studente? Rispetto di sé, fiducia in se stesso, altruismo e sostegno di
sé costituiscono il DHARMA di uno studente. Gli studenti moderni mancano
di tutte queste quattro qualità. In primo luogo gli studenti dovrebbero
acquisire il rispetto di se stessi che in cambio li renderà capaci di
sacrificarsi. Solo la persona che sa sacrificarsi, può acquisire
soddisfazione di sé. Siccome gli studenti hanno perduto tutte queste
quattro qualità, sia gli studenti che gli insegnanti e l’istruzione
hanno perso il loro valore. L’essere umano può gioire della pace e della
giustizia solo se ha coltivato le qualità dell’armonia,
dell’adattamento a sentire l’unità ATMICA. L’Amore Universale sorge da
questa unità ATMICA. L’Amore è la base per una fratellanza Universale.
L’uomo trova la realizzazione sperimentando questo Amore e dividendolo
con i suoi simili. Solo attraverso questo Amore la Divinità in voi
splenderà, le forze satviche si manifesteranno, l’armonia universale
sorgerà e la unione Divina sarà possibile.
Chi biasimare pag.122
...La cultura Indiana è l’incarnazione
della perfezione. Essa è permeata dal dharma. Il Dharma è infinito e
senza tempo. Non conoscendo il profondo significato di DHARMA, le
persone pensano che sia uguale alla religione. Il DHARMA è costante,
eterno e non cambia mai. Il corso estivo per la cultura e la
spiritualità Indiana è organizzato per fare conoscere agli studenti lo
spirito del DHARMA. Che cosa è questa cultura? Che cosa è questa
spiritualità? Non sono altro che parti del DHARMA. Così come un vestito
non è altro che fibra e cotone, anche il filo ed il cotone della cultura
e della spiritualità fanno parte del DHARMA. Nonostante sin dall’inizio
della storia, molti stranieri, come i Persiani, i Greci, i Musulmani, i
Portoghesi, gli Olandesi e gli Inglesi, hanno invaso l’India, non sono
mai riusciti a far crollare le basi della cultura Indiana. Molte altre
culture sono state distrutte, ma la cultura Indiana è rimasta salda,
forte e sicura. Noi dobbiamo cercare l’educazione per coltivare le virtù
nobili, ma oggi noi sacrifichiamo le nobili virtù per il bene
dell’educazione. Si dice:
"L'educazione moderna ha coltivato solo la furbizia,
non è riuscita ad istillare nemmeno un pò di virtù.
A che cosa servono dieci ettari di terra arida?
E’ sufficiente avere un pezzettino di terra fertile”...
COLLOQUI
[D 3] pag.13
Quando si dimentica l'Uno per correr
dietro ai molti, la Rettitudine ( Dharma) è in declino; allora non ci
può essere amore, né sacrificio, né distacco nelle faccende umane. Per
questo il Signore si fa uomo e viene a ripristinare il senso morale.
"Perché mai il Signore in persona dovrebbe incarnarSi?”, vi chiederete.
Non potrebbe con un semplice ordine impartito alle creature del Suo
pantheon assumersi il compito di ristabilire il Dharma? Anche Akbar pose
questa stessa domanda ai cortigiani, sorridendo all’idea degli Indù
sedondo i quali il Senza-Forma si adegua ad una Forma per scendere nel
mondo nella veste di un avatar che salva il Dharma. Per dare una
risposta, Tansen chiese una settimana di tempo, che ottenne da Sua
Maestà Imperiale.
sea
Alcuni giorni dopo, mentre veleggiava
per il lago su un'imbarcazione da diporto insieme alla famiglia
dell'Imperatore, Tansen ebbe la trovata di gettare in acqua una bambola
predisposta con una forma che doveva riprodurre le sembianze del
figlioletto dell'Imperatore, e intanto grido. "Oh, il Principe è caduto
in acqua!". All'udir questo, l’Imperatore si gettò nel lago per portare
in salvo il figlio. Tansen spiegò poi che si trattava solo di un
bambolotto e che il principe era incolume. La collera di Akbar fu
placata quando gli fu spiegato che era necessario inscenare quell’azione
drammatica per far comprendere la verità della fede indù che è Dio
stesso a prendere una forma umana per salvare il Dharma, e che Egli non
si serve di altre entità per eseguire questa missione. Il Dharma è come
un figlio, che Iddio ama teneramente. Con tutto il personale di bordo di
cui disponeva, Akbar avrebbe potuto ordinare a uno di loro di saltare
in acqua per trarre in salvo il figlio. Ma l'affetto del padre fu così
grande e l'urgenza di un salvataggio così pressante che fu lo stesso
Imperatore a tuffarsi nelle acque del lago per tirar fuori il figlio. Il
declino del senso morale (dharma) è così critico e l'intensità
dell'amore che il Signore ha per i buoni è tanto sconfinata che viene
Lui in Persona. Il Signore e l'Amore sono la stessa cosa. Egli viene
sotto sembianze umane, affinché Gli possiate parlare, vi muoviate con
Lui, vi mettiate al Suo servizio, Lo adoriate, Lo raggiungiate e
possiate così riscoprire di essere con Lui imparentati.
H.- Che cosa significa la parola dharma?
SAI - [40] pag.26
La parola dharma non significa "dovere".
Nel dovere non c'è libertà; la libertà c'è nella ragione, e gli
obblighi religiosi sono l'unione fra il dovere e la ragione. Il dharma,
quindi, è un obbligo religioso, concetto che implica sia dovere, sia
religione.9
H.- L'unione con Dio si raggiunge solo con la forza del proprio amore di Dio, o ci sono altri fattori essenziali?
SAI - [4] pag.71
La cosa più benefica che possa capitare a
una persona è di attirare su di se l'amore del Signore. Il suo amore
per Dio ha minor importanza, perché è una miscela di amore divino e
terreno. L'azione più importante per ottenere l'amore del Signore è la
Rettitudine (Dharma).
sea
Spargi oro sul tavolo, argento, rame,
limatura di ferro, diamanti, rubini, seta ed altri oggetti di valore; la
calamita non si cura di tutte le cose di pregio, ma sceglie solo la
limatura di ferro.
Lo stesso avviene coi devoti. Dio non sceglie in base alla ricchezza, ma guarda solo alla purezza del cuore.
H - Come si può determinare qual è il proprio dharma personale?
SAI - [2] pag.99
Bisogna farsi delle domande quali: "Io
sono un uomo; che cosa fa l'animale? Sono maschio o femmina? Sono
giovane o vecchio?" e così via. Infatti il comportamento dell'animale
non è adatto all'uomo; l'uomo non deve comportarsi da donna. Un vecchio
che giocasse con la bambola come una bambina sarebbe ridicolo, come lo
sarebbe un giovane che camminasse appoggiandosi ad un bastone come se
fosse un vegliardo. L'opera che è giusta, sincera, rispettosa del vero è
Dharma. Il pensiero, la parola e l'azione devono essere coerenti. Si
deve comprendere il prossimo; sentir fame se un altro ha fame; come se
la sua fame fosse la tua.
H.- C'è per noi occidentali qualche cosa
d'essenziale, qualche testo che ci guidi nelle nostre azioni, che ci
indichi il giusto dharma di ogni ruolo della vita?
SAI - [30] pag.116
Non c'è un certo dharma per gli Indiani
ed un altro per gli Occidentali. Il Dharma è universale. Sì, c'è un
metodo di prova che si può applicare ad ogni azione per determinare se è
o no conforme al Dharma, ed è: "Non far nulla che possa ferire o far
male agli altri". Il Dharma ti permette di capire che ciò che fa del
male ad un'altra forma danneggia anche te. La religione cristiana lo dà
in chiari termini: "Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te".
Discorsi volume I
8 - pag.36 Molte vie
Non sono venuto tra voi per tenere una
conferenza, perché non credo al valore delle semplici parole, per quanto
erudite, pompose o copiose possano essere. Sono venuto soltanto per
dividere con voi il Mio Prema e partecipare al vostro. E' questa la cosa
cui dò maggior valore e considero più efficace. Oggi il tifone
dell'odio e della menzogna sta disperdendo le nubi del Dharma, di Nyaya e
Sathyam, respingendole agli angoli più remoti del cielo, e la gente
sente che lo stesso Sanathana Dharma corre il pericolo di andare
perduto. Ovviamente tutto questo può accadere solo se il Signore lo
vuole, e Colui che ha posto il Dharma non permetterà che venga
distrutto. Ovunque Sathya, Dharma, Santhi e Prema vengono messe in
evidenza, in qualsivoglia religione e lingua, da qualunque insegnante,
in qualsiasi luogo, lì si manifesterà il Sanathana Dharma. State pur
certi che finche l'uomo sarà in grado di Prema, esisterà il Dharma.
Quando Prema si fissa sul Signore, il "make-up" mentale subisce
lentamente e fermamente un mutamento rivoluzionario: l'uomo partecipa
dapprima ai dolori ed alle gioie del suoi fratelli, per contattare in
seguito la fonte della beatitudine, al di là dei successi e delle
sconfitte di questo mondo. Quando Prema e diretta al Signore, si chiama
Bhakthi, ed e il più facile di tutti i sentieri per raggiungere la
meta...
pag.102
...Tutta questa Sravanam e Kirthanam
servono proprio per condurvi più vicino a quella esperienza, Sravanam è
la medicina interna e Kirthanam il balsamo che va applicato
esternamente, entrambe sono necessarie. Allo stesso modo, sono
indispensabili tanto il Dharma che il Karma. Karma è il fondamento
stesso della Bhakthi, il basamento sul quale costruire la devozione.
Dharma è l'attitudine con la quale l'azione viene compiuta: la mente,
infatti, deve agire mossa dalla Verità, l’Amore e l'Equanimità. Il Karma
deve essere compiuto nel Dharma e per suo mezzo. Gli uomini dominati da
Thamas operano il Karma solo per ottenere i frutti, e ricorrono quindi
ad ogni sorta di sotterfugi per trarre vantaggi; per costoro il fine
giustifica i mezzi. Le persone dominate da Rajas, invece, sono
orgogliose, pompose e si vantano di essere loro che agiscono,
ritenendosi i benefattori e gli esperti. Mentre coloro che sono dominati
da Sathwaguna compiono il Karma senza badare ai frutti, lasciando i
risultati al Signore, senza preoccuparsi se giungono al successo o al
fallimento, consapevoli dei loro doveri piuttosto che dei loro diritti.
In verità, c'è più gioia nel compiere un'azione che nei suoi risultati.
Fateci caso. Prendete tutti i complicati preparativi che impegnano il
padrone di casa in occasione di un matrimonio: ricevere gli ospiti,
nutrirli, pensare all'illuminazione e alla musica; sono cose eccitanti
fintanto che vengono preparate e messe in atto, ma una volta che la
cerimonia s'è conclusa, non danno più così tanto piacere. Alla fine poi,
quando giungono le fatture da pagare, possono persino causare disgusto e
dolore! Dovrebbe, dunque, essere facile rinunciare ai frutti delle
azioni, se soltanto spendeste un pò di tempo a pensare al processo del
Karma e al valore dei risultati...
Discorsi volume II
31° - pag.147 L'ARCO ROTTO
PRIMO GIORNO
Veerabhadram vi ha letto e spiegato la
tradizionale leggenda connessa con la festa di Maha-Sivarathi. Questa
leggenda non è che un mezzo per far conoscere la via del
<<dharma>> (la legge morale). Essa racconta la storia dei
cervi che implorano il cacciatore di non ucciderli subito, perché prima
avrebbero dovuto compiere un dovere e che sarebbero poi ritornati per
farsi uccidere. Nel caso in cui non avessero mantenuto la parola, essi
sarebbero incorsi nella grave punizione prevista per questo tipo di
peccato. La storia è stata costruita solo per insegnare i principi del
<<dharma>>. Ogni storia illustra una morale, e questa storia
non fa eccezione.
Anche gli animali diventano eloquenti
quando si tratta di descrivere i pregi del <<dharma>>, ed i
loro discorsi diventano la vera voce di Dio. Il cacciatore li lasciò
andare, quindi, sulla parola. Egli stesso aveva commesso tale tipo di
peccati e sapeva per esperienza che essi erano odiosi e che i rimorsi
che essi recavano erano terribili disgrazie. C'è una legge di ferro di
causa ed effetto che opera in questo campo. La parte più triste della
storia è che l'uomo nonostante che egli veda, senta, soffra o cada non
si convince che il peccato è un esperimento pericoloso. Esso porta
immancabilmente il suo raccolto di lacrime. Il Thamoguna dell'ignoranza e
dell'illusione disegna un velo sulla verità e nasconde la bocca del
precipizio nel quale l'incauto peccatore cade di nuovo. Naturalmente
quando il dolore sopraggiunge e lo attanaglia nella sua morsa, il
Signore non sempre annuncia il peccato del quale quella particolare
esperienza è la punizione. Vi lascia dedurre solo che ogni esperienza è
una lezione ed ogni perdita è un guadagno. Dovete imparare che voi vi
legate e voi vi liberate. Siete stati dotati di <<viveka>> o
discriminazione, ed anche i più illetterati fra di voi hanno una
coscienza che sussurra loro alle orecchie il <<dharma>>,
affinché possiate scegliere e decidere.
sea
Alla corte del Re un giorno fu convocato
un pittore di fama e gli si chiese di eseguire un affresco raffigurante
la battaglia del Mahabharatha sul muro della sala delle udienze. Un
altro pittore fino ad allora sconosciuto chiese anch'egli di eseguire lo
stesso affresco sul muro opposto. Disse che voleva preparare un'esatta
replica dell'altro. Fu posta quindi una tenda fra l'uno e l'altro, ed al
termine dei lavori il Re la tolse. Con sua grande meraviglia vide sul
muro opposto la copia esatta, perfino nei minimi dettagli, della scena
del Mahabharatha. L'artista sconosciuto aveva solo pulito il muro a lui
assegnato senza usare né pennelli e né pittura. Così dovete pulire la
vostra mente ed il Signore e la Sua sublime grandezza si rifletteranno
nel vostro cuore...
pag.149
...Il cervo si riferì alla <<mucca
che è onorata durante il rito>>. Perché la mucca è stata scelta?
Perché essa si nutre di cibo <<satvico>>, ha un carattere
tranquillo, distribuisce il suo latte senza desiderare ricompensa o
gratitudine.
sea
Una volta un uomo vendette una vecchia
mucca al macellaio e quando andò nei campi dopo la transazione, si trovò
di fronte ad un serpente e si mise a gridare: <<Aiuto un serpente
velenoso>>, il rettile rispose: <<non sono io il serpente
ma tu>>, l'uomo protestò e il serpente gli rispose: <<vai e
chiedi al vitello>>. Spiegherà lui il perché. Il vitello allora
raccontò la sua patetica storia della sofferenza e della crudeltà
subita, come egli fu strappato dalla madre e legato ad una corda,
picchiato ed affamato, e come gli torsero la coda per forzarlo a portare
pesanti carichi. Il vitello disse che l'uomo è una ingrata bestia che
prende in giro i suoi simili chiamandoli mucche, mentre egli si comporta
in modo peggiore.
Non insultate mai né gli uomini né gli
animali, poiché Dio è in tutti gli esseri ed il vostro insulto colpirà
Lui. Segui le regole del <<dharma>> che questi cervi
descrivono. Essi non sono cervi, essi rappresentano i 4 Veda. Le Sastra
sono le autorità per il <<dharma>>, ed il
<<karma>> (attività) basato sul <<dharma>> (la
legge morale). Solo quando siete benedetti dalla grazia di Dio, potete
ottenere la pace. Un pesce può avere <<santhi>> (la pace),
solo quando è immerso nell'acqua; così pure voi dovete essere immersi
nella Grazia Divina...
pag.151 SECONDO GIORNO
I cervi vagarono nella foresta dove il
cacciatore li aspettava. Essi promisero di tornare per non incorrere
nella pena di non aver mantenuto la loro parola. Il comportamento dei
cervi ci insegna la <<Dharmagitha>> (la via del Dharma). Se
praticate quelle virtù ed evitate il peccato, potrete ottenere
1'<<Ananda>> che è la vostra realtà. I cervi parlano di
peccato, ma ricordate: non esiste il peccato come tale, ci sono errori
dovuti all'ignoranza, alla cupidigia, all'invidia o all'odio. Se seguite
i principi del <<dharma>> enunciati in questa storia, non
vi potrà accadere niente. Non è solo il cacciatore che approva quel
comportamento, ma ogni lettore dei <<Purana>> dovrebbe
approvarlo. E’ imperdonabile per l'uomo saggio cadere in errore. Ogni
più piccolo errore deve essere evitato! Specialmente da coloro che hanno
una coscienza sviluppata. La conseguenza per l'errore di uno che non
sa, anche se sono tragiche, possono essere trascurabili. Alcuni
rigettano le <<Dharma Sastra>> (le Scritture sul Dharma),
come fabbricazione della casta <<Brahminica>> e rifiutano di
dare valore alle regole ed alle restrizioni in esse prescritte. Ma
questa è una argomentazione falsa. Le <<Sastra>> hanno
l'autorità di <<Madhava>>, il Signore stesso. Non sono
<<manavadharmasastra>> (scritture fatte dall'uomo), ma
<<madhavadharmasastra>> (scritture composte da Dio). La vita
Dharmica dipende dai <<Guna>> dell'individuo. Nel 18°
capitolo della Ghita, i <<Guna>> e le loro caratteristiche
sono menzionati e così pure le relazioni fra il tipo di cibo usato ed il
carattere che da esso emana. Il cibo decide il Guna, il Guna cerca il
cibo a lui congeniale. E’ un circolo vizioso!
sea
Nelle <<Upanishad>> c'è una
storia dove un uomo ed una mucca si sono avvicinati al Signore e lo
hanno pregato di assegnare loro dei compiti. Alla mucca, il Signore
disse di servire il maestro che le dava il cibo e la sosteneva. All'uomo
invece, il Signore disse di praticare il <<dharma>>.
Quest'ultimo però si spaventò della responsabilità e chiese una maggiore
libertà che una tale vita avrebbe imposto. Il Signore allora gli disse
che era libero di scegliere il cammino che voleva per raggiungerLo.
Diede alla mucca come cibo le cose che crescono sul suolo ed all'uomo
assegnò un po' di cibo nelle prime ore del mattino ed un altro poco alla
fine della giornata. Ambedue scesero sulla terra e la mucca da quel
giorno mangia e rumina, mentre l'uomo trova che un pasto leggero è la
cosa più sicura per garantire la salute...
pag.152
... Arjuna affetto da
<<thamoguna>> (dall'ignoranza), cadde nell'illusione del
<<Mio>> e della <<Mia famiglia>>. La sua
condizione era talmente triste che passava dalla fede nel Signore a
dubbi circa le conseguenze. Voi siete nelle stesse condizioni di Arjuna.
Un giorno voi domandate: devo seguire gli ordini di Baba? Il giorno
successivo cominciate a dubitare: <<E’ possibile questo?>>.
Per questo sto cercando di mettere ordine nelle condizioni della vostra
vita, affinché possiate condurvi in accordo con i miei voleri. Questa è
la ragione per la quale vi infondo coraggio nel sviluppare la fede, una
fede irremovibile. Ma constato che molti di voi non camminano ancora per
la strada indicata, malgrado la fede e malgrado vi conceda dei favori e
vi provveda un ambiente favorevole affinché possiate sviluppare questa
fede. Ciò è veramente deplorevole! Dio ha dato all'uomo cento anni di
vita e molto lavoro per riempire quegli anni, ma egli spreca il suo
tempo in giochi inutili, cercando e mantenendo una famiglia e si sveglia
solo quando la morte batte alla sua porta. Allora prega con una forza
fino a quel momento a lui sconosciuta, per un rinvio del periodo, al
fine di raggiungere lo scopo per il quale egli è stato mandato. Non
avete il tempo di recitare il nome del Signore o di meditare sulla Sua
forma che è in voi, ma avete tempo per il club, per giocare a carte,
vedere film, per le chiacchiere, per tutti i tipi di trivialità, non per
un po' di tranquillità, per meditare e per fare del culto. E’ una falsa
scusa la mancanza di tempo. No! Guardate la verità in faccia ed andate
incontro ad essa. Quando intraprendete la strada del
<<dharma>>, impercettibilmente sarete condotti con sicurezza
verso la verità. Osservate come il crudele cacciatore fu trasformato
dagli appelli della coscienza fatti dai primi due cervi, e come diventò
un ardente seguace delle discipline poste dalle Sacre Scritture che il
terzo cervo gli espose. Egli fu lentamente trasformato dal suono delle
campane del tempio di Siva che annunciavano la <<Puja>> di
<<Mahasivarathri>>. I cervi ed il cacciatore, sono
personaggi immaginari di una commedia nella quale essi rappresentano gli
strumenti dell'insegnamento. Tutto fa parte del piano di Dio. Per
esempio, guardate come il Signore, per preservare la
<<Ghita>> all'umanità, molto prima che essa venisse alla
luce, aveva preparato un veggente (Sanjaya), che potesse captare ciò che
sarebbe accaduto. Arjuna rappresentò solo un pretesto per far nascere
la <<Ghita>>, e per salvare l'umanità. <<Ghita>>
in Telugu vuol dire <<una linea>>; essa traccia una linea
attraverso la serie delle nascite e delle morti, cancellandole. Essa ci
insegna ad andare avanti impavidi lungo la via del
<<dharma>>. Quando vi sarete liberati degli attaccamenti che
vi conducono fuori strada, allora potrete rimanere eretti senza
piegarvi sotto il loro peso. Ma oggi, invece di eliminare le agitazioni a
cui è soggetta la mente, vi sforzate di moltiplicarle. E’ come dare ad
una scimmia una bevanda alcolica; essa si comporta ancora più
scimmiescamente. Mi riferisco alla pratica seguita da certi Guru, di
conferire titoli spirituali agli aspiranti, come ad esempio:
<<Rishis>>, <<Paramapurushas>>, ecc. Questi
ultimi gonfiandosi l'ego, diventano prossimi al loro disastro
spirituale. I dottori che devono dare aiuto ai pazienti avvelenati,
stanno ora dando veleno a persone in perfetta salute! Chi conferisce il
titolo e chi lo riceve sono entrambi colpevoli.
L'uno accresce l'ego che pretende di
curare e l'altro si compiace di avere dei falsi gioielli. La
<<varnasrama>> (la disciplina della propria casta o
condizione sociale), ha come scopo, fra l'altro, quello di imprimere
nella mente la fusione finale con l'Infinito. Per ogni livello di vita e
per ogni gruppo sociale sono stati indicati modelli di comportamento e
modi di vivere, diritti e obblighi sociali. Tutto ciò, al fine di
sublimare gli istinti ed elevare l'uomo. Varnasrama (la disciplina della
propria condizione sociale), è un albero con radici profonde e sotto la
cui ombra si rifugiano le comunità umane. Non criticate quella
disciplina e neppure le Sacre Scritture, poiché esse sono l'autorità che
confermano la mia verità. Attraverso il loro studio potrete immaginare
la grandezza di Dio.
Non criticate Vishnu o Siva solo perché
voi adorate un altro nome ed un'altra forma; non recate offesa all'uomo
poiché voi recherete offesa a Me, poiché io sono in lui! Onorate l'Atma
di cui egli è un involucro e non permettetevi di insultare quella realtà
essenziale. I Cervi in questa storia mostrano al cacciatore che la via
della realizzazione è composta dai 4 stadi: <<Sastra>> (le
Sacre Scritture), <<Dharma>> (la legge morale),
<<Bhakti>> (la devozione), <<Sathya>> (la
verità). Molti di voi sono preoccupati perché ancora non ho iniziato a
concedere interviste, nelle quali, potreste raccontarMi individualmente i
vostri problemi ed ottenere la Mia benedizione. Ma lasciateMi dare la
priorità ai vecchi ed agli ammalati ed a coloro che non potranno più
tornare. ChiamateMi da qualsiasi luogo o distanza che lo risponderò, non
occorre percorrere lunghe distanze spendendo tanti soldi duramente
guadagnati. Da domani inizierò comunque le interviste e scenderò quattro
volte al giorno a tale scopo. Lasciate che vi dica che sono felice di
sopportare ogni cosa per amore vostro, poiché sono venuto per salvarvi e
guidarvi, ma, vi prego, non potreste ritardare di un'ora la pratica
disgustosa di fumare, e venire da Me senza quell'odore insopportabile?
Vi ho prescritto una serie di regole di comportamento
nell'<<Ashram>>, e vi chiedo di leggerle e metterle in
pratica, non solo qui, ma anche nella vostra vita di ogni giorno.
Pag.154 TERZO GIORNO
Veerabhadram vi ha letto l'ultima parte
del racconto, in cui i cervi tornati dal cacciatore insistono affinché
egli li uccida. Quest'ultimo trasformato dalla loro onestà e dalla
attesa in quella notte propizia di Sivarathri, si rifiutò di farlo.
Spezzò il suo arco sconvolto dal rispetto alla parola data dei cervi. Ma
essi cercarono di persuaderlo ad ucciderli, ed il cacciatore fece
osservare che avrebbe dovuto farlo sotto l'albero dove aveva passato la
notte in loro attesa e non presso la casa dove i cervi lo avevano
raggiunto il mattino! Il cuore crudele del cacciatore era stato
trasformato dall'ascolto (<<sravana>>) delle buone parole,
dai riti e dalle campane del tempio. Quella è la sottile alchimia che si
produce in colui che si circonda della compagnia dei buoni. Alcuni
luoghi hanno un tremendo impatto sulla mente. L'atmosfera è carica del
nome di Dio pronunciato da generazioni di devoti. Ecco perché vi dico
che il <<dharma-karma>> (l'azione Dharmica), è la disciplina
migliore. Ciò vuol dire che il karma (l'azione), è satura di devozione,
ed essa condurrà ajnana (la conoscenza), dove si scoprirà che il mondo è
un sogno e la realtà è la Grazia ed il potere che tutto pervade...
pag.186
...Non accontentatevi di raccogliere
qualche conchiglia sulla spiaggia della vostra antica cultura. Scavate
nel suo passato e portate alla superficie le perle inestimabili che
dormono nel suo seno. I Veda sono le radici del "dharma" e se queste
sono deteriorate, l'albero finirà per morire. Se invece sono sane, la
pianta crescerà vigorosa verso il cielo. Può sopravvivere se gli tagli i
rami e gli strappi le foglie, ma non quando le sue radici marciscono. I
Veda e le Sastra sono gli occhi dell'India e più voi imitate la cultura
occidentale e criticate quella del vostro paese e più la loro vista si
abbassa. Gli indiani si trovano nelle stesse condizioni dei ciechi:
devono lasciarsi condurre da qualcun altro. Hanno troppo negletto i Veda
e le Sastra e sono costretti ad accettare l'aiuto straniero per capire
la propria cultura! Se desiderate imparare i Veda non avete bisogno di
chiedere al Governo! I Veda appartengono a coloro che ne hanno sete, che
sanno riconoscere il loro valore e che desiderano con sincerità
metterli in pratica ed a coloro che sono avidi di calma e di gioia, che
solo questi sacri testi possono offrire. Nessuno ha il diritto di
monopolizzare questi testi per spiegarli agli altri. Tutto ciò che
potrebbero dire sarebbe falso e senza valore. Coloro che non sanno
discernere fra ciò che è fugace e ciò che è eterno, fra il vero ed il
falso, fra il male ed il bene, traggono un certo beneficio dai Veda e si
pavoneggiano poi nei loro circoli presuntuosi. Altri dicono che i Veda
non sono che volgari trucchi usati dai Brahmini. E’ la reazione tipica
di chi è troppo debole mentalmente per giudicare cose che sono al di là
della sua comprensione. Se mettete un pesce in una brocca anche se è
d'oro, lo vedrete agitarsi disperatamente per ritornare nell'oceano dal
quale è uscito. Fino a quando non avrà ritrovato la sua dimora di
origine, tutto sarà sofferenza per lui. Ha bisogno di stare nell'acqua
per vivere ed essere felice. L'uomo la cui natura è "ananda" e che è
l'incarnazione dell'immortalità, non può immaginare se non con grande
difficoltà che il suo corpo morirà. I suoi occhi sono bendati
dall'egoismo e pensa che l'oscurità gli convenga di più! Continua a
prendere per reale gli oggetti dalle forme curiose che lo circondano e
che costituiscono il suo povero universo. Dovete seguire una certa
disciplina, rispettare la legge morale e la virtù ( il "dharma") se
volete togliervi le catene, liberarvi e vedere la luce ed il mondo in
una nuova dimensione. Si può curare questa malattia universale che ci fa
associare il nostro vero "se" alle attitudini cangianti della nostra
mente, con l'aiuto delle medicine "vediche" delle restrizioni di certe
regole e di differenti "fare" e "non fare". Non rigettate queste
medicine e queste regole considerandole volgari superstizioni. Sono
regole e codici di condotta estremamente rigidi e che non sono sempre
facili da applicare durante la vita quotidiana. Occorre una fede
profonda, del coraggio e della forza per dichiararle valide e decidersi a
metterle in pratica. Venerate coloro che sono armati di una tale fede e
di un tale coraggio! Io conosco la sincerità con la quale ognuno di
quei "brahmini" ha vissuto perché si è Lasciato che la strada, tracciata
con tanta cura dai profeti vedici, si riempisse di malerbe, di rovi
spinosi ed ora è quasi irriconoscibile tanto è storta ed ondulata. Come
certi viaggiatori criticano gli hotel che li hanno ospitati, così i Veda
sono calunniati da coloro che sono stati da loro benedetti. Quando un
paese rischia l'inversione, l'armata che è una parte solo della
popolazione, selezionata con cura e sistematicamente alienata alla
guerra, si precipita per parare le mosse dell'avversario, così i Veda
quando sono in pericolo, è compito di un gruppo di letterati vedici
occuparsene. Questi "pundits" e questi eruditi si sono sentiti soli ed
abbandonati durante tanti anni. Guardateli ora, là seduti, vestiti come
delle giovani spose prima della cerimonia, i visi risplendenti ed i
cuori carichi di speranza! Non c'era sino ad ora nessuno che ascoltasse
con pazienza le loro recite così fedeli e corrette dei "manthra" vedici.
Ma da questo momento non avranno nulla da temere, vi prometto. La Mia
missione è " Vedasamatakshana" " Vidwathposhana" e " Dharmasthapana" e
tutte e tre sono interdipendenti (la protezione dei Veda, quella delle
Sastra e del Dharma). " Vidwathposhana”, viene in aiuto ai Veda ed al
Dharma e vi prometto, "brahmini", che i vostri sforzi e la vostra
sincerità non resteranno senza ricompensa! L'era della negligenza è
morta!
Discorsi volume III
1° - pag.9 RAMA
Il Dharma non può essere modificato e
adattato ai bisogni ed alle istanze del momento perché è al di là del
tempo e dello spazio. Esso è un insieme di principi fondamentali capaci
di guidare l'umanità nel suo progresso verso l'armonia interiore e la
pace esteriore. Quando l'uomo si allontana da quei principi va incontro a
grandi sofferenze, più grandi persino della schiavitù fisica. Vi è ora
una temuta invasione che potrebbe renderci schiavi se non fossimo
sufficientemente svegli ed uniti (l'invasione dei cinesi). Ma la perdita
del Dharma è una calamità ancora più grande: infatti che cosa vale la
vita senza le capacità ed i talenti di cui siamo dotati? Questi principi
sono detti Sanathana o eterni perché le loro origini non hanno data ed i
loro autori non sono conosciuti: sono rivelazioni fatte ai saggi che
avevano intelletti puri e quindi imparziali. Sono principi fondamentali,
non regole temporanee. L'India rimase impavida di fronte agli assalti
dei costumi di altre civiltà, perché era fedele al Dharma, stabilito per
tutti i tempi e per tutti gli uomini. I governanti indiani rispettarono
rigorosamente il Dharma ed accettarono i consigli dei depositari ed
interpreti delle sue leggi, che avevano purificato l'intelletto nel
crogiolo della rinuncia e della austerità. Essi riconobbero il Capo
Supremo (Dio) e ricercarono la Sua Guida attraverso la preghiera e la
penitenza. Sapevano che il loro Maestro era il Sarvantharyamin, l'Eterno
Testimone; credevano nella Sua magnanimità, non solo verso i Re, ma
anche verso i sudditi più poveri. Pertanto i governanti di questa terra
furono ammoniti a prendersi cura della felicità e delle miserie di
ciascun cittadino dello Stato. Il Dharma è il codice di condotta che
promuove gli ideali dell'uomo in qualunque stato della sua vita:
studente, padre di famiglia, maestro, servo, aspirante spirituale,
sannyasi, ecc. Quando quel codice viene distorto e l'uomo mina la sua
vita dimenticando l'alto scopo per il quale è venuto, il Signore si
incarna e lo conduce sul retto cammino. Il Signore si fa uomo per
restaurare i principi e ristabilire la pratica del Dharma. Ecco perché
nella Ghita si parla di Dharmasamsthapana.
Fra i Pundits (eruditi nelle materie
spirituali) vi è disputa sulle forme che il Signore ha assunto e sulla
grandezza di qualcuna rispetto alle altre: Sai, Rama, Krishna, ecc. Ma
questo è solo un tipo di ginnastica intellettuale che fa piacere ai
Pundits che vogliono disputare, e Veerabhadra Sastri ha posto ora un
simile problema. Ma lasciatemi dire che Dio è un'entità indivisibile,
qualunque forma possa assumere qui o altrove. Rama apparve come
Maya-maanusha-rupa (l'illusione sotto forma umana). Egli rimase fedele
al Dharma sin dalla sua infanzia, ed è considerato l'incarnazione dello
stesso Dharma. Non esisteva in lui nessuna traccia di Adharma. La Sua
divina natura si rivelò in Santha Guna e Karuna Rasa, nel Guna
dell'equanimità e della compassione. Se meditate su di Lui il cuore vi
si riempirà di Prema, d'amore per tutti gli esseri, e se riflettete
sulla Sua storia, tutte le vostre agitazioni mentali si calmeranno...
pag.82
... I due Pundits hanno parlato ora
delle difficoltà di definire con esattezza il Dharma di ciascuno, e
stabilire il criterio per determinarlo. Ebbene il Dharma che dovete
compiere è "essere" ciò che dite di "essere". Questa è una facile ed
accettabile prova. Se sentite e credete di essere un Brahmino, dovete
seguire il Dharma stabilito per un Brahmino. Se sentite, e siete
convinti, di essere l’Atman, il vostro Dharma è l'Atmadharma. Se
sentite, e siete certi, di essere il corpo, il Dehadharma è il Dharma
che fa per voi. Tuttavia ciascuno dovrebbe coltivare i valori più
elevati: considerarsi l’Atma e seguire l’Atmadharma. Questa è la
missione per la quale sono venuto. Questo è il lavoro di
Vidwanmahasabha. Ovunque siano le formiche, lo zucchero viene messo
sempre all'entrata delle loro colonie. Tutti gli uomini sono "Miei",
quindi l'intero mondo dev'essere salvato dalle conseguenze
dell'ignoranza. Avrò tutto il Mio popolo vicino perché esso è "Mio" ed
Io sono "suo”. Inizierò quindi ad insegnare e ad istruire gli uomini,
sino a quando saranno interamente liberati dall’ego...
22° - pag.109 CIO' CHE DEVE ESSERE FATTO
Sathya, Dharma, Santhi e Prema sono i
quattro pilastri che sostengono il Sanathana Dharma. Le quattro facce
dell'antico insegnamento. Ovviamente queste parole sono sulle labbra di
tutti, ma pochi ne conoscono il significato. Descrivere un incidente
così come è stato visto è "Verità", offrire acqua all’assetato e cibo
all'affamato è Dharma, soffrire le calamità in silenzio è "Pace",
nutrire moglie e figli è Prema: questa è l'interpretazione generale. Ma è
un'interpretazione errata. La verità è qualcosa che non cambia col
tempo, con lo spazio o con i guna. Deve essere sempre la stessa,
inattaccabile ed immodificabile. Solo allora è Verità. Non dovrebbe
essere contraddetta da eventi successivi. Il Dharma è un corpo di
principi, fondamentali per la stabilità sociale e per il progresso
individuale. Vi sono vari tipi Dharma: Karthavya Dharma. Varna Dharma,
Asrama Dharma ecc. Ma hanno tutti lo scopo di aiutare l'uomo, stadio
dopo stadio, a liberarsi dalla sofferenza e dalla catena di nascita e
morte. Vedete quanto è grande il concetto di ciascuno di essi:
paragonatelo al significato che comunemente se ne dà. Considerate la
qualità di Santhi: essa denota la capacità di far fronte al successo ed
al fallimento, alla gioia ed alla miseria, alla vittoria ed
all'insuccesso, con perfetta equanimità. E l’amore (Prema) è la
cosciente accettazione del dovere di amare, poiché ogni essere è una
scintilla della Divinità come una scintilla di voi stessi. Il primo
stadio nell'addestramento spirituale è il controllo del desiderio che
spinge i sensi a perseguire scopi materiali...
34° - pag.165 DHARMAKSHETHRA: IL CAMPO DEL DHARMA
Questo è un incontro che inaugura la
Vidwanmahasabha costituita per promuovere la conoscenza e la pratica
delle fondamentali verità, dei principi e delle discipline del Sanatbana
Dharma presso tutta l’umanità. Il Raja Saheb ha ora espresso la sua
grande gioia e soddisfazione perché la ruota della Rinascita ha
cominciato a muoversi con Me da questo Palazzo, invece che da altri
luoghi che ne hanno reclamato l’onore. L’anno scorso, a Rajahmundry, nel
giorno festivo di Rama, annunciai ai Pundits riuniti intorno a Me sulle
sabbie di un'isola del Godavari, gli scopi e gli obiettivi di questo
Sabha. I devoti colà residenti si prepararono con la speranza che questo
incontro avvenisse nella loro città. Senza dubbio, Rajahmundry è un
luogo che merita quell'onore. Con il suo storico passato ed il gran
numero di istituzioni che mantiene, si annovera fra i più alti
sostenitori della tradizione. Ma come tutte le cose buone e le
opportunità felici, anche questa si conquista non tanto con lo sforzo
quanto con il merito accumulato negli anni, nei secoli e nelle epoche.
Questa è un'epoca che segnerà l'alba dell'Età d'oro della liberazione
per l’umanità. Venkatagiri è stata per secoli la sede di una famiglia
reale, che ha sostenuto, protetto e promosso il Dharma e quindi ha
conquistato questo onore. Considerate quanti templi sono stati
costruiti, rinnovati o mantenuti dai re di Venkatagiri. Contate il
numero dei Pundits che essi hanno incoraggiato e patrocinato, il numero
di libri religiosi che la loro generosità ha contribuito a far
pubblicare. Considerate l'atmosfera del Dharma che essi stabilirono in
questo Stato per secoli. Guardate come la famiglia reale si interessa,
anche ora che il loro Stato e la loro condizione sono stati trasformati
dagli eventi politici.
Bharathavarsha ha avuto sempre davanti a
sé l'ideale del Dharma, che è la radice principale della sua cultura,
la sorgente del suo vigore e della sua vitalità. il cammino verso Dio è
il Karma fondato sul Dharma. Questo è anche il cammino verso la gioia,
il contentamento e la forza. Ora il cammino è stato coperto da erbacce e
da ortiche, i ponti ed i canali sono in sfacelo. La gente ha
dimenticato la meta, la strada e l'abitudine di percorrerla. La strada è
il solo rifugio, si deve percorrere domani se non oggi, poiché la meta
si trova alla fine. Essa è stata stabilita molti secoli fa, un un'epoca
che va oltre la memoria della storia. Questi Pundits, maestri dei Veda e
degli Sastras (scritture), sanno che cos'è il Dharma e possono
spiegarvelo senza distorcerne il significato. Ecco perché voi dovete
avvicinarli con rispetto, farli sedere fra voi ed attendere che essi vi
illuminino. Sapere non è essere. La vita morale è la miglior
prescrizione per una vita felice. Il cuore di ognuno è un Dharmakshethra
dove viene combattuta la battaglia fra le forze del bene e del male. Le
madri e i figli di questa terra, devono essere devoti al Dharma sopra
ogni cosa, perché l'intero paese è un Dharmakshethra (Campo del Dharma).
La Ghita incomincia con la parola Darmakshethra e termina con le parole
Sarva Dharma parityajya. per mezzo del Dharma si trascende il Dharma.
Ecco perché Kausalya esortò Rama quando egli andò nella foresta:
<<Possa il Dharma, che tu stai valorizzando con il tuo atto,
proteggerti durante il tuo esilio nella foresta>>. E Rama lo
valorizzò nelle circostanze più sfavorevoli. Quando, dopo la morte del
demone Ravana fu decisa l'incoronazione di Vibhishana, questi pregò che
Rama in persona lo incoronasse nella città di Lanka. Ma Rama disse che
il suo voto e gli ordini di suo padre non gli permettevano di recarsi in
una città durante il suo esilio. Quel periodo non era ancora scaduto -
disse - e così la funzione fu fatta solo con la presenza di Sugriva ed
altri. Rama, con la sua azione, dimostrò che il Dharma doveva essere
osservato scrupolosamente. Ci vorrebbero madri così sagge e figli così
decisi nella pratica del Dharma. La pratica è necessaria nel campo
spirituale. L'erudizione è un fardello ed il più delle volte un
handicap. Sino a quando si pensa che Dio è lontano da noi, che risiede
nei templi e nei luoghi santi, l'uomo sentirà la religione come un peso
ed un ostacolo. Ma se lo mettete nel vostro cuore non ne sentirete il
peso, ma sarete leggeri e forti. E’ come la sporta della spesa che
portate a tracolla; la sentite pesante perché siete troppo deboli per
portarla. Ma se vi sedete vicino ad un ruscello e mangiate, nonostante
che il peso non sia ridotto, vi sentirete più leggeri e più forti,
proprio perché avete mangiato. Fate la stessa cosa con Dio: non
portatelo sulle spalle ma in voi stessi. Ricordatevi sempre del Signore e
della Sua Gloria e ciò renderà più celere il vostro passo e arriverete
presto alla meta. La madre torna dal pozzo con un secchio d'acqua sulla
testa, uno sul fianco ed un terzo in mano, e corre verso casa perché il
suo bambino l'aspetta nella culla. Se si scordasse del bimbo, l'andatura
per tornare a casa sarebbe meno veloce e si fermerebbe forse a parlare
con le amiche. La stessa cosa avviene con Dio, che è la meta: se non è
sempre ricordato si rischia di avere tante nascite ed arrivare tardi.
Dio è il respiro di ogni anima. Pertanto imparate a vivere nella Sua
Gloria, nella Sua contemplazione, memori di Lui in ogni momento. Ecco
ciò che i Veda e gli Sastras insegnano.
Venkatagiri, 18 febbraio 1964
pag.174
... Ora, a causa della vostra ignoranza,
vi sentite piccoli, miserabili, deboli e pensate che una persona cupida
o crudele sia ingiustamente più felice di voi. Credete che, poiché
siete così amabili, buoni, veri, subite un'ingiustizia. Ragionate!
Quegli individui sono forse felici come sembra a voi? E’ la vostra
condizione così brutta come la dipingete? Indagate e capirete! Essi sono
solo dei recipienti pieni di veleno. La tinta del miele è solo una
patina esterna, ma i loro cuori non conoscono pace; sono miserabili
quanto voi, se non di più. Convincetevi che il Dharma o la rettitudine
non sosterrà mai il falso; assicura la gioia, più grande di qualsiasi
altra ottenuta con altri mezzi. Rama annientò Ravana e fu la vittoria di
uno contro dieci.
La vittoria della concentrazione sulla
distrazione! Ravana desiderò Prakrithi (Sitha) distinta dal Purusha che
ad essa dava valore e significato. Se desiderate solo Prakrithi, il
mondo oggettivo, vi degradate, negate la verità e vi unite alla genia
dei Ravana. Non dovete neppure immaginare che il Signore sia fuori di
Prakrithi o di voi, perché Egli è in voi, dietro di voi, davanti a voi,
sopra di voi. Egli è l'occhio dei vostri occhi, l'Io del vostro Io.
Desiderate l'unione o lo Yoga con Lui, consapevoli che Egli è il vostro
"Sé" reale. Qualunque Boga o cosa materiale di cui abbiate bisogno, Egli
ve la darà; ma se desiderate le cose in quanto tali, ricordatelo,
sarete benedetti con Roga (la malattia). Vivete nella convinzione di
essere l’Atma. Questo è il nocciolo dell'insegnamento del Sanathana
Dharma. L’Atma vi fa capaci di vedere con gli occhi, udire con le
orecchie, afferrare con le dita, muovervi con i piedi. E’ il vostro vero
"Voi", quel "Voi" non affetto da lodi o calunnie. Quando qualcuno vi
critica, chiedetevi: sta gettando calunnie sul mio corpo? E perché
dovrei preoccuparmi? Sta facendo ciò che io stesso dovrei fare con gli
attaccamenti alla carne, a questa meschina prigione. Sta forse
insultando l’Atma? Ma niente può toccare la Sua purezza, od offuscare la
Sua Gloria.
Pertanto, rimanete calmi ed
imperturbati. Allora vi chiederete: che cosa avverrà della calunnia?
Esattamente ciò che accade alla lettera mandata per posta e rifiutata!
Ritornerà al mittente! Vi esorto a tornare a casa ed a meditare sulle
cose dette, su queste idee e sui Miei suggerimenti. Riflettete su ciò
che avete udito, specialmente da coloro che vi hanno offerto le gemme
contenute nelle antiche Scritture, provate dall'esperienza dei secoli.
Il Sanathana Dharma raccomanda il triplice cammino di Sravana. Manana,
Nididhyasana: ascoltare, ricapitolare, concentrarsi. Ascoltando
imparate, ma la meditazione concentrata sul significato di quanto avete
udito, vi darà il frutto dell'insegnamento come inteso dal Maestro.
37° - pag.183 IL RUOLO DELL'ERUDITO
Il rigoglioso fiume della cultura
indiana si è quasi completamente prosciugato sotto l'influenza delle
culture straniere. Le forze che mantenevano l'albero fresco e vigoroso
si sono indebolite; le istituzioni e i rituali che tenevano vivi davanti
al popolo gli aspetti di questa cultura sono stati svigoriti dalla
fiacchezza. Coloro che avevano la responsabilità di ricordare alle masse
la loro eredità si sono ridotti a mendicare. Il Dharma stabilito dai
Veda dev'essere praticato, se si vuole apprezzarne il valore: non può
essere solamente oggetto di discussione. L'uso dei Veda non consiste
nella semplice recitazione, anche se i dicitori rendono un valido
servizio, preservando il loro stile e la corretta pronuncia. I Veda sono
la sorgente dell’Ananda. Essi danno la risposta alla domanda:
<<Chi sono io?>>.
Ciascuno di voi deve sapere che presto o
tardi dovrà porsi quella domanda e che ad essa dovrà dare una risposta.
I sensi, ognuno dei quali ha il suo proprio campo conoscitivo, sono
senza potere di fronte a questo problema. Sono inadeguati persino nel
loro stesso campo di azione: per esempio vi sono suoni che le orecchie
non possono udire, vi sono colori che gli occhi non possono vedere,
gusti che la lingua non può gustare. Sono strumenti imperfetti anche per
lo studio del mondo oggettivo. Come possono servire ad insegnare
l'intangibile, l'invisibile, il mondo interiore del "Se”? Solo la
visione vedantica può rivelare ciò che è più piccolo del piccolissimo e
più grande del grandissimo, il microcosmo ed il macrocosmo. Guardare o
vedere è una cosa naturale, ma quando si perde o si abbassa la vista si
corre dall’oculista. Quando nell'India la visione vedantica divenne
nebulosa, Shankaracharya la risanò, salvando cosi il Paese. Se non
l'avesse fatto, credeteMi, l'India sarebbe diventata un'altra Cina! Se
si deve trivellare il terreno per la conduttura dell'acqua, bisogna
stare attenti che né aria né acqua entrino nei tubi ed impediscano la
formazione del vuoto necessario. Cosi se volete avere successo negli
sforzi per scoprire la verità del vostro "Sé" interiore, dovete stare
attenti che il "Sé" esteriore non entri e rovini la vostra
concentrazione. Dovete impedire ai pensieri di entrare nella vostra
mente. I sensi sono impedimenti in questo campo di ricerca. Uno dei più
pericolosi scherzi dell'epoca moderna, che sta conducendo fuori strada
tanta gente, è la dichiarazione fatta da molti secondo la quale essi
sono venuti per ristabilire il Dharma. Ciascuno lo fa a modo proprio e
secondo le rispettive capacità. Quando il ponte su di un'autostrada è
danneggiato, nessun pedone, per quanto eminente, potrà iniziare i lavori
per ripararlo, né potranno farlo i villici dei paesi vicini. La stessa
autorità che ha fatto costruire la strada e il ponte, deve provvedere
alla riparazione. Il Dharma è la strada per il progresso individuale e
sociale in questo mondo, e da questo mondo fino al prossimo: è eterna e
fondamentale. I principi del Dharma non possono essere alterati o
adattati ai desideri personali o a problemi urgenti, che possono
apparire insolvibili agli occhi dei più. Il Dharma è come la madre che
deve essere accettata, non come la moglie che potete scegliere o
scartare. Varanasi Subramanya Sastry vi ha parlato del Dharma così come è
esposto nel Mahabharatha. Se siete in grado di andare in profondità,
senza timore, potrete apprezzare il punto di vista indiano che invece di
ricercare la gioia nutrendo i sensi, vuole ottenere un duraturo stato
di Ananda allenando la mente ad essere sempre fissa sul Cosmico,
sull'Universale, sul Signore, come è chiamato quando Gli date un nome ed
una forma e Lo racchiudete nella vostra coscienza...
pag.209
... Il Dharma è una parola connessa con
Dhaarana da cui deriva. Dhaarana vuol dire "vestire". Il Dharma è
l'abito dell'India, l'abito che indossa per proteggere il suo onore, per
affermare il suo stato, per proteggersi dal caldo e dal freddo e per
essere d'esempio alle sue sorelle. Quando i malvagi principi Kaurava
tentarono di togliere il sari a Droupadi (moglie di Pandavas)
insultandola e cercando di macchiare il suo onore, Krishna la salvò e
sventò il folle disegno. Dharmaraja sedeva come se fosse incosciente dei
suoi diritti e Bhima aveva dubbi sui suoi obblighi verso il fratello
più anziano e la sua consorte. Arjuna era preoccupato dei propri
interessi; Nakula e Sahadeva stavano in attesa e pesavano i pro e i
contro. Ma il Signore non attese, la Sua Grazia non conobbe ne ritardi
né dubbi. Ora la Madre India è nella stessa critica situazione. Il
Dharma, il vestito che ha indossato per secoli, ora è afferrato da mani
irriverenti e malvagie, che vogliono vestirla in uno stile indecoroso. E
Krishna è dovuto ritornare per salvare la vittima dai malvagi. Krishna
svelò la falsità della gente che voleva disonorare Droupadi e la
debolezza di coloro che dovevano proteggerla; ora devo ancora frustrare i
tentativi di indebolire il Dharma e sostenere coloro che sono i
tradizionali protettori e i protagonisti del Dharma. Ogni cosa ha il suo
Dharma. L'acqua ha il suo Dharma, che consiste nel movimento; il fuoco
ha il Dharma di bruciare e consumare, il magnete quello di attrarre ecc.
Ciascuno conserva il proprio Dharma immutato, incluso il sistema solare
e le stelle del firmamento. Tutto ciò che è dotato di coscienza, le
piante, gli alberi, gli insetti e gli uccelli, nati da uova o da
mammiferi, tutti hanno cercato di mantenere il proprio Dharma inalterato
dal passaggio del tempo. Ma l'uomo, la cui intelligenza spazia
dall'inerte e l'infinitesimale al super conscio e all'universale, è la
sola creatura vivente che ha deviato ed è caduta così in basso.
L’esperienza di molte generazioni di ricercatori che trovarono la via
della gioia, codificata in precetti di vita pratica chiamati Sastra, è
stata dimenticata, e nuovi rimedi vengono raccomandati e divulgati su
larga scala. Non c'è dunque da stupirsi se la gioia e la felicità sono
molto lontani dalla portata dell’uomo. Il Dharma ad esempio dice:
<<Sathyam Vada" e "Dharmam Chara" dire sempre il vero e praticare
il Dharma. Non esiste un fattore più stabilizzante nella società né un
maggior sostegno al progresso individuale, di Sathya, la Verità.
Nasconderla, pervertirla, negarla o sfigurarla sono tutti segni di
vigliaccheria; nessuna persona coraggiosa si abbasserà a coprire la
faccia della verità. Badate inoltre che l'ingiunzione vedica è: "Dharmam
Chara" - "pratica il Dharma!”. Non è sufficiente imparare, occorre
agire e dimostrare che ogni pensiero, parola e azione riflettono la
consapevolezza del Dharma. Questo modo di vivere è il segno
caratteristico chiamato Seelam, che è il gioiello più prezioso. Dovete
verificare ogni momento se state osservando i precetti del Dharma oppure
se ve ne state allontanando. Il Dharma è diventato un valido motivo per
trarre vantaggi dal prossimo; non è più un'opportunità di fare il
proprio dovere verso gli altri. Voi ricordate agli altri il Dharma
quando volete ricavarne qualcosa, ma dovete ricordare non solo i diritti
ma anche i doveri che il Dharma stabilisce ed impone. La tentazione di
ignorare il Dharma viene dall'egoismo e dall'accettazione di falsi
valori. La soddisfazione del desiderio più basso è l'origine
dell'Adharma; questo desiderio vi catturerà scaltramente,
silenziosamente, come un ladro nella notte, o come un compagno che viene
per salvarvi o come un servo che viene a servirvi od un consigliere che
viene ad ammonirvi. Oh! La debolezza ha mille modi di catturare il
cuore! Dovete essere sempre all'erta contro la tentazione....
Aforismi Vedici
Pag.40 - [66]
Ognuno ha il proprio dharma, la propria
innata caratteristica o individualità, oppure delle potenzialità
d’amore. Questa norma o legge vale indistintamente sia per il filo
d’erba come per gli astri. Il Cosmo non consiste in un perenne e
monotono flusso, ma è in continua evoluzione, volto ad acquisire la
totalità di qualità e possibilità. Così anche l’uomo può trasformare sé
stesso e, con l’aiuto del discernimento, evolversi sempre più attraverso
uno sforzo costante dalla sua condizione attuale. Le energie spirituali
che fanno esistere il Cosmo favoriranno certamente il nostro processo
evolutivo. Tuttavia, l’uomo è ancora troppo succube del “predomino
dell’illusione” per poter trarre beneficio da tali energie ed elevare sé
stesso; non è conscio della legge d’armonia e pace esistente nel mondo;
non sa perseverare nel bene ed evitare il male; di conseguenza, non
riesce a consolidare il percorso sul sentiero dharmico, ovvero sul
cammino segnato dal suo dovere.
Upanishad Vahini
Pag.66 [17]
Per chi conosce l'Assoluto (Brahmajnani)
gli opposti mentali quali il giusto (dharma) e l'ingiusto (adharma), il
merito e il demerito, non esistono. E’ vero che una vita vissuta nella
rettitudine porta, dopo la morte, ai mondi (loka) elevati, mentre una
vita immorale conduce a quelli inferiori, ma entrambi questi luoghi
costituiscono delle pastoie per l'aspirante spirituale (sadaka), che
mira alla rimozione dell'Ignoranza e alla realizzazione della Verità.
Egli deve cercare di spezzare i fili che legano il "Cuore" al mondo
oggettivo. Per questo cerca una risposta alla domanda con la quale
inizia l'Upanishad: “Chi consente alla mente di afferrare le cose”.
Il Gioco di Dio
Discepolo - Shrutyak? Che cosa vuol dire, Swami?
Sai - [80] Pag.33
Un ricco signore (shrimantr) è colui che
è circondato di figli e nipoti e che riesce in tutti i suoi propositi
terreni persino oltre ogni aspettativa. L'integrità morale è un
patrimonio che vale di più; questa ricchezza è il risultato concreto
delle ingiunzioni vediche, e si chiama Dharma. Il Ramayana esalta Rama
come la personificazione della Rettitudine (Vigrahavan dharma). "Il
Dharma sostiene tutti gli esseri”: Sarva bhuthanam dharanath dharmah. Il
Dharma è il sostegno, la protezione (dharana) di tutti gli esseri; per
questo viene detto dharma.
[81] Pag.33
L’Onnipotente è quel sostegno, quel
mantenimento; il modo più efficace per fare dell'adorazione è l'offerta
del Dharma, del proprio dovere. Perciò, lo stesso Onnipotente si
identifica con la parola dharma. Quel termine, quindi, è pieno di
significato. Il Cosmo intero, che è una proiezione dell'Onnipotente, si
fonda sul Dharma: Dharmo vishvasya jagatah pratishta.
[82] Pag.33
Il Dharma impregnato di santità profonda
ha finito per essere interpretato secondo i capricci, le fantasie e gli
interessi egoistici di alcune persone. Per questo è andato soggetto a
diverse distorsioni. Le parole Veda e Deva hanno assunto nuovi
significati e implicazioni. Si tratta di un processo che può essere
chiaramente rilevato nella letteratura vedica. Shvayam sarvam vetti-iti
vedah. "Esso stesso (il Veda) conosce tutto”. Questa affermazione rivela
come il Veda sia lo stesso Brahman Onnisciente, e la scrittura (shruti)
ne è l'incarnazione.
Sadhana
13. Pag.18
Se voi aderite strettamente al sentiero
dharmico e mantenete vivo il desiderio, potrete diventare Paramhamsa,
anche se ora siete solo un novizio o anche un miscredente!
La via della Verità
pag.51 LO SCOPO PRIMO
Il rispetto del Dharma stabilito dalla
religione è il primissimo passo per assicurare pace ed armonia
all’umanità. L’uomo che sostiene la propria fede ed i suoi principi è in
grado di servire meglio se stesso e gli altri. Il Dharma in questo
contesto, significa agire secondo le tradizioni e la cultura del proprio
Paese ed in India, in ogni aspetto del Dharma, troviamo immanente il
concetto di pace e prosperità del mondo…
Pag.53
… Il pensiero indù afferma che il mondo
obbiettivo è fondamentalmente non vero, e ci insegna che la vita ed i
suoi problemi è un' avventura illusoria che non può toccare la nostra
realtà. Gli Sastra, che sono le radici di quel pensiero, ci consigliano
di seguire il Dharma, poiché esso è indispensabile per afferrare la
verità più alta. I quattro obbiettivi tradizionali dell'esistenza umana,
i Purushartha (Dharma, Artha, Kama e Moksha) sono stati stabiliti per
rispondere ai bisogni di coloro che vivono convinti che il mondo
obbiettivo sia "vero". Il Dharma viene per primo e Moksha, la
liberazione, per ultima. Solo colui che si procura beni e piaceri
materiali rispettando il Dharma potrà ottenere la vittoria, cioè la
liberazione che porta alla beatitudine più alta. Dato che il Jiva o il
"Sé" individualizzato e limitato è preso nella rete del desiderio o
Kama, non si interessa né nel Dharma, né di Moksha, ma si diletta nel
navigare sulle onde dei piaceri materiali (Artha e Kama). L'uomo ha in
comune con l'animale la ricerca del cibo, il rifuggire da tutto ciò che
spaventa, l'essere pigro e gioire del sonno; ciò che lo differenzia
dall'animale è il desiderio ed il rispetto della legge morale o Dharma e
l'uomo che non ha il desiderio di elevarsi non è degno di questo nome.
L’India è riverita dalla sua gente e dalla gente di altri paesi come
portabandiera di Vijnana o Suprema conoscenza; in India si crede che Dio
sia Onnipresente, cioè presente in tutti i luoghi, e la gente fa sforzi
costanti per discriminare fra Dharma ed Adharma e per dare valore alla
giustizia ed alla virtù; i sentimenti di compassione verso tutte le
creature viventi e la non-violenza sono in India le migliori guide.
Fioriscono Templi pieni di vibrazioni spirituali, mentre in altri Paesi
Chiese e Moschee sono costruzioni più recenti e le vibrazioni non sono
così potenti. Tutte le religioni sono "Una" dichiara l'India; ci
potranno essere differenze nelle strutture, ma il messaggio che ciascuna
reca è lo stesso. Questa è la scoperta dell'India ed il suo messaggio
all'umanità. Per pregare Dio c'è chi usa come simbolo una pietra, un
altro un pezzo di metallo ed un terzo un pezzo di legno, ma tutti danno
grande importanza alla preghiera e credono nei suoi effetti benefici.
Una persona che prega si rivolge verso Oriente ed un'altra verso
Occidente; le preghiere di entrambi tuttavia riguardano gli stessi
desideri e le stesse imperfezioni; questa è la conclusione alla quale i
saggi e i pensatori indiani sono giunti. Ciascun credo ha le sue proprie
scritture e dottrine, nonché le proprie caratteristiche; un tratto
peculiare dell'indiano è di trattare con Dio con estrema familiarità
come ad esempio: " Puoi farmi questo?. " "Sei duro d'orecchi? " etc…
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