mercoledì 27 marzo 2013

Purificazione radicale <> D H A R M A

Purificazione radicale
di Ajahn Chandapalo

© Ass. Santacittarama, 2013. Tutti i diritti sono riservati.

SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.

Traduzione di Gabriella De Franchis.


Adattamento di un discorso dato nel 2006 in occasione del 25° anniversario del Monastero di Harnham (Aruna Ratanagiri), in Inghilterra.



Ajahn Chandapalo è nato in Inghilterra nel 1957. E' entrato in monastero nel 1980, prese upasampadā (accettazione nella comunità dei bhikkhu) con Ajahn Sumedho al monastero di Cittaviveka nel 1982. Ha vissuto in tutti i monasteri europei affiliati come pure un anno in Thailandia. Nel 1993 è stato invitato in Italia, al Santacittarama. Dal 1996 ne è l’abate.



"In quei primi anni sembra che ci siano state delle intuizioni importanti; la piena realizzazione di queste intuizioni arriva quando impariamo gradualmente a integrarle nella vita di tutti i giorni."

Oggi celebriamo qui, al monastero di Harnham, il suo 25° anniversario. In termini spazio-temporali, venticinque anni non sono altro che un battito di ciglia, ma il fatto che alcuni dei membri più giovani dell'attuale comunità non fossero neanche nati quando nacque questo monastero, ci da un’idea di questo arco di tempo. Il mio contributo al suo iniziale sviluppo fu molto piccolo. Nel lontano 1981 vi trascorsi soltanto sei mesi, ma sin da allora, le mie visite sono state regolari e, giacché sono un "uomo del Nord", ho un interesse particolare nella evoluzione di questo posto. Anche per me sono circa venticinque anni di vita monastica e, così, questo anniversario, mi ha dato l’occasione di rivedere quei primi esordi e riflettere sul modo in cui si sono sviluppate le cose da allora.
Il mio primo ritiro di meditazione furono dieci giorni, da laico con Ajahn Sumedho, a Oakenholt vicino a Oxford, nella Pasqua del 1979 e fu lì che un gruppo di meditanti provenienti da Newcastle palesarono ad Ajahn Sumedho il loro desiderio di potere offrire un luogo nel Northumberland, nel quale i monaci potessero venire a praticare la meditazione. Fu da questo che in seguito mi ritrovai a seguire Ajahn Sucitto come anāgārika, e a venire con lui ad Harnham per aiutare nella costruzione di quello che sarebbe diventato il nostro primo monastero affiliato in Gran Bretagna.

Costruire un monastero
Arrivammo qui a marzo di quell’anno. Ajahn Sucitto aveva detto che saremmo andati a stare in una modesta casetta di campagna su di una collina – molto spartana, ma i laici avevano in progetto di fare i lavori di ristrutturazione. Tutto quello che volevano che facessimo era di vivere qui e praticare. Beh, alla fine non fu proprio così. La casetta era davvero modesta: quattro stanze, due sopra e due sotto, con una specie di spazio esterno posteriore in terra battuta, quello che ora è la cucina. Avevamo un rubinetto d’acqua fredda con un secchio sotto; alla fine arrivò qualcuno a mettere un lavello e questo, al momento, ci sembrò un grosso miglioramento! C’era un wc, ma ancora senza un vero muro tutto intorno, da un lato solo un paravento che si faceva scorrere per chiudersi dentro, non c’era finestra, ma ci avevano fatto un buco. Mi ricordo che un giorno, alla fine di aprile, ci fu una bufera di neve e Ajahn Sucitto trovò circa tre centimetri di neve sulla tavolozza del water. Mettemmo insieme del polietilene e dei pezzi di vecchia moquette e li inchiodammo sul buco del muro, così potevamo usare il wc senza morire assiderati.

Anche se era molto spartano, noi eravamo giovani e ci sentivamo dei pionieri, così affrontammo le difficoltà che si presentavano. C’era anche un sacco di energia positiva intorno. Ci sentivamo stimolati ad iniziare qualcosa di nuovo. Mi alzavo al mattino e come prima cosa accendevo il fuoco nella stanza dove facevamo le pūjā del mattino. Andavo nella stalla - dove ora dormono i monaci, ma che ai tempi era la carbonaia – e prendevo un po’ di legna e del carbone per accendere il fuoco. Durante la sessione avevo una parte del corpo arrostita e l’altra ghiacciata e c’era qualcosa in me che voleva che mi alzassi e mi girassi per scaldare l’altra parte – ma si supponeva che questo non lo avrei fatto. Alla fine Ajahn Sucitto decise che era meglio non accendere per niente il fuoco, così il freddo lo avremmo sentito uniformemente dappertutto, pensava fosse la cosa migliore.

In quella fase iniziale non c’erano buddhisti asiatici che presero parte alla fondazione del monastero, solo un piccolo gruppo di gente del luogo che veniva a trovarci nei fine settimana. Facevano dei lavoretti e portavano il cibo, ed erano veramente interessati al Dhamma. Per la maggior parte del tempo Ajahn Sucitto doveva contare su di me per quanto riguardava la cucina. Ricordo che la sera, prima di andare a letto, studiavo i libri di cucina preoccupandomi di cosa avrei potuto preparare per il giorno seguente. Ovviamente non mi potevo aspettare di trovare tutti gli ingredienti nella dispensa, ma con un po’ di iniziativa ce la cavammo.

Quell’anno mi offrii di restare per dare una mano durante i tre mesi di Ritiro della Stagione delle Piogge (vassa), infatti immaginavo che così non sarebbe stato troppo duro. Però andò a finire che invece di essere un ritiro, nel modo in cui uno se lo aspetterebbe, per tutto il primo mese si ebbe un’enorme mole di lavoro edilizio da fare. Si mise uno strato isolante tutto attorno all’edificio, e questo comportò di fare centinaia di fori nei muri di granito con un trapano che c’eravamo fatti prestare da Chithurst, e che distruggemmo, visto che non era sufficientemente potente per il lavoro che dovevamo fare. E poi, in quella che adesso è la sala della reception, si buttò giù un vecchio caminetto. Al suo posto ci mettemmo una stufa e il che implicò montare un tubo nella canna fumaria, ovvero andare su per la canna fumaria e ricoprirsi tutti di fuliggine. A un certo punto spostammo una porta di ingresso, praticando un enorme buco in una delle pareti più spesse. Non ricordo quale fosse lo scopo, ma c’era un progetto. L’abate che venne dopo, però, rifece la parete com’era prima.

Alla fine smettemmo di lavorare ed iniziammo a seguire, per un intero mese, un programma di ritiro molto intenso. Ci svegliavamo alle tre del mattino; ci riunivamo alle tre e trenta, poi dopo le pūjā del mattino alternavamo la meditazione seduta con quella camminata per tutto il giorno – un’ora seduti e un’ora camminando. In quei giorni non si era ancora introdotta la colazione, solo una tazza di caffè e poi meditazione ininterrotta. Il pasto del giorno era alle dieci e trenta e ricominciavamo di nuovo a mezzogiorno. C’era un’ora d’intervallo la sera, dalle cinque alle sei, e poi continuavamo la pratica formale fino alle undici di sera.

Avevo ricevuto l’istruzione di concludere la preparazione del pasto mischiando tutto in un grande secchio di plastica – uno di quelli che di solito viene usato per lavare i pavimenti. Semplicemente mi fu detto di offrirlo con un mestolo, all’ora del pranzo, al Sangha. Questo prese il nome di "pratica del secchio", una storia che forse qualcuno di voi ha già sentito! I primi giorni ebbi un po’ di nausea per via del fatto che mangiavo il cibo tutto mischiato, ma dopo un po’ ci feci l’abitudine. Anzi era molto pratico, avevi la misura di quanto te ne serviva – solo due mestoli e mezzo – non dovevi stare a pensare: "Beh, prendo un po’ di questo e un po’ di quest’altro". No, solo due mestoli e mezzo e passavi il secchio.

Fu, però, comprensibile il fatto che i laici, che generosamente ci offrivano quel cibo, non ne fossero molto contenti e, difatti, non è del tutto in sintonia con lo spirito delle nostre Regole di Addestramento (Sekhiya-vatta), che dicono che dobbiamo accettare il cibo con gratitudine. Così, alla fine, dopo un saggio intervento di Ajahn Sumedho, la "pratica del secchio" fu abbandonata.



Parlare della pratica e farla

Nel frattempo il ritiro proseguiva. C’erano senza dubbio difficoltà fisiche, ma la parte veramente difficile era l’aspetto psicologico. Il modo in cui avevo vissuto da studente, prima di entrare in monastero, non mi aveva precisamente preparato a questo, ma mi tornarono utili alcune delle prime intuizioni che avevo avuto quando iniziai a praticare.
All’università avevo un amico e ci piaceva discutere insieme dei concetti buddhisti e della pratica di meditazione. Poi, una volta, decidemmo di smettere di fare tutti quei discorsi, di interrompere quello che stavamo facevamo, per sederci e rimanere immobili. Non pensavamo a nessun esercizio formale di meditazione, solo fermarci, rimanere immobili e rivolgere la nostra attenzione al nostro interno. Quella esperienza mi offrì una importante intuizione sul potenziale della mente. Percepii una specie di potenziale inesplorato. Fu un’intuizione sulla mente stessa – non semplicemente sui contenuti o sull’attività del pensiero – ma una consapevolezza interiore, una spaziosità; la mente in sé. Ebbi la percezione dell’origine delle cose e di come tutto questo poteva essere la chiave per rispondere alle domande che avevo su quello che era veramente importante nella vita. Ci fu una sensazione di scoperta, come di ritrovare un’altra dimensione. E insieme arrivò la forte intuizione che valeva la pena di sviluppare questa diversa prospettiva sulla vita, questa dimensione spirituale. Fu allora che sentii che la chiave poteva essere la meditazione; un modo per attuare questo potenziale della mente. Fu dopo questa esperienza che mi applicai per conoscere e praticare delle tecniche di meditazione. E questo mi portò ai dieci giorni di ritiro di cui vi ho parlato, quelli con Ajahn Sumedho.
Durante il periodo in cui feci il mio master ci fu un’altra significante scoperta. Era il giorno prima dell’esame finale e uno degli altri studenti venne a chiedermi aiuto. Questo individuo era uno di quei tipi che riescono a irritare proprio tutti. E mi diede fastidio. Non aveva fatto nessuno sforzo per frequentare le lezioni o per fare i compiti del corso, e ora stava interrompendo il mio studio. Dopo un po’ me ne liberai, senza essere scortese, ma la cosa mi lasciò in uno stato di agitazione emotiva. Mi sentivo molto frustrato e infastidito da me stesso e da lui e non ero assolutamente nello stato d’animo giusto per prepararmi all’esame. Finii per sdraiarmi sul letto, rannicchiato in una specie di posizione fetale. Poi mi sovvenne che Ajahn Sumedho aveva dato un insegnamento sulla pratica di metta. In esso non seguiva la tecnica formale di estendere la gentilezza amorevole verso questa persona, poi quell’altra e così via. Si trattava piuttosto semplicemente di rilassarsi e lasciare che le cose esistessero, accettandole ed essendo in pace con loro così come sono al momento. Scoprii che mi potevo rilassare e permettere alla mente di essere a proprio agio, lasciando lo stato delle cose così com’è. In quello che mi sembrò essere uno spazio temporale molto breve, l’intero stato d’animo si era trasformato; mi sentivo più leggero; molto più calmo. Provai una sensazione di benessere interiore che era quasi miracolosa e mi trovai in una condizione mentale migliore per prepararmi all’esame. Mi resi conto che prima di iniziare a praticare la meditazione, probabilmente, avrei affrontato la questione scendendo al pub per un paio di drink, finendo poi per trovarmi in uno stato per niente buono.
A quel tempo non prestai molta attenzione a queste prime esperienze della pratica, ma se ora ci rifletto sulla base dei miei anni di vita monastica, sembra che in tutto questo tempo non abbia fatto altro che applicare quelle intuizioni – integrandole nella vita di tutti i giorni. L’addestramento offre una routine per praticare quotidianamente lo sviluppo della consapevolezza mentre ci occupiamo delle attività ordinarie del corpo, della parola e della mente. Ci vogliono un sacco di tempo e di abilità per imparare a trattare in modo corretto le questioni che sorgono e che ci ostacolano.
La mente è molto ingannevole. Per esempio, quando abbiamo fatto esperienza di qualche intuizione iniziale, tendiamo a ritenere che possiamo usare queste intuizioni per affrontare qualsiasi situazione ci si presenti: "La prossima volta che sto male, applicherò semplicemente questa tecnica", ma non funziona così. Quell’esperienza originaria è stata spontanea, senza aspettative. Non è stata una strategia. Quando si utilizza come strategia non è la stessa cosa. Pur non di meno, avere avuto un’esperienza simile significa che sappiamo di potere avere accesso a questo tipo di stato interiore che dà spazio ai fenomeni, li permettere. Siamo consapevoli che la mente ha abitudini e strategie e impariamo come purificare gradualmente il nostro atteggiamento.

Intensità intollerabile
Così, durante quel ritiro a Harnham, queste esperienze iniziali nella pratica, mi diedero la possibilità di lavorare su alcuni turbamenti emotivi e psicologici che mi trovai ad attraversare, eventi e avvenimenti che per me erano alquanto nuovi. Un giorno andai su tutte le furie, mi ero davvero arrabbiato per qualcosa. All’inizio mi spaventai alquanto, perché mi ero sempre visto come una persona calma e rilassata, con un carattere abbastanza tranquillo e invece eccomi in uno stato di rabbia totale. La cosa splendida, nel ritrovare me stesso così pieno di rabbia, è che mi resi conto che non era necessario agire in accordo con essa; lo stato d’animo, a poco a poco, svanì da solo. Riflettendo dopo su questo episodio, mi resi conto che non avevo avuto una reazione di rabbia né con il corpo né con la mente, e che non l’avevo neanche repressa. Questo mi procurò un grande senso di libertà e di fiducia. Avevo permesso a me stesso di fare un’esperienza intensa e potente, dalla quale non ero stato né catturato, né sopraffatto.
La prima settimana di quel ritiro mi sembrò di essere sulle montagne russe delle emozioni. Ricordo di avere pensato che devo avere provato tutti gli stati d’animo possibili per un essere umano. Ovviamente è un’esagerazione, ma mi sentivo così. A volte mi sentivo pieno di ispirazione e di gioia e altre volte mi sentivo depresso e disperato. Vidi quanto la mente può essere insicura e mutevole.
Per un certo periodo, durante la seduta di meditazione, iniziai ad essere preda della nostalgia. Mi ricordai di un vecchio gruppo di amici con i quali uscivo quando ero all’università. Improvvisamente mi trovai a pensare che tutta quella gente era andata oltre e non avrei mai potuto riavere ciò che era stato. Fui sopraffatto da una tremenda ondata di tristezza e poi, proprio in quel momento, suonò la campana di fine sessione della meditazione seduta. Era il momento di andare fuori e fare la meditazione camminata. Uscii dalla porta sul retro, mi buttai sull’erba e scoppiai a piangere; una gran bella sessione di pianto catartico – proprio qui dove ora c’è la Sala del Dhamma. Dopo provai una sensazione di sollievo e le cose mi sembrarono più leggere. Continuammo quella stessa routine per diverse settimane e tutto fu in un certo senso più facile. Tuttavia la mia pratica aveva assunto una nota di scoraggiamento, molto dolore fisico e trambusto emotivo, la meditazione era diventata un’esperienza traumatica. Non riuscivo a farla per più di pochi minuti. Mi sentivo veramente disperato, come se avessi perduto la migliore opportunità possibile.
Dopo il Ritiro della Stagione delle Piogge ritornai a Chithurst e mi buttai a capofitto nel servizio alla comunità. Mi sentivo disperato per quanto riguardava la meditazione, ero solo felice di potere essere d’aiuto nelle faccende domestiche e in tutto quello che c’era da fare. Essendo anāgārika mi svegliavo e accendevo il fuoco della stufa a legna e poi preparavo la pappa di cereali – dato che in quel periodo avevamo appena introdotto la colazione.
A poco a poco cominciai a sentirmi un po’ meglio e lentamente riacquistai fiducia in me stesso. Fu allora che Ajahn Sumedho fu nominato upajjhāya (precettore), che significa che ora avrebbe potuto celebrare la sua prima cerimonia di ordinazione di bhikkhu. Quella prima cerimonia di tre anāgārika che entravano nella vita monastica, fu per me una grande ispirazione. Mi sentii così sollevato che, anche se avevo passato delle difficoltà serie, vidi quanta forza queste mi avessero dato. Inoltre, qualcosa dentro di me mi diceva che, in ogni caso, non poteva essere molto peggio di com’era già stato! Così, quando chiesi ad Ajhan Sumedho di prendere gli ordini, lui accettò e l’anno seguente presi la upasampadā (completa accettazione nella comunità come monaco).
Per un buon numero di anni non ho avuto l’opportunità di venire ad Harnham. Ci fu un periodo, nel 1985, quando Ajahn Tiradhammo era l’abate, in cui sarei dovuto venire qui per un ritiro invernale. Ma ad Amaravati avevo dato una mano per il sistema idraulico, l’istallazione del riscaldamento e delle docce. E quel 1985 fu il primo inverno ad Amaravati e fu anche eccezionalmente freddo, tanto da avere un sacco di problemi con le tubature che scoppiarono – cosa che mi tenne impegnato fino a giugno. Quando mi venne offerta l’opportunità di venire su ad Harnham per il ritiro invernale ne fui entusiasta. Avevo sistemato la stanza e fatto i bagagli, era tutto pronto, ma fu in quella sera che la temperatura cominciò di colpo ad abbassarsi. Sapevo che lì c’era soltanto un altro monaco in grado di fare lavori d’idraulica, Tan Subato, e sentii che non potevo lasciarlo solo ad affrontare la cosa. Così mi offrii di restare e continuare ad aiutare – in quei giorni feci parecchia pratica strisciando sotto i pavimenti a riparare tubature scoppiate.

Trovare le risorse interiori
Anche se da allora non ho più risieduto ad Harnham, i miei genitori vivono qui vicino, a York, così ne approfitto per tornare in visita ogni anno. è stato molto gratificante vedere come si sono sviluppate le cose, non solo per quanto riguarda gli edifici, ma anche per la comunità. Mi fa piacere potere guardare indietro, a quei primi sei mesi della mia vita nel Sangha, e trovare che la maggior parte dei miei ricordi siano abbastanza felici. Fu in quel periodo che mi resi conto che questo era quello che volevo fare nella vita, nonostante tutte le difficoltà e i molteplici ostacoli. Esperienze simili ci possono fare vedere dove sono le nostre risorse interiori. Le intuizioni di quei primi anni hanno fornito le basi della pratica. Dopodiché, il retto sforzo nella pratica, significa impiegare le risorse interiori mentre impariamo a realizzare più pienamente la verità di queste intuizioni. A poco a poco la nostra percezione diventa più chiara.
Ora, dopo venticinque anni, provo un immenso senso di gratitudine verso i laici che mi hanno sostenuto in questi anni e verso il Sangha di qui e di tutti i monasteri nei quali ho vissuto. Questo ultimo, per me, è stato un anno sabbatico, visto che per un certo periodo sono stato libero dalle responsabilità di condurre il monastero in Italia, dove vivo normalmente. è una gioia potere dimorare nell'apprezzamento per i buoni risultati che ha portato l’avere vissuto in questo modo. Mi rendo conto che questi ultimi anni sono stati i più felici della mia vita. Ovviamente il processo è stato graduale; ci sono stati periodi in cui è stato difficile vedere la luce in fondo al tunnel. Stranamente, però, ho scoperto che a volte è più facile praticare quando le cose sono più difficili. Quando sentiamo la sfida, siamo costretti a essere più presenti. Siamo obbligati a fare uno sforzo per affrontare la situazione e non ci possiamo permettere distrazioni. Quando le cose sono più piacevoli e abbiamo più tempo, è più facile essere distratti. Non c’è fine a quello che ci può coinvolgere quindi è fondamentale sviluppare e mantenere un senso di direzione. è di questo che parla l’insegnamento sull’impegno nel Dhammavinaya.
Proprio come nella pratica individuale andiamo su e giù, allo stesso modo, negli ultimi venticinque anni, questo monastero ha avuto periodi difficili; ma quella visione e quell’ispirazione iniziale sono state realizzate. Pensiamo infatti a quello che offre questo posto e a quante persone sono venute in visita o a stare, hanno imparato a meditare, hanno ascoltato il Dhamma, sono diventate membri del Sangha. Il suo effetto è stato sicuramente sproporzionato rispetto alla sua dimensione. La comunità è grande quasi come la mia che comprende tutta l’Italia! Quantificare gli effetti è difficile, ma sono sicuro che migliaia di persone hanno avuto benefici dall’effetto onda della pratica che hanno fatto qui.
E allora, molti auguri per i prossimi venticinque anni. Mi chiedo chi ci sarà qui per il cinquantesimo anniversario. Forse alcuni di noi saranno ancora in giro, non si sa mai, e magari potremo condividere insieme i ricordi del venticinquesimo anniversario! Vi ringrazio per l’attenzione e per avermi dato l’opportunità di condividere queste riflessioni.



Il Dharma

Compi il tuo dovere con equilibrio, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento. Tale equanimità si chiama yoga.” (Bhagavad-gita II, 48)

La Realtà ultima, secondo la maggioranza dei sistemi filosofici indiani, è la pura Coscienza. La coscienza individuale vi è direttamente connessa, come lo è la scintilla al fuoco o l’onda all’oceano.
Alla  base del processo di realizzazione di tale connessione, i principali sistemi filosofici e scuole di pensiero indiane (Upanishad, Samkhya, Yoga, Bhagavata, Nyaya, Advaita, Jaina, Bauddha…) menzionano una vita pura fondata sull’etica come “scienza del retto agire” ovvero il comportamento necessario al ripristino della smarrita armonia e alla reintegrazione dell’essere su tutti i piani antropologici.
Esistono leggi “etiche” o “morali” che regolano il microcosmo e sono indicate con il termine dharma  (dovere, giustizia, legge, virtù, ecc.) o anche svadharma (dovere specifico di ciascun individuo a seconda della sua posizione nella società, delle sue qualità e delle sue tendenze).
Sia le leggi fisiche che quelle etiche sono espressione di un unico ordine universale di origine divina, definito ritam (legge, ordine fissato, verità). Quando l’essere infrange il dharma, rompe quell’armonia e si manifesta di conseguenza una condizione “innaturale” e patologica che porta l’essere a cadere vittima di conflittualità (interne ed esterne) , squilibri, smarrimenti, afflizioni e malattie (psichiche e fisiche).

Il termine dharma deriva dalla radice dhr-, “sostenere, mantenere”, e indica perciò ciò che regge e sostiene ogni cosa. E’ la concezione fondamentale che identifica l’induismo, chiamato appunto dai fedeli sanatana dharma, il “dharma eterno”. Questa legge profonda mantiene uniti i concetti di legge religiosa, norma etica, diritto pubblico e privato, legge naturale, concetti che in Occidente sono stati invece separati. Il dharma è il valore e il fine insito in ogni cosa, come lo splendore nel sole. Il dharma è fuori dal tempo, fisso, eterno, è la norma universale. La sua essenza è costituita da quattro principi. la “verità”, indicata con il termine (sat o il derivato satya) che alla lettera significa l‘“ente”, rispecchiando l’identità fra ciò che esiste eternamente e ciò che è vero; la “nonviolenza”, ahimsa; la “generosità”, dana. Ultimo principio è la signoria su se stessi, definita in molti modi, per esempio dama, “dominio (su di sé)”, o il bellissimo samatvam, “equanimità”, di Krishna  che suggerisce ad Arjuna di seguire la via dello yoga.
Dama porta spontaneamente agli atteggiamenti di purezza, tolleranza, compassione, umiltà e modestia, onestà o rettitudine, principi non esclusivi del solo induismo che può essere definita perciò una religione “universale di fatto”.


 

Il Dharma


Al di là dell’illusione

Pag.12

Bharatavarsha (l’india) tenne sempre dinanzi a se l'ideale del Dharma. Esso rappresenta la via verso la gioia, la contentezza e la pace, e quindi della forza. Oggi la via è nascosta da una vegetazione di rovi e di spine, ponti e muraglie sono danneggiati. La gente ha dimenticato la meta, la via e l'abitudine di percorrerla. Ma questa via è l'unico rifugio e la si deve ritrovare domani, se non oggi, perché al termine di questa via c'è il traguardo. Fu tracciata secoli fa, dove non giunge la memoria della storia, dai Veda. "Sathyam Vada, Dharman Ciara”, vi dicono i Veda. I Pandit, dotti nei Veda e nelle Shastra sanno che cos'è il Dharma e ve lo possono spiegare senza distorsioni. Perciò dovete andare a loro con reverenza e farli sedere fra voi e averne luce.

Pag.22

Il Signore si compiace del Dharma. Al fine di salvare e di ripristinare il Dharma Egli accondiscende ad assumere forma umana e a camminare tra gli uomini, come se fosse uno di loro. Perciò, se desiderate, se struggete per la grazia di Dio, fate che il Dharma ispiri ogni vostro pensiero, parola e azione. Fate in modo che la coscienza del sapere che tutto riporta a Dio, vi ispiri amore, tolleranza, simpatia e rispetto. Con l'azione coerente, con il Dharma, progredirete verso l’adorazione che è imbevuta dalla coscienza che il Divino è in tutto e, con questa adorazione, avrete la sapienza quando Lo sperimenterete. Il lavoro, l'adorazione e saggezza sono il frutto acerbo, frutto semimaturo e il frutto maturo e succoso. Questo è l'ordine del progresso spirituale di ogni individuo. Quando il frutto è saturo di dolcezza cade dal ramo questa è la consumazione.

Pag.28

Là dove la Ghita vi dice di tralasciare ogni Dharma, non vi chiede di lasciare ogni Karma! Se però fate Karma per Dio, con Dio, coscienti che Egli è l'agente - e non voi - ogni Karma diviene Dharma, e porta alla grazia. Nessun Karma dev'essere macchiato di peccato o di sacrilegio. Perciò l'invito della Ghita non è alla licenziosità, all'ignavia o all'inattività. E’ una chiamata all'abbandono dell'ego e all'offerta a Dio di tutto ciò che esiste o agisce. Impegnatevi in Karma come lo regola il Dharma. Praticate il Dharma coscienti che tutto è Brahman. Camminate sulla via del Karma verso il Dharmakshetra, dove vi compenserà la presa di coscienza di Brahman.

Pag.63

Sathya, Dharma, Shanti e Prema sono le quattro colonne del Sanathana Dharma (l'eterno Dharma), le quattro facce dell'antica dottrina. Certo, sono parole che stanno sulla bocca di tutti ma per la gente il senso è assai superficiale e inefficace. Descrivere un incidente come l'avete visto è "verità" (Sathya), dar bere all’assetato o cibo all'ammalato è "dovere" (Dharma), sopportare in silenzio una disgrazia é: “pace" (Shanti) e provvedere a moglie e figli è "amore" (Prema) questa è l'interpretazione che da l'uomo comune.
Ma è tutto sbagliato. La verità è ciò che non può essere modificato né dal tempo, né dallo spazio, né da alcuna Guna (qualità). Deve essere sempre la stessa, incrollabile e invariabile, solo allora è verità. Non può essere smentita da fatti nuovi o scoperte. Il Dharma è un "corpus" di principi fondamentali per la stabilità sociale e il progresso individuale. Ve ne sono diversi rami: Kartavya Dharma, Varna Dharma, Ashrama Dharma, ecc., ma il fine di tutti è uno solo, cioè portare l'uomo, passo passo, alla liberazione dal dolore e dalla catena delle nascite e delle morti. Vedete come è grande ognuno di questi concetti, in confronto all'interpretazione che comunemente se ne dà. Vediamo la qualità di Shanti. E’ la capacità di sopportare trionfo e disfatta, gioia e tristezza, successo e fallimento con perfetta stabilità d'animo. E Prema è la qualità di Sarvasamanatha, non solo dell’accettazione di Ahimsà (non violenza), ma anche del dovere dell'amore, perché ogni essere è una scintilla del Divino, quanto lo sei tu.

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Il termine Dharma, che è legato a una infinita varietà di significati, si fa inadeguatamente corrispondere alla parola "dovere", in questi tempi moderni. Ma " dovere" è riferito specificamente a un individuo, a una situazione, o a un certo luogo e un certo tempo. Invece il Dharma è eterno, identico ovunque e per tutti. Esprime il significato dell’Atma interiore. Il punto ove nasce il Dharma è il cuore; ciò che emana dal cuore è pura idea e la sua effettuazione in atto è il Dharma. Dicendo: <<Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi>>, renderete comprensibile a tutti il significato del Dharma, che è l'azione che non fa danno agli altri. Se qualcuno vi fa contenti, dovete a vostra volta fare ciò che dà gioia agli altri. Se vediamo che ciò che fanno altri genera difficoltà, e facciamo le stesse cose, ciò è Adharma.

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Dobbiamo anzitutto cercare il significato di Dharma.
Esso ordina all'uomo di osservare certe norme di condotta per il progresso sociale e spirituale. L’osservanza di tali restrizioni e discipline può essere chiamata dharmica. Il Dharma può anche ferire chi cerca di provocarne il declino, ma protegge chi cerca di difenderlo. Un'altra importante qualità del Dharma è di assicurare la vittoria ovunque esso sia rispettato. Dobbiamo anzitutto cercare il significato di Dharma. Dovrete sacrificare molto perché il Dharma nasca nel vostro cuore. E’ per questo che Dasaratha dovette fare il grande sacrificio di Putrakameshitiyaga (rinuncia alla figliolanza). Il Divino è l'incarnazione stessa del Dharma e solo con il Dharma può essere adorato. E il Dharma è la ghirlanda dei fiori, delle buone azioni, di sante parole e di santi pensieri. Guadagnatevi la qualifica di essere buoni, servizievoli ed efficienti nel fare il bene. I figli che non fanno contenti i genitori sono ricordati dalla madre solo per il dolore che ella patì nel, partorirli.

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Dovrete sacrificare molto perché il Dharma nasca nel vostro cuore. E’ per questo che Dasaratha dovette fare il grande sacrificio di Putrakameshitiyaga (rinuncia alla figliolanza). Il Divino è l'incarnazione stessa del Dharma e solo con il Dharma può essere adorato. E il Dharma è la ghirlanda dei fiori, delle buone azioni, di sante parole e di santi pensieri. Guadagnatevi la qualifica di essere buoni, servizievoli ed efficienti nel fare il bene. I figli che non fanno contenti i genitori sono ricordati dalla madre solo per il dolore che ella patì nel, partorirli.

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Il malvagio gode nel creare fastidi al buono, e nel compiacersi di commettere cose vietate dalle Shastra. Lo stabilirsi nel Dharma significa, invece, agire nello stretto rispetto delle Shastra, diffondere fra la gente la gioia di una vita vissuta nel Dharma, creare rispetto per i Veda e le Shastra, verso Dio, verso gli Avatara e i Paramapurusha (i grandi uomini) e, infine, verso Sadhana, che porta alla liberazione e alla felicità oltre questa vita.

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Il primo passo nella Sadhana è l’obbedienza al Dharma in ogni atto individuale e sociale. Il Dharma che è seguito in rapporto a Prakriti (mondo materiale o natura) porterà automaticamente anche al Dharma nel campo spirituale, ma lo dovete seguire sempre, nelle cose importanti e nelle minime.

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Soprattutto ora, è urgente che ognuno di voi esamini ciò che è puro, vero e permanente. Oggi infatti c'è l'illusione riguardo ai valori. Anche i capi di governo si attaccano alla falsa ipotesi che la felicità può essere ottenuta con il benessere materiale e la salute, con l'abitazione e il vestiario, o con la formazione di capacità tecnologiche. L'uccello sta sicuro sul ramo che ondeggia al vento, non perché confida nel ramo, ma perché è sicuro delle proprie ali. Anche voi vi dovete sentire forti delle vostre ali di Shradda e di Bhakti (fede e amore divino) e non per quello che vi offre il mondo. L'esperienza dell'inondazione del fiume Cauvery vi insegna che nulla può salvare l'uomo dall'essere travolto da un simile disastro, né il suo stato, né la casta, né i soldi e neppure la sua salute, se non conosce la semplice arte del nuoto. E’ necessario che vi dica che l'attraversamento dell’oceano del Samsara per raggiungere l'altra sponda del mare della vita e della morte, è possibile solo a chi conosce l’arte del Sadhana spirituale? Coloro che cercano di costruire la comunità umana sul fondamento di Dhana (ricchezza materiale) costruiscono sulla sabbia: chi è saggio cerca la fondazione sulla roccia del Dharma.

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Il Dharma, per esempio, dice:<<Sathyam vada>> e <<Dharman ciara>> (dì il vero e agisci secondo il Dharma). E anche: <<Sathyannasthi paro Dharmah>> cioè non c'è nessun fattore più stabilizzante per la società e nessun sostegno maggiore per il progresso individuale che Sathya, la verità. Celare il vero, distorcerlo o negarlo, sono tutti segni di codardia. Nessuna persona coraggiosa si sofferma a nascondere la faccia della verità. Notate anche il secondo precetto: <<Dharman ciara>> (metti in pratica il Dharma). Riempire ogni istante con la parola, il pensiero e l'azione del riflesso del Dharma nella vostra coscienza, dà a questo modo di vivere il significato di ciò che è detto Silam nelle frasi come: <<Silam param bhuscianam>> (Silam è il gioiello più prezioso). Dovete in ogni vostro istante esaminare se state rispettando il Dharma o se deviate. Oggi invece si usa il Dharma come pretesto per sfruttare gli altri, e non come norma per fare il proprio dovere verso gli altri. Si ricorda il Dharma ai terzi, al fine di ottenere qualche vantaggio. Non dovete solo ricordare i diritti che il Dharma vi conferisce, ma soprattutto i doveri che esso vi impone. La tentazione di ignorare il Dharma nasce dall'egoismo e dall'accettazione di falsi valori. Il desiderio di soddisfare le brame più basse è la radice di A-dharma e si impadronisce di voi in silenzio, con astuzia, come può fare un ladro di notte, o un servo che vi vuole accudire, o un consigliere che vi vuole avvertire. La malvagità, ahimè, ha mille trucchi per catturare il vostro cuore. La bramosia apre una fessura nella vostra coscienza, ci entra e vi prende dimora, si moltiplica e corrode la personalità che vi siete costruiti con laboriosa cura. La fortezza non è più sotto il vostro controllo e voi siete divenuti pupazzi manovrati da codesti nemici interiori. Comunque cerchiate di risollevarvi, essi cercheranno di minare la struttura e voi dovrete rifare tutto da capo, tanto è grande il danno che vi procurano.

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Al fine di poter sperimentare l’Atma-tattva (la qualità dello spirito, l'elemento Atma) dobbiamo solo intraprendere certi tipi di azione che si riferiscono al modo di vivere dharmico. Alcuni dicono che tutti i Karma (azioni) che si fanno sono differenti aspetti del Dharma, ma questo non è possibile; altri dicono invece che si possono chiamare Dharma-Karma solo le opere di tipo sattwico (spirituale) o che sono Nivritti (Ni significa "senza", Vritti perturbazione, modificazione della mente). Poiché ci hanno detto che il Karma, sia o no sattwico, riferito alle cose del mondo, deve essere detto Dharma, dobbiamo qui fare una certa indagine: alcune volte noi siamo benevoli, in pace verso gli altri, ma altre volte uccidiamo uomini in battaglia; queste due categorie di azioni sono Karma. Per proteggere questo corpo, che è in fondo ciò che compie l'azione, il Karma, compiamo molti tipi di azione. Quelle che hanno per fine la soddisfazione dei desideri dei sensi non chiamiamole dharmiche. L’operato può essere qualificato come Dharma solo quando si toglie dalla mente ogni tipo di egoismo e ogni tipo di desiderio. Allora le azioni possono essere ritenute come adempimento dei dettati del Dharma divino. Tali azioni aiuteranno anche l'individuo a progredire spiritualmente.

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Sono due gli insiemi di norme che regolano la condotta umana, quella amorale e quella morale. Le norme amorali sono quelle del tipo materiale: essere, per esempio, all'aeroporto per una certa ora per salire su un aereo. Le norme morali riguardano invece la giustizia, l'uguaglianza, viste, secondo il Dharma, come verità fondamentale. E’ una regola morale la divisione esatta di proprietà che un padre fa per i suoi due figli. Dal punto di vista dell'Atma tutti gli esseri sono uguali, senza differenze.

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Concentratevi sempre sul frutto duraturo, l'universale, lo spirituale. Non perseguite fini miseri, utilizzate la mente per seguire il piano divino di ristabilire il Dharma nel mondo. Cosa potreste progettare voi, con la vostra piccolissima intelligenza?

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La più facile e fruttuosa espressione del Dharma consiste oggi nel Seva (servizio) fatto a chi è attorno a voi, come atto di adorazione del Principio divino che vi circonda. Dedicate ogni vostra capacità, talento, possibilità economica e cultura alle incarnazioni viventi del Divino che avete attorno. Questa è la Dharmashakti (la forza divina, shakti) che può attirare la grazia su di voi.

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Nel Garudapurana (il Purana, storia sacra di Garuda, avvoltoio sacro), Sri Hari istruisce Garuda sul declinare di ogni giorno della vita umana, e sugli attacchi che la morte le sferra con il suo esercito di malattie, di accidenti e di calamità naturali. Da esseri inferiori che eravate, vi siete meritati codesto corpo umano attraverso innumerevoli vite ed è davvero stolto sprecare codesta stupenda occasione in attività proprie degli esseri inferiori. La vita scorre tanto in fretta che la gente spesso si stupisce di vedersi invecchiare tanto presto. Vi pare ieri, quando eravate a scuola o giocavate per strada, e ora avete già dei nipotini che giocano come facevate voi! Mentre la vita porta gli uomini velocemente verso la morte, l'orgoglio li spinge a comportarsi male verso gli altri, pretendendo che tutti si inchinino davanti a loro, senza sentirsi obbligati, a loro volta, a prostrarsi davanti all'Onnipotente! Per la "Luna Nuova" tutto il paese celebra la festa del Ramayana, e oggi è proprio il Ramanavami, giorno in cui nacque Rama. Rama è il Dharma, il Dharma è Rama. I quattro ideali dell'uomo, come li espongono i Veda, sono: Dharma, Artha, Kama e Mokscia; il Dharma è la base di tutto. Se si trascura o si disprezza perdurano il dolore e la pena. Rama considerava di somma importanza il Dharma. Quando Bharata, sopraffatto dal dolore per la morte del padre, per l'avidità della madre si recò nella foresta per incontrarvi il fratello esiliato, si rotolò per terra preso dalla sua terribile angoscia, Rama lo sollevò dolcemente e gli chiese: <<Stai mantenendo il Dharma nel regno di Ayodhya, rispettando i sudditi, i poveri, i vecchi, i santi e i saggi?>> Anche quando la più dura delle calamità cade sull'uomo, egli non deve scostarsi dalla via della morale e della giustizia. Rama svegliò Bharata dal sonno dell'ignoranza: il poveretto era sopraffatto dal dolore e pensava che suo padre, sua madre, fratelli, regno, potere e posizione fossero le cose più importanti, fossero reali, eterne. Rama gli ricordò che esse sono solo strumenti da usare per l'esercizio del Dharma.

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Il Dharma è la via del progresso individuale e sociale, in questo mondo e attraverso questo mondo verso il successivo. Non se ne possono alterare i principi per assecondare o servire velleità personali o problemi impellenti. Questo appare terribile agli occhi di moltissime persone. Bisogna rendersi conto che il Dharma è come la madre, che deve essere accettata, non come la moglie che può essere scelta!

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Il Dharma, come è descritto nel Mahabharatha, è un sostegno che può essere d'appoggio a ogni cuore abbattuto. Se vi sentite di indagare a fondo e di ragionare con coraggio, verrete ad apprezzare il punto di vista indiano, il quale afferma che invece di cercare una Ananda (felicità) di bassa lega, come quella che procurano i sensi, si può raggiungere un'Ananda duratura, educando la mente a essere sempre rivolta al cosmico, all'universale, al Signore, come Lo chiamate quando Gli imponete un nome e una forma per potere avere la consapevolezza della Sua esistenza. Perché l'uomo giunge all'Ananda quando contempla il cosmico e l'universale? Perché egli stesso è il cosmico e l'universale! L'uomo è fondamentalmente, essenzialmente e pienamente immortale; egli è Anandaswarupam (forma, incarnazione della felicità) eppure piange, è triste. Egli è Shantiswarupam (la pace incarnata) eppure è pieno di ansia. Questo assurdo autoinganno è la radice della tragedia del mondo di oggi. La verità deve essere fatta entrare nella coscienza di tutti: in quella dei Gurù (maestri) e in quella dei Shishya (discepoli), in ogni parte del mondo.

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Il Dharma è il confine che l'intelligenza pone alle passioni, alle emozioni e agli impulsi dell'uomo. I Pandit hanno il compito di insegnare l’applicazione del Dharma nella vita quotidiana. Manava (l'uomo) significa "colui che osserva mana, la misura, il limite"; la interpretazione corrente è: essere dotato di manas, mente, non andare all'impazzata e disordinatamente, sottomettendosi volentieri al controllo, alle regole e alla disciplina.

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Se cercate di avere il Signore al vostro fianco, come vostra guida, provvedetevi della natura divina, delle Daivi Sampath (le qualità del Dharma) perché il Signore è là dove c'è il Dharma.

Discorsi 88/89 volume I

Dharma e devozione [2] pag.45

La cultura tramandataci dagli antichi figli dell’India è tale che né col passare dei secoli, né col sovrapporsi di altre culture più recenti, ha subìto variazioni; non può dissolversi, né ricrearsi, né cambiare, perché ha preso ispirazione dal Dharma, l’eterna Legge Divina, che è la sua misteriosa corrente. La devozione occupa in questa cultura un posto di grande rilievo, ma non deve essere confusa con l’abitudine invalsa di frequentare templi o compiere pellegrinaggi, azioni meramente esteriori, marginali che, per avere senso, devono essere mosse da una forza interiore, dall'Amore assoluto, disinteressato, il solo che possa essere chiamato "devozione".

SCHEDA DI STUDIO Massime di condotta pag.223


di Shri Satya Sai Baba
di Shri Satya Sai Baba
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L'Amore è da considerare come l'autentico respiro della Vita.
L'Amore si manifesta allo stesso modo in tutte le cose. Sii convinto che lo stesso Amore è l'Anima Suprema, la divina Emanazione.
In ciascuno, sotto forma di Amore, esiste l'unico Essere Supremo .
Il principale sforzo dell’uomo dovrebbe consistere nel focalizzare il proprio amore sul Signore, piuttosto che su tutte le altre forme di amore.
Orientato a Dio, questo Amore è Devozione- La principale prova da superare consiste nell'acquisire Devozione.
Chi cerca la Beatitudine dello Spirito non dovrebbe inseguire le gioie dei sensi.
Alla Verità, va riservato il trattamento che spetta allo stesso respiro vitale.
Proprio come un corpo senza respiro è inutile ed in poco tempo             incomincia a putrefare e a puzzare, così la vita senza Verità è inutile e diviene una fetida dimora di conflitto e di dolore.
Credi che non v'è nulla di più grande, di più prezioso, di più dolce e di più duraturo della Verità.
La Verità è Dio che protegge tutti. Non c'è Custode migliore della Verità.
Il Signore che ha la forma della Verità (Satya) accorda la Sua visione a coloro che fanno discorsi pieni di Verità ed hanno un cuore irradiante Amore.
Abbi verso tutti gli esseri un'imparziale cortesia ed anche spirito di abnegazione.
Devi anche possedere il controllo dei sensi, un carattere imperturbabile e non avere attaccamenti.
Sii sempre vigile contro i quattro peccati verso cui è incline la lingua: l) Menzogna; 2) Maldicenza; 3) Calunnia e 4) Loquacità. La miglior cosa è tenere sotto controllo queste tendenze.
Cerca di prevenire i cinque peccati che commette il corpo. 1) Uccisione. 2) Adulterio; 3) Furto. 4) Assumere bevande tossiche e 5) Mangiare carne. Mantenere lontani il più possibile questi peccati servirà ad elevare maggiormente il livello della vita .
Bisogna essere sempre vigilanti, senza un solo momento di negligenza, contro gli otto peccati commessi dalla mente: l) Desiderio; 2) Collera; 3) Avidità; 4) Attaccamento; 5) Impazienza; 6) Odio; 7) Egoismo; 8) Superbia. Il primo dovere dell'uomo è quello di tenersi a debita distanza da tutte queste cose.
La mente dell'uomo rincorre azioni sbagliate. In quei momenti, evitando di lasciarla andare così, ricordati del Nome del Signore, oppure dedicati a qualche buona azione o altro. Chi si comporterà in questo modo sarà sicuramente pronto a ricevere la Grazia del Signore.
Per prima cosa abbandona la meschina propensione a sentirti inquieto per la prosperità degli altri e a desiderare la loro rovina. Sii felice quando gli altri sono felici. Sii comprensivo verso coloro che si trovano nelle avversità e augura loro fortuna. Questo è il punto di arrivo di chi coltiva l’amore di Dio.
La pazienza è tutta la forza di cui ha bisogno l'uomo.
Chi anela ad una vita felice deve sempre fare del bene.
E' facile dominare l'odio con l'amore, l'attaccamento con l'uso della ragione, la menzogna con la verità, il male con il bene e l'avidità con la carità.
Non si deve reagire alle maldicenze. Stai ben lontano da chi le dice. E' per il tuo bene. Tronca ogni relazione con gente simile .
Cerca la compagnia dei buoni, anche se ciò ti dovesse indurre al sacrificio della rispettabilità e della vita; ma prega sempre Iddio di   benedirti con il dono della discriminazione, necessaria per saper     distinguere le persone buone dalle cattive. Inoltre, fai ogni sforzo, usando l'intelletto che ti è stato dato.
Coloro che conquistano le nazioni e raggiungono la celebrità nel mondo sono senza dubbio stimati eroi; ma coloro che hanno dominato i sensi sono degli eroi che devono essere acclamati come i conquistatori dell’Universale.
I frutti che maturano da qualunque azione l'uomo faccia, buona o cattiva che sia, lo seguiranno senza mai arrestarsi.
L'avidità produce solo dolore; la cosa migliore è sapersi accontentare. Non c' è gioia più grande del sapersi accontentare.
Si deve sradicare la tendenza a fare il furbo negli affari commerciali e ci si deve liberare da essa, poiché, se le si permette di sopravvivere,    insidierà la vita alle sue basi.
Sopporta con forza sia le perdite che le afflizioni. Sforzati di formulare piani per acquisire gioia e vantaggi.
Quando l’ira ti coinvolge, adotta il silenzio oppure ricorda il Nome del Signore. Piuttosto, non cercare di rammentare cose che ti riaccenderebbero ancor più di rabbia. Il danno che ne proverrebbe sarebbe incalcolabile.
Da questo istante proponiti di evitare tutte le abitudini cattive. Non dilazionare o prorogare. Esse non contribuiscono alla più piccola gioia.
Per quanto dipende dalle tue possibilità, cerca di soddisfare le necessità dei poveri, i quali sono il Creatore stesso venuto a risiedere in loro. Invitali alla tua mensa, dà loro qualunque cibo e rendili felici almeno             quell'unica volta.
Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
Pentiti sinceramente dei peccati commessi per ignoranza. Fà in modo di non ripeterli ancora. Prega Dio perché ti benedica con la forza ed il coraggio necessari per imboccare il giusto sentiero.
Non lasciare spazi a ciò che può distruggere il tuo ardore ed entusiasmo per il Signore. La mancanza di zelo provoca il deperimento delle forze di un uomo.
Non piegarti alla codardia; non rinunciare alla Beatitudine.
Non insuperbirti, quando la gente ti elogia; non scoraggiarti quando ti biasima.
Se fra i tuoi amici qualcuno nutre dell'odio verso un altro e sta per litigare, non cercare di renderli ancor più furiosi, fomentando il loro odio reciproco. Cerca piuttosto, con amore e comprensione, di ristabilire la loro amicizia di prima.


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Anziché indagare sui difetti degli altri, cerca di vedere i tuoi propri errori: sradicali, sbarazzatene. Basterebbe che, nella tua indagine, scoprissi un solo tuo difetto: è molto meglio che scoprirne dieci fra le centinaia degli altri.
Qualora non possa o non voglia compiere una buona azione, è assai preferibile che non progetti né ponga in effetto un'azione cattiva.
Non essere ipersensibile se qualcuno ti fa notare dei difetti che non hai; come per quelli che sai di avere, cerca lo stesso di correggerteli, anche se qualcuno prima te li ha fatti rilevare. Non nutrire rancore o sentimenti di vendetta verso le persone che ti indicano i tuoi difetti. Non rimbeccare contro costoro, mostrando a tua volta i loro errori. Sii invece loro grato. Lo sforzo di rintuzzare i loro sbagli è da parte tua un errore ancora più grave. Per te è un bene conoscere le tue manchevolezze, mentre non hai alcun vantaggio nel conoscere i difetti degli altri.
Ogni volta che disponi di un po’ di tempo libero, non sprecarlo per parlare di tutti, ma usalo per meditare su Dio o per compiere del servizio altruistico.
Il Signore può essere capito solo dal devoto e il devoto può essere capito solo dal Signore. Nessun altro li può capire. Perciò, con chi non ha devozione non stare a discutere argomenti che si riferiscono al Signore. Queste discussioni abbattono la tua devozione.
Se qualcuno sta dibattendo con te un argomento che non ha capito nel suo verso giusto, non tirare in ballo altre nozioni sbagliate per sostenere quella posizione, ma cogli solo ciò che di buono e di gradevole sta dicendo. Un discorso ha senso quando è apprezzato e gradito, non quando è pieno di contraddizioni o di prolissità, che non servono a niente e costituiscono solo un intralcio alla Beatitudine.
Se vuoi coltivare concentrazione, in un luogo affollato o in un negozio, non disperdere il tuo sguardo in ogni angolo e su ogni cosa, ma guarda solo la strada che ti sta davanti, giusto per evitare incidenti. La concentrazione diverrà sempre più salda se si va in giro senza distogliere la propria attenzione dalla strada, schivando i pericoli e non gettando occhiate sulle fattezze degli altri.
Elimina tutti i dubbi sul Maestro e su Dio. Se La concentrazione diverrà sempre più salda se si va in giro senza distogliere la propria attenzione dalla strada, schivando i pericoli e non gettando occhiate sulle fattezze degli altri. i tuoi desideri terreni non trovano soddisfazione, non prendertela con la tua devozione. Simili desideri non hanno niente a che fare con la devozione a Dio. Un giorno o l’altro i desideri del mondo andranno abbandonati e, prima o poi, si dovranno acquisire i sentimenti di devozione. Stanne pur certo.
Non avvilirti attribuendo colpe a Dio se la tua meditazione o la tua preghiera non fanno molti progressi oppure se i desideri che accarezzi da tempo non si realizzano. Ciò ti scoraggerà ancor più e, qualunque cosa abbia conseguito, piccola o grande che sia, non ti darà la pace. Durante la meditazione o la preghiera non essere mai depresso, disperato o scoraggiato. Se ti sorprendono sentimenti del genere, desumi un errore nella tua disciplina spirituale e fai di tutto per correggerlo


(Da SANDEHA NIVARINI, Dialoghi con Bhagavan Shri Satya Sai Baba, pp.41 -47)

Discorsi 88/89 volume II

Il retto agire [9] pag.9

Lo affermano i Veda: “Il retto comportamento è un contributo al benessere di questo mondo e di quello futuro". Yato abhyudaya nissreyas siddhih sa Dharmah. Yato significa “qualunque”; Nissrevas significa “il responsabile del mondo di ora e di domani". Siddhih significa che sta all’uomo il potere di liberarsi dalla sofferenza e dai dispiaceri e Dharmah rappresenta ciò che dà questa liberazione. Soltanto chi agisce rettamente è libero dal dolore e possiede ogni gioia e beatitudine in questo e nell’altro mondo.

Armonia in pensieri, parole, azioni [10] pag.9

Semplifichiamo con un esempio. La vera rettitudine consiste nell’armonizzare pensieri, parole ed azioni. La mente, la parola ed il corpo sono fra di loro in stretta relazione. Quali valori avrà in sé un uomo che non coordina ciò che pensa con quanto dice e fa? Il livello della rettitudine umana viene raggiunto nella consonanza di questi tre fattori. Se l’uomo si attiene alla sua dimensione fisica e non asseconda le sue qualità interiori, non potrà mai essere di grande aiuto al mondo.

Il Dharma [10] pag.196

Ma che cosa significa la parola shastra? Significa tradurre in parole un’esperienza e ricordare cose dimenticate. L’autorità di queste Scritture si fonda sul Dharma, ossia sui principi di retta condotta, che sono svariati. Vi è il Dharma adatto ad una razza e il Dharma adatto alla Nazione, vi è quello della casta e quello di un gruppo particolare e vi sono norme di comportamento per i momenti critici: in tutto sono cinque e alla loro base c’è un comune senso di tolleranza e di rispetto per tutti gli esseri viventi.

Il Dharma di Dio [5] pag.258

Quali sono gli aspetti del Dharma, cioè della Rettitudine? Come attributo del Divino, il Dharma, comprende ogni aspetto: c’è il Dharma del mondo, il Dharma della società, il Dharma dell’individuo, e così via. Ma fra tutti questi aspetti, ve ne sono due importanti: l’uno riguarda la retta condotta da tenere nei confronti degli altri o Paradharma, l’altro è inerente alla natura propria di ciascuno, e si chiama Svadharma. Sono molti coloro che, non comprendendo il vero significato di quest’ultimo termine, ritengono che abbia attinenza con problemi di casta o comunitari.

Un Dharma per tutti [6] pag.259

E’ sbagliato ritenere che questo tipo di Dharma riguardi gli uomini di governo, i sacerdoti, gli operatori economici e i lavoratori. Svadharma sta per Atma-dharma, e perciò sta ad indicare una condotta che ha relazione con lo Spirito. Dovere principale dell’uomo è seguire questa norma spirituale di condotta. Para-dharma è in relazione al corpo e comprende l’etica da rispettare ogni giorno nel guadagnarsi da vivere e nella vita di società. Il Paradharma comporta timori e delusioni; nel perseguire gli impegni del mondo con i suoi codici di condotta, l’uomo viene tormentato da molte paure: paura dell’insuccesso, del disprezzo o della critica, paura causata dall’incertezza e dall’ansia. Ma per colui che segue le vie dello Spirito nell’Atmadharma, non c’è assolutamente posto per la paura né per l’ansia. L’uomo, dunque, segua queste vie.

Corso estivo 1990

Il dharma dell’audacia [35] pag.150

A questo proposito, dovreste comprendere il giusto significato dei termini Svadharma e Paradharma, come vengono usati nella Bhagavad Gita. Svadharma significa il dharma relativo allo Spirito (Atmadharma), ossia il compito di andare a Dio, e non va inteso come i doveri del proprio stato, inerenti alla propria casta di bramini (brahmana-dharma), di guerrieri (kshatriya-dharma), e così via. Così pure, Paradharma è il dharma che ha attinenza con le cose del corpo (deha-dharma), cioè con i doveri implicati nel rapporto col mondo fisico e con ciò che è corporeo. Questo è il senso da attribuire all’espressione della Gita, Paradharma bhayavahah, con cui non si vuol dire altro che la paura è la sorte che spetta a chi nella vita soggiace ai doveri del corpo (deha dharma). Nessuna paura, invece, vi affligge quando seguite le vie dello Spirito (Atma-dharma). Se, dunque, comprenderete il vero significato dei versetti e dei termini usati nella Gita, e sulla base di quella conoscenza modellerete la vostra vita, nessuna calunnia, né scherno, né dolore, né sofferenza potranno incutervi paura.

Verità, Rettitudine e Giustizia [17] pag.169

Ci sono tre cose che non dovreste mai dimenticare: la Verità (Satya), la Rettitudine (Dharma) e la Giustizia (Nyaya). I nostri avi furono dei fedeli osservanti di questi tre principi nella vita quotidiana. Ma oggigiorno questi valori sono stati dimenticati persino in India, per non parlare di altre nazioni. In qualità di futuri patrocinatori della cultura e della tradizione indiane, dovete ripristinare questi valori, cominciando intanto a mettere in pratica ciò che avete appreso qui durante queste due settimane. Coltivate amore per la nazione, per la cultura del vostro paese, per la vostra religione. Ma per nessun motivo dovreste criticare le altre nazioni, le altre culture, le altre religioni, le altre persone. Abbandonate la grettezza di mente e siate di larghe vedute. Pregate,sempre per il benessere di tutto il mondo, secondo quanto recitano i Veda: Lokasamastah sukhino bhavantu, “Che tutto il mondo sia felice".

La scienza di Dio

La vera fama viene da una vita retta [12] pag.71

Ogni virgola di questi consigli dati agli allievi è di una potenza elevatissima, Dharmavyadha si guadagnò una fama perenne per il servizio devoto offerto al padre e alla madre. Rama e Harischandra ebbero fama immortale a causa della loro costante fedeltà alla Verità. Con la retta condotta dei semplici mortali divennero dei maha Purusha, dei Grandi indimenticabili. Il Buddha si astenne dal fare del male ad ogni essere vivente, perché diceva che la non-violenza (ahimsa) è la forma più alta di morale (paramo dharmah),e divenne così rispettato come maestro del mondo.

Dio è unità

Capitolo I. 10. Dio assume forma umana per salvare il "Dharma"

Il Signore ama la condotta morale ed è per salvaguardarla e per ridarle la purezza e lo splendore originario che Egli assume una forma umana e vive fra gli uomini. Se volete ricevere la Sua Grazia dovete ispirare le parole, i pensieri e le azioni al "Dharma" (condotta morale). Dovete prendere coscienza che Dio dimora in tutti gli esseri e ciò farà nascere in voi l'amore, la tolleranza, la simpatia ed il rispetto. Il lavoro ispirato dal "Dharma" vi farà progredire, senza che ve ne accorgiate, suscitando in voi un atteggiamento di devozione che vi farà raggiungere la saggezza. Potrete gustare allora la dolcezza del Divino di cui essa è tutta pervasa. Il lavoro, la devozione e la saggezza corrispondono agli stadi di formazione del frutto, della sua crescita e della sua maturità finale. Ecco le tappe che indicano il progresso spirituale. Quando il frutto sarà saturo di succo e di zucchero cadrà dall'albero, perché avrà raggiunto la sua piena maturazione.

Capitolo VI. 7. Riconoscete lo Spirito come il parente più stretto

Una società non può essere legittimata solo dal fatto che pianifica la distribuzione, in misura uguale o disuguale, di quanto trae dalla Natura. La sua finalità dovrebbe essere invece la dimostrazione e la messa in atto, in ogni azione e proposta sociale, della conoscenza dell'Unico e Universale Spirito e della gioia che si ottiene da essa. Sai non dice: “L’anima non muore quindi puoi uccidere il corpo fisico".
No! Sai non incoraggia le guerre! Sai vi guida a riconoscere l'anima come il vostro parente più prossimo, più dei membri della vostra famiglia, dei vostri consanguinei, dei vostri più cari discendenti. Raggiunta questa meta non vi allontanerete più dal cammino del Dharma, l'unico che può mantenere questa parentela.

Quelli che Dio ama di più

2 - pag.91 – (92) Il corpo è sacro

...L’uomo oggi vive una vita inutile: piange quando nasce, piange quando muore, e piange nell'intervallo per cose insignificanti. Piange forse quando vede declinare il <<dharma>>? Che cos'è il vero <<dharma>>? Esso è fare il proprio dovere pensando e contemplando il Signore. La Bhagavad Ghita non insegna di abbandonare la famiglia, la ricchezza e le proprietà, ma di prendersi cura della famiglia e fare il proprio dovere! Concentratevi sul Divino! Qualunque cosa facciate, fatela senza dimenticare la meta finale, perché se la dimenticate, finirete sulla strada sbagliata. Svolgete il vostro dovere quotidiano tenendo ben in vista il vostro obbiettivo finale.

Ghita Vahini

3 - pag.11 Il <<Dharma>>


Arjuna è l'individuo (Jivi), il corpo è il carro e l'auriga è Krishna, il Signore, l'ispiratore della intelligenza, il <<Brahman>> (la divina energia cosmica) che lo spinge in risposta alla sua preghiera <<Dhiyoyonah prachodayath...>> (risveglia la mia intelligenza Signore e guidami!).I Kauravas rappresentano la natura diabolica, mentre i Pandavas quella divina. I primi sono <<Asat>>, irreali, i secondi <<Sat>> la verità. Gli uni il male e gli altri il bene. Fra i due sempre vi è stata lotta ed in questo conflitto fra forze opposte, Krishna (Il <<sé>>, l’”atma'' è sempre dalla parte del <<dharma>>, la realtà che sostiene, e non dell'illusione che la mina. Se cercate di avere il Signore dalla vostra parte come guida, munitevi della divina natura (<<Daivi Sampath>>), e delle qualità del <<dharma>>. Dove c'è il <<dharma>> c'è il Signore! Naturalmente ciò non significa che il Signore non è omnipresente.... !
Il burro è ovunque nel latte e può ottenersi con il processo dello sbattimento e del mescolamento. Anche il Signore si rende manifesto in un luogo specifico, proprio come il latte, dal processo del <<Dharma-sadhana>> (disciplina spirituale che conduce a riconoscere ciò che è <<Dharma>> e ciò che non lo è). E’ detto: <<Dove c'è il Dharma c'è la vittoria!>>. Arjuna era vinto dall'aspetto fisico e perciò fu necessario benedirlo con la conoscenza del reale, cioè con l'aspetto atmico. L’intero complesso del <<sadhana>> è impiegato per chiarire cosa è la consapevolezza dell'<<Atma>> e per fissare l'attenzione su tale concetto. L’insegnamento di Krishna è il riassunto e la sostanza della ricerca della verità.

4 - pag.12 Lo sconforto di Arjuna


Krishna rispose a molti dubbi che avevano tormentato Arjuna e che quest'ultimo non era riuscito ad esprimere <<Oh Arjuna! Tu stai soffrendo perché questi re e principi che ti sono parenti devono essere uccisi dalle tue mani. Tu parli del <<dharma>> con leggerezza, ma ricordati che l'uomo saggio (colui che conosce il <<dharma>>) non soffre per la vita o la morte, e ti dirò perché. Ti rammarichi del corpo che decade e muore, ma non quando passa attraverso i suoi diversi cambiamenti. Il bambino sparisce nel ragazzo, il ragazzo nel giovane, il giovane nell'uomo maturo ed infine l'uomo maturo nell'uomo vecchio, che poi muore. Non hai mai pianto per i cambiamenti che hanno afflitto il corpo, perché ora piangi per quest'ultimo chiamato <<morte>>? Hai forse oggi il corpo che avevi quando eri ragazzo? Dove é quella sembianza che avevi quando legasti Drishtadyumma? Ancora ti ricordi di quella ragazzata? Eppure il corpo che la fece se ne é andato! Ma qualunque cambiamento il corpo soffra, l'<<atma>>, lo splendore della vera saggezza, rimane immortale>>. Essere stabili in quella conoscenza è il segno del saggio <<Jnani>>.
Potresti chiederti il perché una persona non si rattrista quando i corpi, con i quali ha vissuto per anni, spariscono. Ma per quanti ti dovresti lamentare allora, ammesso che sia giusto soffrirne? Hai mai pensato a questo? La gioia e la sofferenza sono come il giorno e la notte, ad esse dovresti abituarti, perché attraverso di esse devi passare. Se le rifiuti, non per questo smetteranno di accadere e, se le desideri, non per questo incominceranno a presentarsi. Entrambi sono connesse con il fisico, il corpo materiale, e non intaccano lo spirito, l'anima. Il momento in cui fuggirai da loro, sarà il momento in cui sarai libero e avrai ottenuto <<Moksha>> (liberazione). Il primo discorso che insegna questa verità è chiamato <<Arjuna Vishada Yoga>>, lo <<sconforto>> di Arjuna. Esso rappresenta le fondamenta dell'edificio della Bhagavad Ghita. Quando le fondamenta sono forti anche l'edificio è durevole. La Ghita fu costruita su quelle fondamenta 5.000 anni fa ed è immutabile ed incrollabile. Da ciò potrete dedurne quanto forte sia la base sulla quale riposa e quanto saggia fu la persona che l'ha edificata. Quello <<sconforto>> di Arjuna, quanto fu benefico! Non si trattava di una ordinaria mancanza di coraggio! Esso mise alla prova la sua sincerità e la sua risolutezza e lo indusse in tale condizione a prendere rifugio nel Signore senza fare domande. E questa condizione di risoluta sottomissione è stata chiamata <<Yoga>>. La Ghita che inizia con lo sconforto di Arjuna, finisce con <<Sanyasa Yoga>> (la rinuncia). "Vishada" (lo sconforto) è la base e <<Sanyasa>> è la superstruttura, una è il seme e l'altra il frutto.

7 - pag.14 Il Dharma più nobile

Il <<dharma>> più nobile è di seguire quello relativo al proprio stato. A questo riguardo vi è conflitto fra religione e morale.<<Gahana karmano ghathith>> ("E’ difficile e piena di pericolo") dice il Signore parlando della disciplina morale. Quale atto è legittimo, e quale no?
Quale atto è sanzionato dalla morale e quale no?
Molti hanno lottato e lottano per rispondere a queste domande.
Ma Krishna ha menzionato quali atti sono validi nei seguenti versi:<<Pensa a Me, sii devoto a Me, rendimi culto ed omaggio, Mi raggiungerai. La verità ti rivelo, perché sei caro a Me. Questo è il Mio insegnamento, la Mia Grazia>>.<<Questa è la strada per venire a Me, abbandona tutti i <<dharma>>, arrenditi a Me, non affliggerti, ti libererò dalle conseguenze di tutti i tuoi atti>>.Ah! Notate il significato di questi due <<Slokas>>. Non è sufficiente questo atto di resa per liberarvi dal circolo vizioso del venire, stare e vivere in questo mondo? Vedi Lui in ogni essere, sii cosciente di Lui in ogni momento dell'esistenza, sii immerso nella beatitudine di quella consapevolezza, in un profondo amore e devozione per Lui. Dedica a Lui tutti gli atti, grandi e piccoli, volontà, desiderio, attitudine, attività, frutti e conseguenze, ogni cosa dall'inizio alla fine, rinuncia a tutti gli attaccamenti e compi gli atti in uno spirito di reverente distacco. Questo è ciò che il Signore cerca in noi.

8 - pag.15 La resa totale

Naturalmente è molto difficile effettuare questa totale resa.
Ma se l'uomo fa anche il più piccolo sforzo in quella direzione, il Signore stesso gli darà il coraggio di proseguire fino alla fine. Egli camminerà con lui e lo aiuterà come un amico, lo condurrà come una guida, lo proteggerà dal peccato e dalla tentazione, sarà il suo sostegno e supporto. Egli ha dichiarato: <<Questo modo di agire, se seguito anche in minima parte, lo salverà da una terribile paura>>. Seguire il "Dharma" è in se una sorgente di gioia, è il cammino meno irto di ostacoli. Questo è l'insegnamento del Signore.<<Verrete vicino a Me... capirete il mio mistero, entrerete in Me, acquisirete la Mia natura>>.Questi sono i termini usati:
"Saadrisya" acquisire la divina natura.
"Saalokya" esistenza in Dio.
"Sayuja" unità in Dio.
Quando si è raggiunto lo stadio di realizzare la divinità in ogni essere, quando con ogni strumento della conoscenza (i cinque sensi) si sperimenta quella divinità, quando essa sola viene vista, udita, sentita, odorata e toccata, l'uomo diviene senza dubbio una parte del corpo di Dio e vive in Lui e con Lui. Non appena questo dovere verso il proprio progresso viene deciso, sentirete sin dal primo passo sorgere in voi una nuova forza e sperimenterete una nuova e più pura gioia, assaggerete la pienezza della beatitudine, sarete rinfrescati da una nuova santità. Questo "Dharma" non è stabilito o raccomandato per degli uomini straordinari. Esso è raggiungibile da tutti coloro che hanno sete di Dio, che hanno la discriminazione per scoprire che esiste qualcosa al di là di tutto questo cambiamento. Anche il più incallito peccatore può pulire il suo cuore e divenire puro arrendendosi al Signore in un angosciato pentimento.

9 - pag.15 Il comandamento di Dio

Pertanto il comandamento di Dio è che ciascuno segua lo speciale "Dharma" stabilito per lui; pianifichi la sua vita in concordanza con le basi spirituali della sua cultura abbandonando la visione cosiddetta <<oggettiva>> ed ascolti la voce di Dio.
Coloro che sono nati in Bharat (India) dovrebbero meritare il privilegio di ascoltare la voce del leader di Bharat, Gopala (Krishna), e manifestare la divinità latente in loro in ogni parola che pronunciano, in ogni lettera che tracciano, in ogni desiderio che accarezzano, in ogni pensiero concepito ed in ogni atto fatto per acquisire cose grossolane, come il cibo, un tetto o la salute. Solo la Nazione Indiana può dimostrare al mondo l'eccellenza di questa antica religione, il <<Sanathana dharma>>, speciale dono all'umanità ed assicurare la pace a tutto il mondo. Agire in accordo con il <<dharma>> può conferire la forza spirituale capace di superare tutte le crisi ed ottenere la vittoria. La sacra Ghita ci garantisce quel dono indicandoci chiaramente la strada da seguire.

6 - pag.27 Due tipi di illusione

Bisogna porre attenzione ad un fatto: Arjuna soffre di due tipi di illusione: ordinaria e fuori dell'ordinario. Confondere il corpo con se stesso e disperarsi per esso quando qualcosa gli accade, è una illusione di tipo ordinario. Prendere il proprio <<dharma>> (in questo caso quello di <<Kshathrya>> o del soldato) per <<adharma>> è una illusione fuori dell'ordinario. Krishna distrugge la prima e rimuove la seconda. La prima è trattata dal l2° al 30° <<sloka>> del secondo capitolo, mentre la seconda in 8 <<sloka>>, spiega ad Arjuna l'idea di <<swadharma>> o il suo <<dharma>> personale. I <<dharma>> sono collettivamente chiamati <<dharmashaktas>>. Lo <<swadharma>> non lega e non produce ulteriori nascite, esso conduce direttamente alla liberazione. Esso deve essere compiuto come <<Karmayoga>>, senza attaccamento ai frutti dell’azione. Verso la fine del secondo capitolo c'è pure la descrizione dell'aspirante di successo che ha sviluppato un intelletto purificato: lo <<sthithaprajna>>. Krishna così continuò il suo discorso: <<Pensa per un istante chi sei tu e cosa ti proponi di fare. Dici di conoscere ogni cosa e piangi come una donna indifesa. Le tue parole proclamano che sei un <<pundit>>, un erudito, ma i tuoi atti rivelano che sei solo un credulone. Ascoltandoti si potrebbe pensare che sei un <<jnani>>, ma vedendoti si scopre che sei un ignorante. La tua condizione è come minimo disgustosa. Se ti prendo per un <<pundit>>, non posso conciliare la mia visione con le tue lacrime, poiché un <<pundit>> non soffre né per la vita né per la morte. Se soffre non è un <<pundit>>. I <<pundits>> hanno la capacità di scoprire ciò che è fondamentalmente vero. I <<pundits>> sono coloro che conoscono il segreto della materia ed il mistero dello spirito. Come possono quindi piangere se uno è o meno incarnato? Essi non si priveranno della loro calma interiore, qualunque sia la circostanza. Il vero ignorante ed il vero saggio, entrambi, non soffriranno per la vita e per la morte. Piangi perché i corpi di Bhisma e di Drona cadranno o perché la loro <<atma>> sarà distrutta? Tu piangi per i corpi? Ebbene, a cosa servono le lacrime? Se servissero veramente, la gente conserverebbe i cadaveri dei propri morti e li farebbe rivivere con i suoi pianti. No! Non può essere così! Se immergi un corpo morto in un recipiente di <<amritha>> non per questo potrà ritornare alla vita. Perché allora piangere per l'inevitabile? Forse dirai che stai piangendo per l'<<atma>>, il centro spirituale del tuo essere. Questo mostra quanto grande è la tua pazzia. La morte non potrà mai toccare l'<<atma>>. Essa è eterna, evidente in se, pura. E’ evidente che tu non possiedi <<atma-jnana>> (la conoscenza dell'atma). Per uno <<kshathrya>> combattere è il suo <<swadharma>> (<<dharma>> della sua casta). Fai il tuo dovere senza badare ad altre considerazioni. Ti chiedi: <<Come posso causare la morte di Bhisma in guerra?>>. Ma tutti devono morire o uccidere. E’ <<adharma>> ucciderli nelle loro case, ma sul campo di battaglia, come può essere contrario al <<dharma>>? Sono spiacente, ma non hai neanche questo poco di discernimento! Ora basta! Alzati e sii pronto a batterti! Perché rotolarsi al suolo sotto il peso di questo inutile Ego? Il Signore è la causa di tutto ciò che succede e non tu! Esiste un potere superiore che anima tutto. Sappilo e compi la Sua volontà!
Bhisma e Drona sono venuti come dei veri guerrieri per combattere e non piangono come fai tu! Pensaci! Essi non soffriranno e non si ritireranno, Arjuna!
Non c'è tempo dove io non fui, e dove questi re e questi principi non furono. <<Thath>> è il <<Paramatma>>, l'anima suprema, <<Twam>> è il <<jivatma>> l'individuo, e tutti e due erano, sono e saranno uno per sempre. Prima che il vaso fosse, vi era, vi è e vi sarà l'argilla>>.

6 - pag.35 Il dovere di uno Kshathrya

<<Il principale dovere di uno <<kshathrya>> è essere dalla parte del <<dharma>> e distruggere l'<<adharma>>. Considera quale enorme fortuna hai: sul campo di battaglia ci sono validi nemici come Bhisma e gli altri, lo stesso Bhisma, al fine di compiere il suo dovere di kshathrya (militare), combatte in passato contro il proprio <<guru>>: il <<brahmino>> che gli insegnò tutte le arti, il grande Paramasurama stesso. Ed ora tu, come un codardo, hai paura di prendere le armi contro tali coraggiosi. Uno <<kshathrya>> trova che il suo dovere è compiuto quando difende le cause del <<dharma>> senza fare differenze. Questa è la via del progresso!<<Kshatham>> vuol dire <<dukham>> (pena) e lo <<kshathrya>> è colui che salva gli esseri dalla pena. Una fortuna come quella di condurre una guerra a favore del <<dharma>> contro le forze dell'<<adharma>> capita raramente all'uomo. Tu sei benedetto perché come <<kshathrya>> puoi prendere parte a questa <<dharmayuddha>> (guerra del dharma>>). Cerca di immaginare quanti meriti acquisterai nel servire il mondo. La guerra che è stata intrapresa per stabilire la pace nel mondo (<<shanti>> la pace, e <<soukya>> l'abbondanza) è una guerra per il <<dharma>>, dove la giustizia è destinata a vincere. I Kauravas non hanno rinunciato a nessuna ingiustizia, a nessun peccato ed a nessun vizio. Hanno insultato gli anziani, disertato i virtuosi, diffamato la casta, e ferito la dignità dei buoni: i loro misfatti sono innumerevoli. Ora è giunto il momento della resa dei conti: essi devono rispondere per tutti i loro crimini. E, se in quest'ora ti comporti come un vigliacco, disonorerai i tuoi genitori, i tuoi fratelli, e l'intera casta degli <<kshathrya>>. Tu credi che sia un peccato entrare in guerra. Questo è il grande errore! Il peccato risiede, invece, nell'evitare la opportunità di distruggere i malvagi e prolungare l'agonia dei virtuosi. Abbandonare il tuo <<dharma>> ora, significa correre il rischio di cadere nella perdizione. Attieniti con fermezza ad esso e non sarai toccato dal peccato. Abbi una mente ferma, e non dare spazio né all'una né all'altra delle dualità del mondo>>. Dal 31° sloka di questo capitolo, Krishna ha parlato di questo <<swadharmanishta>> o <<dharma>> personale di Arjuna, in otto slokas.

1 - pag.51 Il significato di Dharma

Quando il declino scende sul dharma Io Mi incarno come <<narakaara>> (forma) dallo stato di <<niraakaara>> (senza forma) per farlo rivivere, proteggerlo e salvare i buoni dalla paura>>, disse Krishna. Questa dichiarazione potrebbe far sorgere qualche dubbio. Il dharma poiché è qualcosa soggetto a declino o decadimento, non può essere considerato né come <<nithya>>, eterno, né come <<sathya>>, vero. Ebbene, riuscirete ad afferrare l'importanza dell'opera di proteggere il dharma, solo quando considererete la sua origine ed il suo scopo. Dio ha creato questo <<jagath>> (mondo) di Sua iniziativa ed ha ordinato vari codici di condotta per il suo mantenimento ed il suo funzionamento. Ha stabilito regole di retta condotta per tutti gli esseri le quali formano il <<dharma>>. La parola <<dharma>> deriva dalla radice dhr, che vuol dire <<vestire>>. Il dharma è un vestito <<desa>>. Il <<deha>>, il corpo del Signore, è protetto dal <<dharma>> con il quale Egli si veste, donandogli bellezza e gioia. Il <<dharma>> è <<pithimbara>>, il santo abito di Bharat (India). Esso vigila sull'onore e la dignità di un popolo, protegge dalle avversità e dà fascino alla vita. Il dharma preserva l'amor proprio di una nazione. Come gli abiti danno dignità ad una persona che li indossa, così il dharma è la misura della dignità di un popolo. Non solo questo paese, ma ogni paese nel mondo ha il suo speciale <<dharma>> o il suo proprio dovere. Ciascuno ha l'abito che lo distingue. Il dharma regola i gruppi e l'individuo. Prendete i cinque elementi, i componenti del <<prapancha>> (mondo obiettivo). L'acqua ha come suo <<dharma>> il movimento ed il freddo, il dharma del fuoco è la luce ed il caldo. Ciascuno dei cinque elementi ha il proprio. L'umanità per l'uomo, l'animalità per l'animale, li preservano dalla degenerazione. Come può il fuoco essere fuoco se non possiede il potere di combustione e di dare luce? Esso deve manifestare il proprio <<dharma>> se vuole essere se stesso e quando lo perde diventa un pezzo di carbone senza vita. Allo stesso modo l'uomo ha le sue caratteristiche naturali che sono il suo stesso respiro. Esse sono chiamate <<shakthis>> abilità o poteri. Gli uomini sono tali se possono essere identificati con quelle speciali abilità o poteri presenti in loro. Se esse sono perse, essi non sono più uomini. Per preservare e nutrire tali poteri ed abilità, sono stati stabiliti codici di comportamento e linee di pensiero. Il <<dharma>> non declinerà se queste (aacharas e vicharas) sono conservate. Il <<dharma>> non è qualcosa che viene dall'esterno, ne qualcosa che possa essere rimossa. E’ la vostra natura genuina, la vostra originalità. E’ la cosa che fa un uomo anziché un animale. Come osservare il <<dharma>>? Essendo se stessi! Se una cosa si distacca dal suo <<dharma>> e si comporta secondo il suo capriccio, allora quella cosa sta compiendo <<a-dharma>>.

2 - pag.52 Come osservare il dharma

Questo <<sahajadharma>> dell'uomo fu sopraffatto nel corso del tempo. Il numero di coloro che lo sostenevano, lo incoraggiavano e da esso ricavavano gioia, si affievolì. Nel linguaggio comune si dice che è stato <<distrutto>> anche se è qualcosa che non può essere distrutta. E come l'erbaccia che copre il raccolto. Pertanto la <<restaurazione>> del dharma è togliere le erbacce. Attualmente in questa era di Kalì o Kalì Yuga, il <<dharma>> è divenuto una questione di parole soltanto, ma il <<dharma>> non è una magica combinazione di parole. Ciò che si deve dire è la verità, ciò che si deve praticare è il dharma. <<Sathyam vadam, dharmam chara>>, è il richiamo delle Upanishads, le depositarie della cultura indiana (dire la verità, seguire il <<dharma>>). Questi gloriosi insegnamenti sono stati oggi dimenticati e travisati. Infatti, l'ordine del giorno di oggi è <<dharmam vadam>> <<Parla del dharma>>. Questo è il primo gradino per il suo declino. Discendere dall'azione alle parole e credere che una cosa sia fatta quando è solo pronunciata, questo non è dharma! Ciò che non è praticato non può possedere forza. La forza del coccodrillo dipende dal fatto che sta nell'acqua, la forza del <<dharma>> dipende dalla sua pratica, quando non si pratica con l'azione ma solo a parole, esso diventa debole. La forza ha qui due aspetti: la forza animale e la forza dharmica. Bhima aveva la forza fisica e suo fratello maggiore Dharmaraja, che era dalla sua parte, aveva la forza dharmica, quindi anche la sua forza divenne dharmica. I Pandavas furono salvi perché aderirono alla forza dharmica ma, per ottenerla, essi dovettero soffrire sconfitte, sin dall'inizio. 1 Pandavas senza Dharmaraja, qualunque fossero le loro risorse, sarebbero stati una preda facile per l'avversario. Ponderate su ciò! Come furono distrutti i Kauravas, nonostante la loro superiorità nelle risorse? Perché non possedevano la forza del <<dharma>>Essi potevano confidare soltanto sulla forza animale. Il giorno in cui Dharmaraja e Bhima che avevano la forza del <<dharma>>, entrarono nella foresta, l'<<a-dharma>> entrò nel territorio dei Pandavas.

3 - pag.53 Il compito di Krishna

Il <<dharma>> che è stato esiliato nella foresta deve essere riportato nei villaggi e nelle città per ristabilire pienamente la prosperità e la pace nel mondo. Dal regno dell'<<a-dharma>>, il mondo deve entrare nell'era del <<dharma>>. Uno sforzo speciale deve essere fatto per coltivare il raccolto, mentre diventa inutile se si permette alle erbacce di crescere. Il prezioso raccolto di <<sahajadharma>> deve essere coltivato con cura ed attenzione. Quando il <<dharma>> è praticato, 1'<<a-dharma>> sparisce da solo. Nessuno sforzo speciale è richiesto per eliminarlo. Pertanto <<dharmasthaapana>> significa nel presente contesto, la crescita della pratica del <<dharma>>.Cosa s'intende quando si dice: <<Il sole è tramontato?>> Semplicemente che non è visibile. Nello stesso senso, se il <<dharma>> non è visibile, non si può dire che esso non esiste! Come può non esistere? Se non ci fosse non ci sarebbe la verità che è indistruttibile e alla quale è associato intimamente. Renderlo nuovamente visibile è il <<dharmasthaapana>> ed è esattamente ciò che fece Krishna. Usando Arjuna come strumento, Egli riportò alla luce i codici di condotta ed i modi di pensiero che erano stati stabiliti come <<dharma>> sin dai primissimi tempi, ed ancora una volta ne rafforzò la pratica. Questo è ciò che si chiama <<dharmoddharana>> (far rivivere qualcosa che si era perso).Non è un lavoro per uomini comuni! Il Signore stesso, la base universale, deve assumersi quel compito. Egli insegnò al mondo tramite Arjuna.

5 - pag.61 Come far rivivere il Dharma: l'organizzazione delle caste

<<Arjuna, vi è un sistema per far rivivere il dharma, il compito per il quale sono venuto. Questo è <<chaturvarnyam>> cioè la riorganizzazione delle 4 caste (varnas) fondata sul <<karma>> e sul <<guna>> di un popolo. Il sistema delle caste è essenziale per il funzionamento del mondo. Il suo significato non è facile da capire. Molti credono che tale sistema aumenti l'inquietudine e sia causa di divisione fra gli uomini, ma la verità si mostrerà chiaramente se il problema è ragionato. Concludere che il sistema delle <<varnas>> non è buono, mostra solo ignoranza e, fra l'altro, tale giudizio crea confusione. Io ho stabilito questa organizzazione per promuovere il benessere del mondo. Le <<varnas>> aiutano l'uomo ad agire in modo a lui congeniale ed a realizzarsi. Senza di esse l'uomo non può avere felicità, neanche per un momento. La casta è la causa del successo di ogni attività. Coloro che sono equipaggiati con il satwaguna, che hanno capito il principio dell'unità, <<Brahmatathwam>>, che favoriscono la vita morale e spirituale, che aiutano gli altri a desiderare la gioia di visualizzare la realtà della loro propria natura, sono chiamati <<brahmini>>. Coloro che salvaguardano un sano sistema politico, la legge e la giustizia, il benessere e la prosperità, l'ordine morale stabilito per il popolo, tenendo sotto controllo i malvagi e gli immorali, soccorrendo i deboli ed i poveri, questi sono gli <<kshathrya>>. Coloro che immagazzinano e forniscono al popolo, entro certi limiti, il necessario per vivere, sono i <<vaisyas>>. Coloro che pongono le fondazioni per il benessere con le attività di servizio e provvedono la forza ed i muscoli sono i <<sudra>>. Ho stabilito queste quattro caste e quando esse svolgono propriamente i loro doveri, l'umanità progredisce ovunque. Come risultato di tale sistema vi è una divisione nei servizi, e l'individuo può condurre una felice vita armonica in società, senza timore ne dolore. Questo sistema è un esempio della Grazia che il Signore ha voluto elargire a Bharat (l'India). Il popolo di Bharat è benedetto perché ogni suo atto è visto come esecuzione dei Suoi ordini che portano naturalmente alla Sua Grazia. Dovete riflettere su questo problema, è importante! Il comando divino oggi viene sprezzato ed è in grande pericolo. Se le leggi cambiano i connotati di questo sistema il mondo non avrà il benessere al quale aspira. Molti dicono ed insegnano che Bharat è giunta a queste tristi condizioni a causa del sistema delle caste. Ma costoro dovrebbero sedere tranquilli per un momento e ponderare su queste domande: il paese è sopravvissuto come risultato di quel sistema? Oppure, queste condizioni deplorevoli sono state causate dall'indebolimento del sistema? Poi sulla base delle loro conclusioni potranno consigliare la soppressione o meno delle caste. L’opinione della gente che accusa il sistema delle caste di essere responsabile del malessere del paese non ha nessun valore perché essi non lo hanno studiato obiettivamente. Naturalmente rimane il fatto che il sistema delle caste ha cambiato direzione e si è mosso in quella sbagliata, e ciò è stato sottolineato da più di un grande uomo. Ma questa non è una ragione sufficiente per gettare via tutto. Se la gamba fa il lavoro delle mani e la testa quello dei piedi non per questo è consigliabile tagliare mani e piedi. Sforzi devono essere compiuti per rimettere il sistema a posto, invece di distruggerlo. Il sistema delle caste non è la causa di tutta questa confusione ed inquietudine. La colpa risiede nel modo casuale con il quale si é sviluppato. E’ divenuto un giocattolo in mano di tutti e così ha perso la sua armonia e perfezione originaria. Il sistema è essenziale non solo in Bharat, ma in tutto il mondo.
Nei paesi fuori dell'India questo sistema non è assente. Il nome può essere differente, ma il modo di lavorare è medesimo. Ci sono anche là le quattro classi; <<sikshaka varga, rakshakavarga, vanig varga, sramika varga>>. Ma, mentre in India le caste sono decise dalla nascita, cioè sono ereditarie, nelle altre parti del mondo sono decise dal <<karma>>, il lavoro, nel quale ciascuno è occupato. Questa è la sola differenza. Molti brahmini hanno abbandonato il loro culto per svolgere attività di casta diversa mentre, <<sudra>> mossi da ideali, aspirazioni spirituali e desiderosi di raggiungere la purezza mentale, hanno abbandonato la loro casta. Ma non per questo è giusto concludere che il sistema delle caste per l'organizzazione della società umana è inutile>>.

4 - pag.151 La devozione è seguire il dharma

La Ghita dichiara che quantunque una persona abbia devozione per il Signore, essa non potrà essere chiamata "devoto" se la sua vita non è in accordo con i Suoi comandamenti che costituiscono il "dharma" stabilito dalle Sastra e rivelato dai santi e dai veggenti. E’ in questo senso che Krishna usa la parola "bhakthimaan", quando dice nella Ghita: "bhakthimannyah sa me miyah". Qualunque atto compiuto dal "bhakta" non dovrebbe essere considerato come il "mio karma" ma concepito come il "Karma del Signore" e dal "Signore" "Eeswarayakarma”. Generalmente la gente sente che alcuni atti sono "loro" ed altri sono del "Signore", ma questo non è il segno distintivo di un vero "bhakta”. Se tutti gli atti sono sentiti come fatti dal Signore, essi non saranno macchiati dall'egoismo o dal senso del "mio". La "bhakti" deve essere intesa come una disciplina che rimuove l'egoismo ed il sentimento del "mio". Per questa ragione il "bhakta" è chiamato uno che è "a-vibhakta" con Dio, "non separato da Dio”. In ogni momento ed in ogni circostanza l'atto ed il sentimento deve essere centrato in Dio. Invece se voi pregate: "Oh Dio! Salvami, toglimi questa sofferenza!" quando siete nei pasticci, mentre quando essi passano, ritornate a comportarvi allo stesso modo di prima, una tale condotta non è devozione.

2 - pag.188 Arrendersi

Prima di concludere il Suo sacro consiglio Krishna si rivolse ad Arjuna dicendo <<Abbandona tutti i dharma ed arrenditi a Me, Io ti libererò da tutti i peccati. Abbandona l'orgoglio e l’ego, il senso del possesso ed il sentimento di "io" e "mio". Distruggi la identificazione del sé con il corpo, la sua prigione, rimani fermo nel pensiero che tutto questo è "Paramatma" e null’altro. Niente altro deve essere quindi fatto, se non arrenderti al mio piano. L’uomo deve abbandonare le attività di fare e di non fare "sankalpa" e "vikalpa", deve eseguire i comandamenti del Signore, accettare la Sua volontà ed essere felice ovunque Egli lo voglia, e comunque lo voglia. Non dovrebbe giudicare se i suoi atti sono giusti o sbagliati, ma farli come atti disinteressati di culto a Lui. Questo è tutto il suo dovere!
Alcuni sterili Vedantini prendono spunto dagli insegnamenti di Krishna per abbandonare tutti i "dharma" e starsene con le gambe incrociate e gli occhi chiusi senza fare niente, tutto il santo giorno! Schivano i loro doveri legittimi, mangiano, dormono e vagabondano per il mondo, non discriminano su ciò che è giusto ed ingiusto, dicendo che il Signore ha ordinato loro di trascendere il "dharma”. Quando gli anziani ed i ricercatori chiedono il perché della loro condotta, essi rispondono: <<Che domande stupide! Non sapete che il Signore lo ha detto nella Ghita? Il suo comandamento "sarvam dharmaan parithyaga" l'ho preso come base della mia condotta. Non mi occorrono consigli da altri, che non ne hanno l'autorità>>.
Essi sono orgogliosi e fieri della loro devozione e della loro ortodossia. Tali persone selezionano dalle parole del Signore, solo quelle parti che sono a favore delle loro inclinazioni. Le parole prima, e dopo, vengono convenientemente ignorate, perché spiacevoli, nonostante siano inseparabili dal resto del discorso. Essi ignorano la parte più importante del comandamento che pretendono di seguire. Il Signore ha dichiarato: <<Abbandona tutti i dharma>>, e poi ha aggiunto: <<Arrenditi a Me!>>. Lo hanno fatto questi Signori? No! Hanno forse il desiderio profondo di essere liberati? No! Se lo avessero non avrebbero negletto i loro doveri legittimi e non sarebbero schiavi del cibo e del sonno. Questi individui non mettono in pratica i comandamenti del Signore, perché sono troppo pigri per farlo ed in loro non esiste neppure un atomo di sforzo spirituale.

3 - pag.189 Il vero "nishkama karma"

I veri aspiranti sono coloro in grado di capire le verità contenute nelle divine parole del Signore. Notate che il Signore ha detto: "sarva dharmaan parithyaga" e non "sarva karmaan parithyaga". Qual è il significato di tali dichiarazioni? Significa: compi gli atti per far piacere al Signore e per la Sua gloria, senza essere coinvolto in discussioni di "dharma" e di "adharma”. Voi sapete che non c'è nulla da acquisire, poiché avete posto tutta la vostra fiducia nel Signore e vivete solo offrendo tutto a Lui. Come Janaka ed altri, dovete agire per il bene del mondo.
L'anima immanente in tutti gli esseri non è diversa dall"atma'' che è in voi, pertanto, agite per il benessere di tutti. Il vero "nishkama karma" è compiere tutti gli atti prescritti dalle Sacre Scritture in uno spirito di dedica e senza desiderarne i frutti. Il solo vostro compito è capire la Ghita bene, osservare le sue ingiunzioni, stabilirvi in una attitudine di "nishkama karma", compiere tutti i vostri doveri come atti di preghiera, "Hari prasadam". Lasciate il frutto, la conseguenza, il risultato a Lui, allora riceverete la Grazia, e la vostra vita sulla terra diventerà degna. Per coloro che seguono il cammino del "dharma" la vittoria ultima è sicura, nonostante le difficoltà che incontrano. Mentre coloro che non lo seguono potranno avere ricchezza e conforto, anche per lungo tempo, ma, alla fine, sarà per loro il disastro. I Kauravas ed i Pandavas sono degli esempi illuminanti di ciò. I Kauravas, che non seguivano il "dharma", erano così ciechi dalla loro superbia che soggiogarono i Pandavas e li sottoposero a varie torture. Ma essi andarono incontro alla totale distruzione. Essi avevano il supporto di molti alleati ma, dato che non possedevano la forza della Grazia, furono abbandonati dalla buona sorte ed il fato li portò alla rovina irrimediabile. Il "Mahabharatha" insegna alla gente dell'India questa lezione: niente può eguagliare la Grazia di Dio, neppure il più potente armamento. Questo è il messaggio più valido che contiene.

La filosofia dell’azione

1 - pag.83 IL <<DHARMA>> e LA VERITA’


Il <<dharma>> è ciò che sostiene. Dove c'è il <<dharma>> c'è la vittoria. Quando il <<dharma>> è protetto, esso protegge. Praticate il <<dharma>>. La base ed il fondamento del <<dharma>> è la verità. Per il benessere delle società sono stati stabiliti 7 tipi di <<dharma>>, come i sette colori dell'iride. Il primo è la <<verità>>, il secondo è il <<carattere>>, il terzo è <<dhana>>, la carità, il quarto è il <<dharma>> lo swa-dharma o il <<dharma>> di ciascuno, il quinto è <<thapas>> la perfetta coordinazione fra pensieri, parole ed azioni, il sesto è la <<rinuncia>>, ed il settimo è la <<non-violenza>>. Questi sette sono stati stabiliti per la protezione del benessere sociale. Come il <<dharma>> del fuoco è quello di bruciare, quello del ghiaccio è di essere freddo, quello del fiore che sboccia di profumare, dello zucchero di essere dolce, così il <<dharma>> per l'essere umano è la verità. La realtà potrà essere capita quando si afferrerà la natura della verità. Il carattere è il soffio vitale della verità. Tre cose sono importanti per coloro che vogliono seguire il cammino spirituale ed avere successo: le sacralità, la tolleranza e la ferma risoluzione. Qualunque tipo di cultura o di istruzione un individuo abbia acquisito, qualunque ricchezza possegga, se non ha quelle tre cose, sarà come un morto vivente. L'uomo riconosce la bellezza della natura esterna, ma Dio riconosce la bellezza della natura interna, le debolezza di un individuo è il suo carattere. L'uomo che non ha carattere è come pietre. L'uomo deve perciò conquistare il carattere che è in lui naturale e la cui base è la verità. L’uomo deve considerare la verità come il proprio respiro ed essere pronto a rinunciare a qualsiasi cosa per essa. Il mondo serve la verità e si muove nel timore della menzogna. Dove non esiste la verità c'è la paura, la verità allontana la paura e dà protezione. La verità protegge il mondo e lo muove. Con la verità l'uomo può diventare divino. Il carattere è il soffio vitale della verità! Il buon comportamento è la virtù più importante senza la quale l'umanità non può risplendere. Per proteggere l'umanità e sviluppare la Divinità, dobbiamo fondare la nostra vita sul carattere, sulla verità e sul buon comportamento sin dalla fanciullezza. Nella fanciullezza si commettono consciamente o inconsciamente molti errori. La paura di essere puniti porta il bambino a nascondere i propri errori. Così facendo sviluppa la non-verità e l'abitudine a dire le bugie, distruggendo così la base stessa della umanità. Nel dire la verità non dovremmo avere nessuna paura. Quando avremo imparato a dire la verità, acquisteremo coraggio, gioia e pace. Non dovremmo avere paura di dirla, sia che ci renda felici o ci danneggi. La verità è la radice della vita stessa, come le fondamenta per una casa e le radici per l'albero. Se noi tentenniamo, non ci sarà né protezione né salvezza. La vita di Harichandra è un esempio di vita vissuta per il <<dharma>> e per la verità. Per seguire la verità egli abbandonò moglie e figli che dovette vendere, insieme a se stesso, per pagare i suoi debiti. Tuttavia egli non disse mai il falso! Quando suo figlio morì, sua moglie lo porto al crematoio dove lui lavorava. Egli sapeva bene che erano suo figlio e sua moglie, ma compì lo stesso il suo dovere perché era addetto alla cremazione dei corpi. Harichandra, in ogni circostanza, buona o cattiva della sua vita, non disse mai il falso e seguì sempre il <<dharma>>. Egli considerò la verità ed il <<dharma>> come i suoi due occhi, come le ruote del carro, come le ali di un uccello.

3 - pag.86 IL <<DHARMA>> E IL DOVERE

La verità è la strada reale della vita. La parola <<dharma>> molti la traducono con <<dovere>>. Ma <<dovere>> non è una traduzione appropriata del termine. Il <<dharma>> non è connesso al comportamento esteriore o alle qualità esteriori. Esso è immutabile di era in era. Se cambiasse, non ci sarebbe la necessità di ristabilirlo. Esso non muta; ciò che muta è la sua pratica! Krishna si incarnò per ristabilire la pratica del <<dharma>> e non il <<dharma>> in sé. Il dharma>> è sempre esistito in tutti gli yuga. C'era nell'era <<Kritha>>, c'è nell'era di <<Kali>>. Nell'era di <<Kritha>> il codice era la <<meditazione>>, nel <<Thetra>> era il <<sacrificio>>, nel <<Dwapara>> fu il culto, ed infine nell'era di <<Kali>> è la ripetizione del nome del Signore>>. Il codice è stato stabilito per ogni era. Nell'età di <<Kali>> ci sono persone che fanno meditazione, altre <<culto>> ed altre ancora fanno <<austerità>>. Nell'era del <<Kritha>> c'erano persone che ripetevano il nome del Signore. In tutte le ere queste forme di <<dharma>> sono esistite. Le ore mutano ma il flusso del <<dharma>> è uno e sempre il medesimo, immutabile! La verità è il fondamento del <<dharma>> e, quindi, anch'essa è immutabile. Essa è una e non due! In tutti i tre tempi, in tutti i tre mondi, in tutti i tre <<gunas>>, la verità rimane una! Il dovere invece cambia con il tempo.

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Per esempio una persona fa un determinato lavoro e dice che è il suo <<dharma>>. Quando va in pensione, si mette negli affari e, quindi, cambia mestiere e dice: <<Gli affari sono il mio "dharma"! Questo è ciò che chiamiamo dovere, ma non è <<dharma!>> Un esempio: camminate su una strada con un bastone appoggiato sulle vostre spalle e sul collo. E' una strada pubblica e non avete la libertà di muovervi come volete e dovete stare attenti agli altri, che vengono in direzione opposta. Il vostro <<dharma>> è cercare di evitare di dare fastidio alle persone che vengono in direzione opposta. Se fate delle azioni e delle attività che danno fastidio agli altri, questo non è <<dharma>>.

Dovete seguire il <<dharma>> che non intralcia gli altri che camminano sulla stessa via. Il modo di compierlo correttamente è quello di non causare nessun inconveniente alla libertà altrui. Se si considerasse il <<dharma>> come lo svolgimento di attività che non recano danno al prossimo, allora vi sarebbe una grande pace, prosperità e gioia nel mondo. Questo è il dovere che dobbiamo compiere per dare un esempio agli altri.

3 - pag.133 IL DHARMA

Il reale significato di dharma è il Principio di Parabrahman. Esso si fonda su tale principio, esso è il corpo di Dio. Dio è la vera forma del <<dharma>>. Esso rivela la vera natura e gli aspetti di Dio. Krishna disse ad Arjuna: <<Dal sentimento personale devi espanderti in una più ampia visione. Il corpo non è la sola entità, esso è solo un “upadhi”, un contenitore che vedi con i tuoi occhi, allarga la tua visione, e quando essa sarà piena del “dharma”, l'intera creazione diventerà "Brahman”. Come individuo, tu appartiene alla casta degli “kshatrya” (soldati) quindi, il tuo dovere è combattere. Non hai bisogno di essere invitato per questo: è sufficiente che i Kauravas ti abbiano dichiarato guerra, perciò vai, e fai il tuo dovere>>! Krishna indicò in questo modo il <<dharma>> ad Arjuna: <<Arjuna! E' nella natura del fuoco di bruciare: se il fuoco non avesse questo potere, non sarebbe fuoco, ma un pezzo di carbone. La natura del ghiaccio è quella di essere freddo, senza questa natura non potrebbe essere chiamato ghiaccio. Così la morte è naturale ad ogni corpo umano. Perché avera paura? Il "dharma”, dello zucchero è di essere dolce, del fuoco, di bruciare, del ghiaccio, di fare il freddo, del corpo, di morire. Arjuna. non badare ai corpi dei tuoi parenti, ma con le qualità di uno “sthithaprjna” combatti; distruggi tutti i tuoi attaccamenti. Se vuoi avere la pace, distruggi il tuo ego, non abbandonare Dio, non disubbidirGli! Riconosci di essere un umano e sappi tuttavia che tutto ciò che è inerente all'umanità è "maya”, e che un giorno andrà distrutta>>. L'altro giorno Swami ha dato la definizione di uomo. In Inglese "uomo" si dice <<man>>, <<m>> sta per rimuovi <<maya>>, <<a>> sta per: <<vedi l'atma>>, e <<n>> sta per: <<raggiungi il Nirvana>>. Il dovere dell'uomo è distruggere <<maya>>, avere la Visione di Dio e fondersi nella gioia dell'atma. Questi concetti andrebbero meditati e contemplati numerose volte. <<Arjuna! La pace non è qualcosa che si compera al mercato, né qualcosa che può essere guadagnata con il tuo regno: non è neppure un regalo che ti possono fare i tuoi parenti, ma essa è in te, e solo quando la cercherai in te, la troverai! Il vero uomo è colui che ha una visione interiore, la visione esteriore è solo degli animali.

La via per amare

17 - pag.47 L'eterna legge universale (il Sanathana Dharma) è la divina madre dell'umanità


Il Sanathana Dharma è madre di ogni religione, di tutti i codici morali e di tutte le leggi del mondo; la terra di Bharata (l'India) è il luogo in cui la madre è nata. Quanta fortuna per i figli di Bharata!
Com'è sublime, com'è splendido questo suolo di Bharata! Il mondo, nella sua totalità, è il corpo del Signore dell'Universo e l'India è l'occhio, l'organo straordinario di quel corpo. Senza gli occhi è forse il corpo padrone di se stesso? Possiamo anche dire che la terra di Bharata deve la bellezza ai suoi due occhi: i Veda e gli Shastra. Per questo motivo si può affermare che, senza alcun dubbio, i Samskara acquisiti dagli Indiani non sono stati ottenuti da nessun altro popolo della Terra. Il Sanathana Dharma, che rivela la verità insita in tutte le religioni ed insegna la tolleranza religiosa, è il Dharma dell'umanità intera. I fiumi, che nascono da sorgenti diverse e scorrono in varie direzioni, alla fine raggiungono l'oceano; così la gente, nata nei luoghi più distanti, seguendo le svariate vie del Dharma attraverso differenti modi di pregare, si trova alla fine in presenza del Signore. Il Sanathana Dharma è il punto centrale verso cui convergono tutte le vie provenienti dalle più disparate direzioni. I seguaci di qualunque religione possono praticare il Sanathana Dharma parlando con sincerità, evitando la gelosia e l'ira e comportandosi sempre con benevolenza. Tutti coloro che seguono così la Divina Legge e ne osservano i principi senza esitare, meritano la qualifica di " Figli di Bharata". L'Induismo è l'unica religione che abbia raggiunto e mantenuto, dai tempi più remoti, la posizione preminente fra tutte le altre ed è quella che si è definitivamente consolidata. Il solo popolo sopravvissuto senza subire lo sterminio, lungo le epoche storiche, è il popolo Indù. Nell'Induismo, più che in qualsiasi altra religione, la gente ha saputo vivere con sentimenti d'amore, d'uguaglianza, di gratitudine. Gli Indù hanno ottenuto il loro Dharma per aver divulgato i principi filosofici ed i Veda, di cui hanno bevuto a grandi sorsi l'essenza eterna. Una terra tanto sacra è una miniera di spiritualità per il mondo intero. Proprio come il sottosuolo terrestre rivela in ogni singola regione la presenza di particolari metalli, nella terra di Bharata si trova la miniera del Sanathana Dharma, essenza di tutti i principi avvalorati dalle Scritture Sacre. Per buona fortuna dei figli di Bharata, insieme al Sanathana Dharma - che è il loro naturale elemento - comparvero, nella stessa terra indiana, le guide spirituali, i pensatori, i commentatori, gli apostoli ed i maestri. E poi, sempre nella terra di Bharata, vennero i veggenti, i Karmayogi disinteressati, i saggi, le anime realizzate e personaggi divini legati a questa religione. Per merito loro la saggezza spirituale, avallata dalle personali esperienze, si diffuse in tutto il Paese. Cosi, validamente collaudato, il Sanathana Dharma fece progressi nel mondo. Ma, in qualunque Paese si diffonda, la sua patria d'origine è sempre Bharata. Guardate, per esempio, ciò che avviene nel mondo: macchine, veicoli, motori di ogni tipo vengono prodotti in qualche. Paese ed esportati negli altri. Ma la loro casa madre non può venire dimenticata in quanto quelle macchine e quei motori sono stati costruiti in base ad esperienze fatte nel paese di fabbricazione. Niente può essere fatto senza un'esperienza di base. Anche il Sanathana Dharma ebbe origine nella terra di Bharata e gente di altre nazioni ne trasse beneficio per opera di grandi personaggi e dei testi che essi lasciarono. E’ quindi chiaro che la sua patria di provenienza non debba essere ignorata. E’ impossibile. Ma in questa terra benedetta, luogo nativo di quei santi uomini fautori e promotori del Sacro Dharma, oggi c'è di che preoccuparsi nel vedere che si tengono per buoni dei metodi nuovi accolti come un dharma personale, mentre lo stesso Sanathana Dharma viene lasciato e messo a disposizione degli stranieri proprio da quelle persone che non ne hanno neppure assaporato l'aroma, che non ne hanno capito il significato, che l'hanno soffocato con vuote discussioni. Il motivo di quanto avviene è, naturalmente, la mancanza di guide adatte che sappiano indicare la via. Ma anche quando le guide ci sono, la gente preferisce cedere alle mode correnti e seguirle. Questa modernità è come la mercanzia di un bazar che attira con i suoi profumi: chi non sa far bene le sue scelte compra qualsiasi cosa. Ora, sebbene il dovere personale (Swaaharma) sia il vero Sanathana Dharma, esso manca di un fascino apparente e perciò viene trascurato. Ma la Verità non ha bisogno di appariscenze; ciò che conta è il suo sapore, la sua essenza. Ma oggi gli uomini sono stimolati da desideri capricciosi e da fantasiose illusioni. E’ diventato abituale respingere la realtà ed accettare il Dharma altrui. E’ un grave errore, ed il fatto che i figli di Bharata si lascino sedurre dalla superficialità e dall'ostentazione è contrario alla stessa Legge Divina. Nessun altro Dharma ha ed avrà quella verità e quell'amore sublime contenuti nel Sanathana Dharma, che è l’autentica espressione della verità e che è appannaggio di tutti gli esseri umani. La santità non ha una linea di confine ma è estensibile a tutti; è una sola, accessibile ad ogni uomo.
Coloro che hanno conseguito la liberazione durante la vita mortale per aver tenuto fede al Sanathana Dharma, che hanno conquistato la Grazia Divina, che hanno capito l'essenza della verità, che hanno raggiunto la realizzazione, sono tutti figli di Bharath e, nella terra di Bharath, sono stati adorati senza distinzione di casta, di fede o di sesso. La sacralità di quello stato brucia e annulla tutte le differenze, ma - finché non è stato raggiunto - è impossibile realizzare l'uguaglianza di tutti gli esseri. Dunque, è opportuno decidersi fermamente all'adempimento del Sanathana Dharma. E’ ciò che dà il diritto di appartenenza alla " stirpe dei Bharatiya " . Se consultiamo la storia fin dalle sue origini, veniamo a conoscere nei dettagli come nacquero i grandi personaggi ed a quali classi appartennero. Incarnazioni e personalità divine ed anime realizzate, quali Rama, Krishna, Balarama, Janaka e Parikshit, Rajayogi come Viswamitra, nacquero tutti fra gli Kshatriya, la casta dei re e dei guerrieri; i Brahmarishi, i grandi Pandit, i Rishi vedici (veggenti, studiosi e saggi ispirati) furono di stirpe Brahminica, la casta sacerdotale. La casta degli Sudra predominò nei racconti epici, come nel Bharata e nel Bhagavata. Fra i grandi devoti del Signore figura un gran numero di membri appartenenti alle classi inferiori. Per avere la santità e raggiungere lo Spirito Supremo, il Paramatma, senza lasciarsi influenzare dal mondo, ciò che conta è la Sadhana individuale; tutto il resto, comprese le caste, non è preclusivo. Bisogna cioè meritare la Grazia Divina con la pratica spirituale regolare e disciplinata. Oggi, purtroppo, taluni " santi" di Bharata procurano un danno notevole all'induismo. Trascurano i principi morali insegnati dagli antichi saggi, non studiano e non seguono i loro ammaestramenti, modificano il proprio tenore di vita per seguire le mode correnti e, schiavi del desiderio di rinomanza, della sete di potere e di prestigio, cercano ansiosamente di accrescere il benessere delle loro famiglie con mezzi egoistici. Eppure non mancano le persone che sanno amare tutti imparzialmente, persone prive di egoismo che lavorano per il bene comune e si dedicano al servizio dell'umanità, sacrificando ogni cosa. Ma sono respinte e umiliate; non vengono valorizzate o collocate in posizioni autorevoli per paura che poi manchi il posto per i malvagi, i disonesti, gli ingiusti. Per quanto largo e profondo sia l’oceano, le sue acque si dividono quando la terra è sommossa ma, non appena la perturbazione si calma, riprendono il loro stato naturale. Allo stesso modo, queste ottime persone si tengono appartate e non si lasciano influenzare dagli sconvolgimenti provocati da ingiustizie, disonestà, egoismo ed ostentazione; quando il frastuono cessa, riprendono il loro posto nel mondo. L'autorità terrena e la boria non sono di lunga durata. " Crescere vuol dire decadere" si dice; lo stato attuale di turbolenza è decadimento, non progresso. Infatti, notate come i Bharatiya che, sin dalle loro origini crebbero vivendo onestamente, con purezza di sentimenti, nel dominio di sé e nel rispetto del loro buon nome, che si nutrirono dell'insegnamento dei Veda, degli Shastra, delle Upanishad, che accolsero cordialmente ed onorarono anche popoli di altre razze scacciati dai loro Paesi e che amarono indistintamente tutti, notate come oggi, per brama di potere ed amor proprio, essi, i discendenti di Bharath, accusano i loro stessi congiunti e, reciprocamente insofferenti e pieni d'invidia per l'altrui fortuna, spinti da interessi personali raggirano i propri fratelli, tengono a distanza chi desidera il loro vero bene, perseguono esclusivamente fini egoistici, fomentano certe cattive abitudini finora sconosciute ai fedeli indù, seguono strade e sistemi di vita sbagliati e diventano causa di conflitti ed agitazioni perché non hanno timore del peccato, non hanno timor di Dio, sono indisciplinati e irriverenti e miscredenti. Questo crollo è davvero incredibile. Fratelli indù, figlioli di Bharath! Seguaci della via immortale! Dove sono le qualità eccelse dei tempi antichi? Quando vi deciderete ad accettare la verità, la tolleranza, la moralità, la disciplina? Sorgete, risvegliatevi, ristabilite il regno di Rama - il Rama Raja - splendido per le sue virtù di Sathya, Dharma e Shanti. Amate i vostri fratelli di Bharath, mettete in atto il Sanathana Dharma, spegnete le fiamme veementi dell'ignoranza, dell'inquietudine, dell'ingiustizia, dell'invidia con le acque dell'amore, della pazienza e della verità; sviluppate il senso di collaborazione, spazzate via ogni sentimento di gelosia e di collera. Ricordate i precetti dei santi, le caratteristiche dei grandi e del regno di Dio. Ognuno dovrebbe riconoscere i propri difetti e capire che è inutile cercare quelli degli altri. Diventa una perdita di tempo oltre che una causa di litigio. E allora, desistete da questo atteggiamento. Se lasciate perdere questa occasione, che altro potrete fare? Non scoraggiatevi, ma dite " fine" a tutti gli errori del passato. Pentitevi sinceramente ed incamminatevi sulla via della preghiera, delle buone opere, dell'amore fraterno. Ristabilite l'imperituro regno di Rama. La rivista Sanathana Sarathi è stata creata per il ripristino di quel regno, il suo esercito contribuirà allo sforzo con la parola e con i fatti. Mandate avanti questo cocchio! Accingetevi energicamente all’opera e incominciate la divina battaglia. I Bharatiya sono tutti figli della stessa madre ed il Suo nome è Sanathana Dharma. Saldate il debito che le è dovuto. Non è suo figlio chi la dimentica e non può essere buono chi dice che la madre è cattiva; il suo latte è il respiro vitale. Chi dona la vita, il padre di tutti, è il Paramatma, l'Essere Supremo. Siete tutti figli degli stessi genitori. Per cui, evitando di biasimarvi e di accusarvi a vicenda, di desiderare il male di amici e parenti, cercate di capire che i vostri fratelli sono, come voi, attaccati agli oggetti che amano. Non dovreste trovare nulla da ridire su ciò che un altro ama, non dovreste deriderlo, cercate invece di amare anche voi lo stesso, oggetto. Questa è la natura dei sentimenti di sincerità e d'amore dei veri figli di Bharath.

31 - pag.99 Il benessere del passato e la povertà attuale sono entrambi dovuti alle opere dei cosiddetti " Grandi"


Ogni uomo dovrebbe vivere in modo da non recare alcun danno ad altri esseri viventi. E’ il suo più grande dovere. Per di più, chi ha avuto la fortuna di esser nato uomo, ha l’obbligo primario di dedicare parte delle sue energie e del suo tempo alla preghiera, alla recitazione del Nome Divino, alla meditazione; deve inoltre adeguare il suo tenore di vita alla verità, alla rettitudine, alla concordia e fare opere di bene in favore del prossimo; deve aver timore di commettere atti immorali o nocivi agli altri, come si ha paura del fuoco o di un cobra; deve agire bene, cercare di rendere felice ogni altro essere e pregare Dio con la stessa tenace volontà impiegata per cercare tesori e ricchezze. Questo è il Dharma dell'uomo. Per fortificare questi valori, il Signore viene sulla terra in forma umana. Ma, domanderete, come può essere fortificato e migliorato qualcosa che non esiste? Ma tali valori non sono inesistenti: essi sono ingeniti nell'uomo! Quando declinano e si inaridiscono, il Signore interviene per vivificarli ed annientare le forze avverse. Questo intendimento è stato reso chiaro dal Signore Krishna nel Dwapara Yuga, quando, nel dare i Suoi insegnamenti ad Arjuna, disse:"

Paritranaya sadhunam
Vinasaya cha dushkritam
Dharmasamstapanartaya
Sambhavami yuge yuge".

" Tutte le incarnazioni del Signore avvengono per proteggere ed incoraggiare i Sadhu - gli uomini buoni, virtuosi, onesti".

E il termine Sadhu non si riferisce ad un particolare gruppo religioso o a qualche casta oppure ad una certa famiglia o ad una fase speciale della vita, né ad una specifica comunità, e nemmeno ad una singola specie come quella del genere umano, ma riguarda tutte le religioni, tutti gli stadi della vita, ogni razza, ogni creatura. Il Signore, nella Gita, ha rivelato la Sua mente universale, ed il Suo messaggio ha reso importante e famosa la Gita. Lo stesso Sri Krishna ha dichiarato in molte circostanze e in molti luoghi di essere l'obbediente servitore dei Suoi devoti. E ne ha fornito l'esempio accettando di diventare il cocchiere di Arjuna. Se con la cultura anche l'uomo comune riesce ad elevarsi, chiunque potrà giudicare quanto più pura e sacra sia la personalità di chi si applica agli esercizi spirituali ed alla incessante contemplazione del Signore. In questo raffronto, la valutazione più significativa è la qualità del carattere. Vi è una grande differenza fra i Brahmanishti (coloro che vivono nella contemplazione di Dio) del passato e quelli dei giorni nostri. Bisogna anzitutto capire la grandezza stessa del Brahmanishta. La povertà attuale è sopraggiunta perché i santi uomini di oggi non l'hanno capita, mentre in passato quella grandezza era veramente sentita e gli asceti vivevano in santità. Potreste chiedervi come mai quella grande sensibilità spirituale oggi non emerge: è vero, ma essa non è scomparsa. La causa del fuoco è il combustibile, non altro, e l'illuminazione dipende dalla sua quantità. Ogni individuo umano ha l'indiscutibile diritto di alimentare la sua fiamma interiore; il fuoco per sua natura, ha il potere di illuminare. Orbene, la fiamma interiore dell’aspirante e del praticante, la fiamma che produce la luce della saggezza, dev'essere sempre mantenuta viva dal combustibile della rinuncia, della pace, della verità, della pietà, della pazienza e del servizio altruistico. Più il Sadhaka è attivo e fervente e più egli diventa efficace. Solo gli alberi che crescono in un terreno fertile possono dare buoni frutti; quelli che sono stati piantati in terra salmastra daranno frutti immangiabili. Così, solo i cuori immacolati possono emanare, in tutto il loro splendore, quei doni, quei poteri e quei pensieri santi. La differenza tra i Brahmanishti del passato e quelli del nostro tempo, per quanto riguarda la Sadhana - anche se le pratiche spirituali sono sempre le stesse - consiste nel decadimento dell’autocontrollo. Da quando il numero dei " grandi uomini" seriamente intenti a meditare su Dio in luoghi isolati è diminuito, molte sventure hanno colpito la terra. Quelli di oggi stanno danneggiando il loro carattere di religiosità col frapporre ogni sorta di ostacoli all'adempimento della Sadhana prescritta, perché si rendono schiavi della sete di miseri elogi e di una squallida fama, si lasciano irretire dalle illusioni e dalla continua ricerca di onori, sempre tesi ad ingrandire le istituzioni da loro stessi fondate. Ma chi desidera veramente rimanere nello stato del Brahmanishta, deve cercare la solitudine, meditare e pregare nelle ore stabilite, per giungere, con questi mezzi, all'unicità di pensiero e di intenti; deve sempre esser disposto ad operare per il bene di tutte le creature e mantenersi assiduamente occupato in lavori disinteressati. Quando uomini di tal genere scendono sulla terra, ogni sofferenza ha termine. Ed è questo il segno che ha contraddistinto il Krita Yuga, l'Età dell'oro. Come nel mondo i medici di buon cuore vanno dovunque negli ospedali a curare gli ammalati ed i i sofferenti, così abbiamo bisogno, negli Ashram, di persone sante ed esperte nel trattamento della malattia " nascita-morte", presso le quali la gente afflitta da ignoranza, menzogna, immoralità e ambizione, possa essere risanata. L'ignoranza genera il vizio, che può essere curato solo con la medicina della conoscenza spirituale e con dosi complementari di serenità, coraggio, autocontrollo, ecc. Invece, i " grandi uomini" dei giorni nostri danno, a chi li avvicina, le cure e le medicine che il paziente preferisce ! Così diventano gli strumenti dei loro seguaci e, per sete di notorietà e di onori, si comportano come quei medici che si lasciano guidare dagli ammalati! I cosiddetti " grandi" vanno alla deriva, anche prima di aver provato la grande gioia interiore, a causa della loro insana debolezza, vittime del desiderio di rinomanza e di celebrità! La causa primaria dell’attuale stato di povertà è proprio questa. Ma i Sadhu ed i " grandi uomini" del tempo presente non l'hanno capito e non si adeguano agli obblighi che il loro stato richiede. L'Essenza Divina dev'essere sperimentata e realizzata. Le esigenze egoistiche vanno sacrificate; per fare il bene ci vuole uno sforzo continuativo ed il vivo desiderio di ristabilire il benessere nel mondo. E, con questi sentimenti nel cuore, bisogna meditare sulla grandezza di Dio. Questo è il cammino da percorrere. Se i " grandi uomini" si impegnano così nel servizio all'umanità e si fanno promotori della prosperità mondiale, i ladri, ovvero l'ira, l'odio, l'orgoglio, l'invidia, la gelosia, la presunzione, non invaderanno più le menti umane, e le proprietà divine dell'uomo quali il Dharma, la carità, la verità, l'amore, la sapienza e la saggezza, saranno fuori pericolo. Gli addetti all’ordine pubblico ed i magistrati possono combattere solo gli avversari esteriori, ma non hanno il potere di distruggere anche i nemici interni dell'uomo; sarebbe un compito impossibile per loro. Non sono le autorità adatte. Il nemico interiore, i sei nemici che operano nell'uomo - gelosia, ira, avarizia, cupidigia, superbia, invidia possono essere debellati solo dall'insegnamento dei saggi, dall’amore, dalla conoscenza divina e dal contatto con i santi ed i grandi. Quando le forze di polizia e le altre autorità preposte alla salvaguardia dei cittadini si assoggettano agli stessi ladri del cui arresto sono responsabili, il mondo va incontro a gravi danni perché cade in balìa dei delinquenti; così, se i Brahmanishti ed i " grandi" Sadhu trascurano la via del bene e cadono vittime del richiamo dei sensi e dell’ambizione di gloria e di popolarità, il mondo sarà avvolto nella più cieca ignoranza e il Dharma andrà distrutto. Oggi purtroppo, sia le vicende temporali che quelle di carattere spirituale stanno proprio come le ho descritte; perciò le sofferenze aumentano ogni giorno. Il mondo intero avrà pace e gioia solo quando i due poteri - potere laico e potere religioso - capiranno il giusto atteggiamento da tenere e, prendendo a cuore il benessere generale, rifletteranno sull'Onnipotenza del Signore. Entrambi governano i due stati dell'uomo. I religiosi sono le guide dello stato interiore; le autorità amministrative reggono le sorti dello stato esteriore. Se i due gruppi agiscono e governano nel modo corretto, ambedue gli stati lavoreranno per creare felicità. La responsabilità della presente miseria ricade su entrambi. In tempi come questi, il Signore decide di riportare l'equilibrio fra gli stati e di sopprimere l'ignoranza e l'ingiustizia. Per rendere chiaro tale concetto, il Signore dichiarò nella Gita:
"Yada yada hi dharmasya glanirbhavati Bharata Abhyuttanamadharmasya tadatmanam srijamyaham".

" O Bharata, quando il Dharma declina, quando l'Adharma fa la sua comparsa, allora Io nasco".

In effetti, per l'avvento del Signore, anche le preghiere dei " grandi" operano come un invito. Nel mondo materiale, quando i cittadini hanno bisogno di qualche miglioramento o di aiuto, si mettono in contatto con i governanti e presentano le loro richieste. Analogamente, quando nel mondo spirituale diventa impossibile avere devozione, carità, pace e verità, i grandi e i buoni che desiderano ritrovare queste doti, invocano il Signore nell'intimità del loro animo. Ed Egli ascolta ed esaudisce queste invocazioni: scende in persona sulla terra e spande la Sua Grazia su di loro. Il fatto è ben noto a tutti. Non si incarnarono forse Rama e Krishna perché il Signore ascoltò le preghiere dei Saggi? Molti lo hanno letto nel Ramayana e nel Bhagavata. Anche Ramakrishna, sebbene fosse di origine divina, pregò Kali di mandare qualcuno, dato che lui non poteva farlo, che potesse predicare il Dharma nel mondo intero, per estirpare l'ingiustizia e l'egoismo. E questo lo sanno tutti coloro che hanno letto la storia della sua vita. Dunque, bisogna pregare e pregare, incessantemente, senza stancarsi, per essere esauditi. Non disperatevi e non interrompete le preghiere se esse non hanno determinato l’avvento del Signore. Anche nelle vicende che riguardano lo stato laico si deve scrivere e scrivere e girare e darsi da fare per avere un servizio che poi, forse, non è di alcuna utilità! Chi può sapere quali effetti suscita l’ardente desiderio dell’anima? Poiché non è dato conoscerli, è indispensabile pregare affinché nel mondo possa ristabilirsi la felicità. Il benessere mondiale è il segno del Suo arrivo e, sapendo ciò, è facile riconoscere immediatamente l’Avatar. Ed è proprio allora che la religione della verità, della carità, della sapienza e dell’amore, rifiorisce e prospera; ma finché non si è tenacemente radicata, gli uomini devono insistere con la preghiera: qui sta la loro responsabilità. La via di transito tracciata dai santi ha bisogno, ogni tanto, di essere riparata, sia da chi la percorre che da chi ne rivendica la tutela. Queste riparazioni si chiamano " insegnamenti". Per tali restauri il Signore manda, di volta in volta, individui dotati di eccezionali facoltà: saggi e personalità divine. Per opera dei loro insegnamenti, la via aperta in passato dagli uomini di Dio viene ripulita e spianata. Quando la volontà del Signore e le richieste dei Sadhu unite agli insegnamenti dei grandi, producono una concomitanza di effetti, la felicità del mondo è garantita e non subirà menomazioni. Se l'umanità al completo, tutta insieme in una stessa ora, elevasse a Dio la sua preghiera perché l'inquietudine, l'ingiustizia, la discordia e la menzogna siano trasformate in amore, pace, verità e soccorso reciproco, le cose andrebbero sicuramente meglio. Non c'è altro sistema. Preoccuparsi e tormentarsi è inutile e non c'è motivo di disperare. E’ contro la vera natura umana dichiararsi debole e impotente. Perciò, lasciando da parte ogni altro mezzo, gli uomini devono pregare, servire il prossimo, amarsi e rispettarsi vicendevolmente. Non devono più indugiare; ed allora avranno presto consolazione e gioia. Si dice che servire l'uomo è come servire Dio: Manavaseva è Madhavaseva. E’ vero. Ma, sebbene il servizio reso all'umanità sia sacro, per quanto grande esso sia, se non è pervaso del più alto ideale non porterà alcun bene agli uomini. La semplice ripetizione di slogans è inutile se il servizio viene svolto senza fede nella divinità dell'uomo e, per di più, con un certo interesse alla fama, agli onori ed agli eventuali vantaggi. Qualunque atto, unito alla contemplazione costante della gloria del Signore ed alla fede nella divina essenza dell'uomo, rende legittima l'affermazione che il Manavaseva è il Madhavaseva. Ma se non si pensa al Madhava, come può esserci un Madhavaseva? La frase sarebbe solo ostentazione, ed Io, così, non voglio accettarla. Dunque, qualunque cosa fatta col pensiero rivolto al Signore, nel rispetto della verità e dei vari aspetti del Dharma, è veramente un servizio reso a Dio, mentre tutto ciò che si fa per onori, fama e vantaggi personali, non può essere considerato un Madhavaseva. In effetti, chi è sempre immerso nella contemplazione divina, non ha bisogno di fare altro. La, stessa preghiera può santificare il mondo. Ma non tutti sono in grado di impegnarsi cosi; quindi ognuno deve cercare di prepararsi a quello stadio purificando la mente e riducendo l'intensità dei suoi desideri. I Sadhu che hanno già raggiunto quel livello possono capire queste cose, ma gli altri non hanno ancora la capacità di comprendere 1'identicità fra il Manavaseva e il Madhavaseva.
Questo però non significa che uno debba starsene inattivo. Intendere tali cose dipende dal destino individuale, dalle azioni del passato e dalla sadhana personale. Fino a quando non le avrete capite, pregate, pregate e meditate in modo che la mente si liberi dalle ondate delle sensazioni e si colmi della divina forma; continuate a lavorare per il bene altrui, dedicate il vostro tempo al servizio dell'umanità incuranti dei possibili risultati, e sarete benedetti. Altrimenti, per quanto il corpo rimanga inattivo, la mente sarà sempre occupata ed agirà per proprio conto. Così si diventa vittime del Karma, anche senza far nulla! Quando l'uomo mantiene la mente fissa nel Signore e persegue la verità, anche se il corpo ed i sensi lavorano per il mondo, non ne sarà influenzato; benché compia delle azioni, non produrrà conseguenze: benché faccia del Karma, non produrrà altro Karma. La lezione della Bhagavadgita è racchiusa tutta qui. Il cuore di chi non educa la mente ai pensieri santi diverrà ricettacolo del male e della cattiveria. Ciò dev'essere bene impresso nella memoria di coloro che aspirano alla salvezza, che cercano l'unicità degli intenti e che sperano di elevarsi alla grandezza spirituale. Per realizzare l'Atma a nulla valgono la casta, la vita monastica, le cerimonie rituali, la cultura ottenuta con lo studio degli Shastra. La sola condizione indispensabile è la profonda concentrazione del pensiero nel Brahman (Brahmanishta). Anche i testi delle Upanishad affermano:
"Nasramam karanam mukteh, aarsanani nakaranam. Tathaiva sarvakarmani jnanamevahi karanam ".
" Solo la suprema conoscenza dà liberazione; non la casta, non la filosofia, non la dottrina".
Per fissare il pensiero sull'onnipresente Signore non ci sono prescrizioni di tempo o di luogo. Non c'è luogo santo particolarmente indicato né un'ora specificamente adatta. Dovunque la mente desideri estasiarsi nella contemplazione divina, quello è il luogo santo! E ogni volta che ciò avviene, quello è il momento propizio! Proprio là e precisamente allora deve meditare. Ecco perché, fin dall'antichità, è stato detto:
" Na kala niyame yatra, na aesasya sthalasya cha Yatrasya ramathe cittam, tatra ahyane na kevalam".
" Per meditare su Dio né il tempo né il luogo sono stati prestabiliti. Quando e dove la mente lo desidera, allora è il momento, quello è il luogo".
Il mondo avrà prosperità per opera di quelle anime disciplinate, dal cuore puro, che rappresentano il sale della terra. Tutti devono pregare, incominciando da questo stesso momento, per l'avvento di tali uomini; tutti devono cercare di meritare la benedizione dei grandi e dimenticare le sofferenze attuali nel tentativo di far rifiorire il benessere mondiale.

La legge eterna

pag.7 IL DOVERE DELL'UOMO


Chi desidera la pace per se e per il mondo, deve impegnarsi ad agire sempre secondo il Dharma. Non si può ottenere la pace né la Grazia divina se non per mezzo di una vita dharmica. Il Dharma è la base del benessere umano: è la Verità eterna. Quando la vita non è modellata dal Dharma il mondo è sconvolto dalla paura, dall'angoscia e dalle rivoluzioni. Quando la sua luce non illumina le relazioni umane, l'umanità diviene prigioniera del dolore. Dio è la Personificazione del Dharma, anzi è il Dharma Stesso. E’ Lui che lo sostiene e lo rafforza, e il Dharma è il solo mezzo per ottenere la Sua Grazia. I Veda, gli Sastra, i Purana e gli Itihasa (Sacre Scritture) proclamano a gran voce la gloria del Dharma, e le diverse religioni la espongono col linguaggio familiare ai loro seguaci. Il dovere dell'uomo, ovunque e sempre, è di rendere omaggio alla Personificazione del Dharma, vale a dire a Dharma-Narayana.
Il fiume dell'attività dharmica non deve prosciugarsi mai, perché quando le sue fresche acque cessano di fluire, si avvicina sicuro il disastro. Il genere umano ha potuto raggiungere questo stato solo perché il Dharma, come il fiume Saraswati, scorre invisibile sotto terra nutrendo le radici degli alberi e alimentando le sorgenti. Del resto anche gli uccelli e le fiere devono il loro benessere al rispetto del Dharma. Occorre dunque che le sue acque scorrano copiose e continue, perché tutte le creature possano essere felici. Oggi sulla scena del mondo danza follemente la rovina, perché il Dharma è trascurato e si è perduta la fede nei suoi principi. Dunque è indispensabile chiarirne il significato. Cosa si intende con questa parola, qual è la sua essenza? Può l'uomo, l'uomo comune, avere una vita felice attenendosi al Dharma? Queste domande sorgono spesso nel corso della vita ed è necessario, anzi urgente, risolverle. Quando sente parlare di Dharma, l'uomo comune pensa ad azioni come fare l'elemosina, dare cibo e alloggio ai pellegrini, obbedire alle norme tradizionali del proprio mestiere, rispettare le leggi, distinguere le cose giuste da quelle sbagliate, dare sfogo al proprio carattere naturale e ai capricci della propria mente, soddisfare le aspirazioni più care e così via. Ormai, da moltissimi anni, il vero significato di quel concetto è stato degradato sino a renderlo irriconoscibile. Campi bellissimi e floridi frutteti, se trascurati, divengono terre incolte, e ben presto si trasformano in foreste inestricabili. Poi giungono degli uomini avidi, tagliano gli alberi migliori, e tutto il paesaggio cambia. La gente si abitua, col passare del tempo, a quel nuovo stato di cose, e non nota più la trasformazione e la decadenza. Tutto questo è accaduto anche per il Dharma. Gli uomini devono conoscere i principi del Dharma come vengono esposti dai Veda, dagli Sastra e dai Purana, e non come sono stati ridotti e travisati da intelletti inadeguati, impuri e in preda alle passioni. Come la goccia di pioggia, caduta limpida dal cielo, si insudicia al contatto del suolo, così il messaggio dei saggi (rishi) dell'antichità, il luminoso esempio e i purissimi motivi delle loro azioni sono stati tramutati in vili caricature della loro grandezza originaria per opera di studiosi e interpreti senza vera cultura. Le illustrazioni contenute nei libri per bambini servono a facilitare l'apprendimento, ma i piccoli lettori guardano soltanto quelle e dimenticano il testo. Allo stesso modo le persone ignoranti e avventate dimenticano che i riti sono nati per rendere accessibili le grandi verità, e li ritengono fini a se stessi. Alcuni, nella loro ottusa perversità, si comportano come quei viandanti che guastano il rifugio che li ha accolti, cioè alterano il volto stesso della morale dei Veda e ingannano il mondo facendo credere che il loro agire corrisponde all'insegnamento delle Scritture! Quando in passato sono avvenuti simili oltraggi al Dharma e il suo volto è stato sfigurato dalle mani dei nemici di Dio, il Signore ha sempre risposto alle invocazioni dei giusti, salvando il mondo dalla rovina e ristabilendo il Giusto e il Vero sia nell'ambito del Dharma che in quello del Karma, ossia tanto nell'Ideale che nella pratica. Ma oggi chi potrà curare tanta cecità? L'uomo deve uccidere la sestuplice belva - che lo trascina alla rovina - del desiderio, dell'ira, dell'avidità, dell’attaccamento, della superbia e dell'invidia; solo così il Dharma potrà essere ristabilito. Nei Veda il Signore viene chiamato Dharma, ma il Buddha preferì riferirsi a Lui chiamandoLo Vtjnana, cioè Intelligenza Suprema, perché allora nessuno gradiva la parola dei Veda, proprio come ai tempi del demone Somaka, quando i seguaci dei Veda si guardavano bene dal chiamare quei sacri Testi con questo nome. D'altra parte è un contegno abbastanza comprensibile in caso di pericolo di morte. Eppure il Buddha era sempre immerso nello Spirito divino e pieno di venerazione per i Veda. Di Lui si dice spesso che era ateo. Ora, se il Buddha era ateo, chi mai potrà chiamarsi pio ? Tutta la Sua vita è un esempio di comportamento dharmico ! Alcuni criticano Sankara ritenendolo contrario alle vie del Dharma e del Karma, cioè dell'ideale e della pratica. Ma egli vi si opponeva solo quando avevano come fine il soddisfacimento dei desideri. In verità, da quel grande Maestro che era, sosteneva entrambe le vie, e insegnava che l’azione pratica deve sempre scaturire dalla conoscenza della Verità fondamentale. Il rispetto di Sankara per il Dharma e l'attività ispirata dalla Verità, e la fede del Buddha nell'essenza dei Veda, possono essere compresi solo da chi possiede una visione superiore, altrimenti l'interpretazione sarà certamente sbagliata. Per salire ad una grande altezza occorre una scala altrettanto alta, non vi pare? Chiunque domini il proprio egoismo, vinca i desideri e distrugga i sentimenti sbagliati e gli impulsi bestiali, abbandonando la tendenza innata di considerare il corpo come il proprio " io", è certamente sulla via del Dharma, perché sa che la meta è la fusione dell'onda con il mare, dell'io individuale col se universale. In tutte le attività mondane dovete aver cura di comportarvi sempre correttamente, secondo i canoni della buona condotta. Non dovete trascurare i suggerimenti della voce interiore, ma essere sempre disposti a rispettare ciò che vi detta la coscienza. Fate attenzione a non ostacolare gli altri e siate sempre pronti a scoprire la verità che si cela dietro il fantasmagorico divenire del mondo oggettivo. Questo è il dovere dell'uomo, vale a dire il suo Dharma.
Il fuoco ardente della conoscenza (jnana) che vi dice che " tutto questo è Dio" (sarvam Khalvidam Brahman) ridurrà in cenere ogni traccia della vostra egoicità e ogni attaccamento al mondo. Vi dovete inebriare del nettare dell'unione con Dio (Brahman): questa è la meta finale del Dharma e dell'attività ispirata dal Dharma." Poni il Dharma sull'altare della conoscenza (Jnana), dopo aver sacrificato l'ignoranza (ajnana) e l'egoismo (ahamkara)": ecco il messaggio dei Veda. Tutte le azioni disinteressate che preparano la fusione dell'anima individuale con l’Anima universale e portano a vedere ovunque la presenza di Dio, sono azioni dharmiche. Ognuna è come un ruscelletto che incrementa il fiume della santità e corre verso il mare della conoscenza divina (Brahma-jnana) . Le vostre azioni e il vostro lavoro sono tutti riti di adorazione del Dio Supremo (Paramatma) che pervade l'Universo. Ogni cosa compiuta con spirito di dedizione e abbandono al Signore fa parte del Dharma e conduce alla realizzazione. Il modello di vita indiano è volto proprio alla santificazione di ogni gesto, parola e pensiero al fine di prendere coscienza della propria innata Divinità. Possiamo comprendere le azioni dharmiche del passato solo penetrando il loro significato simbolico. In campo spirituale, infatti, vi sono molti termini tecnici, ciascuno con un significato suo proprio che, una volta compreso, permette di afferrare correttamente l'insegnamento degli Sastra.

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Vediamo un esempio. Anticamente si celebravano dei riti (yajna) nei quali venivano sacrificati gli animali (pasu). Ma l'animale è solo un simbolo; ciò che si deve immolare non è una creatura che già conduce una vita di sacrificio senza che l'uomo gliela debba far concludere sull’ara! La bestia che dev'essere uccisa è un'altra. Nel lessico spirituale, infatti, " animale" significa "la coscienza del corpo" o " coscienza dell'ego". Ora, è proprio questa che deve morire. Il Signore è anche detto Pasupati o Govinda, dove Pasupati non significa " il custode degli animali ", ma " il Signore di tutte le anime individuali (jiva)", perché pasu sta per jiva. Anche Govinda significa " guardiano delle vacche", dove " vacca (go)" sta per " anima individuale (jiva)". La cura delle vacche è una lila, cioè un gioco divino di Krishna, e simbolizza la Sua Missione di pastore delle anime.

Gli Sastra hanno profondi significati occulti. Lo scopo del Dharma è far sì che l'anima individuale (jiva) abbandoni l'attaccamento al mondo e alle sue illusioni per prendere coscienza della realtà o, piuttosto, per rifiutare ciò che prende ora per vero, realizzando in tal modo la propria identità. Tutti devono imparare questi significati.

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Prendiamo ad esempio il Tempio di Siva. Vi avranno insegnato che il toro Nandi, posto davanti alla statua del Dio, rappresenta la cavalcatura di Siva, cioè il Suo veicolo ( vahana); per questa ragione lo si colloca in quella posizione. Ma in realtà il toro, l'animale (pasu), rappresenta l'anima individuale (jiva), mentre la struttura ovoidale (Lingam) è il simbolo di Siva. Nessuno deve passare tra il toro e il Lingam, cioè tra l'anima individuale (jiva) e Dio ( Siva), che devono fondersi in uno. Si dice anche che bisogna guardare Siva attraverso le corna di Nandi e, se ne chiedete la ragione, vi risponderanno che quello è il modo più sacro per vedere il Lingam. Invece il significato occulto è che bisogna scorgere Siva in jiva, cioè Dio nell'anima individuale. La bestia (pasu) e il Guardiano (pasu-pati) sono Uno, Nandi e il Signore (Iswara) si fondono in Nandiswara. Sono solo due modi per riferirsi alla stessa Entità che, prigioniera, è Nandi, mentre libera è Dio (Iswara). Non appena i vincoli cadono, si manifesta il " Signore-Nandi" (Nandiswara) che viene giustamente adorato. Quando l'animale (pasu) viene offerto al Guardiano (Pasu-pati) e i due si fondono in Uno, si ha il vero sacrificio (yajna). Ma questo significato è stato dimenticato, perché i riti hanno subito delle modifiche talmente profonde che le pratiche di oggi sono molto lontane dai principi del passato.

Persino i lavori più umili e modesti dovrebbero essere ispirati agli ideali della perfezione spirituale, perché in questo modo anche gli animi semplici avranno la possibilità di salire passo passo verso la meta. Se non cercate di comprendere il significato e lo scopo di ogni vostra azione e tuttavia continuate ad agire, ogni atto si trasformerà in una pratica ridicola e vuota. Disse una volta Prahlada: " Trovando difficile annullare il proprio egoismo, l'uomo preferisce sacrificare una bestia. Ma uccidere gli animali conduce alla schiavitù, perché è una manifestazione di " ignoranza " (tamoguna), mentre il sacrificio della bestia dell'egoismo è un atteggiamento virtuoso (sattwico ), che porta alla liberazione e quindi a Dio". Quelli che un tempo erano " i valori supremi" (paramartha), oggi sono considerati soltanto delle " pazzie" (pamarartha). Allo stesso modo i riti del passato, così pieni di significato, si sono inselvatichiti ramificando in tutte le direzioni, tanto che non è più possibile sradicare l'albero e piantarne uno nuovo, ma occorre potarlo e insegnargli a crescere diritto. Dovete sempre ricordare il Fine supremo, senza mai mescolarlo con le bassezze.

pag.17 L’ATMADHARMA

Il Dharma non riguarda solo alcune particolari società o Nazioni, ma è intimamente connesso alle sorti del mondo intero. E’ una fiamma dalla luce inestinguibile, la cui azione benefica non conosce ostacoli. L'insegnamento che Krishna diede ad Arjuna nella Gita era destinato a tutti gli uomini, e Arjuna fu solo un pretesto. Oggi la Gita sta educando l'Umanità intera, perché non è stata concepita per una particolare casta, religione o Paese, ma è l'universale respiro vitale dell’uomo. Il Dharma si esprime in molte forme che possono prendere nome da chi le ha codificate, ad esempio la " Legge di Manu" (Manudharma), oppure dai gruppi che le praticano, come la " Legge delle caste" (Varnadharma), o ancora dai diversi stadi della vita cui si applicano, come il " dovere del capo-famiglia" (Grihastha-Dharma) ecc. Queste però non sono la " norma fondamentale", vale a dire il Dharma divino, l'Atmadharma, ma soltanto delle regole secondarie di comportamento pratico, le Acharadharma. Infatti si riferiscono a cose temporali e a problemi di necessità materiale, cioè alle relazioni passeggere dell'uomo con il mondo oggettivo. Anche lo strumento di queste norme, il corpo fisico, è temporaneo. Dunque, come potrebbero essere eterne, come si può definire " reale" la loro natura ? Non è possibile esprimere l'Eterno con l’evanescente, la Verità non può rivelarsi nella nonverità, né la Luce generarsi dalle tenebre. L'Eterno emerge solo dall'Eterno e la Verità dalla Verità. Quindi, bisogna rispettare le norme che riguardano le attività mondane e la vita quotidiana, per l'importanza che rivestono nel loro campo specifico, mantenendo però sempre la piena consapevolezza della " norma fondamentale", della Legge spirituale interiore, vale a dire l'Atmadharma. In questo modo le sollecitazioni interiori e quelle esterne potranno collaborare e concedere la gioia di un progresso armonico. Se nella vita di ogni giorno riuscirete a tradurre gli autentici valori del Dharma eterno in atti pieni d'amore, avrete compiuto il vostro dovere verso la Realtà interiore, cioè avrete rispettato l’Atmadharma. Costruite la vita sulle fondamenta dell'Atma, e il vostro progresso sarà assicurato. Oggi l'uomo si sforza di trasformare Dio in sasso, ma come può portare alla Verità un simile atteggiamento, quando si dovrebbe invece vedere Dio nel sasso? Per prima cosa è necessario meditare sulla Forma della Divinità e imprimerla bene nella coscienza. Successivamente si deve immaginare quella stessa forma nel sasso, e infine dimenticare il sasso finché la forma non diventa Dio. Allo stesso modo dovete imprimervi nella coscienza il Dharma fondamentale, cioè la verità che l'Atma è la sola Entità esistente. Quindi, protetti da quella visione interiore e da quella fede, riuscirete a muovervi tra le lusinghe e i pericoli del multiforme mondo esterno. Solo così potrete realizzare l'Ideale, e scongiurare il pericolo di snaturare il vero significato di Atmadharma. Quando si adora Dio nel sasso, nel particolare si visualizza l'Illimitato, l'Onnipresente, l'Entità Immanente, l'Assoluto. Allo stesso modo il Dharma, che è universale, giusto e libero, può essere sperimentato anche in un singolo atto concreto. Non pensate che sia impossibile! Certamente avrete fatto nella vita delle cose difficili che hanno solo aumentato le vostre ansie e i vostri timori. E allora, non è forse più saggio coltivare degli interessi validi e capaci di garantire la pace della mente? Essere liberi è il vostro diritto naturale. Ma lo sarete veramente solo percorrendo la strada illuminata dal Dharma universale che rende liberi. Deviando da quella luce finirete in catene. Potrebbe però sorgere un dubbio, come può rendere liberi una legge che regola, controlla e impone limiti al pensiero e alla parola? Il fatto è che voi chiamate "libertà" un certo tipo di schiavitù, mentre la vera Libertà si ottiene solo negando l'illusione, l'identificazione col corpo, i sensi e la servitù al mondo esterno. Pochissimi sono riusciti in questa impresa.
Ogni azione compiuta nella convinzione di essere il corpo, rende l'uomo schiavo dei sensi, mentre solo chi ha rifiutato quella identificazione può dirsi libero: questa è la meta del Dharma. Se manterrete sempre vivo il ricordo di questa verità mentre svolgete i vostri doveri nella vita, diverrete dei Muktapurusha, cioè degli uomini liberi. Voi stessi vi siete legati e siete usciti dalla via del Dharma: è sempre così, nessuno vi può imprigionare, se non voi stessi. Se aveste una fede profonda nell'Onnipresenza di Dio sapreste che Lui è il vostro se e che voi non potrete mai essere schiavi! Ma per alimentare questa fede, dovete sempre cercare e sperimentare la beatitudine che deriva dalla conoscenza dell’Atma, vale a dire l’Atmananda. La realtà dell’Atma è la base, la conoscenza incontrovertibile, la Nischithajnana, senza la quale l'uomo cade preda del dubbio, della disperazione e dell'illusione, e la vergine del Dharma non si lascerà sposare . Sforzatevi quindi di rendervi liberi, e come passo preliminare per ottenere il successo, coltivate la fede che l’Atma è il nucleo centrale della vostra personalità, e successivamente cercate di imparare e di praticare la disciplina adatta a realizzarLo. Una volta in possesso di questi requisiti, potrete impegnarvi nelle attività mondane, rispettando il Dharma specifico per ognuna di esse: diverrete così un Dharmapurusha, cioè una persona morale. Chi invece ritiene il mondo fisico fine a se stesso e si identifica col corpo, spreca in modo insignificante la sua vita, cioè trasforma Dio in sasso. E’ molto più sacro e produttivo lo sforzo di tramutare il sasso in Dio. Il non perdere mai di vista l'Atmadharma, cioè la norma fondamentale, trasforma ogni singolo atto in adorazione, sublimandolo e liberandolo da ogni carattere vincolante, mentre l’agire al di fuori di essa è dissacrante quanto trattare Dio come un sasso. Le regole di comportamento pratico (Acharadharma) che non sono ispirate dalla norma fondamentale (Atmadharma o Sathyadharma) oppure la norma fondamentale che non trova riscontro nel comportamento pratico, sono atteggiamenti privi di risultato, perché i due codici sono indissolubilmente connessi tra loro e come tali vanno considerati. L'ufficiale subalterno deve ubbidire al superiore, ma a sua volta l'ufficiale superiore ha bisogno delle prestazioni del subalterno. E allora, chi dei due può dichiararsi libero? Entrambi sono legati dalla ricerca del benessere e dal desiderio di essere felici. Finché l'uomo non scopre il segreto fondamentale dell'Atma, cioè non si rende conto che esiste una fondamentale unità spirituale, sarà gravato dalla schiavitù ai sensi e al mondo esterno. Solo la conoscenza dell’Atma può alleggerire quel peso, perché in tal caso il codice di comportamento pratico si fonderà con quello interiore divino e tutte le spinte vitali saranno in armonia tra loro.
Il Vedanta, le verità spirituali contenute negli Sastra, e lo stesso Dharma esortano l'uomo ad agire e vivere come Dio (Bhagavan) anziché come schiavo. Solo così ogni azione sarà morale, cioè conforme al bene universale, e non più dettata dal desiderio di goderne i frutti: sarà cioè un Dharmakarma e non un Kamyakarma! Non basta cambiare tipo di attività per spezzare le catene della schiavitù, ma è necessario trasferire la propria identità dal corpo (deha) a Dio (Deva), dalla creatura al Creatore. Anche le qualità morali verranno così rafforzate.
Alcuni pensano che il lavoro sia una schiavitù, mentre starsene inoperosi equivalga ad essere liberi. Questo modo di pensare non è corretto, perché se l'impiegato deve ubbidire ai superiori, anche lo sfaccendato non potrà evitare le richieste e le pressioni dei parenti. Persino con gli amici dovrà adeguarsi ai loro desideri. Anche la necessità di prendersi cura del proprio corpo e procurarsi un certo benessere costituisce un legame! Quindi, come potete sentirvi liberi in questa gabbia di obblighi? Ogni esistenza è una prigione, cambia solo il tipo di sentenza. D'altra parte non può essere diversamente, finché permane l'atteggiamento di identificazione col proprio corpo. Ecco perché Sankara disse che: " L'inferno non è altro che l’egoicità basata sul corpo". Questo tipo di egoismo non è che una manifestazione dell’atteggiamento antidivino. Chi mai riuscirà ad eliminare tutte le spine e i sassi dalla faccia della terra? L'unico modo di evitarli è andare calzati, e la filosofia del Vedanta, il Vedanta-darsana, serve proprio a questo scopo. Con la vista interiore concentrata sulla Realtà (Sathya) e la piena fiducia in Brahman, cioè nella vostra Essenza divina, potrete fare a meno di trasformare il mondo esterno secondo le vostre esigenze e praticherete il Sathyadharma. Chi sa calpestare il proprio egoismo e dichiara convinto: " Io non sono schiavo di questo corpo soggetto ad ogni specie di servitù, ma anzi sono il Padrone, sono Colui che dirige e controlla ogni cosa: sono la Libertà fatta Persona", costui è già libero. Tutti i codici morali devono aiutare il processo di distruzione dell'ego, non alimentarlo facendolo crescere selvaggiamente: è questa la via che porta alla Liberazione. Se un uomo, trovando triste la vita col figlio, va ad abitare dalla figlia, non per questo ottiene la libertà, anzi alimenta solo il proprio egoismo. Una simile ricerca di felicità sensoriale non può essere elevata al grado di Dharma. Una casa deve servire per avere la gioia di contemplare il Signore e meditare su di Lui senza essere disturbati. Si può trascurare tutto il resto, ma non questo. Il vero Dharma dell'uomo è quello di gustare la beatitudine dell'unione con l’Assoluto, conquistando la liberazione finale. Chi raggiunge questo stato non sarà più prigioniero, nemmeno nel carcere più buio, mentre per chi è schiavo del corpo anche un filo d' erba può divenire uno strumento di morte. Il vero Dharma dev'essere immerso nella beatitudine dell’Atma, nella visione interiore, nella fede costante dell'identità della propria natura con l’Assoluto e nella consapevolezza che ogni cosa è Dio (Brahman). Nell'esistenza fisica e individuale queste quattro esperienze, pur mantenendosi sature del Dharma interiore della realtà atmica, vengono chiamate per convenienza pratica, Verità (Sathya), Pace (Shantham) Amore (Prema) e Non-Violenza (Ahimsa) in modo da consentire agli individui, che altro non sono che personificazioni dell’Assoluto, di praticarle nella vita quotidiana. Oggi, come in passato, il rispetto del Dharma si manifesta trasferendo quei sublimi principi in ogni pensiero e in ogni azione. La Verità, la Pace, la Non-Violenza e l’Amore altro non sono che l'immersione costante nello Spirito Assoluto (Atma), la visione della verità interiore, la contemplazione della propria vera natura e la conoscenza che tutto è Dio (Brahman), l'Unico e il Solo. Quando l'Originale e il derivato vengono coordinati e si armonizzano, allora si può parlare di Atmadharma. Poco importa quale attività, nome o forma abbiate scelto. Una catena, sia essa di ferro o d'oro, lega sempre, non vi pare ? Quindi, qualunque lavoro, purché basato sull'Atmadharma e avente per radice il Principio atmico (Atmatattwa), è certamente dharmico e porterà in premio la Pace (Shanthi). Chi invece è mosso dall'ingordigia o da timori egoistici, non potrà mai sfuggire alla sofferenza, sia che viva nell'intimità della propria casa o nella solitudine della foresta o in qualsivoglia altro luogo. Il cobra non cessa di essere un cobra anche quando si avvolge nelle sue spire. In sostanza, quando l'azione è motivata dalla consapevolezza dell'esistenza dell'Atma, reca il sigillo del Dharma; mentre se si regge sulla convenienza e l'interesse personale, il Dharma viene degradato a pseudodharma e si trasforma in un legame, per quanto attraente possa sembrare. Come le guardie mettono in fila i carcerati sia per condurli nell’aula del processo che verso il refettorio, così le sollecitazioni dei sensi spingono chi ne è schiavo tanto verso un luogo di sollievo che verso uno di pena . Anche il distinguere gli " amici" dai " nemici" è un errore, un'illusione da abbandonare. Il Signore, l'Incarnazione dell’Amore, è il solo Amico fedele, l'Unico Parente, Compagno, Guida e Protettore. Sappiatelo, e vivete in quella consapevolezza. Questo è il Dharma costruito sulla base della Conoscenza, la vita edificata sulla roccia del Dharma. L’ignoranza di questi principi fondamentali, induce l'attenzione a concentrarsi solo sugli aspetti esteriori, e così la meta si allontana divenendo irraggiungibile. L'attaccamento al mondo può essere vinto solo con l'attaccamento al Signore. Perché lamentarsi di non vedere la terra quando si cammina con gli occhi rivolti al cielo ? Guardate la superficie riflettente della pozzanghera e vedrete contemporaneamente sia la terra che il cielo. Allo stesso modo se volete seguire il Sathyadharma, cioè mettere in pratica il Principio Atmico immanente, dovete riuscire a scorgere in ogni azione un riflesso della Gloria dell'Atma; allora l'attaccamento al Signore trasformerà in un'offerta purissima l'attaccamento al mondo. La Meta non deve venire modificata ne abbassata; occorre cioè mantenere inalterate le cose fondamentali. Il Dharma non dipende dai nomi e dalle forme che assume nella sua applicazione pratica - queste cose non hanno un'eccessiva importanza - ma piuttosto dalle motivazioni e dai sentimenti che lo informano e lo dirigono.

pag.27 LA VITTORIA

Finché ignorerà la sua natura, l'uomo non potrà sfuggire all'inquietudine. Il desiderio di migliorare il proprio benessere o il bisogno di soddisfare le proprie voglie, che lo spingono a cambiare continuamente lavoro, non gli recheranno certamente una pace durevole. Sarebbe come voler migliorare l'illuminazione di una stanza spostando i mobili. Basterebbe accendere una lampada per circolare agevolmente senza dover scomodare l’arredo, non vi pare? La stessa cosa avviene nel mondo. E’ molto difficile muoversi tranquillamente, con sincerità e correttezza, senza urtare contro qualche ostacolo. Eppure il rimedio esiste! Accendete la lampada e lasciate che la Luce della Conoscenza (jnana) vi riveli la Realtà. In questo modo ogni difficoltà verrà appianata! Forse voi credete di vivere nel rispetto del Dharma, ma l'errore di fondo è che non agite con spirito di dedizione, altrimenti le vostre azioni recherebbero il marchio inconfondibile del Dharma.
Qualcuno potrebbe chiedere: "Allora è lecito uccidere o fare del male nel Nome del Signore, offrendo a Lui le nostre azioni?" Ma come può una persona dedicare la propria opera a Dio se non è pura nel pensiero, nella parola e nell’azione? Le virtù che accompagnano il servo del Signore sono l'amore, l'equanimità, la rettitudine e la non-violenza. Come potrebbero coesistere con la crudeltà e la durezza di cuore? Per manifestare lo spirito di sacrificio e la levatura spirituale necessaria alla dedizione, occorre anzitutto possedere la Verità, la Pace, l'Amore e la Non-violenza. Senza queste quattro virtù, o limitandovi semplicemente a nominarle, non riuscirete mai a trasformare un'azione in un'offerta. Le azioni dharmiche sono immortali, e soltanto la conoscenza di questa verità mette gli uomini in grado di compierle. Questa è la Meta suprema, ma l'uomo anziché affrettarsi a raggiungerla, continua ad agire contro il Dharma. Ovunque sta degradando il suo stato da figlio dell'immortalità (amrithaputhra) a figlio della futilità (anrithaputhra)! Stringe nelle mani il calice del nettare e beve il veleno dei piaceri sensoriali; trascura la gioia della contemplazione dell'Atma, la fondamentale Realtà dell'Universo, e si lascia irretire dalle lusinghe delle apparenze mondane. Vien voglia di piangere sul destino che travolge il genere umano!

Alla fine del capitolo 14° della Gita si legge:

Brahmano hi pratisha, ham
amrtasya, vyayasya ca
sasvatasya ca dharmasya
sukhasyai, kantikasya ca.

Io sono la Base di Brahman
della Vita Eterna
del Dharma imperituro
e della Beatitudine Assoluta.

Il modello di vita dharmico è essenziale come il respiro, è la via che conduce alla realizzazione della propria vera natura, e chi la percorre è caro al Signore. Egli è sempre vicino ai puri di cuore che agiscono secondo il Dharma. Proprio per questo motivo la Gita insegna ad Arjuna come sviluppare le virtù che aiutano a mettere in pratica l’Atmadharma. Questi consigli vengono descritti nelle strofe 13-19 del 12° capitolo, e chi si è abbeverato a quella fonte le ricorderà certamente. A questo riguardo la strofa più importante è la seguente:

ye tu dharmyamrtam idam
yathoktam paryupazate
sraddhadhana matparama
bhaktas te, tiva me priyah

Coloro che seguono la via
dharmica verso l'Immortalità
come è stata insegnata, con fede,
e avendo Me come Fine supremo,
quei devoti Mi sono cari in
modo particolare.

E’ un concetto grandioso! Questa strofa chiude la serie sulle qualità che l'uomo deve sviluppare, ed è molto importante che definisca "Via dharmica verso l'Immortalità" tutto il gruppo che la precede! Meditate bene l'espressione " Via dharmica verso l'Immortalità" e cercate di ispirarvi. Solo chi rispetta il Dharma del Signore merita il nettare della Sua Grazia. Gli ingenui credono di avere devozione per il Signore (bhakti), ma non si chiedono se il Signore ha amore verso di loro. Anzi, sono rare le persone che lottano per scoprirlo. Invece è proprio questa la misura del successo spirituale. La stessa persona può essere re per i sudditi, figlio per i genitori, nemico per i nemici, marito per la moglie, padre per i figli. Recita, come si vede, molte parti, ma al momento di definire se stessa, commetterebbe un errore identificandosi con uno di questi ruoli che hanno origine da parentele fisiche o da rapporti sociali, e quindi sono in grado di esprimere soltanto delle condizioni temporanee. D'altro canto non può neppure affermare: "Io sono le mie mani, i miei piedi o la mia testa", perché questi organi appartengono alla forma fisica, mentre l'uomo è più reale del suo corpo. I nomi e le forme sono solo delle apparenze che celano la sua Essenza divina (Brahman). Egli è l'Io, il sé. Riflettete bene su questa Entità, scoprite chi è realmente questo Io. Dal momento che incontrate tanta difficoltà ad analizzarvi per comprendere la vostra Natura, con che diritto esprimete giudizi definitivi sugli altri? Quando dite " io" e " tu" vi riferite al corpo, all'apparenza, non all'Essenza. L'Atma è Uno e Indivisibile, e solo il Dharma costruito su queste fondamenta è Dharma autentico. Qualcuno potrebbe obiettare. " Parli continuamente di Atma, ma dimmi un poco, com'è fatto l'Atma, qual è la Sua forma?". Ebbene, come potrebbe l'Atma avere una forma? Esso è eterno, sempre uguale a se Stesso, immortale. E’ Bontà, Giustizia e Carità; Immutabilità e Purezza. Non può essere limitato dai nomi o dalle forme, ma soltanto compreso per mezzo della Conoscenza che albeggia nel Karma-deha, quel corpo che avete acquisito come risultato delle azioni passate. Solo il corpo ha nome e forma, e quindi in ogni atto fisico dovete manifestare l’Atmadharma, il Dharma basato sulla coscienza dell’Atma. Le Scritture dicono che "l’Atma non è né maschio né femmina, non è bue, cavallo o pecora, e neppure elefante, uccello o albero, ma trascende queste categorie, perché le distinzioni e le diversità nascono solo dal movimento". L’Atma non subisce modificazioni, si può soltanto affermare che " è".
Quindi, volendo riassumere, dobbiamo dire che l’Atma è l’Assoluto. Ogni altra cosa è particolare, insignificante, apparente, irreale, denominabile e identificabile. Prendiamo ad esempio un palanchino. Prima era un albero, poi fu trasformato in assi e tavole, e infine divenne un palanchino. Ogni qualvolta mutava la forma cambiava anche il nome. Ma chi siede su un palanchino non dirà mai di star seduto su un albero, su una tavola o su un trave, non vi pare? Gli oggetti subiscono dei cambiamenti: non sono eterni, non sono Sath, vale a dire " Reali". Si distinguono per mezzo dei nomi e delle forme, e possiamo descriverli solo in base alle loro caratteristiche, proprio perché sono artificiali e temporanei. Una sedia non è che un particolare modo d'essere del legno. Se togliete il legno, sparisce anche la sedia. Allo stesso modo se pensate solo al legno, che è la " sostanza di base", l"' apparenza" della sedia scompare. Questo ragionamento vale anche per il Dharma. Tutti sappiamo che esiste il Dharma della casta (Varnadharma), quello del padre di famiglia (Grihasthadharma), quello di chi, avendo assolto gli obblighi familiari, si dedica alla ricerca spirituale (Vanaprasthadharma), quello del rinunciante (Sanyasadharma), quello del figlio-studente (Brahmacharyadharma) e così via. Ora, tutti questi Dharma sono soltanto delle modificazioni del Dharma " Fondamentale", come lo sono il palanchino e la sedia rispetto al "legno". Tutte le diversità si annullano non appena indaghiamo la loro natura. Svaniscono gli oggetti e resta solo il legno; scompaiono i Dharma particolari e rimane solo l’Atmadharma in tutto il suo splendore. Naturalmente i Dharma pratici sono necessari per disciplinare la vita nel mondo. Come per utilizzare il legno lo si deve trasformare in oggetti pratici, così l'Atmadharma, chiamato anche Santhadharma o Sathyadharma, viene forgiato nel Dharma del figlio studente, del capofamiglia, del rinunciante, della donna (Stridharma), dell'uomo (Purushadharma) e così via. La materia prima però rimane sempre la stessa. La sostanza di base può solo venir forgiata in varie forme, che assumono nomi differenti a seconda dell'uso cui sono destinate. L’Atmadharma rimane tale anche quando lo si scompone per raggiungere determinati obiettivi, come il legno che viene segato, ridotto in pezzi, ricomposto e lavorato. Finché i vari Dharma provengono da quel " Legno", non c'è pericolo. Ma ricordate che non si può ricostruire l'albero originario rimettendo insieme i pezzi di legno! Allo stesso modo trasferite l'Atmadharma in tutte le attività mondane, ma non chiamate Atmadharma i Dharma pratici! Sarebbe come barare con l'Ideale, con l'Assoluto! Il Dharma è la via morale, la via morale è Luce e la Luce è Beatitudine. Il Dharma è caratterizzato dalla santità, dalla pace, dalla verità e dalla fortezza. E’ Yoga e Sathya, vale a dire unione con Dio e Verità. I suoi attributi sono la giustizia, il controllo dei sensi, il senso dell'onore, l'amore, la dignità, la bontà, la meditazione, la simpatia e la non violenza. Questo Dharma imperituro è la disciplina più elevata e più utile, perché conduce all’Amore Universale e all’Unità. Tutta questa " evoluzione" ebbe inizio col Dharma ed è resa stabile dalla Verità (Sathya): questi due principi sono inseparabili. La Verità è la Legge dell'Universo che fa ruotare gli astri nelle loro orbite. il Dharma è rappresentato dai Veda e dai Mantra, e dalla conoscenza (jnana) che essi sono in grado di trasmettere. Il Dharma è la Direzione, la Via e la Legge. Ovunque si vive nel rispetto per la morale, si può vedere la pratica del Sathyadharma. Anche il Bhagavata dice: " Dove c'è il Dharma c'è Krishna, e dove ci sono tutti e due, c'è la Vittoria " .Il Dharma è la Personificazione del Signore, e dal momento che il mondo è il Suo corpo, " mondo " è soltanto un'altra espressione per dire " Ordine Morale"; questa affermazione non potrà mai essere contraddetta.

pag.35 IL DOVERE DELLA DONNA


Gli uomini fanno riferimento a molti doveri, diritti e obblighi che non costituiscono l'essenza del Sathyadharma, non sono cioè fondamentali, ma servono a regolare le complicazioni del vivere. Tutti questi codici morali e di comportamento sociale nascono dal bisogno di rivolgersi alle due diverse nature dell'uomo e della donna. Queste due creature esprimono l'idea della manifestazione (Prakriti) e del non-manifesto (Paramatma), del grossolano e del sottile, dell'inerte e del cosciente: la coppia che pervade ogni cosa. Come tutta la molteplicità del creato ha avuto origine dall'interazione dell'inerte e del cosciente, così le ramificazioni e le differenti elaborazioni del Dharma, sono dovute proprio all'esistenza del principio maschile e di quello femminile. Quindi, il Dharma più importante per il progresso del mondo riguarda la condotta morale e il comportamento di queste due nature. Anche il più grande dei Maestri deve tener conto di questa realtà nei suoi insegnamenti.

Il Dharma dell'uomo (Purushadharma) e quello della donna (Stridharma) sono due importanti applicazioni del Sathyadharma; mentre le norme e le discipline che si riferiscono a circostanze, situazioni e stati temporanei, sono accessorie, possiamo cioè considerarle come affluenti, al pari dei corsi d'acqua che si gettano nel fiume Godavari. Ora, voi dovete prestare attenzione sempre al fiume principale, non ai corsi secondari. Voglio dire che dovete lasciarvi guidare dai due Dharma di base, il maschile e il femminile, senza assegnare mai un ruolo determinante ai Dharma minori ed accessori...

pag.53 IMMUTABILITA’


I principi del Dharma non possono cambiare per essere adattati alla convenienza dell'uomo, perché sono immortali ed eterni. Naturalmente può accadere che le norme e le consuetudini, per effetto del variare delle cause, debbano subire delle modificazioni nella loro applicazione pratica. Ebbene, anche in questo caso, la loro validità deve venire saggiata sulla base delle Scritture (Sastra) e non alla luce del profitto personale. Questo tipo di calcolo va decisamente evitato. Ora, non si può certo pretendere che le Scritture espongano solo quelle regole che favoriscono il raggiungimento di vantaggi materiali, e neppure che i Veda esaltino solo questo tipo di azioni, proprio perché il Dharma non può venir convalidato da questi criteri, anzi esula da qualsivoglia dimostrazione pratica. Tanto è vero che i Mimamsaka, cioè gli studiosi dei primitivi testi vedici, sostengono addirittura che il Dharma può essere conosciuto solo per mezzo dei Mantra, e che i Veda affermano solo quelle verità che sono oltre la prova dei fatti. Naturalmente chi segue il Dharma con l'ottica del profitto, generalmente finisce per trascurarlo se i risultati non sono evidenti ed immediati. Vi faccio un esempio: ogni uomo ha una sua idea dei vantaggi che vorrebbe ottenere dalle pratiche spirituali prescritte, quali le abluzioni, le preghiere quotidiane e la meditazione, perché ognuno ha un suo modo di pensare e di vedere le cose. Bene, un atteggiamento del genere può portare persino a trascurare la recitazione della Gayatri alla sera per sostituirla con i mille Nomi (Sahasranama) di Vishnu o di Siva. Ma le Scritture parlano chiaro al riguardo: Kale Sandhya samachareth, vale a dire " recita le preghiere del mattino e della sera nei modi prescritti". Ora non vi pare che quest'atteggiamento di comodo sia contrario al Dharma? Lo stesso avviene per quanto riguarda le caste (Varna). Nella Gita si legge: Chathurvarnyam maya sristham guna karma vibha gasah, e il significato mi sembra abbastanza chiaro " Io - dice il Signore - ho creato le quattro caste, differenziandole sulla base delle attitudini e delle inclinazioni personali". Ma gli uomini si lasciano sviare dai falsi ragionamenti e dalla fredda logica, e preferiscono seguire il Dharma che reputano più conveniente. Non tengono in nessun conto il timore di Dio e del peccato, e finiscono col trascinare nell’errore le persone semplici e ingenue. Tra l’altro questa è la ragione che spinge di quando in quando il Signore ad incarnarsi per risollevare gli oppressi e ristabilire il Dharma. La Gita lo dice molto chiaramente: Dharma samsthapanarthaya sambhavami yuge yuge.
E qui voglio precisare una questione fondamentale. Dopo aver letto la Gita, molte persone pensano che il Signore si incarni ogni qualvolta il Dharma viene distrutto e cominciano a prevalere le forze del male. Ora, questa interpretazione è priva di fondamento logico. La Gita non parla affatto di " distruzione", ma usa la parola glani." Quando il Dharma è in pericolo - dice il Signore - Io scendo per proteggerlo". Come si vede, non afferma che viene per difenderlo e preservarlo dopo che è stato distrutto! A cosa può servire il medico quando il malato è deceduto? Una volta che il Dharma, l'alito vitale dell'umanità, sia stato sopraffatto, che bisogno può esserci dell'Incarnazione divina (Bhavarogavaidya)? Cosa verrebbe a proteggere? Ripeto: il termine glani non indica la distruzione, ma il declino, l'indebolimento. Ora, il compito del Signore è la protezione del Dharma, che costituisce il respiro vitale delle anime individuali (jivi). Il Dharma non è una cosa di poco conto. Chi non lo pratica è come se fosse morto, mentre chi lo rispetta partecipa della natura divina. Oggi è necessario riportare gli uomini sul sentiero del Dharma per mezzo dei buoni consigli, allettandoli con la speranza delle conseguenze benefiche che derivano dalla sua pratica, minacciando di abbandonarli quando se ne allontanano e, come ultima risorsa, infliggendo loro anche delle punizioni. Ossia col metodo tradizionale di sama, tana, bheta e tanta: l'amicizia, il premio, il distacco e il bastone! Anticamente gli uomini rispettavano il Dharma anche a rischio della vita, mentre oggi si scivola nell'immoralità senza la minima pressione esterna. In verità, c'è una grande confusione nel campo del Dharma. I suoi seguaci vengono ostacolati, derisi ed emarginati. Spesso bollati come imbroglioni e ignoranti. Purtroppo questi calunniatori non conoscono né il Dharma né i suoi principi, e non hanno la capacità di afferrare neppure il significato letterale del termine! Come può un cieco sapere cos'è un raggio di sole? Conosce il calore, ma non sa nulla dello splendore, della forma e della natura dell’astro! Allo stesso modo chi non conosce il Dharma e non ha fede nei suoi principi, non può comprendere la gioia che nasce dall’osservare quella Legge. Esporre il Dharma a queste persone è come suonare la buccina a un sordo! Prima dovete accertarvi che l'ascoltatore abbia fede nel Dharma e desideri metterlo in pratica con fermezza e sincerità; in seguito potete occuparvi di lui e cercare di aiutarlo. In questo modo, anche la persona più ignorante, spinta dalla gioia che nasce dalle sue stesse esperienze, spargerà nel proprio cuore i semi del Dharma. Oggi molti eruditi, studiosi dei Veda, degli Sastra e della tradizione classica hanno perso la fiducia in quei testi. Temono, attenendosi strettamente al Dharma, di venire derisi dai loro cinici amici. E così si sono piegati alle distorte argomentazioni dei critici e hanno venduto la loro preziosa eredità per un profitto insignificante. Interpretano il prescritto digiuno di Ekadasi (undicesimo giorno della fase lunare) come una norma igienica, considerano la fiamma della canfora un rimedio per gli asmatici, il controllo della respirazione (prana-yama) come un aiuto alla digestione, i pellegrinaggi dei giri turistici e la carità un sistema per farsi pubblicità. Ecco come hanno ridotto i sacri precetti del Dharma!
Queste persone ingannano il mondo, sono barbari che non conoscono e non seguono i principi della rettitudine. Forse potrebbe aiutarli un' attenta lettura della Legge di Manu (Manudharma):
Arsham Dharmopadesam cha Vedasastra a virodhina Yastharkenanusandhaththe Sa Dharmam Veda, netharah
" Chiunque voglia conoscere il Dharma, deve seguire un sistema di logica che non sia in contrasto coi Veda e gli Sastra." Come viene ben precisato in questi versi, nessuna conclusione contraria ai Veda può essere logica. Il freddo argomentare non dà frutti, e Manu lo sconsiglia nell'interpretazione delle Scritture. Purtroppo oggi molte persone amano questa arida razionalità, e, col loro cattivo esempio, trascinano gli altri alla rovina. A questo proposito sentite cosa disse in passato Vedavyasa:
Na yakshyanthi, na hoshyanthi, hethuvadavimohithah Nimmokshyaham karishyanthi, hethuvadavimohithah
" Coloro che seguono la via logica, cercando le relazioni di causa-effetto, non alimentano il fuoco sacrificale e si fanno coinvolgere in azioni degradanti". Ora, Vedavyasa scrisse queste parole nell’Aranyaparva (prima sezione del terzo libro) del Mahabharata, e intendeva precisare proprio quale sarebbe stata la situazione nell'attuale periodo storico (Kaliyuga). Del resto il sole e la luna percorrono le loro orbite senza mai deviare solo perché rispettano il Dharma, e le potenze divine svolgono i loro compiti e i loro doveri soltanto in virtù di questa Legge universale che vincola i cinque elementi al rispetto della loro natura. Anche voi dovete trarre il massimo bene possibile dal Dharma, ed evitare, nel seguirlo, di recar danno a voi o agli altri. Dovete diffondere la sua gloria trasformandovi in esempi luminosi di pace e di gioia. Evitate sempre di percorrere l'arida via della logica che confonde la mente col cinismo e il pregiudizio. Non occupatevi di quel che fanno o credono gli altri, e non cercate di riformarli o di correggere i loro passi. Tenete per certo che l’Atma è la vostra vera natura, e su questa base verificate tutte le vostre azioni, chiedendovi sempre se vi stanno aiutando o meno a rivelarvi quella suprema Realtà. Se svolgerete i vostri doveri laici e religiosi alla luce di questa fede, non sbaglierete mai e sarete sempre felici. Alcune massime profane come Uayogam Purushalakshanam o Karmam Purushalakshanam affermano che solo l'uomo impegnato in un lavoro o in una professione può definirsi tale. Ma la vera massima è Dharmam Purushalakshanam, il segno dell'uomo è il rispetto del Dharma. Tutti devono impegnarsi in azioni dharmiche mentre mettono in pratica i quattro purushartha, vale a dire i quattro obiettivi dell'esistenza umana: il compimento del dovere (Dharma), l'acquisizione dei mezzi per vivere (artha), il soddisfacimento dei desideri (kama) e la liberazione finale (moksha). Come per la donna esiste il Pathivrathaaharma, così anche l'uomo deve rispettare il Brahamacharya. Se la donna deve considerare come suo signore e marito una sola persona, anche l'uomo è tenuto ad essere fedele ad una e una sola donna, che dovrà considerare come moglie e compagna. Per rispettare il suo Dharma la donna deve adorare il marito come Dio, assisterlo e assecondare i suoi desideri. A sua volta l'uomo deve onorare la moglie come la Griha Lakshmi (la Dea del focolare), considerarla regina della casa e agire sempre in conformità al suo volere. Solo cosi potrà meritare il titolo di uomo. Il nome e la fama, l'onore e il disonore, il vizio e la malvagità, il bene e il male sono gli stessi sia per l'uomo che per la donna. Non è giusto affermare che la donna è legata e l'uomo è libero. Entrambi sono vincolati dal proprio Dharma e cadono nell'iniquità se non rispettano il corretto svolgimento dei quattro purushartha. Gli uomini, in alcune circostanze, sono legati proprio come le donne, e non hanno alcun diritto di comportarsi diversamente, perché tra moglie e marito esiste un reciproco impegno.

pag.71 GLI STADI SOCIALI


Gli stadi che regolano l'esistenza umana (Asrama) sono quattro, e cioè:
  • BRAHMACHARYA: è lo stadio dello studente, la cui educazione comincia   dopo una cerimonia di iniziazione alla vita spirituale;
  • GRIHASTHA: è lo stadio del capofamiglia;
  • VANAPRASTHA o eremitaggio: il capofamiglia, esauriti i doveri del suo stato, si ritira nella foresta per dedicarsi alla meditazione e condurre una vita di austerità. E’ uno stadio di preparazione al successivo, cioè al
  • SANYASA: lo stadio del monaco itinerante che ha completamente rinunciato a tutti i beni terreni, a tutti i valori mondani, e ha scelto l'ascetismo.

   Il Grihasthasrama è lo stadio più importante; infatti gli altri si basano su di esso, perché il capofamiglia deve preparare e sostenere tutti e tre. Come ogni essere vivente ha bisogno dell'aria per la sua esistenza, chi appartiene agli altri tre stadi dipende dal capofamiglia che, non solo li veste e li nutre, ma ne agevola lo studio dei Veda.
Manu, nel suo codice legislativo, ha chiaramente espresso questo punto di vista. Egli ha dichiarato che anche il capofamiglia raggiunge la liberazione purché segua rigorosamente il suo Dharma. Non v'è dubbio che ciascuno, in qualunque fase della vita si trovi, otterrà la salvezza se sarà fedele al Dharma prescritto per il proprio stato. Nei codici legislativi di Manu, di Narada e di altri, si fa presente che in alcuni casi, se il capofamiglia osserva scrupolosamente il Dharma, è da considerare il più nobile esemplare d'uomo; mentre in altri testi si afferma che soltanto i Saggi, avendo rinunziato a tutto, meritano venerazione. Perciò può sorgere il dubbio se sia preferibile scegliere la condizione di capofamiglia, che è la base e il sostegno delle altre, oppure intraprendere la universalmente onorata via del Sanyasa, il sentiero della rinuncia. C'è un intimo rapporto fra il virtuoso Grihastha ed il santo Paramahansa. Quindi, qualunque sia la vostra condizione, non è sbagliata. Gli stadi della vita portano tutti e quattro alla liberazione se seguite rigorosamente il Dharma prescritto per ciascuno di essi e se vi dedicate con costanza al vostro progresso. Ciascuno degli Asrama è importante nella sua fase specifica; la condotta individuale e la pratica sono le prove essenziali. Se si applicano gli insegnamenti spirituali, ogni Asrama è sacro, ogni Asrama è encomiabile: questo è il criterio delle Sacre Scritture.
Chi è consapevole che l'Atma è la realtà fondamentale dell'uomo, attraversa l'oceano dei cicli di nascita e morte e, senza dubbio, raggiunge la meta, la liberazione. Mentre coloro che ignorano i voti ed i riti prescritti per quella particolare fase della loro vita, cosi come coloro che, non avendo studiato le Sacre Scritture, si accontentano di mostrare una purezza soltanto esteriore, dovranno sicuramente soffrire. I voti ed i riti prescritti per la pratica religiosa quotidiana, sono, fra le altre discipline ascetiche, oltremodo importanti. L'osservanza di essi è la più alta forma di abnegazione (Tapas), la più alta forma di dovere religioso e morale (Dharma). Avete notato ciò che a tale proposito dice la Gita, che è l'essenza delle Upanishad? (raccolta di testi di carattere sacro). Coloro che sono costantemente attivi nel campo spirituale, a qualunque categoria appartengano, qualunque sia la loro casta, raggiungono il Signore. E’ ciò che anche Manu dice: " Essi possiedono la più alta conoscenza". La persona libera da ogni desiderio, che non ha neppure la minima inclinazione al possesso o al piacere dei beni materiali, che non ha in se alcuna traccia di egoismo o di avidità, che è sempre nella beatitudine della consapevolezza del Brahman, non ha alcun sintomo di sofferenza e vive nella gioia suprema e nella pace. E poi, nel suo ultimo istante, se ha consolidato la conoscenza della sua natura essenziale, che è il Brahman, può, oltre ogni dubbio, unirsi al Brahman e fondersi nello stato più elevato.
La stabilità nella conoscenza è del tutto naturale in tali persone. Il costante sentimento che Io sono Brahman è la panacea per tutti i mali dell'uomo. La liberazione giunge con la stessa intuizione di essere il Brahman. Coltivare quel sentimento ed entrare in quella esperienza è il vero dovere degli uomini. L'ignorante, indotto dal principio di inerzia, ritiene di essere il corpo fisico, mentre l'erudito, capace di raziocinio e di indagine, percepisce che l'Io è la Jivi che sta nel corpo (l'anima). Ma quegli uomini saggi che possono vedere il Non-Sé (An-Atma) distinto dalla permanente essenza individuale (Atma), sanno che la verità è l'identificazione col Brahman, Io sono il Brahman, e non divergono da tale convinzione. Le caste come quella dei Brahmini, i colori della pelle come il bianco e il nero, gli stadi della vita come quello del capofamiglia ecc., sono condizioni fisiche; non hanno le caratteristiche dello Spirito. Tali condizioni sono sottoposte ai fattori tempo e spazio, appartengono a questo mondo di schiavitù, sono governate dalle cause connesse col mondo materiale, sono stabilite dalla Volontà Divina per il regolare funzionamento del mondo e devono essere osservate da chi è legato alle limitazioni fisiche. Sono invece prive di valore per chi è immune da restrizioni, per chi ha superato i vincoli materiali. Ecco perché le persone costantemente assorte nella contemplazione del Brahman, che hanno ben compreso la realtà fondamentale, non badano troppo ad esse. Come potrebbero, infatti, curarsi di ciò che viene chiamato " casta" ? Ma finché quello stato non è raggiunto, bisogna seguire le regole della propria casta e del proprio stato, senza eccezione. Questa è la legge per il " corpo-cosciente", è la legge fisica individuale, il Dehadharma. I grandi veggenti che capirono il significato del Dharma spirituale (Atmadharma), affermarono che Sath, Cith e Ananda (esistenza, coscienza e beatitudine) sono le caratteristiche fondamentali del Se. Perciò possiamo dire che quei grandi Sapienti raggiunsero il Brahman che è la stessa essenza-coscienza-beatitudine (Sath-Cit-Ananda). Per ottenere la liberazione basta la chiarezza intuitiva che consente la visione dello Spirito; questo è l'essenziale, non la casta o il colore della pelle. Come ottenere quella chiara visione ? Con la pratica del Dharma; del Dharma condizionato dalla casta e dalla posizione individuale. Il Dharma dà la capacità di percepire l’Atma senza nebulosità o velature che lo celino alla vista. L'osservanza del Dharma offre l'esperienza; con l'esperienza si stabilisce la verità; la verità dona la chiarezza di visione; la visione assicura la salvezza. Chi è libero dagli ostacoli interiori che velano l'Atma, può appartenere a qualunque casta o condizione; ciò non ha importanza, egli raggiunge la liberazione. Questo puro strumento interiore, questa limpida mente, è ciò che le Scritture esaltano quando parlano di salvezza.
Coloro che nutrono sentimenti di inimicizia o di attaccamento, anche se vivono nella foresta, non possono sfuggire al male. Coloro che hanno dominato i sensi, anche se appartengono all’Asrama dei capifamiglia, possono essere dei santi asceti. Se si impegnano in azioni non dannose o condannabili, anch'essi meritano di essere chiamati Saggi (Jnani).La loro casa è il " boschetto" in cui attuano l’austerità per acquisire il senso del distacco. La liberazione non può essere ottenuta in virtù della stirpe, non con atti caritatevoli ne con ricchezze, non con celebrazioni rituali ne con pratiche Yoga; ciò che occorre è la purificazione interiore. Per stabilire quale sia l’azione giusta e quella sbagliata, la voce degli Sastra ( Sacre Scritture) è la sola autorevole. Quali che siano lo stadio della vita e la condizione personale, se l'uomo ha come obiettivo la realizzazione del Brahman e se cerca di capire la propria realtà, riuscirà a rimuovere il velo dell'ignoranza ed a riconoscersi nel Brahman. L'attenzione fissa sulla propria essenza interiore è il mezzo per avere la liberazione. Chiunque, a qualsiasi casta appartenga, se capisce questa lezione impartita dai Veda, se vive secondo i principi morali dettati per la fase particolare della propria vita, può raggiungere lo stadio supremo (Parampada), la finale emancipazione. Se non ha difficoltà ad acquisire la conoscenza, l'uomo può rimanere nella condizione di capofamiglia ed avere la salvezza senza dover abbracciare lo stato del rinunciante. Saggi come il grande re Janaka, Aswapathi, Dilipa, raggiunsero la meta nella loro condizione di capifamiglia; fecero ogni sforzo e riuscirono ad eliminare tutti gli ostacoli che li intralciavano nella conquista della Grazia divina; il loro obiettivo era quello di raggiungere il Sommo Dio. Perciò non abbiate dubbi: lo stato di capofamiglia non è un impedimento. Spinti dal desiderio di superare questo oceano del Samsara (il legame di vita, morte e rinascita), marito e moglie devono vivere in perfetta armonia di pensiero e di volontà; il proposito di arrivare alla meta dev'essere ugualmente forte e risoluto in entrambi. Altrimenti la via della rinuncia (Sanyasa) è il loro rifugio. Vedete, anche il sole di mezzogiorno è unito alla sua consorte, l'ombra; la luna, durante le sue fasi, è strettamente legata ai freschi raggi di luce, che sono come il nettare. La Signora della casa dev'essere sveglia, paziente, calma, buona; deve avere ogni virtù. Così la casa sarà splendente; sarà la casa della vittoria anche nel campo spirituale. Non c'è alcuna regola che imponga ad una persona di diventare monaco rinunciatario e sparire quando in casa trova difficoltà nel campo spirituale. Se un marito lo fa senza il pieno consenso della moglie, la sua rinuncia non avrà alcun esito positivo. La cosa migliore che può fare è quella di abbandonare la casa insieme alla moglie e farsi eremita, seguendo il Dharma di quel nuovo stato. Se però ci sono bambini bisognosi di cure e di assistenza, neanche l’eremitaggio è concesso, secondo gli Sastra. Bisogna prima fare in modo che i figli si rendano indipendenti dai genitori e poi lasciarli. Le Scritture perciò impongono che una persona, lo voglia o no, debba mantenere la sua posizione di capofamiglia fino all’età di 48 anni e sforzarsi di compiere il suo dovere senza impacci. Se sorgono difficoltà, deve offrire anche queste al Signore e accettarle tranquillamente come una prova necessaria al Suo piano. Questo è il modo di affrontare la disciplina richiesta al capofamiglia, la via che uomini e donne devono percorrere.

pag.79 – (85) Il diritto alla conoscenza


...La stretta aderenza alla verità e l'osservanza del Dharma possono naturalmente richiedere una grande fatica ma, se avete in vista la Beatitudine che vi attende alla fine, dovete rassegnarvi e sopportarla volentieri. Solo chi è veramente intelligente può salvarsi quando conosce la verità; gli altri rimarranno nella loro condizione di schiavitù. Gli Yuga, o periodi nei quali si svolge l'esistenza del mondo, sono classificati in base al livello mentale dominante. Si dice che nel Kritayuga il Dharma si reggesse su quattro gambe, sano e vegeto; che nel Tretayuga il Dharma avesse tre gambe, mentre nello Dvaparayuga doveva andare avanti traballando su due sole gambe; nell'attuale Kaliyuga, secondo quella tradizione, non ha che una sola gamba. Le quattro gambe sono: Sathya, Daya, Tapas, Dana (Verità, Pietà, Austerità, Generosità); se uno ha solo tre di queste qualità dharmiche, può ben dirsi che costui si trova nel Tretayuga qualunque sia l'epoca storica in cui vive: se in una persona la qualità Sathya non è costante, ma persistono le altre tre doti, essa è nel Tretayuga, se sono assenti Sathya e Daya, ma rimangono Tapas e Dana, l'individuo che si trova in questa difficile situazione, appartiene all'epoca Dwaparayuga; se però delle quattro rimane solo Dana, è come se il Dharma stesse in piedi su una gamba sola e la persona che si mantiene fedele al Dana, in dispregio però di tutto il resto che è scomparso, vive nel Kaliyuga anche se apparentemente la sua esistenza si svolge nell'era cronologica chiamata Krita. Gli Yuga cambiano soltanto col mutare del Dharma, non col semplice trascorrere del tempo. Il malvagio Hiranyakasipu ed il puro Prahlada vissero nello stesso periodo cronologico; lo stesso Yuga vide Dharmaja, che fu la personificazione della Rettitudine e della Pace, e il furfante Duryodhana. Quindi è il Dharma ciò che per ognuno determina il periodo storico; un individuo può trovarsi sempre nel Kritayuga se possiede le quattro qualità dharmiche. E’ la condotta dell'uomo che fa o rovina la storia e cambia l'età dell'Oro nell'età del Ferro.

pag.117 DHARMA E KARMA


Il Dharma non è soggetto a pregiudizi o parzialità; è permeato di verità e di giustizia. Pertanto l'uomo deve attenersi al Dharma e fare in modo di non agire mai contro di esso; deviare dai suoi principi è un errore. La legge del Dharma esige che l'uomo sopprima il sentimento di astio contro gli altri e che coltivi la concordia reciproca e l’amicizia. Per effetto della concordia e dell'amicizia, la terra diventerà, giorno dopo giorno, la sede della felicità; se questi sentimenti saranno saldi e profondi, il mondo si sottrarrà agli artigli dell'inquietudine, dell'indisciplina, del disordine e dell'ingiustizia. Qualunque cosa stiate per affrontare, dovete anzitutto capirne il vero significato e poi, per trarne vantaggio, bisogna che ogni giorno vi adoperiate per portarla a compimento. In tal modo si sviluppa la saggezza e si conquista una permanente gioia. Le due cose essenziali sono il Dharma ed il Karma. Il Saggio, imparziale e senza pregiudizi, saldo nel Dharma, va diritto sulla via di Sathya, seguendo le istruzioni dei Veda. Quello è il sentiero adatto a tutti gli " uomini" dell’epoca attuale. La conoscenza del Dharma avviene per gradi: prima di tutto vi occorre ricevere l'istruzione dai Saggi, che praticano il Dharma; poi dovete mirare alla purificazione interiore ed alla verità, ed infine dovete capire il valore della Suprema Sapienza racchiusa nei Veda, che sono la voce del Parameswara. A questo punto, l'uomo sa che cos'è la verità e come quella verità debba essere tenuta separata dalla " non-verità". L'indagine sulla verità va fatta con spirito di amicizia ed in collaborazione; ognuno dev'essere ugualmente ansioso di scoprirla per il bene di tutti. Le opinioni di ciascuno vanno poi vagliate alla luce del Dharma, e sottoposte al collaudo del bene universale. I princìpi che hanno superato la prova saranno prescelti e diffusi nel mondo per il progresso del benessere umano. Così tutti quanti potranno avere, in egual misura, conforto e gioia. Samithih Samani dicono le Scritture. Tutti hanno lo stesso diritto di accedere alla sapienza ed ai mezzi per conseguirla, come l'istruzione. Perciò tutti devono fare e ricevere azioni nobili e pure. Ripudiare le cattive azioni, tenere a freno i desideri... ecco, queste due cose si ottengono mediante lo stesso strumento, la mente; e gli obiettivi dell'esistenza umana (i Purusharthas) si conquistano soltanto con questo sistema. Come risultato del continuo allenamento, la mente imparerà a lasciarsi guidare da voi. La coscienza, d'altra parte, vi mette davanti l'esperienza passata e presente e vi stimola ad essere perspicaci ed a giudicare le cose alla luce di quelle esperienze. L'equanimità si raggiunge attraverso questo processo, che continua nella mente. Ricordate inoltre che tanto la mente quanto la coscienza devono seguire scrupolosamente il sentiero che porta al benessere di tutta l'umanità. Il Dharma illuminerà soltanto quelle persone che danno agli altri il loro aiuto e che sanno diffondere la gioia. Esse non solo riceveranno la Grazia del Signore, ma otterranno anche l'immenso privilegio di potersi unire a Lui. Ogni volta che date o ricevete qualche cosa, fate in modo di non oltrepassare i limiti imposti dal Dharma. Non andate contro i suoi precetti; seguiteli sempre, pensando che questo è il vostro imprescindibile dovere. Dedicate tutta la vostra energia all'applicazione dei principi del Dharma e cercate di avanzare ogni giorno di più su quella strada. La persona che segue il Dharma farà ogni cosa con decisione ed entusiasmo; la sua aderenza al Dharma deve avere una simile efficacia. L'atteggiamento di timore perché Dio vede ogni luogo ed ogni cosa, l'apprensione sempre presente per la possibilità di scivolare nella colpa, la naturale tendenza verso la lealtà, la predisposizione ad una irreprensibile condotta... la mente è dotata di tali virtù. E’ vostro compito dirigerla ed impiegarla al servizio dell'umanità. La subordinazione al Dharma garantisce ed aumenta lo stato di benessere; elimina i sentimenti di rancore e non vi permette di essere altezzosi di fronte a chi soffre. E come potrebbe darvi gioia un siffatto comportamento ? Ricordate che potete essere felici soltanto se gli altri lo sono. Ciò che occorre è l'amore, è la verità, sempre; la menzogna non dà alcun beneficio. Gli uomini sanno essere rispettosi e oltraggiosi; però non troverete mai nessuno che dia onore alla menzogna, all'inganno e all'ingiustizia; tutti, invece, hanno rispetto per la verità, l'onestà e la giustizia. Il Dharma imposto dai Veda è stato collaudato e può ancora esser messo al banco di prova. E’ imparziale e giusto. La fiducia nelle sue leggi aumenta con la pratica. Gli atti del culto religioso devono seguire le norme prescritte dai Veda perché la gente diventi più ferma nel praticare il Dharma. Il Dharma è il comandamento del Signore, è l’autentica voce di Dio e quindi può essere, a ragione, seguito da tutti. Intanto, chi è un Devata? Il termine Devata indica una persona che, nella vita quotidiana, ha fatto della Verità Eterna la sua regola di condotta. Osservate quanto talento Dio ha donato agli uomini. Con l’aiuto di quella impareggiabile dotazione, dovete adoperarvi per avere i Purusharthas e spingervi innanzi lungo la strada che porta al Signore, nella meticolosa osservanza della verità. Questo è l'uso a cui bisogna destinare il talento ricevuto; per questo vi è stato donato. Chi ha il bene della vista può vedere ogni cosa; il cieco non ha tale fortuna. Chi ha avuto il dono della verità e cerca di raggiungere gli obiettivi della vita umana (Purusharthas) seguendo le regole del Dharma, può vedere il Signore; gli altri rimangono ciechi. Il Signore ha dato all'uomo anche gli strumenti per sviluppare l'intelletto e la facoltà discriminante; se li usa bene e cerca di capire la propria essenza, il Creatore aumenterà le sue capacità e gli darà nuove fonti di potere, perché Lui è pieno di grazia verso chi lotta per affermarsi spiritualmente. Quando l'uomo si sforza di seguire il Dharma, la stessa Verità gli si rivela. Se trascurate la disciplina che la Verità esige, ogni dovere impostovi dal Dharma ed ogni azione motivata dal Dharma sarà per voi opprimente come un fardello. Ricercate la realtà dietro tutti i fenomeni e la vostra indagine renderà leggera e piacevole ogni azione dharmica. Il Creatore ha plasmato l'uomo in maniera tale da indurlo a dedicarsi a Dio, ad esser lieto quando la sua visione si espande e contento quando vive in conformità al bene morale e alla virtù. Così, l'uomo può essere di grande utilità a se stesso se rimane fedele alla sua fondamentale natura, se concentra il pensiero sul Brahman, se coltiva la verità e pratica il Dharma. Sathya dev'essere cercata e verificata con tutti i canoni della ragione, alla luce dei principi razionali universalmente validi (Sathyenavrtha). La disciplina consiste: nel coraggio di uniformarsi scrupolosamente al Dharma (Ojascha); nell'intrepidezza dell'auto-controllo (Tejascha); nella ripulsa di tutti i sentimenti di gioia e di piacere di fronte alle alterne vicende della vita e nella fiducia incrollabile in Sathya e Dharma (Sahascha); in un'ottima salute fisica e mentale ottenuta mediante la disciplina e l'educazione spirituale (Balancha); nel desiderio e nella capacità di parlare in modo gentile e schietto, che si ottiene mettendo in pratica Sathya e Prema (Vakcha); nel distacco dei sensi dal vizio e dal peccato e nella purificazione di essi perché siano messi al servizio della verità (Indriyamoha); nella conquista del potere sui mondi visibili e non visibili attraverso l'autodominio interiore (Srescha); nel rigetto di tutti i pregiudizi e nel perseguimento costante della verità (Dharmascha). - "Che tutto questo possa essermi concesso" - così l'uomo deve pregare. Il Dharma è causa di bene per tutti; dona la perfetta gioia in questo mondo e nell’altro. Tutto il genere umano deve vedere la grandiosità di questo Dharma universale. Il Brahmino è noto per le sue qualità particolari: sapienza, bontà, operosità al massimo grado. col suo esempio, è l'ispiratore di virtù, eccelse. Chi promuove, sviluppa, coltiva queste doti, chiunque egli sia, è un Brahmino. Queste qualità eccellenti lo rendono idoneo ad esercitare l’autorità che un Brahmino deve avere. Soltanto un uomo profondamente istruito, che si comporta come la sua istruzione richiede, ha diritto a quel titolo e, se vuole difenderlo, deve fare di tutto per guadagnarsi le qualifiche necessarie. I caratteri che contraddistinguono i membri appartenenti alla classe dei " guerrieri" - i militari - e degli uomini di Governo (Kshatriyas) sono: l'efficienza nelle loro imprese, l’eroismo ed il coraggio, lo spirito di avventura, la sollecitudine nel punire i delinquenti e nel proteggere gli onesti. Chi ha queste qualità ha il diritto di appartenere alla " casta dei guerrieri". Essi hanno il dovere di svolgere tutti i loro compiti con un'attitudine conforme a tali caratteristiche e devono cercare di stabilire nel Paese delle valide leggi per tutti. I commercianti, gli agricoltori, gli uomini d'affari in genere (Vaisyas) devono segnalarsi per la loro capacità di rendere facili e sicure le relazioni commerciali e di agevolare i rapporti fra i paesi, di incrementare la produzione e far prosperare la ricchezza comune. Questo è il loro compito. Devono garantire che l'accordo fra i popoli non si interrompa o non si indebolisca. Devono aspirare alla considerazione generale per l'impulso dato a grandi azioni ed a nobili imprese, per aver contribuito al diffondersi dell'istruzione e della salute pubblica con la costruzione di scuole, ospedali, ecc. Devono destinare i loro averi all'istituzione di opere degne di merito. In questo modo si facilita l'espandersi della virtù e della rettitudine. Gli appartenenti alla quarta classe sociale (Sudra) devono dedicarsi alla produzione ed alla raccolta dei beni di comune utilità senza deviare dal sentiero del Dharma. Sempre pronti a realizzare gli obiettivi dell'esistenza umana ed a battersi per essi, devono provvedere, con avvedutezza, ad immagazzinare e proteggere la loro produzione e cercare, per il bene collettivo, di produrre sempre di più. Ciò che è stato così raccolto dev'essere generosamente adoperato per la diffusione dell'autentica esperienza e per offrire sostentamento e sostegno agli uomini virtuosi. Così, con la collaborazione di questi quattro tipi dell'umana fatica, la ricchezza sarà molta e di vario genere e l'uomo potrà essere contento. Tutti gli appartenenti a ciascuna delle quattro classi devono capire che l’ordinamento sociale è stato ideato per un fine superiore: mantenere il Dharma nel mondo. Se ogni casta compie le sue mansioni, il benessere mondiale sarà senz'altro sicuro; inoltre - ed è anche più importante - ciascun individuo potrà ottenere la beatitudine spirituale. D'altra parte, se si dovesse credere che esiste una sola classe, un solo codice di condotta ed un solo regolamento buono per tutti, la prosperità e la sicurezza del mondo sarebbero compromesse. Se tutti si occupano di commercio, chi comprerà e consumerà i beni offerti? Se tutti si mettono ad insegnare, dove trovare gli allievi che devono apprendere e mettere in pratica gli insegnamenti? Se tutti comandano, chi ubbidirà? Se tutti producono e aumentano la produzione, chi cercherà i prodotti del lavoro? Per creare la diversità che deve contribuire a formare l'unità mediante l’applicazione dei principi di Sathya e Dharma ad ogni atto individuale e sociale, il Signore ha regolato il sistema di vita con l'istituzione legittima dei Varna (delle classi sociali previste dalla Legge del Dharma). E’ stato supposto che il comportamento di ciascuno dovesse conformarsi al Varna, che l'occupazione fosse regolata dai Varna; no, la denominazione dei rispettivi Varna era dovuta esclusivamente ai mestieri ed alle professioni. Oggi non ci sono né Varna, né mestieri. Un lavoro oggi ed un altro domani; un Varna oggi ed un altro domani; questa instabilità è la causa della turbata atmosfera del mondo, del malcontento generale. Svolgete ogni professione, ogni lavoro, con onestà, nel costante rispetto della verità, con l’imperturbabile serenità della forza d'animo, poi seguite i doveri della vostra classe sociale nelle professioni adatte ad essa. Questo è il sommo bene, questa è la benedizione celeste. Se non si attiene alle regole, l'uomo è destinato alla sofferenza e alla povertà cronica. Si tratta dunque di scegliere fra il primo sistema di vita ed il secondo, tra la salvezza e la perdizione. La vostra salvezza da quella pena è la conoscenza del Dharma.

La conoscenza

Le medicine sono per i malati pag.36 [95]

Oggi c'è in giro un'altra credenza sbagliata. Si dice che, per avere diritto ad una disciplina spirituale tesa alla realizzazione di Dio, come nel caso della recitazione dei nomi del Signore e della meditazione, occorra attenersi strettamente a certe modalità di condotta quotidiana affermate tradizionalmente, e purificarsi in quei modi. Non sono d'accordo, perché le medicine sono necessarie solo a chi è ammalato. E costoro, come possono guarire e divenir sani, se non hanno prima fatto una cura? Dire che una persona dev’essere pura e buona e che debba obbedire a certi codici di condotta prima che possa camminare sulla strada verso Dio, è come dire che uno dev'essere libero da malattie per aver diritto alla cura medica! E’ assurdo. La purezza, la bontà e così via, sono tutte conseguenze del cammino verso Dio; non sono dei prerequisiti necessari per incominciarlo. L'assunzione della medicina a poco a poco darà salute e buon umore; non si può pretendere che la salute ed il buon umore ci siano perfino prima di prescrivere il farmaco! Eppure molti dimenticano questo fatto ovvio; ed è questo invero il sintomo di una grave malattia!

Corso estivo 1993

Karma, Dharma e Brahma Jijnasa   pag.109

Il sistema della PURVA MIMAMSA raccomanda il KARMA JIJNASA allo stadio iniziale. La vita dell’uomo è contraddistinta dalla mattina alla sera dal KARMA. Tutte le azioni degli esseri umani - compresa l’inspirazione, l’espirazione, la circolazione del sangue ecc., - costituiscono il KARMA. L’Universo è pervaso di KARMA in tutti i tempi. Il Saggio Jaimini spiegò in modo molto bello i tre concetti di KARMA JIJNASA, DHARMA JIJNASA e BRAHMA JIJNASA attraverso un esempio convincente, ossia come fare del chutney (una salsa).

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Prendere tutti gli ingredienti come la noce di cocco, il tamarindo ecc., e alla fine preparare il chutney costituisce il KARMA JIJNASA. Assaggiare il chutney è DHARMA JIJNASA. Rendersi conto che qualche ingrediente non è armonico, come il sale, e aggiungerlo è BRAHMA JIJNASA. Quindi fare il chutney ed assaggiarlo è rispettivamente Karma e DHARMA JIJNASA, mentre scoprire il difetto nella preparazione e correggerlo è BRAHMA JIJNASA.

In modo analogo il compimento di azioni e il mettere in atto le regole delle scritture costituisce KARMA e DHARMA JIJNASA. Definire i difetti e correggerli è BRAHMA JIJNASA. Vivere la vita umana che è segnata dai cinque elementi è KARMA JIJNASA. Rendersi conto che la vita che si vive è priva di gioia eterna (SASVATANANDA) dovuta dalla non-sperimentazione di BRAHMATATVA e quindi riconciliarsi con essa è BRAHMA JIJNASA. Il Saggio Jaimini fece conoscere il sistema della PURVA MIMAMSA per dare la possibilità all’uomo comune di sperimentare la beatitudine di BRAHMAN nella sua vita quotidiana. La vita dell’uomo moderno è finalizzata alle cose terrene. Pensando che la vita mondana sia tutto, fa enormi sforzi per gioire al massimo di questi aspetti mondani. Sebbene l’uomo adori il dio denaro, non è capace di liberarsi dall’ansia e dall’agitazione che sono situate nella profondità del suo cuore. Ignorando le regole morali e spirituali e conducendo una vita mondana espone se stesso alla disillusione ed al disinganno. Egli si identifica con il corpo e lo considera il tutto senza preoccuparsi di indagare sulla Divinità che è contenuta nel corpo. L’uomo si presenta agli altri con il nome di Raniyya, Krishnaiyya ecc., basandosi sul nome dato al suo corpo. Se la gente gli chiede che cosa fà si qualifica secondo la sua professione: avvocato, contadino, commerciante, ecc. Inoltre se si domanda di dove lui è, risponde che è Canadese, Indiano, Africano ecc. Così l’uomo si presenta in termini di nome, professione e nazionalità, senza fornire l’essenza della sua vera indentità. E’ sbagliato identificarsi con il nome, la professione e la nazionalità, perché non sono eterni. La gente cambia nome, professione e persino nazionalità, per questo è sbagliato dare la propria identità in termini di professione, paese ecc. Quindi la risposta alla domanda “Chi sei?" è "IO SONO ATMA”. Perché ATMA è la realtà eterna che trascende tutti i tempi e tutte le entità, forma la vera identità dell’uomo. Atma è DEHI, mentre il corpo è DEHA: ATMA è l’auriga ed il corpo è il carro: ATMA è il Padrone della casa, mentre il corpo è la casa.

Il Dharma verso Brahma   pag.114

Il compito principale dell’essere umano è di nutrire la sua conoscenza ATMICA. Egli deve lottare duramente per proteggere il Dharma. "DHARMO RAKSHATI RAKSHITAH" l’uomo che protegge il DHARMA sarà in cambio protetto dal DHARMA. Ognuno deve compiere il proprio DHARMA. Il capofamiglia deve compiere il GRIHASTA-DHARMA: i celibi devono compiere il BRAHMACHARYA-DHARMA; i rinunciatari devono compiere il SANYASA-DHARMA. L’essere umano non solo deve condurre una vita corretta, ma anche una vita Divina. Non è sufficiente chiudere gli occhi e dire "RAM, RAM”, muovendo le labbra. Tutte le vostre attività dovrebbero essere inondate dalla Divinità. Qualsiasi cosa vediate, vedetela con un sentimento Divino; qualsiasi cosa udiate, uditela con sentimento Divino; qualsiasi cosa facciate, fatela con sentimento Divino. Fate tutto per il piacere del Signore.
Studenti. Non è corretto da parte vostra dimenticare tutto quello che avete sentito durante questi ultimi giorni. Mettete nel vostro cuore quello che avete sentito e visto qui e riflettete su questo. Solo mettendo in pratica quello che avete sentito qui potrete ottenere dei benefici reali dalla vostra presenza ai corsi estivi. Troverete anche la realizzazione in questa vita.

Il Dharma e la cultura indiana   pag.117

Un vero studente non cerca il piacere; colui che cerca il piacere non è uno studente. Il "ricercatore" del piacere non può essere un ricercatore della conoscenza. Lo studente dovrebbe cercare la conoscenza e mai il piacere.

"Promuovere tra la gente l'Amore verso il Signore
quello è il suo primo dovere.
Vivere per gli altri, non per se stesso, è il suo ideale sublime.
Offrire se stesso altruisticamente al servizio dell’umanità è la
sua felicità.
Occorre nutrire un Amore puro nel cuore,
Altrimenti se non aiuti i tuoi simili
Di che utilità è la tua istruzione, Oh Sciocco? “.

Studenti, insegnanti e responsabili dell’istruzione,

Tra tutte le Nazioni del mondo l’India è la Nazione con le fondamenta più salde. Nonostante che, di tanto in tanto, ci siano state delle sfide e degli sconvolgimenti, l’India ha avuto uomini che hanno affrontato queste sfide con pace e pazienza e hanno mantenuto sano e salvo il grande palazzo dell’India. I sovrani che governarono l’India si possono dividere in tre categorie: i sostenitori, i denigratori e gli ordinari. I Re che favorirono la cultura Indiana contribuirono notevolmente alla sua bellezza el alla sua gloria; i denigratori fecero degli sforzi enormi per distruggere la cultura Indiana e si trovarono sconfitti nelle loro imprese, gli ordinari che adottarono un’atteggiamento di compiacenza e di indifferenza sparirono nel grembo del tempo. Queste tre categorie di uomini come esistevano allora, esistono anche oggi ed esisteranno nel futuro. Ma grazie alla pazienza e alla sopportazione del popolo, l’India diede appuntamento alla storia, incontrò le sfide del tempo ed emerse grande e vittoriosa. Le Nazioni che sembravano costruite su basi incrollabili si sono sgretolate davanti ai nostri occhi. Tale è il destino delle Nazioni che furono orgogliose delle loro prodezze fisiche e mentali. Ma l’India, sebbene non dotata di ricchezze economiche e della potenza di tali Nazioni, resistette alle devastazioni del tempo e alle vicissitudini della storia. La cultura Indiana si pone persino oggi come un’ideale da essere imitato da altre Nazioni. Gli stranieri che fecero delle ricerche sulla ragione della cultura Indiana incontaminata non trovarono delle risposte. L’osservanza dell’India al DHARMA e alla vita dharmica che loro rispettarono fece sì che la cultura dell’India divenisse una cultura eterna, Non esiste una parola adatta per spiegare la profondita e l’ampiezza del significato contenuto nella parola "DHARMA”. Parole come "azione corretta e vita corretta” sono solo delle traduzioni che non rendono giustizia al significato originale. Solo "DHARMA” è l’equivalente della parola "DHARMA”. Molte persone hanno interpretato erroneamente “DHARMA" come religione. Ma "religione" non trasmette la vastità del significato latente nella parola "DHARMA". DHARMA è come un oceano mentre religione è un lago. Mentre la possibilità ed il significato di una religione è limitato ad un certo numero di persone che seguono un certo credo, "DHARMA" è di estensione universale e trascende correnti e religioni. Il DHARMA appartiene a tutti. In Occidente si pensa comunemente che ognuno abbia certi diritti. Al contrario gli Indiani credono che ognuno abbia certi "DHARMA" da compiere. Però diritti e dharma hanno qualcosa in comune. Quando i genitori compiono il loro DHARMA il diritto dei figli cresce; quando i figli compiono il loro DHARMA, il diritto dei genitori cresce. In modo analogo, quando gli insegnanti compiono i loro doveri, i diritti degli studenti cresceranno. Quando gli studenti compiono i loro doveri correttamente, il diritto dell’insegnante crescerà.

Il Dharma degli studenti pag.118

Qual’è il DHARMA essenziale di uno studente? Rispetto di sé, fiducia in se stesso, altruismo e sostegno di sé costituiscono il DHARMA di uno studente. Gli studenti moderni mancano di tutte queste quattro qualità. In primo luogo gli studenti dovrebbero acquisire il rispetto di se stessi che in cambio li renderà capaci di sacrificarsi. Solo la persona che sa sacrificarsi, può acquisire soddisfazione di sé. Siccome gli studenti hanno perduto tutte queste quattro qualità, sia gli studenti che gli insegnanti e l’istruzione hanno perso il loro valore. L’essere umano può gioire della pace e della giustizia solo se ha coltivato le qualità dell’armonia, dell’adattamento a sentire l’unità ATMICA. L’Amore Universale sorge da questa unità ATMICA. L’Amore è la base per una fratellanza Universale. L’uomo trova la realizzazione sperimentando questo Amore e dividendolo con i suoi simili. Solo attraverso questo Amore la Divinità in voi splenderà, le forze satviche si manifesteranno, l’armonia universale sorgerà e la unione Divina sarà possibile.

Chi biasimare   pag.122

...La cultura Indiana è l’incarnazione della perfezione. Essa è permeata dal dharma. Il Dharma è infinito e senza tempo. Non conoscendo il profondo significato di DHARMA, le persone pensano che sia uguale alla religione. Il DHARMA è costante, eterno e non cambia mai. Il corso estivo per la cultura e la spiritualità Indiana è organizzato per fare conoscere agli studenti lo spirito del DHARMA. Che cosa è questa cultura? Che cosa è questa spiritualità? Non sono altro che parti del DHARMA. Così come un vestito non è altro che fibra e cotone, anche il filo ed il cotone della cultura e della spiritualità fanno parte del DHARMA. Nonostante sin dall’inizio della storia, molti stranieri, come i Persiani, i Greci, i Musulmani, i Portoghesi, gli Olandesi e gli Inglesi, hanno invaso l’India, non sono mai riusciti a far crollare le basi della cultura Indiana. Molte altre culture sono state distrutte, ma la cultura Indiana è rimasta salda, forte e sicura. Noi dobbiamo cercare l’educazione per coltivare le virtù nobili, ma oggi noi sacrifichiamo le nobili virtù per il bene dell’educazione. Si dice:

"L'educazione moderna ha coltivato solo la furbizia,
non è riuscita ad istillare nemmeno un pò di virtù.
A che cosa servono dieci ettari di terra arida?
E’ sufficiente avere un pezzettino di terra fertile”...

COLLOQUI

[D 3]   pag.13

Quando si dimentica l'Uno per correr dietro ai molti, la Rettitudine ( Dharma) è in declino; allora non ci può essere amore, né sacrificio, né distacco nelle faccende umane. Per questo il Signore si fa uomo e viene a ripristinare il senso morale. "Perché mai il Signore in persona dovrebbe incarnarSi?”, vi chiederete. Non potrebbe con un semplice ordine impartito alle creature del Suo pantheon assumersi il compito di ristabilire il Dharma? Anche Akbar pose questa stessa domanda ai cortigiani, sorridendo all’idea degli Indù sedondo i quali il Senza-Forma si adegua ad una Forma per scendere nel mondo nella veste di un avatar che salva il Dharma. Per dare una risposta, Tansen chiese una settimana di tempo, che ottenne da Sua Maestà Imperiale.

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Alcuni giorni dopo, mentre veleggiava per il lago su un'imbarcazione da diporto insieme alla famiglia dell'Imperatore, Tansen ebbe la trovata di gettare in acqua una bambola predisposta con una forma che doveva riprodurre le sembianze del figlioletto dell'Imperatore, e intanto grido. "Oh, il Principe è caduto in acqua!". All'udir questo, l’Imperatore si gettò nel lago per portare in salvo il figlio. Tansen spiegò poi che si trattava solo di un bambolotto e che il principe era incolume. La collera di Akbar fu placata quando gli fu spiegato che era necessario inscenare quell’azione drammatica per far comprendere la verità della fede indù che è Dio stesso a prendere una forma umana per salvare il Dharma, e che Egli non si serve di altre entità per eseguire questa missione. Il Dharma è come un figlio, che Iddio ama teneramente. Con tutto il personale di bordo di cui disponeva, Akbar avrebbe potuto ordinare a uno di loro di saltare in acqua per trarre in salvo il figlio. Ma l'affetto del padre fu così grande e l'urgenza di un salvataggio così pressante che fu lo stesso Imperatore a tuffarsi nelle acque del lago per tirar fuori il figlio. Il declino del senso morale (dharma) è così critico e l'intensità dell'amore che il Signore ha per i buoni è tanto sconfinata che viene Lui in Persona. Il Signore e l'Amore sono la stessa cosa. Egli viene sotto sembianze umane, affinché Gli possiate parlare, vi muoviate con Lui, vi mettiate al Suo servizio, Lo adoriate, Lo raggiungiate e possiate così riscoprire di essere con Lui imparentati.

H.- Che cosa significa la parola dharma?

SAI - [40] pag.26

La parola dharma non significa "dovere". Nel dovere non c'è libertà; la libertà c'è nella ragione, e gli obblighi religiosi sono l'unione fra il dovere e la ragione. Il dharma, quindi, è un obbligo religioso, concetto che implica sia dovere, sia religione.9

H.- L'unione con Dio si raggiunge solo con la forza del proprio amore di Dio, o ci sono altri fattori essenziali?

SAI - [4] pag.71

La cosa più benefica che possa capitare a una persona è di attirare su di se l'amore del Signore. Il suo amore per Dio ha minor importanza, perché è una miscela di amore divino e terreno. L'azione più importante per ottenere l'amore del Signore è la Rettitudine (Dharma).

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Spargi oro sul tavolo, argento, rame, limatura di ferro, diamanti, rubini, seta ed altri oggetti di valore; la calamita non si cura di tutte le cose di pregio, ma sceglie solo la limatura di ferro.

Lo stesso avviene coi devoti. Dio non sceglie in base alla ricchezza, ma guarda solo alla purezza del cuore.

H - Come si può determinare qual è il proprio dharma personale?

SAI - [2] pag.99

Bisogna farsi delle domande quali: "Io sono un uomo; che cosa fa l'animale? Sono maschio o femmina? Sono giovane o vecchio?" e così via. Infatti il comportamento dell'animale non è adatto all'uomo; l'uomo non deve comportarsi da donna. Un vecchio che giocasse con la bambola come una bambina sarebbe ridicolo, come lo sarebbe un giovane che camminasse appoggiandosi ad un bastone come se fosse un vegliardo. L'opera che è giusta, sincera, rispettosa del vero è Dharma. Il pensiero, la parola e l'azione devono essere coerenti. Si deve comprendere il prossimo; sentir fame se un altro ha fame; come se la sua fame fosse la tua.

H.- C'è per noi occidentali qualche cosa d'essenziale, qualche testo che ci guidi nelle nostre azioni, che ci indichi il giusto dharma di ogni ruolo della vita?

SAI - [30] pag.116

Non c'è un certo dharma per gli Indiani ed un altro per gli Occidentali. Il Dharma è universale. Sì, c'è un metodo di prova che si può applicare ad ogni azione per determinare se è o no conforme al Dharma, ed è: "Non far nulla che possa ferire o far male agli altri". Il Dharma ti permette di capire che ciò che fa del male ad un'altra forma danneggia anche te. La religione cristiana lo dà in chiari termini: "Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te".

Discorsi volume I

8 - pag.36 Molte vie


Non sono venuto tra voi per tenere una conferenza, perché non credo al valore delle semplici parole, per quanto erudite, pompose o copiose possano essere. Sono venuto soltanto per dividere con voi il Mio Prema e partecipare al vostro. E' questa la cosa cui dò maggior valore e considero più efficace. Oggi il tifone dell'odio e della menzogna sta disperdendo le nubi del Dharma, di Nyaya e Sathyam, respingendole agli angoli più remoti del cielo, e la gente sente che lo stesso Sanathana Dharma corre il pericolo di andare perduto. Ovviamente tutto questo può accadere solo se il Signore lo vuole, e Colui che ha posto il Dharma non permetterà che venga distrutto. Ovunque Sathya, Dharma, Santhi e Prema vengono messe in evidenza, in qualsivoglia religione e lingua, da qualunque insegnante, in qualsiasi luogo, lì si manifesterà il Sanathana Dharma. State pur certi che finche l'uomo sarà in grado di Prema, esisterà il Dharma. Quando Prema si fissa sul Signore, il "make-up" mentale subisce lentamente e fermamente un mutamento rivoluzionario: l'uomo partecipa dapprima ai dolori ed alle gioie del suoi fratelli, per contattare in seguito la fonte della beatitudine, al di là dei successi e delle sconfitte di questo mondo. Quando Prema e diretta al Signore, si chiama Bhakthi, ed e il più facile di tutti i sentieri per raggiungere la meta...

pag.102

...Tutta questa Sravanam e Kirthanam servono proprio per condurvi più vicino a quella esperienza, Sravanam è la medicina interna e Kirthanam il balsamo che va applicato esternamente, entrambe sono necessarie. Allo stesso modo, sono indispensabili tanto il Dharma che il Karma. Karma è il fondamento stesso della Bhakthi, il basamento sul quale costruire la devozione. Dharma è l'attitudine con la quale l'azione viene compiuta: la mente, infatti, deve agire mossa dalla Verità, l’Amore e l'Equanimità. Il Karma deve essere compiuto nel Dharma e per suo mezzo. Gli uomini dominati da Thamas operano il Karma solo per ottenere i frutti, e ricorrono quindi ad ogni sorta di sotterfugi per trarre vantaggi; per costoro il fine giustifica i mezzi. Le persone dominate da Rajas, invece, sono orgogliose, pompose e si vantano di essere loro che agiscono, ritenendosi i benefattori e gli esperti. Mentre coloro che sono dominati da Sathwaguna compiono il Karma senza badare ai frutti, lasciando i risultati al Signore, senza preoccuparsi se giungono al successo o al fallimento, consapevoli dei loro doveri piuttosto che dei loro diritti. In verità, c'è più gioia nel compiere un'azione che nei suoi risultati. Fateci caso. Prendete tutti i complicati preparativi che impegnano il padrone di casa in occasione di un matrimonio: ricevere gli ospiti, nutrirli, pensare all'illuminazione e alla musica; sono cose eccitanti fintanto che vengono preparate e messe in atto, ma una volta che la cerimonia s'è conclusa, non danno più così tanto piacere. Alla fine poi, quando giungono le fatture da pagare, possono persino causare disgusto e dolore! Dovrebbe, dunque, essere facile rinunciare ai frutti delle azioni, se soltanto spendeste un pò di tempo a pensare al processo del Karma e al valore dei risultati...

Discorsi volume II

31° - pag.147 L'ARCO ROTTO


PRIMO GIORNO

Veerabhadram vi ha letto e spiegato la tradizionale leggenda connessa con la festa di Maha-Sivarathi. Questa leggenda non è che un mezzo per far conoscere la via del <<dharma>> (la legge morale). Essa racconta la storia dei cervi che implorano il cacciatore di non ucciderli subito, perché prima avrebbero dovuto compiere un dovere e che sarebbero poi ritornati per farsi uccidere. Nel caso in cui non avessero mantenuto la parola, essi sarebbero incorsi nella grave punizione prevista per questo tipo di peccato. La storia è stata costruita solo per insegnare i principi del <<dharma>>. Ogni storia illustra una morale, e questa storia non fa eccezione.
Anche gli animali diventano eloquenti quando si tratta di descrivere i pregi del <<dharma>>, ed i loro discorsi diventano la vera voce di Dio. Il cacciatore li lasciò andare, quindi, sulla parola. Egli stesso aveva commesso tale tipo di peccati e sapeva per esperienza che essi erano odiosi e che i rimorsi che essi recavano erano terribili disgrazie. C'è una legge di ferro di causa ed effetto che opera in questo campo. La parte più triste della storia è che l'uomo nonostante che egli veda, senta, soffra o cada non si convince che il peccato è un esperimento pericoloso. Esso porta immancabilmente il suo raccolto di lacrime. Il Thamoguna dell'ignoranza e dell'illusione disegna un velo sulla verità e nasconde la bocca del precipizio nel quale l'incauto peccatore cade di nuovo. Naturalmente quando il dolore sopraggiunge e lo attanaglia nella sua morsa, il Signore non sempre annuncia il peccato del quale quella particolare esperienza è la punizione. Vi lascia dedurre solo che ogni esperienza è una lezione ed ogni perdita è un guadagno. Dovete imparare che voi vi legate e voi vi liberate. Siete stati dotati di <<viveka>> o discriminazione, ed anche i più illetterati fra di voi hanno una coscienza che sussurra loro alle orecchie il <<dharma>>, affinché possiate scegliere e decidere.

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Alla corte del Re un giorno fu convocato un pittore di fama e gli si chiese di eseguire un affresco raffigurante la battaglia del Mahabharatha sul muro della sala delle udienze. Un altro pittore fino ad allora sconosciuto chiese anch'egli di eseguire lo stesso affresco sul muro opposto. Disse che voleva preparare un'esatta replica dell'altro. Fu posta quindi una tenda fra l'uno e l'altro, ed al termine dei lavori il Re la tolse. Con sua grande meraviglia vide sul muro opposto la copia esatta, perfino nei minimi dettagli, della scena del Mahabharatha. L'artista sconosciuto aveva solo pulito il muro a lui assegnato senza usare né pennelli e né pittura. Così dovete pulire la vostra mente ed il Signore e la Sua sublime grandezza si rifletteranno nel vostro cuore...

pag.149

...Il cervo si riferì alla <<mucca che è onorata durante il rito>>. Perché la mucca è stata scelta? Perché essa si nutre di cibo <<satvico>>, ha un carattere tranquillo, distribuisce il suo latte senza desiderare ricompensa o gratitudine.

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Una volta un uomo vendette una vecchia mucca al macellaio e quando andò nei campi dopo la transazione, si trovò di fronte ad un serpente e si mise a gridare: <<Aiuto un serpente velenoso>>, il rettile rispose: <<non sono io il serpente ma tu>>, l'uomo protestò e il serpente gli rispose: <<vai e chiedi al vitello>>. Spiegherà lui il perché. Il vitello allora raccontò la sua patetica storia della sofferenza e della crudeltà subita, come egli fu strappato dalla madre e legato ad una corda, picchiato ed affamato, e come gli torsero la coda per forzarlo a portare pesanti carichi. Il vitello disse che l'uomo è una ingrata bestia che prende in giro i suoi simili chiamandoli mucche, mentre egli si comporta in modo peggiore.

Non insultate mai né gli uomini né gli animali, poiché Dio è in tutti gli esseri ed il vostro insulto colpirà Lui. Segui le regole del <<dharma>> che questi cervi descrivono. Essi non sono cervi, essi rappresentano i 4 Veda. Le Sastra sono le autorità per il <<dharma>>, ed il <<karma>> (attività) basato sul <<dharma>> (la legge morale). Solo quando siete benedetti dalla grazia di Dio, potete ottenere la pace. Un pesce può avere <<santhi>> (la pace), solo quando è immerso nell'acqua; così pure voi dovete essere immersi nella Grazia Divina...

pag.151 SECONDO GIORNO

I cervi vagarono nella foresta dove il cacciatore li aspettava. Essi promisero di tornare per non incorrere nella pena di non aver mantenuto la loro parola. Il comportamento dei cervi ci insegna la <<Dharmagitha>> (la via del Dharma). Se praticate quelle virtù ed evitate il peccato, potrete ottenere 1'<<Ananda>> che è la vostra realtà. I cervi parlano di peccato, ma ricordate: non esiste il peccato come tale, ci sono errori dovuti all'ignoranza, alla cupidigia, all'invidia o all'odio. Se seguite i principi del <<dharma>> enunciati in questa storia, non vi potrà accadere niente. Non è solo il cacciatore che approva quel comportamento, ma ogni lettore dei <<Purana>> dovrebbe approvarlo. E’ imperdonabile per l'uomo saggio cadere in errore. Ogni più piccolo errore deve essere evitato! Specialmente da coloro che hanno una coscienza sviluppata. La conseguenza per l'errore di uno che non sa, anche se sono tragiche, possono essere trascurabili. Alcuni rigettano le <<Dharma Sastra>> (le Scritture sul Dharma), come fabbricazione della casta <<Brahminica>> e rifiutano di dare valore alle regole ed alle restrizioni in esse prescritte. Ma questa è una argomentazione falsa. Le <<Sastra>> hanno l'autorità di <<Madhava>>, il Signore stesso. Non sono <<manavadharmasastra>> (scritture fatte dall'uomo), ma <<madhavadharmasastra>> (scritture composte da Dio). La vita Dharmica dipende dai <<Guna>> dell'individuo. Nel 18° capitolo della Ghita, i <<Guna>> e le loro caratteristiche sono menzionati e così pure le relazioni fra il tipo di cibo usato ed il carattere che da esso emana. Il cibo decide il Guna, il Guna cerca il cibo a lui congeniale. E’ un circolo vizioso!

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Nelle <<Upanishad>> c'è una storia dove un uomo ed una mucca si sono avvicinati al Signore e lo hanno pregato di assegnare loro dei compiti. Alla mucca, il Signore disse di servire il maestro che le dava il cibo e la sosteneva. All'uomo invece, il Signore disse di praticare il <<dharma>>. Quest'ultimo però si spaventò della responsabilità e chiese una maggiore libertà che una tale vita avrebbe imposto. Il Signore allora gli disse che era libero di scegliere il cammino che voleva per raggiungerLo. Diede alla mucca come cibo le cose che crescono sul suolo ed all'uomo assegnò un po' di cibo nelle prime ore del mattino ed un altro poco alla fine della giornata. Ambedue scesero sulla terra e la mucca da quel giorno mangia e rumina, mentre l'uomo trova che un pasto leggero è la cosa più sicura per garantire la salute...

pag.152

... Arjuna affetto da <<thamoguna>> (dall'ignoranza), cadde nell'illusione del <<Mio>> e della <<Mia famiglia>>. La sua condizione era talmente triste che passava dalla fede nel Signore a dubbi circa le conseguenze. Voi siete nelle stesse condizioni di Arjuna. Un giorno voi domandate: devo seguire gli ordini di Baba? Il giorno successivo cominciate a dubitare: <<E’ possibile questo?>>. Per questo sto cercando di mettere ordine nelle condizioni della vostra vita, affinché possiate condurvi in accordo con i miei voleri. Questa è la ragione per la quale vi infondo coraggio nel sviluppare la fede, una fede irremovibile. Ma constato che molti di voi non camminano ancora per la strada indicata, malgrado la fede e malgrado vi conceda dei favori e vi provveda un ambiente favorevole affinché possiate sviluppare questa fede. Ciò è veramente deplorevole! Dio ha dato all'uomo cento anni di vita e molto lavoro per riempire quegli anni, ma egli spreca il suo tempo in giochi inutili, cercando e mantenendo una famiglia e si sveglia solo quando la morte batte alla sua porta. Allora prega con una forza fino a quel momento a lui sconosciuta, per un rinvio del periodo, al fine di raggiungere lo scopo per il quale egli è stato mandato. Non avete il tempo di recitare il nome del Signore o di meditare sulla Sua forma che è in voi, ma avete tempo per il club, per giocare a carte, vedere film, per le chiacchiere, per tutti i tipi di trivialità, non per un po' di tranquillità, per meditare e per fare del culto. E’ una falsa scusa la mancanza di tempo. No! Guardate la verità in faccia ed andate incontro ad essa. Quando intraprendete la strada del <<dharma>>, impercettibilmente sarete condotti con sicurezza verso la verità. Osservate come il crudele cacciatore fu trasformato dagli appelli della coscienza fatti dai primi due cervi, e come diventò un ardente seguace delle discipline poste dalle Sacre Scritture che il terzo cervo gli espose. Egli fu lentamente trasformato dal suono delle campane del tempio di Siva che annunciavano la <<Puja>> di <<Mahasivarathri>>. I cervi ed il cacciatore, sono personaggi immaginari di una commedia nella quale essi rappresentano gli strumenti dell'insegnamento. Tutto fa parte del piano di Dio. Per esempio, guardate come il Signore, per preservare la <<Ghita>> all'umanità, molto prima che essa venisse alla luce, aveva preparato un veggente (Sanjaya), che potesse captare ciò che sarebbe accaduto. Arjuna rappresentò solo un pretesto per far nascere la <<Ghita>>, e per salvare l'umanità. <<Ghita>> in Telugu vuol dire <<una linea>>; essa traccia una linea attraverso la serie delle nascite e delle morti, cancellandole. Essa ci insegna ad andare avanti impavidi lungo la via del <<dharma>>. Quando vi sarete liberati degli attaccamenti che vi conducono fuori strada, allora potrete rimanere eretti senza piegarvi sotto il loro peso. Ma oggi, invece di eliminare le agitazioni a cui è soggetta la mente, vi sforzate di moltiplicarle. E’ come dare ad una scimmia una bevanda alcolica; essa si comporta ancora più scimmiescamente. Mi riferisco alla pratica seguita da certi Guru, di conferire titoli spirituali agli aspiranti, come ad esempio: <<Rishis>>, <<Paramapurushas>>, ecc. Questi ultimi gonfiandosi l'ego, diventano prossimi al loro disastro spirituale. I dottori che devono dare aiuto ai pazienti avvelenati, stanno ora dando veleno a persone in perfetta salute! Chi conferisce il titolo e chi lo riceve sono entrambi colpevoli.
L'uno accresce l'ego che pretende di curare e l'altro si compiace di avere dei falsi gioielli. La <<varnasrama>> (la disciplina della propria casta o condizione sociale), ha come scopo, fra l'altro, quello di imprimere nella mente la fusione finale con l'Infinito. Per ogni livello di vita e per ogni gruppo sociale sono stati indicati modelli di comportamento e modi di vivere, diritti e obblighi sociali. Tutto ciò, al fine di sublimare gli istinti ed elevare l'uomo. Varnasrama (la disciplina della propria condizione sociale), è un albero con radici profonde e sotto la cui ombra si rifugiano le comunità umane. Non criticate quella disciplina e neppure le Sacre Scritture, poiché esse sono l'autorità che confermano la mia verità. Attraverso il loro studio potrete immaginare la grandezza di Dio.
Non criticate Vishnu o Siva solo perché voi adorate un altro nome ed un'altra forma; non recate offesa all'uomo poiché voi recherete offesa a Me, poiché io sono in lui! Onorate l'Atma di cui egli è un involucro e non permettetevi di insultare quella realtà essenziale. I Cervi in questa storia mostrano al cacciatore che la via della realizzazione è composta dai 4 stadi: <<Sastra>> (le Sacre Scritture), <<Dharma>> (la legge morale), <<Bhakti>> (la devozione), <<Sathya>> (la verità). Molti di voi sono preoccupati perché ancora non ho iniziato a concedere interviste, nelle quali, potreste raccontarMi individualmente i vostri problemi ed ottenere la Mia benedizione. Ma lasciateMi dare la priorità ai vecchi ed agli ammalati ed a coloro che non potranno più tornare. ChiamateMi da qualsiasi luogo o distanza che lo risponderò, non occorre percorrere lunghe distanze spendendo tanti soldi duramente guadagnati. Da domani inizierò comunque le interviste e scenderò quattro volte al giorno a tale scopo. Lasciate che vi dica che sono felice di sopportare ogni cosa per amore vostro, poiché sono venuto per salvarvi e guidarvi, ma, vi prego, non potreste ritardare di un'ora la pratica disgustosa di fumare, e venire da Me senza quell'odore insopportabile? Vi ho prescritto una serie di regole di comportamento nell'<<Ashram>>, e vi chiedo di leggerle e metterle in pratica, non solo qui, ma anche nella vostra vita di ogni giorno.

Pag.154 TERZO GIORNO

Veerabhadram vi ha letto l'ultima parte del racconto, in cui i cervi tornati dal cacciatore insistono affinché egli li uccida. Quest'ultimo trasformato dalla loro onestà e dalla attesa in quella notte propizia di Sivarathri, si rifiutò di farlo. Spezzò il suo arco sconvolto dal rispetto alla parola data dei cervi. Ma essi cercarono di persuaderlo ad ucciderli, ed il cacciatore fece osservare che avrebbe dovuto farlo sotto l'albero dove aveva passato la notte in loro attesa e non presso la casa dove i cervi lo avevano raggiunto il mattino! Il cuore crudele del cacciatore era stato trasformato dall'ascolto (<<sravana>>) delle buone parole, dai riti e dalle campane del tempio. Quella è la sottile alchimia che si produce in colui che si circonda della compagnia dei buoni. Alcuni luoghi hanno un tremendo impatto sulla mente. L'atmosfera è carica del nome di Dio pronunciato da generazioni di devoti. Ecco perché vi dico che il <<dharma-karma>> (l'azione Dharmica), è la disciplina migliore. Ciò vuol dire che il karma (l'azione), è satura di devozione, ed essa condurrà ajnana (la conoscenza), dove si scoprirà che il mondo è un sogno e la realtà è la Grazia ed il potere che tutto pervade...

pag.186

...Non accontentatevi di raccogliere qualche conchiglia sulla spiaggia della vostra antica cultura. Scavate nel suo passato e portate alla superficie le perle inestimabili che dormono nel suo seno. I Veda sono le radici del "dharma" e se queste sono deteriorate, l'albero finirà per morire. Se invece sono sane, la pianta crescerà vigorosa verso il cielo. Può sopravvivere se gli tagli i rami e gli strappi le foglie, ma non quando le sue radici marciscono. I Veda e le Sastra sono gli occhi dell'India e più voi imitate la cultura occidentale e criticate quella del vostro paese e più la loro vista si abbassa. Gli indiani si trovano nelle stesse condizioni dei ciechi: devono lasciarsi condurre da qualcun altro. Hanno troppo negletto i Veda e le Sastra e sono costretti ad accettare l'aiuto straniero per capire la propria cultura! Se desiderate imparare i Veda non avete bisogno di chiedere al Governo! I Veda appartengono a coloro che ne hanno sete, che sanno riconoscere il loro valore e che desiderano con sincerità metterli in pratica ed a coloro che sono avidi di calma e di gioia, che solo questi sacri testi possono offrire. Nessuno ha il diritto di monopolizzare questi testi per spiegarli agli altri. Tutto ciò che potrebbero dire sarebbe falso e senza valore. Coloro che non sanno discernere fra ciò che è fugace e ciò che è eterno, fra il vero ed il falso, fra il male ed il bene, traggono un certo beneficio dai Veda e si pavoneggiano poi nei loro circoli presuntuosi. Altri dicono che i Veda non sono che volgari trucchi usati dai Brahmini. E’ la reazione tipica di chi è troppo debole mentalmente per giudicare cose che sono al di là della sua comprensione. Se mettete un pesce in una brocca anche se è d'oro, lo vedrete agitarsi disperatamente per ritornare nell'oceano dal quale è uscito. Fino a quando non avrà ritrovato la sua dimora di origine, tutto sarà sofferenza per lui. Ha bisogno di stare nell'acqua per vivere ed essere felice. L'uomo la cui natura è "ananda" e che è l'incarnazione dell'immortalità, non può immaginare se non con grande difficoltà che il suo corpo morirà. I suoi occhi sono bendati dall'egoismo e pensa che l'oscurità gli convenga di più! Continua a prendere per reale gli oggetti dalle forme curiose che lo circondano e che costituiscono il suo povero universo. Dovete seguire una certa disciplina, rispettare la legge morale e la virtù ( il "dharma") se volete togliervi le catene, liberarvi e vedere la luce ed il mondo in una nuova dimensione. Si può curare questa malattia universale che ci fa associare il nostro vero "se" alle attitudini cangianti della nostra mente, con l'aiuto delle medicine "vediche" delle restrizioni di certe regole e di differenti "fare" e "non fare". Non rigettate queste medicine e queste regole considerandole volgari superstizioni. Sono regole e codici di condotta estremamente rigidi e che non sono sempre facili da applicare durante la vita quotidiana. Occorre una fede profonda, del coraggio e della forza per dichiararle valide e decidersi a metterle in pratica. Venerate coloro che sono armati di una tale fede e di un tale coraggio! Io conosco la sincerità con la quale ognuno di quei "brahmini" ha vissuto perché si è Lasciato che la strada, tracciata con tanta cura dai profeti vedici, si riempisse di malerbe, di rovi spinosi ed ora è quasi irriconoscibile tanto è storta ed ondulata. Come certi viaggiatori criticano gli hotel che li hanno ospitati, così i Veda sono calunniati da coloro che sono stati da loro benedetti. Quando un paese rischia l'inversione, l'armata che è una parte solo della popolazione, selezionata con cura e sistematicamente alienata alla guerra, si precipita per parare le mosse dell'avversario, così i Veda quando sono in pericolo, è compito di un gruppo di letterati vedici occuparsene. Questi "pundits" e questi eruditi si sono sentiti soli ed abbandonati durante tanti anni. Guardateli ora, là seduti, vestiti come delle giovani spose prima della cerimonia, i visi risplendenti ed i cuori carichi di speranza! Non c'era sino ad ora nessuno che ascoltasse con pazienza le loro recite così fedeli e corrette dei "manthra" vedici. Ma da questo momento non avranno nulla da temere, vi prometto. La Mia missione è " Vedasamatakshana" " Vidwathposhana" e " Dharmasthapana" e tutte e tre sono interdipendenti (la protezione dei Veda, quella delle Sastra e del Dharma). " Vidwathposhana”, viene in aiuto ai Veda ed al Dharma e vi prometto, "brahmini", che i vostri sforzi e la vostra sincerità non resteranno senza ricompensa! L'era della negligenza è morta!

Discorsi volume III

1° - pag.9 RAMA


Il Dharma non può essere modificato e adattato ai bisogni ed alle istanze del momento perché è al di là del tempo e dello spazio. Esso è un insieme di principi fondamentali capaci di guidare l'umanità nel suo progresso verso l'armonia interiore e la pace esteriore. Quando l'uomo si allontana da quei principi va incontro a grandi sofferenze, più grandi persino della schiavitù fisica. Vi è ora una temuta invasione che potrebbe renderci schiavi se non fossimo sufficientemente svegli ed uniti (l'invasione dei cinesi). Ma la perdita del Dharma è una calamità ancora più grande: infatti che cosa vale la vita senza le capacità ed i talenti di cui siamo dotati? Questi principi sono detti Sanathana o eterni perché le loro origini non hanno data ed i loro autori non sono conosciuti: sono rivelazioni fatte ai saggi che avevano intelletti puri e quindi imparziali. Sono principi fondamentali, non regole temporanee. L'India rimase impavida di fronte agli assalti dei costumi di altre civiltà, perché era fedele al Dharma, stabilito per tutti i tempi e per tutti gli uomini. I governanti indiani rispettarono rigorosamente il Dharma ed accettarono i consigli dei depositari ed interpreti delle sue leggi, che avevano purificato l'intelletto nel crogiolo della rinuncia e della austerità. Essi riconobbero il Capo Supremo (Dio) e ricercarono la Sua Guida attraverso la preghiera e la penitenza. Sapevano che il loro Maestro era il Sarvantharyamin, l'Eterno Testimone; credevano nella Sua magnanimità, non solo verso i Re, ma anche verso i sudditi più poveri. Pertanto i governanti di questa terra furono ammoniti a prendersi cura della felicità e delle miserie di ciascun cittadino dello Stato. Il Dharma è il codice di condotta che promuove gli ideali dell'uomo in qualunque stato della sua vita: studente, padre di famiglia, maestro, servo, aspirante spirituale, sannyasi, ecc. Quando quel codice viene distorto e l'uomo mina la sua vita dimenticando l'alto scopo per il quale è venuto, il Signore si incarna e lo conduce sul retto cammino. Il Signore si fa uomo per restaurare i principi e ristabilire la pratica del Dharma. Ecco perché nella Ghita si parla di Dharmasamsthapana.
Fra i Pundits (eruditi nelle materie spirituali) vi è disputa sulle forme che il Signore ha assunto e sulla grandezza di qualcuna rispetto alle altre: Sai, Rama, Krishna, ecc. Ma questo è solo un tipo di ginnastica intellettuale che fa piacere ai Pundits che vogliono disputare, e Veerabhadra Sastri ha posto ora un simile problema. Ma lasciatemi dire che Dio è un'entità indivisibile, qualunque forma possa assumere qui o altrove. Rama apparve come Maya-maanusha-rupa (l'illusione sotto forma umana). Egli rimase fedele al Dharma sin dalla sua infanzia, ed è considerato l'incarnazione dello stesso Dharma. Non esisteva in lui nessuna traccia di Adharma. La Sua divina natura si rivelò in Santha Guna e Karuna Rasa, nel Guna dell'equanimità e della compassione. Se meditate su di Lui il cuore vi si riempirà di Prema, d'amore per tutti gli esseri, e se riflettete sulla Sua storia, tutte le vostre agitazioni mentali si calmeranno...

pag.82

... I due Pundits hanno parlato ora delle difficoltà di definire con esattezza il Dharma di ciascuno, e stabilire il criterio per determinarlo. Ebbene il Dharma che dovete compiere è "essere" ciò che dite di "essere". Questa è una facile ed accettabile prova. Se sentite e credete di essere un Brahmino, dovete seguire il Dharma stabilito per un Brahmino. Se sentite, e siete convinti, di essere l’Atman, il vostro Dharma è l'Atmadharma. Se sentite, e siete certi, di essere il corpo, il Dehadharma è il Dharma che fa per voi. Tuttavia ciascuno dovrebbe coltivare i valori più elevati: considerarsi l’Atma e seguire l’Atmadharma. Questa è la missione per la quale sono venuto. Questo è il lavoro di Vidwanmahasabha. Ovunque siano le formiche, lo zucchero viene messo sempre all'entrata delle loro colonie. Tutti gli uomini sono "Miei", quindi l'intero mondo dev'essere salvato dalle conseguenze dell'ignoranza. Avrò tutto il Mio popolo vicino perché esso è "Mio" ed Io sono "suo”. Inizierò quindi ad insegnare e ad istruire gli uomini, sino a quando saranno interamente liberati dall’ego...

22° - pag.109 CIO' CHE DEVE ESSERE FATTO


Sathya, Dharma, Santhi e Prema sono i quattro pilastri che sostengono il Sanathana Dharma. Le quattro facce dell'antico insegnamento. Ovviamente queste parole sono sulle labbra di tutti, ma pochi ne conoscono il significato. Descrivere un incidente così come è stato visto è "Verità", offrire acqua all’assetato e cibo all'affamato è Dharma, soffrire le calamità in silenzio è "Pace", nutrire moglie e figli è Prema: questa è l'interpretazione generale. Ma è un'interpretazione errata. La verità è qualcosa che non cambia col tempo, con lo spazio o con i guna. Deve essere sempre la stessa, inattaccabile ed immodificabile. Solo allora è Verità. Non dovrebbe essere contraddetta da eventi successivi. Il Dharma è un corpo di principi, fondamentali per la stabilità sociale e per il progresso individuale. Vi sono vari tipi Dharma: Karthavya Dharma. Varna Dharma, Asrama Dharma ecc. Ma hanno tutti lo scopo di aiutare l'uomo, stadio dopo stadio, a liberarsi dalla sofferenza e dalla catena di nascita e morte. Vedete quanto è grande il concetto di ciascuno di essi: paragonatelo al significato che comunemente se ne dà. Considerate la qualità di Santhi: essa denota la capacità di far fronte al successo ed al fallimento, alla gioia ed alla miseria, alla vittoria ed all'insuccesso, con perfetta equanimità. E l’amore (Prema) è la cosciente accettazione del dovere di amare, poiché ogni essere è una scintilla della Divinità come una scintilla di voi stessi. Il primo stadio nell'addestramento spirituale è il controllo del desiderio che spinge i sensi a perseguire scopi materiali...

34° - pag.165 DHARMAKSHETHRA: IL CAMPO DEL DHARMA


Questo è un incontro che inaugura la Vidwanmahasabha costituita per promuovere la conoscenza e la pratica delle fondamentali verità, dei principi e delle discipline del Sanatbana Dharma presso tutta l’umanità. Il Raja Saheb ha ora espresso la sua grande gioia e soddisfazione perché la ruota della Rinascita ha cominciato a muoversi con Me da questo Palazzo, invece che da altri luoghi che ne hanno reclamato l’onore. L’anno scorso, a Rajahmundry, nel giorno festivo di Rama, annunciai ai Pundits riuniti intorno a Me sulle sabbie di un'isola del Godavari, gli scopi e gli obiettivi di questo Sabha. I devoti colà residenti si prepararono con la speranza che questo incontro avvenisse nella loro città. Senza dubbio, Rajahmundry è un luogo che merita quell'onore. Con il suo storico passato ed il gran numero di istituzioni che mantiene, si annovera fra i più alti sostenitori della tradizione. Ma come tutte le cose buone e le opportunità felici, anche questa si conquista non tanto con lo sforzo quanto con il merito accumulato negli anni, nei secoli e nelle epoche. Questa è un'epoca che segnerà l'alba dell'Età d'oro della liberazione per l’umanità. Venkatagiri è stata per secoli la sede di una famiglia reale, che ha sostenuto, protetto e promosso il Dharma e quindi ha conquistato questo onore. Considerate quanti templi sono stati costruiti, rinnovati o mantenuti dai re di Venkatagiri. Contate il numero dei Pundits che essi hanno incoraggiato e patrocinato, il numero di libri religiosi che la loro generosità ha contribuito a far pubblicare. Considerate l'atmosfera del Dharma che essi stabilirono in questo Stato per secoli. Guardate come la famiglia reale si interessa, anche ora che il loro Stato e la loro condizione sono stati trasformati dagli eventi politici.
Bharathavarsha ha avuto sempre davanti a sé l'ideale del Dharma, che è la radice principale della sua cultura, la sorgente del suo vigore e della sua vitalità. il cammino verso Dio è il Karma fondato sul Dharma. Questo è anche il cammino verso la gioia, il contentamento e la forza. Ora il cammino è stato coperto da erbacce e da ortiche, i ponti ed i canali sono in sfacelo. La gente ha dimenticato la meta, la strada e l'abitudine di percorrerla. La strada è il solo rifugio, si deve percorrere domani se non oggi, poiché la meta si trova alla fine. Essa è stata stabilita molti secoli fa, un un'epoca che va oltre la memoria della storia. Questi Pundits, maestri dei Veda e degli Sastras (scritture), sanno che cos'è il Dharma e possono spiegarvelo senza distorcerne il significato. Ecco perché voi dovete avvicinarli con rispetto, farli sedere fra voi ed attendere che essi vi illuminino. Sapere non è essere. La vita morale è la miglior prescrizione per una vita felice. Il cuore di ognuno è un Dharmakshethra dove viene combattuta la battaglia fra le forze del bene e del male. Le madri e i figli di questa terra, devono essere devoti al Dharma sopra ogni cosa, perché l'intero paese è un Dharmakshethra (Campo del Dharma). La Ghita incomincia con la parola Darmakshethra e termina con le parole Sarva Dharma parityajya. per mezzo del Dharma si trascende il Dharma. Ecco perché Kausalya esortò Rama quando egli andò nella foresta: <<Possa il Dharma, che tu stai valorizzando con il tuo atto, proteggerti durante il tuo esilio nella foresta>>. E Rama lo valorizzò nelle circostanze più sfavorevoli. Quando, dopo la morte del demone Ravana fu decisa l'incoronazione di Vibhishana, questi pregò che Rama in persona lo incoronasse nella città di Lanka. Ma Rama disse che il suo voto e gli ordini di suo padre non gli permettevano di recarsi in una città durante il suo esilio. Quel periodo non era ancora scaduto - disse - e così la funzione fu fatta solo con la presenza di Sugriva ed altri. Rama, con la sua azione, dimostrò che il Dharma doveva essere osservato scrupolosamente. Ci vorrebbero madri così sagge e figli così decisi nella pratica del Dharma. La pratica è necessaria nel campo spirituale. L'erudizione è un fardello ed il più delle volte un handicap. Sino a quando si pensa che Dio è lontano da noi, che risiede nei templi e nei luoghi santi, l'uomo sentirà la religione come un peso ed un ostacolo. Ma se lo mettete nel vostro cuore non ne sentirete il peso, ma sarete leggeri e forti. E’ come la sporta della spesa che portate a tracolla; la sentite pesante perché siete troppo deboli per portarla. Ma se vi sedete vicino ad un ruscello e mangiate, nonostante che il peso non sia ridotto, vi sentirete più leggeri e più forti, proprio perché avete mangiato. Fate la stessa cosa con Dio: non portatelo sulle spalle ma in voi stessi. Ricordatevi sempre del Signore e della Sua Gloria e ciò renderà più celere il vostro passo e arriverete presto alla meta. La madre torna dal pozzo con un secchio d'acqua sulla testa, uno sul fianco ed un terzo in mano, e corre verso casa perché il suo bambino l'aspetta nella culla. Se si scordasse del bimbo, l'andatura per tornare a casa sarebbe meno veloce e si fermerebbe forse a parlare con le amiche. La stessa cosa avviene con Dio, che è la meta: se non è sempre ricordato si rischia di avere tante nascite ed arrivare tardi. Dio è il respiro di ogni anima. Pertanto imparate a vivere nella Sua Gloria, nella Sua contemplazione, memori di Lui in ogni momento. Ecco ciò che i Veda e gli Sastras insegnano.
Venkatagiri, 18 febbraio 1964

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... Ora, a causa della vostra ignoranza, vi sentite piccoli, miserabili, deboli e pensate che una persona cupida o crudele sia ingiustamente più felice di voi. Credete che, poiché siete così amabili, buoni, veri, subite un'ingiustizia. Ragionate! Quegli individui sono forse felici come sembra a voi? E’ la vostra condizione così brutta come la dipingete? Indagate e capirete! Essi sono solo dei recipienti pieni di veleno. La tinta del miele è solo una patina esterna, ma i loro cuori non conoscono pace; sono miserabili quanto voi, se non di più. Convincetevi che il Dharma o la rettitudine non sosterrà mai il falso; assicura la gioia, più grande di qualsiasi altra ottenuta con altri mezzi. Rama annientò Ravana e fu la vittoria di uno contro dieci.
La vittoria della concentrazione sulla distrazione! Ravana desiderò Prakrithi (Sitha) distinta dal Purusha che ad essa dava valore e significato. Se desiderate solo Prakrithi, il mondo oggettivo, vi degradate, negate la verità e vi unite alla genia dei Ravana. Non dovete neppure immaginare che il Signore sia fuori di Prakrithi o di voi, perché Egli è in voi, dietro di voi, davanti a voi, sopra di voi. Egli è l'occhio dei vostri occhi, l'Io del vostro Io. Desiderate l'unione o lo Yoga con Lui, consapevoli che Egli è il vostro "Sé" reale. Qualunque Boga o cosa materiale di cui abbiate bisogno, Egli ve la darà; ma se desiderate le cose in quanto tali, ricordatelo, sarete benedetti con Roga (la malattia). Vivete nella convinzione di essere l’Atma. Questo è il nocciolo dell'insegnamento del Sanathana Dharma. L’Atma vi fa capaci di vedere con gli occhi, udire con le orecchie, afferrare con le dita, muovervi con i piedi. E’ il vostro vero "Voi", quel "Voi" non affetto da lodi o calunnie. Quando qualcuno vi critica, chiedetevi: sta gettando calunnie sul mio corpo? E perché dovrei preoccuparmi? Sta facendo ciò che io stesso dovrei fare con gli attaccamenti alla carne, a questa meschina prigione. Sta forse insultando l’Atma? Ma niente può toccare la Sua purezza, od offuscare la Sua Gloria.
Pertanto, rimanete calmi ed imperturbati. Allora vi chiederete: che cosa avverrà della calunnia? Esattamente ciò che accade alla lettera mandata per posta e rifiutata! Ritornerà al mittente! Vi esorto a tornare a casa ed a meditare sulle cose dette, su queste idee e sui Miei suggerimenti. Riflettete su ciò che avete udito, specialmente da coloro che vi hanno offerto le gemme contenute nelle antiche Scritture, provate dall'esperienza dei secoli. Il Sanathana Dharma raccomanda il triplice cammino di Sravana. Manana, Nididhyasana: ascoltare, ricapitolare, concentrarsi. Ascoltando imparate, ma la meditazione concentrata sul significato di quanto avete udito, vi darà il frutto dell'insegnamento come inteso dal Maestro.

37° - pag.183 IL RUOLO DELL'ERUDITO


Il rigoglioso fiume della cultura indiana si è quasi completamente prosciugato sotto l'influenza delle culture straniere. Le forze che mantenevano l'albero fresco e vigoroso si sono indebolite; le istituzioni e i rituali che tenevano vivi davanti al popolo gli aspetti di questa cultura sono stati svigoriti dalla fiacchezza. Coloro che avevano la responsabilità di ricordare alle masse la loro eredità si sono ridotti a mendicare. Il Dharma stabilito dai Veda dev'essere praticato, se si vuole apprezzarne il valore: non può essere solamente oggetto di discussione. L'uso dei Veda non consiste nella semplice recitazione, anche se i dicitori rendono un valido servizio, preservando il loro stile e la corretta pronuncia. I Veda sono la sorgente dell’Ananda. Essi danno la risposta alla domanda: <<Chi sono io?>>.
Ciascuno di voi deve sapere che presto o tardi dovrà porsi quella domanda e che ad essa dovrà dare una risposta. I sensi, ognuno dei quali ha il suo proprio campo conoscitivo, sono senza potere di fronte a questo problema. Sono inadeguati persino nel loro stesso campo di azione: per esempio vi sono suoni che le orecchie non possono udire, vi sono colori che gli occhi non possono vedere, gusti che la lingua non può gustare. Sono strumenti imperfetti anche per lo studio del mondo oggettivo. Come possono servire ad insegnare l'intangibile, l'invisibile, il mondo interiore del "Se”? Solo la visione vedantica può rivelare ciò che è più piccolo del piccolissimo e più grande del grandissimo, il microcosmo ed il macrocosmo. Guardare o vedere è una cosa naturale, ma quando si perde o si abbassa la vista si corre dall’oculista. Quando nell'India la visione vedantica divenne nebulosa, Shankaracharya la risanò, salvando cosi il Paese. Se non l'avesse fatto, credeteMi, l'India sarebbe diventata un'altra Cina! Se si deve trivellare il terreno per la conduttura dell'acqua, bisogna stare attenti che né aria né acqua entrino nei tubi ed impediscano la formazione del vuoto necessario. Cosi se volete avere successo negli sforzi per scoprire la verità del vostro "Sé" interiore, dovete stare attenti che il "Sé" esteriore non entri e rovini la vostra concentrazione. Dovete impedire ai pensieri di entrare nella vostra mente. I sensi sono impedimenti in questo campo di ricerca. Uno dei più pericolosi scherzi dell'epoca moderna, che sta conducendo fuori strada tanta gente, è la dichiarazione fatta da molti secondo la quale essi sono venuti per ristabilire il Dharma. Ciascuno lo fa a modo proprio e secondo le rispettive capacità. Quando il ponte su di un'autostrada è danneggiato, nessun pedone, per quanto eminente, potrà iniziare i lavori per ripararlo, né potranno farlo i villici dei paesi vicini. La stessa autorità che ha fatto costruire la strada e il ponte, deve provvedere alla riparazione. Il Dharma è la strada per il progresso individuale e sociale in questo mondo, e da questo mondo fino al prossimo: è eterna e fondamentale. I principi del Dharma non possono essere alterati o adattati ai desideri personali o a problemi urgenti, che possono apparire insolvibili agli occhi dei più. Il Dharma è come la madre che deve essere accettata, non come la moglie che potete scegliere o scartare. Varanasi Subramanya Sastry vi ha parlato del Dharma così come è esposto nel Mahabharatha. Se siete in grado di andare in profondità, senza timore, potrete apprezzare il punto di vista indiano che invece di ricercare la gioia nutrendo i sensi, vuole ottenere un duraturo stato di Ananda allenando la mente ad essere sempre fissa sul Cosmico, sull'Universale, sul Signore, come è chiamato quando Gli date un nome ed una forma e Lo racchiudete nella vostra coscienza...

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... Il Dharma è una parola connessa con Dhaarana da cui deriva. Dhaarana vuol dire "vestire". Il Dharma è l'abito dell'India, l'abito che indossa per proteggere il suo onore, per affermare il suo stato, per proteggersi dal caldo e dal freddo e per essere d'esempio alle sue sorelle. Quando i malvagi principi Kaurava tentarono di togliere il sari a Droupadi (moglie di Pandavas) insultandola e cercando di macchiare il suo onore, Krishna la salvò e sventò il folle disegno. Dharmaraja sedeva come se fosse incosciente dei suoi diritti e Bhima aveva dubbi sui suoi obblighi verso il fratello più anziano e la sua consorte. Arjuna era preoccupato dei propri interessi; Nakula e Sahadeva stavano in attesa e pesavano i pro e i contro. Ma il Signore non attese, la Sua Grazia non conobbe ne ritardi né dubbi. Ora la Madre India è nella stessa critica situazione. Il Dharma, il vestito che ha indossato per secoli, ora è afferrato da mani irriverenti e malvagie, che vogliono vestirla in uno stile indecoroso. E Krishna è dovuto ritornare per salvare la vittima dai malvagi. Krishna svelò la falsità della gente che voleva disonorare Droupadi e la debolezza di coloro che dovevano proteggerla; ora devo ancora frustrare i tentativi di indebolire il Dharma e sostenere coloro che sono i tradizionali protettori e i protagonisti del Dharma. Ogni cosa ha il suo Dharma. L'acqua ha il suo Dharma, che consiste nel movimento; il fuoco ha il Dharma di bruciare e consumare, il magnete quello di attrarre ecc. Ciascuno conserva il proprio Dharma immutato, incluso il sistema solare e le stelle del firmamento. Tutto ciò che è dotato di coscienza, le piante, gli alberi, gli insetti e gli uccelli, nati da uova o da mammiferi, tutti hanno cercato di mantenere il proprio Dharma inalterato dal passaggio del tempo. Ma l'uomo, la cui intelligenza spazia dall'inerte e l'infinitesimale al super conscio e all'universale, è la sola creatura vivente che ha deviato ed è caduta così in basso. L’esperienza di molte generazioni di ricercatori che trovarono la via della gioia, codificata in precetti di vita pratica chiamati Sastra, è stata dimenticata, e nuovi rimedi vengono raccomandati e divulgati su larga scala. Non c'è dunque da stupirsi se la gioia e la felicità sono molto lontani dalla portata dell’uomo. Il Dharma ad esempio dice: <<Sathyam Vada" e "Dharmam Chara" dire sempre il vero e praticare il Dharma. Non esiste un fattore più stabilizzante nella società né un maggior sostegno al progresso individuale, di Sathya, la Verità. Nasconderla, pervertirla, negarla o sfigurarla sono tutti segni di vigliaccheria; nessuna persona coraggiosa si abbasserà a coprire la faccia della verità. Badate inoltre che l'ingiunzione vedica è: "Dharmam Chara" - "pratica il Dharma!”. Non è sufficiente imparare, occorre agire e dimostrare che ogni pensiero, parola e azione riflettono la consapevolezza del Dharma. Questo modo di vivere è il segno caratteristico chiamato Seelam, che è il gioiello più prezioso. Dovete verificare ogni momento se state osservando i precetti del Dharma oppure se ve ne state allontanando. Il Dharma è diventato un valido motivo per trarre vantaggi dal prossimo; non è più un'opportunità di fare il proprio dovere verso gli altri. Voi ricordate agli altri il Dharma quando volete ricavarne qualcosa, ma dovete ricordare non solo i diritti ma anche i doveri che il Dharma stabilisce ed impone. La tentazione di ignorare il Dharma viene dall'egoismo e dall'accettazione di falsi valori. La soddisfazione del desiderio più basso è l'origine dell'Adharma; questo desiderio vi catturerà scaltramente, silenziosamente, come un ladro nella notte, o come un compagno che viene per salvarvi o come un servo che viene a servirvi od un consigliere che viene ad ammonirvi. Oh! La debolezza ha mille modi di catturare il cuore! Dovete essere sempre all'erta contro la tentazione....

Aforismi Vedici

Pag.40 - [66]

Ognuno ha il proprio dharma, la propria innata caratteristica o individualità, oppure delle potenzialità d’amore. Questa norma o legge vale indistintamente sia per il filo d’erba come per gli astri. Il Cosmo non consiste in un perenne e monotono flusso, ma è in continua evoluzione, volto ad acquisire la totalità di qualità e possibilità. Così anche l’uomo può trasformare sé stesso e, con l’aiuto del discernimento, evolversi sempre più attraverso uno sforzo costante dalla sua condizione attuale. Le energie spirituali che fanno esistere il Cosmo favoriranno certamente il nostro processo evolutivo. Tuttavia, l’uomo è ancora troppo succube del “predomino dell’illusione” per poter trarre beneficio da tali energie ed elevare sé stesso; non è conscio della legge d’armonia e pace esistente nel mondo; non sa perseverare nel bene ed evitare il male; di conseguenza, non riesce a consolidare il percorso sul sentiero dharmico, ovvero sul cammino segnato dal suo dovere.

Upanishad Vahini

Pag.66 [17]

Per chi conosce l'Assoluto (Brahmajnani) gli opposti mentali quali il giusto (dharma) e l'ingiusto (adharma), il merito e il demerito, non esistono. E’ vero che una vita vissuta nella rettitudine porta, dopo la morte, ai mondi (loka) elevati, mentre una vita immorale conduce a quelli inferiori, ma entrambi questi luoghi costituiscono delle pastoie per l'aspirante spirituale (sadaka), che mira alla rimozione dell'Ignoranza e alla realizzazione della Verità. Egli deve cercare di spezzare i fili che legano il "Cuore" al mondo oggettivo. Per questo cerca una risposta alla domanda con la quale inizia l'Upanishad: “Chi consente alla mente di afferrare le cose”.

Il Gioco di Dio

Discepolo - Shrutyak? Che cosa vuol dire, Swami?

Sai - [80] Pag.33

Un ricco signore (shrimantr) è colui che è circondato di figli e nipoti e che riesce in tutti i suoi propositi terreni persino oltre ogni aspettativa. L'integrità morale è un patrimonio che vale di più; questa ricchezza è il risultato concreto delle ingiunzioni vediche, e si chiama Dharma. Il Ramayana esalta Rama come la personificazione della Rettitudine (Vigrahavan dharma). "Il Dharma sostiene tutti gli esseri”: Sarva bhuthanam dharanath dharmah. Il Dharma è il sostegno, la protezione (dharana) di tutti gli esseri; per questo viene detto dharma.

[81] Pag.33

L’Onnipotente è quel sostegno, quel mantenimento; il modo più efficace per fare dell'adorazione è l'offerta del Dharma, del proprio dovere. Perciò, lo stesso Onnipotente si identifica con la parola dharma. Quel termine, quindi, è pieno di significato. Il Cosmo intero, che è una proiezione dell'Onnipotente, si fonda sul Dharma: Dharmo vishvasya jagatah pratishta.

[82] Pag.33

Il Dharma impregnato di santità profonda ha finito per essere interpretato secondo i capricci, le fantasie e gli interessi egoistici di alcune persone. Per questo è andato soggetto a diverse distorsioni. Le parole Veda e Deva hanno assunto nuovi significati e implicazioni. Si tratta di un processo che può essere chiaramente rilevato nella letteratura vedica. Shvayam sarvam vetti-iti vedah. "Esso stesso (il Veda) conosce tutto”. Questa affermazione rivela come il Veda sia lo stesso Brahman Onnisciente, e la scrittura (shruti) ne è l'incarnazione.

Sadhana

13. Pag.18

Se voi aderite strettamente al sentiero dharmico e mantenete vivo il desiderio, potrete diventare Paramhamsa, anche se ora siete solo un novizio o anche un miscredente!

La via della Verità

pag.51 LO SCOPO PRIMO


Il rispetto del Dharma stabilito dalla religione è il primissimo passo per assicurare pace ed armonia all’umanità. L’uomo che sostiene la propria fede ed i suoi principi è in grado di servire meglio se stesso e gli altri. Il Dharma in questo contesto, significa agire secondo le tradizioni e la cultura del proprio Paese ed in India, in ogni aspetto del Dharma, troviamo immanente il concetto di pace e prosperità del mondo…

Pag.53

… Il pensiero indù afferma che il mondo obbiettivo è fondamentalmente non vero, e ci insegna che la vita ed i suoi problemi è un' avventura illusoria che non può toccare la nostra realtà. Gli Sastra, che sono le radici di quel pensiero, ci consigliano di seguire il Dharma, poiché esso è indispensabile per afferrare la verità più alta. I quattro obbiettivi tradizionali dell'esistenza umana, i Purushartha (Dharma, Artha, Kama e Moksha) sono stati stabiliti per rispondere ai bisogni di coloro che vivono convinti che il mondo obbiettivo sia "vero". Il Dharma viene per primo e Moksha, la liberazione, per ultima. Solo colui che si procura beni e piaceri materiali rispettando il Dharma potrà ottenere la vittoria, cioè la liberazione che porta alla beatitudine più alta. Dato che il Jiva o il "Sé" individualizzato e limitato è preso nella rete del desiderio o Kama, non si interessa né nel Dharma, né di Moksha, ma si diletta nel navigare sulle onde dei piaceri materiali (Artha e Kama). L'uomo ha in comune con l'animale la ricerca del cibo, il rifuggire da tutto ciò che spaventa, l'essere pigro e gioire del sonno; ciò che lo differenzia dall'animale è il desiderio ed il rispetto della legge morale o Dharma e l'uomo che non ha il desiderio di elevarsi non è degno di questo nome. L’India è riverita dalla sua gente e dalla gente di altri paesi come portabandiera di Vijnana o Suprema conoscenza; in India si crede che Dio sia Onnipresente, cioè presente in tutti i luoghi, e la gente fa sforzi costanti per discriminare fra Dharma ed Adharma e per dare valore alla giustizia ed alla virtù; i sentimenti di compassione verso tutte le creature viventi e la non-violenza sono in India le migliori guide. Fioriscono Templi pieni di vibrazioni spirituali, mentre in altri Paesi Chiese e Moschee sono costruzioni più recenti e le vibrazioni non sono così potenti. Tutte le religioni sono "Una" dichiara l'India; ci potranno essere differenze nelle strutture, ma il messaggio che ciascuna reca è lo stesso. Questa è la scoperta dell'India ed il suo messaggio all'umanità. Per pregare Dio c'è chi usa come simbolo una pietra, un altro un pezzo di metallo ed un terzo un pezzo di legno, ma tutti danno grande importanza alla preghiera e credono nei suoi effetti benefici. Una persona che prega si rivolge verso Oriente ed un'altra verso Occidente; le preghiere di entrambi tuttavia riguardano gli stessi desideri e le stesse imperfezioni; questa è la conclusione alla quale i saggi e i pensatori indiani sono giunti. Ciascun credo ha le sue proprie scritture e dottrine, nonché le proprie caratteristiche; un tratto peculiare dell'indiano è di trattare con Dio con estrema familiarità come ad esempio: " Puoi farmi questo?. " "Sei duro d'orecchi? " etc…