martedì 7 febbraio 2012

(3) USCIRE DAL MALESSERE PSICOLOGICO - PRINCIPI E MODELLI DI AUTOCOSCIENZA E DI CRESCITA PERSONALE



"...Potete avere tutti i titoli accademici del mondo, ma se non conoscete voi stessi, siete estremamente stupidi. Conoscere se stessi è il fine ultimo dell’educazione. Se non c’è autoconoscenza, il semplice fatto di raccogliere dati o prendere appunti in modo da superare gli esami è una maniera assai stupida di esistere. Potete essere capaci di citare la Bhagavadgita, le Upanishad, il Corano o la Bibbia, ma a meno che non conosciate voi stessi, siete come pappagalli che ripetono le parole altrui senza capirle. Nel momento in cui cominciate a conoscere voi stessi, anche se poco, si è già messo in moto uno straordinario processo di creatività. [...] A partire da questo potete andare sempre più in profondità, all’infinito, poiché non c’è fine all’autoconoscenza" (J. Krishnamurti)..."

La ricerca della felicità, Milano, Rizzoli 1997).



PRINCIPI E MODELLI DI AUTOCOSCIENZA E DI CRESCITA PERSONALE

Una Premessa Necessaria:
questo ricchissimo documento che sintetizza tutti i vari aspetti dell'autocoscienza
e le possibilità di CRESCITA PERSONALE, non riporta i TRE ELEMENTI che possono, da soli, concretizzare, stabilizzare, rendere V E R A La Crescita Personale: Compassione (...sapersi far carico e con-dividere con "l'altro" le sue sofferenze, aiutando così a risolvere i suoi problemi...) - Servizio (...donare di sè senza apparire, senza chiedere riconoscimenti, senza richiamare attenzione (ego) sul proprio operato, servendo la nostra opera solo per creare o riportare armonia, "senza alcun vantaggio personale palese": solo La Coscienza Saprà...) - Amore (...inteso in forma totale verso ogni elemento che ci viene incontro, sia esso vivente o meno - Amore, come TRASFORMAZIONE in Luce Armoniosa di TUTTI I SENTIMENTI NEGATIVI (ipocrisia, gelosia, invidia, supponenza, ego di potere...)...Senza questi 3 ELEMENTI ESSENZIALI, La Crescita Personale può diventare solamente *una Maschera vuota del potere egoico, anche affascinante al punto di diventare polo attrattivo per masse enormi o singoli individui che, inconsciamente, "vorrebbero imitare la Maschera, senza rendersi conto d'essere solo strumento al Servizio Puro del Suo Ego", ammantato da tutti gli infiniti aspetti del Potere (...elezioni, guerre, dal Dominio Domestico al più ardito Dominio del Mondo...)*.
Auguro a tutti voi una piacevole lettura,
Alessandro    




Questa sezione comprende i seguenti capitoli:




PRINCIPI DI PSICOLOGIA OLISTICA, LA SCIENZA DELL'ANIMA


I principi sperimentali e spirituali di una nuova psicologia basata sul risveglio della “coscienza di Sé”, su un differente approccio terapeutico psicosomatico orientato alla “crescita personale” ed allo sviluppo del potenziale umano. Una psicologia in cui i terapeuti lavorano su sé stessi e operano in stato di “presenza”, che tenda a dare valore alla parte profonda e sacra della persona ed a “curare” fornendo nuovi strumenti di consapevolezza globale, di integrità psicofisica, di comunicazione empatica e di educazione emozionale.


di Nitamo Federico Montecucco


Riunire le comprensioni in un modello unitario di coscienza

La psicologia è la scienza della psiche, termine greco che significa anima, mente, coscienza. Tuttavia le centinaia di scuole di psicologia esistenti hanno di fatto frammentato la comprensione dell'unità psichica umana separando le dimensioni inconscie da quelle spirituali e transpersonali, le componenti mentali e neuro cognitive da quelle affettive ed emozionali, le comprensioni psicosomatiche e bioenergetiche da quelle sistemico relazionali.

Per questo nel 1988 creai un gruppo interdisciplinare di medici, psicologi, fisici e ricercatori in una Accademia Olistica con il progetto di riunire informazioni, modelli ed esperienze per sviluppare un modello unitario, transdisciplinare dell’essere umano capace di offrire una comprensione scientifica della coscienza e della sua evoluzione. Chiamammo Cyber il modello psicosomatico di coscienza e Cyber divenne anche il nome della rivista mensile di studi olistici che diressi con i contributi dei collaboratori al progetto. Ogni numero monografico diventò un elemento per sintetizzare comprensioni psicologiche, scientifiche, mediche e spirituali. Sin dai primi anni dedicammo particolare attenzione alle neuroscienze con una intensa ricerca sperimentale. Sviluppammo un elettroencefalografo computerizzato, il Brain Olotester, che permettesse di registrare l’analisi della coerenza elettroencefalografia in differenti stati di coscienza e di malattia. Iniziava un nuovo campo di ricerca psicosomatica che, insieme alle scoperte di Candice Pert sui neuropeptidi, alle ricerche sul cervello e gli stati neurofisiologici della coscienza di molte università, contribuivano alla comprensione dei processi psicosomatici e confermavano empiricamente il nostro modello olistico.


La psicologia olistica

Nel 1998 trasferimmo l’intero progetto dell’Accademia Olistica e al Villaggio Globale di Bagni di Lucca, il primo grande centro di ricerca scientifica e di sperimentazione psicosomatica non legato ad una singola scuola, ma aperto ai differenti sistemi medici, psicoterapeutici ed alle varie vie spirituali.
Tra i nostri collaboratori italiani e stranieri, oltre a medici esperti in psicosomatica, rebirthing, agopuntura, medicina ayurvedica e tibetana, omeopatia e omotossicologia, abbiamo avuto psicologi e psicoterapeuti reichiani, junghiani, lacaniani, bioenergetici, sistemico relazionali, gestaltici e cognitivi comportamentali più un ricco numero di group leader delle principali correnti internazionali di crescita umana: primal therapy, codependency, tantra e sessualità consapevole, somato emotional release, intensive awareness, satori, vipassana, somatic experience.

Il luogo storico, i grandi spazi di Villa Demidoff e la ricchezza di esperienze umane e terapeutiche che portavamo con noi ci permisero, sin dall'inizio, di impostare un programma di ricerca e di cura realmente olistica per le persone che venivano da tutta Italia, superando la comune frammentazione tra terapie mediche, psicologiche e spirituali. Sulla base del modello Cyber sviluppato iniziammo un lavoro sinergico e collaborativo tra medici, psicologi e psicoterapeuti italiani e stranieri, integrando pian piano le nostre differenti conoscenze ed esperienze terapeutiche al fine di migliorare il “percorso di guarigione” delle persone.

Da questi concetti comuni di medicina e di psicologia è nata la psicosomatica olistica, con una forte impronta scientifica e sperimentale, che pone la coscienza e il suo risveglio al centro del sistema umano, con un approccio aperto e capace di riunire le comprensioni più utili di ogni scuola sul funzionamento del corpo, delle emozioni e della psiche, e soprattutto in grado di utilizzare in modo sinergico i differenti strumenti terapeutici per lenire il disagio umano.


La ricerca scientifica della coscienza di Sé e dell’io della mente

Ma il punto fondamentale per l’evoluzione di un reale paradigma olistico in psicologia rimaneva la centralità della coscienza e la comprensione neurocibernetica della sua attività e della sua evoluzione. Per questo iniziammo la ricerca ridefinendo la coscienza in termini cibernetici di come: “capacità di percepire il senso o significato di una informazione”. Questa definizione funzionale ci permette di comprendere, come già, il fisico quantistico Bohm e i Nobel della chimica Prigogine e Eigen, avevano dichiarato, che la coscienza e l’informazione sono presenti in forma primitiva a livello quantistico, molecolare e cellulare, e quindi di studiare come la coscienza si evolve parallelamente ai sistemi neurocognitivi cerebrali, dai cordati agli esseri umani (vedi articolo sull’evoluzione della coscienza).

La coscienza, il Sé diventa quindi “il centro cognitivo del sistema” che connette in una rete unitaria ogni singola funzione, energia e informazione del sistema stesso. In termini operativi la coscienza, il Sé è il Cyber, il governatore capace di dare ordine e direzione intelligente alle innumerevoli funzioni di un sistema vivente.

Sulla base delle teorie dei fisici Giuliano Preparata ed Emilio del Giudice, decidiamo di focalizzare la ricerca scientifica sulla coscienza utilizzando l’analisi della coerenza eeg (elettroencefalografica) del cervello: probabilmente uno dei più importanti parametri neurofisiologici con cui si manifesta la coscienza, anche in relazione ai differenti stati neuropsichici di salute. La coerenza elettroencefalografica è un fenomeno fisico di sincronizzazione neuropsichica che in molte ricerche internazionali è stato strettamente correlato ai processi di organizzazione informatica, comunicazione, sinergia, ordine cognitivo, consapevolezza e benessere.

Iniziamo un’intensa sperimentazione sulla neurofisiologia della coscienza e degli stati psicosomatici di benessere, malessere, meditazione e depressione, utilizzando il Brain Olotester: un avanzato strumento che permette un’analisi elettroencefalografica computerizzata e una parallela analisi dei principali parametri fisiologici di valutazione dello stress e del benessere (vedi articolo sulle sperimentazioni della coscienza).

Dal 1988 iniziamo a studiare la coerenza cerebrale individuale, dapprima in persone psicologicamente malate e fisicamente sofferenti, poi in persone che meditano ed esprimono senso di benessere e integrità. Agli inizi degli anni 90’ sviluppiamo un software per il Brain Olotester che ci permetteva di analizzare i tracciati eeg di due persone contemporaneamente, con cui iniziamo le ricerche sulla coerenza-sincronizzazione tra madre-figlio, innamorati, marito e moglie, ma soprattutto terapista-paziente. Nel 1994 iniziamo le ricerche sulla coerenza sincronizzazione collettiva, ossia tra cervelli-coscienze di gruppi in differenti stati di coscienza e in meditazione. I nostri risultati sperimentali sono estremamente interessanti e nel tempo sono stati confermati da centri di ricerca di differenti università del mondo.


Coerenza EEG: quantificare la Coscienza di Sé come base benessere psicosomatico

La ricerca più strutturata che abbiamo appena terminato riguarda un campione di oltre 120 persone, e mostra in modo statisticamente evidente la correlazione tra coerenza, benessere e coscienza di sé.



Il grafico che mostriamo evidenzia come la coscienza di sé sia l’elemento centrale del benessere psicosomatico umano. Su questa forte constatazione abbiamo impostato tutto il nostro lavoro: porre la coscienza e il suo risveglio al centro dell’intero processo terapeutico di crescita individuale e di gruppo. Per verificare la correttezza di questa scelta abbiamo condotto ricerche parallele che hanno evidenziato come persone con problemi psicologici e psicosomatici medi e gravi, che mostrano quindi un livello iniziale basso (da 30% a 0%) o negativo (da 0% a-20%) di coerenza eeg, dopo aver sperimentato un lavoro di crescita personale in cui si utilizzano soprattutto tecniche di consapevolezza e di meditazione , mostrano un rapido e consistente incremento della coerenza. In altre parole, la crescita della consapevolezza si pone come il parametro più importante nel miglioramento dello stato di “salute globale”. La nostra ipotesi, come potrete leggere più dettagliatamente in uno degli articoli che seguono, è che la meditazione, ossia le tecniche di risveglio della coscienza di Sé, attraverso il fenomeno della sincronizzazione talamica





che aumenta la coerenza eeg, produce in breve tempo un processo di riorganizzazione neuronale e centralizzazione neurocognitiva, che rappresenta l’elemento centrale del “risveglio della coscienza”, della crescita personale e dell’attività terapeutica complessiva.


La psicologia del Sé e le identificazioni dell’io della mente

Dato che molte scuole utilizzano differenti termini per indicare simili concetti abbiamo deciso di utilizzare il termine: coscienza come sinonimo di: Sé, identità profonda, anima, e definirla come “la consapevolezza di Sé”, “l’esperienza di essere” , “la percezione di esistere” o di “essere in stato di presenza”. È opportuno sottolineare che questa “coscienza “ o “Sé” è una percezione fluida, naturale, globale (ci si sente nel corpo, nelle emozioni, consapevole ma non mentale, diretta, che non implica un “io”! La coscienza, il Sé è quel “senso di identità” che non cambia con il mutare del corpo, delle emozioni o della mente, nelle diverse epoche della nostra vita, e da la sensazione di essere sempre “sè stressi”. Mentre chiamiamo “io”, o ego o personalità quella identificazione molto più mentale, carica di giudizi polari (buono/cattivo), basata su identificazioni famigliari “io sono della famiglia Agnelli”,, “io sono un marocchino” o codificata su schemi di valore sociale “io sono buono e studioso”, “io sono un buono a nulla”, “io sono uno spazzino”, “io sono un professore”. L’io è sempre e fortemente caratterizzato dal superio, ossia dalle memorie interiorizzate dei giudizi e valori famigliari, religiosi, sociali, che creano una costante tendenza a inibire certe funzioni/comportamenti/pensieri (sesso-rabbia-debolezza-aggressività-libertà) o a svilupparne altri. Lo studio Mentre la coscienza, il Sé, è uno stato di presenza ma non definito, l’io tende a definire e strutturare: “io sono uno che ama le… ma odia gli ...”, “io non posso fare…” “io devo comportarmi… così..”.



La terapia del risveglio e il percorso di crescita personale

Dallo studio approfondito delle neuroscienze dei nostri esperimenti sulla coerenza cerebrale e della PNEI (la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia) abbiamo formulato una mappa generale della coscienza ponendo al centro del sistema il Sé, intorno alle sei principali personalità dell’io, ossia le identità che si creano sulla base dei condizionamenti famigliari e sociali, mediate da specifiche funzioni neuroendocrine, mentre all’esterno strutturiamo l’evoluzione patologiche di questi assi di identificazione-condizionamento. Come potrete leggere nei prossimi articoli del dossier, su questo schema abbiamo impostato l’intero lavoro clinico e umano, trasformando i vecchi schemi di terapia in processi di crescita personale, individuale e di gruppo che tendono a “risvegliare la coscienza”. Partendo da queste ricerche nell’Accademia Olistica abbiamo strutturato un corso di crescita personale e un Master in Psicosomatica in cui la formazione dei futuri medici, psicologi e operatori olistici è profondamente orientata al “risveglio della coscienza di sé” attraverso un processo di crescita personale.





L'EVOLUZIONE DELLA CRESCITA PERSONALE NELLA CULTURA CONTEMPORANEA


di Enrico Cheli

Pubblicato sulla rivista ARMONIA n. 14 settembre-ottobre 2002


E’ necessario che ogni persona sappia che esistono oggi metodi e tecniche largamente sperimentate che possono aiutare chiunque a superare i propri limiti, a sciogliere le proprie paure, a riscoprire in sé la vitalità e la sensibilità naturali, a esprimere con spontaneità i propri sentimenti e a individuare la propria strada nella vita.




Da qualche anno le società occidentali attraversano una profonda crisi, che sta facendo crollare valori, convinzioni, modelli di comportamento e stili di vita non più rispondenti alle nuove esigenze e al nuovo spirito del tempo. Quelli che per i nostri genitori e nonni rappresentavano veri e propri punti di riferimento – la famiglia, i figli, il lavoro fisso, la stabilità economica, la patria, l’obbedienza, la religione etc. – oggi cedono il posto a nuove mete, nuovi modelli, nuove esigenze. Alcune persone rimpiangono le certezze del passato, ma molte altre guardano avanti alla ricerca di nuove risposte che siano in grado di soddisfare i loro bisogni, problemi e interrogativi e soprattutto di dare un senso alla loro esistenza. Queste persone ricercano nuove e più soddisfacenti dimensioni dell’essere e desiderano vivere relazioni più spontanee, aperte, sincere con gli altri, conoscere se stesse e scoprire chi sono veramente, sviluppare le proprie potenzialità e talenti, vivere la loro vita in modo autonomo, senza che nessuno debba decidere al loro posto, con la forza o con subdoli condizionamenti.

Possono sembrare desideri irrealizzabili, utopie da sognatori, grilli per la testa ma non è affatto così. Si tratta anzi di un fenomeno sempre più diffuso in occidente e dovuto al fatto che, una volta risolti i problemi legati alla sopravvivenza e al benessere materiale, ogni essere umano inizia ad avvertire esigenze più sottili – psicologiche, culturali, spirituali - ma non meno importanti per la sua realizzazione.


"Negli anni cinquanta e sessanta gli psicoterapeuti hanno cominciato (negli USA) a trovarsi di fronte un nuovo tipo di "paziente" ... individui (che) non avevano alcun problema materiale o sociale (...) e stando al nostro modello culturale erano persone di successo. Perché dunque si rivolgevano al terapeuta? Avevano ottenuto tutto quel che secondo la società li avrebbe resi felici. E tuttavia lamentavano una vita vuota: "Ci deve essere qualcosa di più di questo", "è tutto senza senso", "Dentro mi sento vuoto". Si cominciò a parlare di "nevrosi esistenziale", o di infelicità basata su un bisogno insoddisfatto di significato. Oggi questo disagio è ancor più diffuso, poiché molti altri hanno raggiunto il benessere materiale e lo hanno trovato insoddisfacente." (Tart C., Psicologie transpersonali, ed. Crisalide, 1994: 10-11)


Questo fenomeno si è verificato prima negli USA perché là il benessere materiale è stato raggiunto prima, ma in seguito si è manifestato anche in Europa e sono oggi in continuo aumento le persone alla ricerca di nuovi orizzonti.

Ma esistono questi nuovi orizzonti? E in caso affermativo, dove sono e come procedere?

E’ della massima importanza che ogni persona sappia che esistono oggi metodi e tecniche largamente sperimentate che possono aiutare chiunque a superare i propri limiti, a sciogliere le proprie paure, a riscoprire in sé la vitalità e la sensibilità naturali, a esprimere con spontaneità i propri sentimenti e a individuare la propria strada nella vita. Non vi aiuteranno a divenire degli eroi o dei personaggi straordinari come quelli del cinema e della TV (poiché la loro straordinarietà è in gran parte fasulla e inverosimile) ma potranno esservi molto utile per valorizzare ed esprimere al meglio le vostre capacità latenti, la vostra unicità.

La conoscenza di se stessi è ben poco considerata nelle nostre società e così la maggior parte degli esseri umani neppure sospetta di avere talenti e capacità latenti che potrebbero essere coltivati ed espressi con grande beneficio individuale e collettivo. E anche quei pochi che si conoscono un po' più a fondo e intuiscono di avere delle capacità, spesso non riescono a manifestarle, per timidezza, per paura del giudizio degli altri, per mancanza di autostima, per una educazione troppo rigida e repressiva.

Tuttavia, come si è detto, è possibile andare oltre questi limiti e sono disponibili a riguardo molte possibili tecniche che si possono imparare facilmente in brevi seminari di un week end, o (ma solo le più facili) addirittura leggendole su qualche libro.

Anche se molte di queste tecniche hanno una impostazione psicologica, non vanno confuse con la psicoterapia né tanto meno con la psichiatria: esse non si rivolgono a persone malate, ma a persone “normali”, che però non si accontentano della loro insoddisfacente normalità e vogliono andare oltre. Certo, praticando queste tecniche si possono avere, indirettamente, anche degli effetti terapeutici come ad esempio migliorare o risolvere problemi quali ansie, fobie, crisi di panico, problemi di relazione in famiglia o sul lavoro etc. – tuttavia non è questo il loro scopo e chi soffre di disturbi specifici dovrebbe rivolgersi ad uno specialista.

Analogamente, alcune di tali tecniche riguardano la spiritualità, ma non vanno confuse con alcuna religione: anche se talvolta sono tratte dal misticismo orientale o dallo sciamanesimo, esse sono state per lo più occidentalizzate e vengono usate per altri scopi ed in modo del tutto aconfessionale. E’ bene chiarire che questi metodi non vanno visti come una ideologia o una dottrina da accettare o da rifiutare in toto, ma come un insieme fluido, di idee, principi e tecniche da assaggiare e sperimentare pragmaticamente in modo da constatare da soli, nella pratica, se e quanto funzionano e sono realmente positivi per noi.


Conosci te stesso

"Conosci te stesso" è il fulcro di ogni vera trasformazione e crescita personale: anche se crediamo di conoscerci, in realtà conosciamo solo lo strato più superficiale del nostro essere - l'ego - fatto di abitudini meccaniche, di maschere e corazze, di credenze inculcateci da altri. Se non abbiamo intrapreso un qualche percorso di autoconoscenza, al massimo riusciamo ad essere coscienti della nostra parte razionale, mentre poco o niente sappiamo circa le sensazioni, le emozioni, i sentimenti e molti altri aspetti che appartengono al nostro lato "irrazionale”. Conoscersi davvero vuol dire mettersi in discussione e liberarsi da incrostazioni e apparenze, da condizionamenti e vincoli socioculturali che limitano il fiorire della propria individualità, così da poter contattare il nucleo più profondo e genuino dell'essere. Man mano che ciò avviene comprendiamo chi siamo veramente e che cosa vogliamo dalla vita, quali sono le nostre potenzialità e come possiamo svilupparle, nel lavoro ma anche nel tempo libero, incrementando la possibilità di intessere relazioni creative, fluide e reciprocamente soddisfacenti con altri esseri umani.

Si tratta di un processo rieducativo che non viene imposto da alcuna organizzazione o istituzione, ma liberamente scelto da coloro che non si riconoscono più nei limiti angusti della vecchia cultura e desiderano risvegliare il proprio essere nella sua globalità. Questa autoeducazione si svolge inizialmente attraverso letture, corsi e seminari e poi prosegue in un lavoro personale del singolo che dovrà via via rielaborare personalmente quanto appreso e portarlo gradualmente nella vita quotidiana.


Come iniziare un percorso di crescita personale

Libri e conferenze rappresentano, per la maggior parte delle persone, il primo passo per avvicinarsi alle tematiche della crescita personale. Per quanto utilissimi, i libri hanno però dei limiti intrinseci, e per passare dalla teoria alla pratica occorre partecipare a corsi e/o seminari esperienziali guidati da istruttori esperti (talvolta gli stessi autori dei libri letti), che propongono situazioni, atmosfere e tecniche non trasmissibili attraverso lo scritto. E' nel lavoro di gruppo, più che in qualsiasi libro o conferenza, che si può respirare e assimilare il vero spirito della conoscenza e trasformazione interiore.

Una immagine o metafora che possiamo usare per descrivere questi seminari è quella di "palestre esistenziali", luoghi in cui lavorare su se stessi sotto la guida di qualcuno che non solo ha le conoscenze tecniche, ma soprattutto ha già fatto personalmente quel tratto di strada, quel certo tipo di esperienza ed esplorazione interiore. Palestre perché non si tratta di assistere a lezioni teoriche ma di fare esercizi pratici — individuali, di coppia o di gruppo.

I temi dei seminari sono molteplici: percorsi di autoconoscenza e consapevolezza di sé; come riconoscere e trasformare le proprie emozioni; come migliorare la dinamica dei rapporti di coppia; metodi di guarigione e autoguarigione (fisica, emozionale, mentale, spirituale); strumenti per sviluppare il potere personale e la creatività; metodi per migliorare la qualità della propria vita o del proprio lavoro; come riconoscere e sviluppare i propri talenti; come sviluppare le percezioni interiori ed esteriori; come aprire il cuore ed espandere la propria capacità di amare.

I metodi e le tecniche utilizzati nei seminari derivano da ambiti molto diversi, quali ad es. le psicoterapie occidentali (gestalt, bioenergetica, psicosintesi, transpersonale etc.); le vie mistico-esoteriche orientali (yoga, tantra, sufismo, buddhismo, taoismo, zen etc); l’immaginazione creativa e il pensiero positivo; i percorsi sciamanici di tradizione asiatica, americana, australiana etc. Il tutto ovviamente riveduto e aggiornato all’epoca attuale, come ho più ampiamente illustrato nel mio libro L’età del risveglio interiore (Franco Angeli 2001).

Il fatto che vi siano molteplici metodi, sottolinea il carattere pluralistico e di grande apertura di questa cultura emergente della crescita personale, che non ha la presunzione di essere l'unica depositaria della verità, ma è anzi caratterizzata dalla consapevolezza che le persone non sono tutte uguali e possono esserci percorsi diversi per raggiungere uno stesso obbiettivo. Naturalmente, vi sono anche eccezioni: istruttori o associazioni che tentano di convincerci che il loro metodo e i loro maestri sono i migliori; alcuni lo fanno in malafede, per potere o per denaro, i più semplicemente per ignoranza, perché non conoscono altri metodi, altre “scuole” e siccome quel metodo ha funzionato con loro lo eleggono egocentricamente a “migliore”, un po’ come quelle persone che hanno letto un libro solo. Questa tendenza è inevitabile e sta a voi comprendere con chi avete a che fare, come in qualsiasi altro campo dei rapporti sociali. Ma ricordate che, a parte qualche eccezione, potrete trovare ottimi “prodotti” e ottime persone.

Oltre ai temi e alle tecniche, un altro basilare ingrediente dei seminari di crescita personale è la dimensione di gruppo: la presenza di altre persone facilita infatti l'innescarsi di processi interiori che individualmente sarebbero assai più difficili da prodursi. Inoltre si tratta di individui che hanno lo stesso obiettivo, e sono disponibili a mettersi "a nudo" e a sperimentarsi, evitando atteggiamenti critici od ostili, ed assumendone semmai di caldamente collaborativi.

Gli effetti dei seminari sono spesso molto intensi, capaci di innescare profondi processi di cambiamento e crescita nelle persone. Tuttavia ogni metodo è in fin dei conti solo uno strumento: è il vostro impegno che lo anima e lo mette in grado di produrre un risultato concreto.


Associazioni e centri

A chi rivolgersi per frequentare corsi e seminari di autoconoscenza e sviluppo del potenziale umano? In genere tali iniziative sono organizzate da appositi centri e associazioni culturali che offrono seminari intensivi (cioè che si svolgono per 2 o più giorni) oppure corsi con cadenza settimanale (es. con incontri di 2 ore un giorno alla settimana). Poiché non è sempre facile trovare tali centri, potete cercare sulla pubblicità delle riviste di settore o tra i volantini e locandine che spesso tappezzano i negozi di alimentazione biologica, le librerie specializzate, le erboristerie. Un buon metodo è anche quello di fare una ricerca su internet.


Gruppi autogestiti e giochi di consapevolezza

Se non ci sono centri o associazioni dove abitate, cercate di aderire a un gruppo autogestito o di organizzarne voi uno, incontrandovi settimanalmente oppure nei week end. Se nel gruppo ci sono persone che hanno già frequentato qualche corso e seminario di crescita personale possono condividere con gli altri quanto hanno appreso e guidare a turno o assieme il lavoro; altrimenti si può seguire metodi tratti da appositi libri oppure utilizzare un gioco di consapevolezza come INSIGHT, un vero e proprio "kit fai da te" per lavorare sulla conoscenza interiore, che rappresenta un ottimo ausilio sia per costituire gruppi autogestiti sia per passare una serata creativa con gli amici (www.webitaly.com/araldi).




BLOCCHI PSICOSOMATICI E CRESCITA PERSONALE


Dagli anni settanta in poi sono nate numerosissime terapie individuali e di gruppo per aiutare l’essere umano a ritrovare se stesso, la sua sensibilità perduta, il suo equilibrio tra istinti, emozioni, sentimenti e pensieri, la sua naturalezza e spontaneità. La totalità di questi nuovi approcci si basa sulla constatazione che, per via dei condizionamenti a cui siamo stati sottoposti dal concepimento in poi, ci troviamo tutti in uno stato di costrizione, di inconsapevolezza, di ipnosi collettiva più o meno profonda che si manifesta con una mancanza di gioia e di pienezza del vivere. Questa mancanza cronica di libertà, intesa nella sua accezione più ampia come il più fondamentale dei valori umani, si esprime anche nelle inibizioni fisiche, energetiche e comportamentali, nelle paure inconsce, nelle angosce, nelle chiusure psicologiche e nella trasformazione dei reali bisogni interiori di amore, comprensione, amicizia in desideri superflui ed esteriori come una macchina, una posizione o un riconoscimento. I condizionamenti creano così dei blocchi psicosomatici che, col tempo, da semplici disturbi energetici o psichici, diventano sempre più fisici e generano malattie e patologie di ogni tipo.

Il capostipite della moderna psicosomatica e della crescita umana attraverso un’educazione libera e globale fu certamente Wilhelm Reich, allievo di Freud, che, staccandosi dalla psicoanalisi, testimoniò sperimentalmente l’esistenza di un’energia vitale, erotica da lui chiamata "energia orgonica" e sviluppò le basi teoriche e pratiche delle tecniche di liberazione dai condizionamenti e dai relativi blocchi caratteriali. Il suo modello era già fondamentalmente completo: l’essere umano era visto come un’unità psicosomatica in cui l’energia sessuale (orgonica), portatrice di piacere e sensibilità, basi della gioia di vivere, era in costante stato fluido, senza blocchi di sorta. Reich considerava l’energia in modo spirituale, per lui era una sorta di sostanza sacra che permea l’intera esistenza e le dona intelligenza e vita, esattamente come i tantrici parlano di Shakti, l’energia vitale cosmica, gli induisti del Prana o i taoisti del C'i.



La nostra società tuttavia è profondamente ancorata a logiche contro natura che inibiscono questa libera e fluida energia vitale causando così la formazione di una serie enorme di blocchi. Ogni tipo di inibizione, a cominciare dalle inibizioni al piacere sessuale, alla mancanza di affettività della madre, al mancato riconoscimento della propria individualità, fino alla negazione delle aspirazioni creative più elevate e spirituali, causa un arresto o un blocco di questo flusso di energia e informazione. Reich aveva osservato che i blocchi psichici si riflettevano costantemente sul corpo e che quindi ogni blocco nel corpo era causato da un preciso problema psichico. Ignaro delle antiche tradizioni yogiche e tantriche dell’India Reich identificò nel corpo umano sette tipi di blocchi che si accordano perfettamente con il modello dei sette chakra.

Reich riconobbe che ogni blocco si manifesta con una contemporanea sospensione o limitazione della respirazione dovuta ad una contrazione dei muscoli che a sua volta dipende da un'azione inibitoria o contrazione del sistema nervoso originata da un’inibizione psicoemotiva. Reich provò che era possibile sciogliere un blocco aumentando il flusso dell’energia bloccata; attraverso una attenta riapertura della respirazione o del movimento muscolare l’area del corpo bloccata si sbloccava e riemergeva la causa psichica originante. Oppure andando a sciogliere il blocco sul piano psicoemotivo intervenendo sul preciso evento causante, e provocando così la riapertura delle emozioni e delle aree del corpo da esso bloccate. Questo sblocco psicosomatico spesso dava origine ad una "catarsi", ossia un evento intenso in cui si liberano emozioni represse e antiche, pianto, ferite interiori, rabbia, paure.

Da Reich in poi si sono sviluppate moltissime scuole terapeutiche come la Bioenergetica, la Gestalt, i gruppi di Encounter, la Primal Therapy, il Respiro Globale, l’Emotional Release, il Tantra, il Voice Dialogue e molti altri che operano per aiutare il processo di liberazione dai condizionamenti in modi e in ambiti specifici.



Reich e l’intera tradizione psicosomatica, pur considerando teoricamente l’energia vitale come intelligente, mancavano tuttavia quasi completamente dell’esperienza spirituale diretta e quindi fino agli anni Sessanta la grande maggioranza di tecniche psicoterapeutiche fu di fondo un processo del tutto privo di una dimensione sacra. Le tradizioni spirituali con le loro tecniche di meditazione classica erano completamente divise culturalmente dal lavoro psicosomatico. Dalla fine degli anni Sessanta e in particolare dal 1975 si venne a creare un incredibile processo di sintesi in Occidente e in Oriente catalizzato negli USA dalla famosa comunità terapeutica di Esalen in California, dove di fatto nacque lo Human Potential Growth Movement, dove si svilupparono tecniche di grande profondità come la Gestalt di Fritz Perls, la psicologia transpersonale, le tecniche somatiche del Rolfing e del Feldenkrais, in Europa dalla comunità scozzese di Findhorn più orientata ad un’evoluzione sottile e collettiva, e in India dall’Ashram di Poona del maestro spirituale Osho Rajneesh, che creò una grande sintesi tra terapie psicosomatiche, tecniche di crescita e meditative fortemente orientate all’evoluzione spirituale, inventando una serie di tecniche di meditazione dinamica studiate espressamente per l’uomo moderno. Negli anni Ottanta e Novanta questo lavoro evolutivo si moltiplica in ogni parte del pianeta e specialmente nelle nazioni più industrializzate. Oggi questa direzione di sviluppo umano e spirituale sembra aver raggiunto il consenso più unanime, quasi tutte le grandi scuole di terapia seguono una parallela evoluzione spirituale e praticano meditazioni di ogni scuola del mondo. Oggi molte riviste sulla salute o la bellezza pubblicano regolarmente articoli e informazioni sui gruppi per la crescita umana. Lo stesso Dalai Lama ha recentemente ribadito che le terapie e i gruppi di crescita rappresentano un grande aiuto all’evoluzione spirituale dell’umanità moderna.

Oggi questo movimento di nuova coscienza raggruppa in sé tutte le antiche e recenti culture minoritarie orientate alla pace, alla spiritualità, ai diritti umani e animali, all’ecologia, alla nuova medicina, all’uguaglianza tra sessi e razze, all’alimentazione naturale, alla nuova educazione e al benessere globale. Da questa incredibile fusione di yoga e psicosomatica, di filosofie naturali e nuove tecnologie non inquinanti nasce la nuova cultura olistica.

Lo sviluppo del potenziale umano, cioè la crescita umana globale, è un concetto moderno, inesistente fino a pochi decenni fa, che presuppone un modello olistico di essere umano alquanto differente da quello oggi inconsciamente utilizzato dalla grandissima maggioranza delle persone sul globo.



Olos in greco significa il tutto, l’intero.

Il modello della nuova cultura olistica è unitario e globale. Esso considera l’essere umano una organica e indissolubile unità formata da innumerevoli dimensioni e livelli. Non vi è tuttavia divisione tra le parti, esattamente come non vi è separazione tra i sistemi cardiaco, nervoso e digerente del corpo ma una profonda, indivisibile interconnessione. La complessità delle strutture psicofisiche indica infatti la grande unità di coscienza e di intelligenza che coordina e dà vita al tutto. Nel modello olistico non vi sono solo il corpo e lo spirito, ma una serie di livelli di coscienza e di energie dai più fisici-energetici ai più elevati e sottili, chiamati normalmente corpi. Le antiche filosofie indotibetane, come lo yoga e il tantra, contemplavano normalmente sette corpi, anche se alcune scuole buddhiste o induiste le riducevano a cinque. Questo modello di essere umano nasce da un’esperienza spirituale individuale grazie alla quale ogni aspetto dell’esistenza e di se stessi è percepita come sacra e unita alla coscienza del Tutto.

Questo modello si ritrova praticamente in quasi tutte le antiche tradizioni spirituali del mondo, dagli Huna delle Hawaii, ai Rosacroce, dagli antichi egiziani ai teosofi della prima metà del secolo. Secondo questa visione l’essere umano è innanzitutto una coscienza che si incarna di vita in vita e che "sceglie" i suoi genitori per ritornare sulla Terra e progredire sul suo cammino evolutivo fino a realizzarsi pienamente. In questa differente ottica il processo dell’educazione diventa uno dei punti più importanti e articolati. Grazie ad una corretta educazione si possono sviluppare pienamente i potenziali latenti dell’essere umano, la sua umanità, la sua sensibilità, la sua creatività, e soprattutto ci si può evolvere spiritualmente ritrovando in sé l’esperienza sacra dell’unità che ci fa sentire parte integrante di quell’infinito organismo cosciente e intelligente che è il Tutto, Dio.



Il modello olistico di trasformazione umana è basato su una serie di concetti o colonne della concezione olistica universalmente accettate dalla nuova cultura emergente. Uno di questi è il salto quantico, concetto chiave della fisica moderna, secondo cui ogni elettrone può ruotare intorno al nucleo atomico solo in precise orbite concentriche, esattamente come fanno i pianeti ruotando nelle loro orbite intorno al Sole. Ogni orbita corrisponde ad un livello di energia, tanto più un elettrone gira distante dal nucleo, tanta più energia è necessaria. Il salto quantico avviene perché non esistono possibilità di sostare tra i vari livelli; un elettrone, quindi, può stare o su un livello a bassa energia o su un livello ad alta energia: non ci sono vie di mezzo!

Riportato su un piano umano questo modello ci mostra come sia possibile, anzi necessario, un salto quantico da uno stato a bassa energia vitale, caratterizzato da bassa consapevolezza di sé, scarsa stima personale, poca gioia di vivere, ad uno stato di più alta energia in cui vivere pienamente con creatività, valori e autoconsapevolezza. A livello planetario questo salto quantico può essere visto come la trasformazione dal vecchio modo di intendere il pianeta (come una massa di materia da acquistare, depredare e rivendere) ad un concetto di rispetto e sacralità.

Queste logiche possono e devono essere insegnate/apprese. Da esse dipende il prossimo salto evolutivo. Mentre in passato la crescita dell’essere umano era considerata un processo del tutto automatico e spontaneo, in cui vi poteva essere solo una minima parte di intervento determinato e consapevole, oggi si può rovesciare questa concezione e investire tutta la nostra conoscenza e sensibilità in questa ottica di sviluppo del potenziale umano, per favorire l’opportunità di questi salti evolutivi in ogni individuo e società.



Mentre fino agli anni Cinquanta e Sessanta le terapie erano essenzialmente individuali, dagli anni Settanta si è assistito ad un incredibile incremento delle tecniche di gruppo. Questo incremento coincide con l’inizio dell’era dell’Acquario, la Nuova Era, la cui caratteristica di fondo è appunto quella della cooperazione, della riunione, della fratellanza spirituale.

Da un punto di vista più attuale possiamo considerare questa come l’epoca della cultura e della coscienza planetaria. Stiamo iniziando un processo irreversibile di fusione delle razze e delle culture e della spiritualità che durerà millenni. In questo momento di crisi, tuttavia, non possiamo aspettare, occorre essere creativi e intelligenti nel preparare l’avvento di questa nuova coscienza, organizzando gruppi di crescita che diventeranno sempre più numerosi e diffusi. Questi saranno la matrice del nuovo cambiamento.

Recentemente scienziati come James Lovelock hanno iniziato a considerare il nostro pianeta come una coscienza viva, autonoma e immensamente creativa: una organica unità chiamata Gaia, dal nome della antica dea greca della Terra. Gaia come immenso individuo planetario si bilancia, si adatta e si evolve attraverso le infinite specie viventi. Secondo l’ipotesi Gaia l’umanità può essere considerata come il sistema nervoso del pianeta, la componente che gestisce e organizza le intere informazioni del sistema Terra in modo intelligente e consapevole. Il motivo per cui attualmente l’umanità si sta comportando in modo distruttivo e irresponsabile dipende proprio dalla mancanza di una consapevolezza planetaria e da un insufficiente sviluppo della coscienza spirituale.



Molti maestri e scuole spirituali da tempo descrivono la Nuova Era come un allargamento della coscienza individuale alla coscienza planetaria. In questa visione ogni essere umano viene considerato un punto di luce della grande rete delle coscienze che abbraccia tutto il pianeta. La luminosità di ogni singola coscienza è proporzionale al suo grado di sviluppo spirituale, alla sua più o meno intensa connessione con il Tutto che la circonda; per questo i grandi maestri sono stati chiamati illuminati. Questa rete planetaria è una conquista recente, creata dalla parte più matura della famiglia umana con grandi sacrifici e amore impersonale. Essa rappresenta il frutto di tutti coloro che hanno creato ponti umanitari e spirituali tra le culture e le religioni della Terra, ed hanno sentito veramente di essere parte di una coscienza planetaria e vi hanno dedicato una vita o comunque tutte le loro risorse. Questa rete oggi è sostenuta, sui suoi livelli più mentali, da tutti i gruppi che operano per l’ecologia, i diritti umani, i soccorsi umanitari, e sui livelli più spirituali, da tutti i gruppi che praticano meditazione, in modo ecumenico e non settario, e per la coscienza e la pace globale. Entrambi i livelli sono essenziali. In questo momento, la rete fino ad ora costruita con grande amore è ancora debole e fragile, l’intensità luminosa del pianeta viene considerata ancora largamente insufficiente al grande salto quantico che l’umanità si appresta a compiere. Occorre quindi molta più energia e coscienza. La rete di luce in molti punti del mondo è largamente lacerata dalle guerre, dalle mafie, dagli abusi di ogni tipo, dalla mancanza di amore, di valori e di gratitudine per l’esistenza sacra. Da millenni questa è la situazione imperante, creata dalla vecchia cultura considerata ormai dalla grande maggioranza degli uomini come la legge stessa della natura.

(I sette livelli della rete di Gaia: materia, vegetali, animali, umani, spiriti, angeli e maestri, Gaia )



Una delle strategie della coscienza di Gaia, per accelerare la sua evoluzione, è quella di operare sulla coscienza collettiva attraverso la formazione di gruppi. Dal punto di vista spirituale, ossia considerando i partecipanti ad un gruppo come delle coscienze in evoluzione, un gruppo è una sfera di energia e coscienza collettiva, che noi chiamiamo "Buddhafield". Buddhafield deriva dal temine sanscrito buddhi che significa mente spirituale o superiore o energia mentale illuminata, da cui deriva buddha, l’illuminato e dall’inglese field che significa campo, area. Un Buddhafield è un campo di energia illuminata, spirituale. Questo termine, originariamente utilizzato per indicare la comune di un maestro illuminato insieme ai suoi discepoli, viene utilizzato per ogni gruppo di ricercatori spirituali che decidono coscientemente di unirsi per ritrovare la loro natura sacra.

Formare un Buddhafield è un’esperienza di grande importanza, dove i normali parametri di giudizio utilizzati nella società perdono valore e dove ognuno ritrova, con un po' di fortuna e tanto lavoro, la vera saggezza e spontaneità con se stesso e con gli altri.

Nell’ambito della rete delle coscienze planetarie il buddhafield rappresenta un nodo di grande importanza. L’energia totale di un buddhafield è fortemente superiore alla somma delle energie dei singoli individui che la compongono; la sua luce è estremamente più intensa e chiara della semplice somma delle luci delle coscienze individuali, in particolare quando le persone si mettono a meditare in cerchio. Recenti esperimenti fatti con il Brain Olotester, un elettroencefalogramma computerizzato per analisi psicosomatiche, provano che può crearsi una fortissima sincronizzazione cerebrale tra persone che si sentono vicine, partecipi di uno stesso progetto comune o che entrano insieme in meditazione. Quindi dal punto di vista del salto quantico planetario la formazione dei gruppi di crescita globale, come buddhafields, sono un elemento di estrema importanza, essi possono concretizzare la naturale spontanea tendenza evolutiva umana, accorciando i tempi di crescita e favorendo enormemente la comprensione e la sensibilità spirituale tra le persone.




CONOSCI TE STESSO

di Enrico Cheli




"Potete avere tutti i titoli accademici del mondo, ma se non conoscete voi stessi, siete estremamente stupidi. Conoscere se stessi è il fine ultimo dell’educazione. Se non c’è autoconoscenza, il semplice fatto di raccogliere dati o prendere appunti in modo da superare gli esami è una maniera assai stupida di esistere. Potete essere capaci di citare la Bhagavadgita, le Upanishad, il Corano o la Bibbia, ma a meno che non conosciate voi stessi, siete come pappagalli che ripetono le parole altrui senza capirle. Nel momento in cui cominciate a conoscere voi stessi, anche se poco, si è già messo in moto uno straordinario processo di creatività. [...] A partire da questo potete andare sempre più in profondità, all’infinito, poiché non c’è fine all’autoconoscenza" (J. Krishnamurti,

La ricerca della felicità, Milano, Rizzoli 1997).

Tutti crediamo di conoscerci e pensiamo: "chi meglio di me può sapere chi sono!" Ma è davvero così?

Quando ci innamoriamo, quando ci arrabbiamo, quando prendiamo delle decisioni, in realtà siamo spesso mossi da desideri e paure inconsce, da condizionamenti sociali, da imprintings familiari o nazionali, da modelli di comportamento che abbiamo interiorizzato in modo coatto e inconsapevole. Un secolo fa, grazie a Freud, si è scoperto che una vasta area del nostro essere — l'inconscio — ci è del tutto sconosciuta e nondimeno influenza largamente la nostra esistenza, in bene e in male. Jung ha poi allargato il concetto, ipotizzando che oltre al sub-conscio — la zona oscura sede dei traumi, delle paure e delle ombre — esista anche un inconscio collettivo, sede di archetipi che influenzano l'intera umanità. Infine altri studiosi ancora (Assagioli, Maslow, Wilber etc.) hanno proposto l'esistenza di un Super-conscio, vale a dire una zona anch'essa fuori dalla nostra coscienza ma niente affatto oscura, anzi assai luminosa, sede dei tratti più elevati dell'essere umano: i nostri bisogni esistenziali più profondi e importanti, le nostre caratteristiche più vere, i nostri sentimenti migliori e i nostri talenti più preziosi.

Per riassumere, il sub-conscio è la sede di ciò che riteniamo troppo brutto o doloroso per poterlo ammettere alla coscienza; il super-conscio contiene invece ciò che riteniamo troppo bello per essere vero e nostro; la coscienza infine contiene quella ristretta parte di noi stessi che i valori e le credenze della nostra cultura ci permettono di ammettere senza vergogna né scetticismo.

Noi abbiamo coscienza solo di una minima parte di noi stessi, mentre sappiamo poco o nulla di ciò che sta al di sotto della coscienza (il sub-conscio), di ciò che sta al di sopra (il super-conscio) e di ciò che sta attorno (l'inconscio collettivo). Possiamo però colmare queste lacune e esplorare questi mondi interiori, ed è un viaggio che vale la pena di fare perché lì risiedono molte delle cause dei propri problemi e molte delle capacità utili a risolverli.




Il percorso del conoscersi non riguarda solo gli aspetti psicologici; l'essere umano è un'entità multidimensionale, vale a dire costituita dai quattro livelli interconnessi corpo, emozioni, mente e spirito. Conoscere se stessi vuol dire quindi non solo contattare la psiche (l'inconscio, la mente e le emozioni) ma anche il corpo e lo spirito. Non solo, ma riconoscere il fatto che sono tra loro inestricabilmente collegati, che ognuno influenza tutti gli altri e che solo attraverso una armonia tra essi è possibile pervenire alla salute globale.
Conoscere se stessi è in primo luogo un atto introspettivo che richiede di sapersi osservare e saper interpretare il reale significato delle proprie sensazioni, emozioni, intuizioni — ma siccome né la famiglia, né la scuola ci hanno insegnato a farlo, dobbiamo impararlo da altre fonti, che proprio grazie alla cultura emergente sono sempre più diffuse, dai libri ai seminari, dalla psicoterapia ai corsi di meditazione.

Oltre al saper osservare se stessi è utile anche sapersi guardare intorno, saper cogliere quei segnali che le altre persone e le circostanze della vita hanno in serbo per noi. Ogni accadimento, ogni situazione, ogni incontro o relazione con una persona è un'esperienza che — bella o brutta che sia — può insegnarci qualcosa. Qualcosa che riguarda in primo luogo noi stessi: ogni persona o esperienza è insomma come uno specchio in cui — se sappiamo guardare con attenzione — possiamo vedere riflesse parti di noi che al momento non conosciamo ancora o che non valutiamo correttamente. Ecco allora che di fronte ad ogni evento della nostra vita dovremmo chiederci: "Che cosa posso imparare da questa esperienza o da questa persona? Con quale parte di me che ancora non conosco essa può mettermi in contatto?"

Conoscere se stessi è essenzialmente un ampliare e affinare la propria consapevolezza, cioè la capacità di prestare attenzione a ciò che accade dentro e fuori di noi, interpretandolo correttamente. Ma per far ciò dobbiamo essere il più possibile liberi da pregiudizi, da condizionamenti, da credenze e schemi culturali, politici e religiosi, che possono distorcere la nostra percezione e il nostro giudizio. Nessuno è esente da pregiudizi e condizionamenti; se però accettiamo questa realtà con umiltà e disponibilità a metterci in discussione, possiamo ricercare in noi i pregiudizi e i condizionamenti, e piano piano ripulirci e liberarci. Il percorso di autoconoscenza comincia proprio da qui. Tuttavia quasi nessuno intraprende un cammino come quello della ricerca interiore per puro desiderio di conoscenza: si può anche essere convinti della sua importanza senza peraltro mai iniziare concretamente a percorrerlo. Perché ciò avvenga, perché la nostra pigrizia e la nostra paura del cambiamento vengano superate occorre una motivazione più forte, più drammatica se vogliamo, e questa motivazione nasce molto spesso da una crisi.



L'importanza evolutiva della crisi

In questi ultimi anni si parla continuamente di crisi, e poche parole suscitano ansietà come questa. Vorremmo poterne fare a meno e quando compare nella nostra vita tentiamo con ogni mezzo di combatterla. Ma è davvero così negativa, la crisi, o non è invece una tappa insostituibile di ogni percorso evolutivo?

In effetti, la crisi svolge importanti funzioni sul piano della crescita: è un segnale forte che qualcosa non va nella nostra vita, e che non va da lungo tempo. Combatterla dunque non serve a niente, anzi, peggiora le cose, intorbida le acque, è altrettanto demenziale che ignorare o eliminare la spia rossa che si accende sul cruscotto della nostra auto e che ci segnala un guasto: non solo eliminarla non risolve il guasto ma è anzi il modo sicuro per peggiorare la situazione

La crisi è un sintomo, non la causa della nostra sofferenza, e non è il primo, ma l'ultimo di una lunga serie di segnali che noi abbiamo ignorato. Se si arriva alla crisi significa che abbiamo accumulato grande insoddisfazione e sofferenza senza affrontare i problemi che la generano; la crisi è il traboccare di un vaso che da tempo andava riempiendosi di lamenti e bisogni inascoltati della nostra anima e che ci obbliga a dialogare finalmente con noi stessi (o col nostro partner, figlio o genitore se si tratta di una crisi di relazione) per capire cosa c'è che non và.

Più siamo sordi ai messaggi di sofferenza, più rinviamo il prendere consapevolezza di ciò che non va nella nostra vita e nelle nostre relazioni, più improvvisa e tempestosa sarà la crisi — possiamo rinviarla ma non annullarla, e più in là si va più sarà grande la pena. Sono molti i modi in cui facciamo orecchi da mercante ai messaggi di malessere e sofferenza: taluni individui, molto egocentrici, si chiudono nel loro mondo illusorio in cui tutto sembra andare bene; altri si disperdono e distraggono in inutili ed estenuanti battaglie contro tutto e tutti; altri si immergono nel lavoro fino al completo isolamento e altri ancora, pur avvertendo il malessere, temporeggiano per anni e anni e "sopportano" con rassegnazione. Ma fortunatamente, per quanto sordo ai messaggi dell'anima e refrattario a qualunque crisi, ognuno, prima o poi, si trova a fare i conti con questo evento, seppur in forma tanto più esplosiva e drammatica quanto più a lungo è stata rinviata.

Per comprendere meglio la valenza delle crisi esistenziali, niente è più efficace delle dirette testimonianze.



Eccomi all'improvviso fermo, dopo anni di corsa frenetica, a chiedermi cosa sto facendo della mia vita. Dove sono andati a finire i miei sogni infantili, i miei ideali adolescenziali? Che fine hanno fatto le mie speranze di vivere in un mondo migliore, di contribuire a crearlo, la mia volontà di non farmi inglobare passivamente da quella società che riconoscevo così piena di assurdità, di falsità, di conflitti? Durante il liceo e l'università mi era parso tutto chiaro, poi il contatto col mondo del lavoro — con le sue logiche egoistiche, i suoi clientelismi, le sue chimere — mi aveva piano piano disilluso, indurito, indotto ad uniformarmi, a rafforzare le mie corazze, ad essere più cinico, meno propenso agli ideali e più orientato all'ambizione e alla materialità esteriore. Visto che non potevo, da solo, sperare di cambiare il mondo, avevo finito, quasi inconsapevolmente, passo dopo passo, per scendere a compromessi con quel sistema che tanto desideravo cambiare. Un fenomeno, questo, accaduto a molti altri "utopisti", figli degli anni '60 e '70. Solo che adesso sentivo che stavo sprecando la mia vita, che non era quello ciò che cercavo, che a forza di compromessi avevo finito per rinunciare a ciò che più anelavo. Non si vive di sola utopia, ma certo neppure di solo materialismo. Che difficile compito armonizzare questi due estremi, trovare un punto di equilibrio.
(...) Era inevitabile che dopo qualche anno di una tale vita il mio spirito reclamasse un maggiore spazio, una maggiore armonia e profondità. Era come se sentissi una voce — la mia stessa voce — che mi invitava a tornare sulla mia strada, più vicino al mio vero sé. Ma esisteva davvero una strada che era la mia strada, e se sì, dov'era? E come riuscire a contattare il sé profondo in una società che sembra fatta apposta per fartene allontanare?
La sofferenza da dove viene? E' l'opposto della gioia (credevo). Essendo stata tratta in inganno dalla mancanza di vie di mezzo, decisi di coniare e tener fede ad un motto: "non soffrire più", e ero riuscita perfettamente nell'intento, ma il prezzo che mi trovai a pagare era degno di un usuraio! Non sentivo, davvero, più niente, neanche la gioia e la felicità; la mia vita era scandita da ritmi sincopati e martellanti che componevano una fantasia travolgente ed il tempo, a sua volta, era scandito dall'allontanarmi sempre più da me stessa. La mia faccia era una maschera così come i miei vestiti e sugli altri riversavo fiumi di parole e più parlavo e più mi allontanavo, io non vivevo, perché non esistevo!
Non respiravo, non ascoltavo, non guardavo e non sentivo. Correvo dietro ad un ideale. Un ideale di madre che dovevo incarnare per me e le mie figlie, un'ideale di moglie, di figlia, di donna e tutto questo per essere accettata, amata, riconosciuta.

La crisi è dunque una fase inevitabile di ogni processo di crescita: solo a seguito di una crisi l'individuo può prendere consapevolezza della sua insoddisfazione, dei lamenti e bisogni della sua anima; solo grazie alla sofferenza di una crisi le persone accettano di mettersi in discussione; solo il dilagare delle emozioni riesce ad aprire un varco nella corazza dell'io, nelle rigide abitudini e nei meccanismi di difesa che ognuno ha sviluppato dentro e attorno a sé. E' solo a questo punto che l'individuo è davvero pronto ad intraprendere un percorso di autoconoscenza, di cambiamento e di crescita, e oggi che la crisi è divenuta fenomeno assai diffuso, molti sono gli individui pronti al cambiamento.

Una volta riconosciuta l'esigenza di un cambiamento, il primo passo per entrare in contatto con la propria vera, intima essenza consiste nel liberarsi da condizionamenti e pregiudizi, disidentificandosi dal pensiero razionale e risvegliando il sentire interiore.



Dal condizionamento alla libertà interiore

Ogni essere umano, nel suo percorso di crescita, "eredita" inevitabilmente il linguaggio, le credenze, i valori, le regole e i ruoli tipici del proprio popolo, della propria famiglia e del gruppo sociale di appartenenza; in altri termini, apprende il loro modo di vedere la realtà e di vivere la propria vita. Questo processo di inculturazione e socializzazione è essenziale per rassicurarci, da bambini, e per consentirci di orientarci nel mondo e divenire membri riconosciuti della società, ma c'è un prezzo da pagare: quanto più introiettiamo questa eredità culturale, tanto più ci abituiamo a vedere la realtà solo ed esclusivamente attraverso certe lenti preconfezionate e a ragionare secondo determinati schemi mentali.

La nostra mente in effetti è per certi versi simile a un computer, programmato in larga misura da altre persone, dai nostri genitori, dalla scuola, dai libri, dai mass media. Certo, vi entra anche un po' della nostra esperienza diretta, ma è poca cosa: non più del 5-10 per cento di ciò che sappiamo e crediamo vero deriva dalla nostra esperienza personale, tutto il resto è qualcosa che abbiamo letto su libri o giornali, che abbiamo visto e udito al cinema o alla televisione, che ci hanno detto i nostri genitori e insegnanti, che abbiamo sentito in giro.

Questo processo di apprendimento "dagli altri" presenta importanti vantaggi, perché ci consente di velocizzare il nostro orientamento nel mondo senza che ogni generazione debba ripartire dall'età della pietra ma possa anzi progredire ergendosi sulle spalle di coloro che l'hanno preceduta. Tuttavia, quegli stessi schemi che ci aiutano in un primo tempo a comprendere il mondo possono diventare col tempo un ostacolo formidabile alla nostra crescita individuale e collettiva se non si evolvono fluidamente: è quello che è avvenuto alla nostra civiltà, e a ogni altra civiltà. Ogni civiltà, una volta raggiunto un certo grado di organizzazione sociale tende infatti ad irrigidirsi su se stessa, in uno strenuo mantenimento di principi, credenze, valori che un tempo erano nuovi e funzionali ma che poi, non evolvendosi, divengono sempre più anacronistici. Questo fenomeno è spiegabile sociologicamente con la tendenza conservatrice di gruppi e classi dominanti a mantenere il potere e lo statu quo, ma è evidente che c'è anche una dimensione individuale da tenere di conto. Certo, una qualche stabilità nella struttura percettiva, un qualche ordine o schema mentale è utile, spesso indispensabile per non perdersi in un mare di input sensoriali. Il problema è che gran parte degli schemi, credenze, valori di una società vengono perpetuati a prescindere dalla loro effettiva validità, talvolta per ignoranza o superstizione, più spesso per altri e non sempre edificanti motivi. Ancora oggi, varcata la soglia del duemila, ci portiamo dentro modi di pensare vecchi di secoli o millenni, con conseguenze tutt'altro che benefiche sia sul piano collettivo che su quello individuale . E soprattutto, ci portiamo dentro l'illusione di fondo che le nostre idee, valori, credenze siano davvero nostre, mentre invece sono in gran parte il frutto dei condizionamenti ricevuti, della inculturazione subita.

Se vogliamo sviluppare davvero la nostra individualità e realizzare noi stessi, il primo passo da compiere, secondo la new age, è quello di uscire dal gregge, disidentificandoci da ciò che non è nostro, dalle idee, credenze, valori, schemi mentali e comportamentali che abbiamo ereditato passivamente; solo così possiamo scoprire chi siamo veramente e iniziare a vivere una vita realmente nostra.

Anche l'identità — il senso di se stesso che l'individuo va formandosi nel suo percorso di crescita — risente di questo processo di condizionamento sociale del pensiero e di distorsione dei bisogni, e una delle sue conseguenze più nefaste di questo stato di cose è il nascere, nelle persone, di una sorta di "falsa identità", cioè una idea di se stessi che non corrisponde al vero, all'essenza profonda e alla unicità insite in ognuno di noi ma che deriva piuttosto da maschere e modelli ai quali la società ci induce a conformarci. E la società è impersonata in primo luogo dai nostri genitori e parenti, dagli insegnanti, dai preti, dagli amici, che ci influenzano talvolta per manipolarci, talaltra ispirati dalle migliori intenzioni, semplicemente ripetendo inconsapevolmente quegli stessi "errori" di cui sono stati in passato a loro volta vittime. Oltre a tali persone, con cui ci rapportiamo direttamente, ve ne sono anche altre che, pur non essendo così vicine a noi, risultano alla fine non meno influenti, anch'esse in modi talvolta inintenzionali, talaltra voluti e subdoli: l'eroe di un cartoon o di un fumetto, il protagonista di un film, i personaggi di un libro, il giornalista di un quotidiano o di un TG e così via. E quanta carta stampata, quanto cinema, quanta TV nella vita di ognuno di noi!

La scuola svolge, come è ovvio, un ruolo centrale nel trasmettere la cultura e il sapere e anche nel formare l'identità di ognuno di noi. Purtroppo, come abbiamo visto, ciò che la nostra scuola chiama "educazione" è semmai una inducazione, cioè un inoculare nell'individuo credenze, valori, norme morali che influiranno potentemente sulla personalità e sul senso di sé, vale a dire sul centro pulsante della psiche. Lungi dallo stimolare la consapevolezza e l'apertura mentale degli individui, la scuola ha finora per lo più teso ad uniformarli e a fornirgli conoscenze e giudizi preconfezionati invece di insegnargli a utilizzare le capacità conoscitive e di giudizio autonomo proprie di ogni essere umano.

E' così che pian piano si viene a perdere la curiosità e la fresca ingenuità dell'infanzia — quando niente era scontato, tutto era nuovo e magico — e ci si adagia nella rassicurante certezza delle etichette, delle definizioni, delle abitudini, diminuendo la nostra capacità di entrare in contatto diretto col mondo e riducendo anche la nostra autonomia e creatività. E' vero che qualcosa è cambiato in questi ultimi decenni, ma è ancora troppo poco, e spesso più nell'apparenza che nella sostanza.

Spostandoci dalla scuola ai mass media il discorso non è purtroppo migliore. Noi siamo ciò che ingeriamo e questo vale non solo per il cibo, ma anche e soprattutto per le idee, le parole, i simboli, le immagini, le storie con cui nutriamo la nostra mente, e finora l'offerta culturale dei media è stata protesa alla quantità più che alla qualità, ad un consumismo superficiale e materialistico i cui ingredienti base vanno dalla violenza al denaro, dalla sessualità morbosa al potere, dalla competizione selvaggia al dominio e via dicendo. Insomma, più che risvegliare le coscienze i media tendono, come la scuola, ad addormentarle o a lasciarle dormire. Eppure, radio, TV e giornali potrebbero, se usati bene, essere strumenti formidabili per stimolare la consapevolezza delle persone. Invece, salvo rari casi, il livello qualitativo è alquanto scadente, massificante e l'obiettività una chimera. (per approfondimenti cfr. E. Cheli, La realtà mediata. L'influenza dei mass media tra persuasione e costruzione sociale della realtà, Franco Angeli, 1992)



Il bisogno di essere se stessi

Vivere una vita impostata su valori e modelli standard decisi da altri è forse il modo più semplice e rassicurante di esistere, ma non ci potrà mai dare un senso di realizzazione e di vera soddisfazione, e di ciò presto o tardi molti si rendono conto. E' appunto da un profondo senso di insoddisfazione esistenziale che nasce oggi, in un sempre maggior numero di individui, l'irresistibile impulso di andare alla ricerca di se stessi, per scoprire il proprio vero essere e trovare un senso più pieno e appagante per la propria vita, una qualità dei rapporti umani più vera e soddisfacente, un orientamento all'essere e non solo all'avere. Si tratta di persone che magari non sanno niente di cultura olistica emergente ma che comunque si interrogano sulla strada da percorrere nella vita e non si accontentano più di risposte preconfezionate, di dottrine e ideologie, di maschere e corazze, ma desiderano cercare in prima persona, scoprire ciò che veramente sono ed esprimere finalmente la propria unicità e creatività.

Ogni uomo rimane incompleto, come un seme mai germogliato, finché vive inconsapevolmente, come un automa, seguendo le abitudini e le consuetudini sociali senza mai interrogarsi sulla loro effettiva validità e senza osservare gli effetti che tali abitudini producono su di sé e sugli altri. Finora la maggior parte delle persone ha delegato ad altri il proprio potere di autodeterminazione rinunciando, in cambio di tranquillità e rassicurazione, ad andare oltre i confini ereditati dalla propria cultura. Tuttavia, finché seguiamo i criteri, i giudizi e le convinzioni instillatici da altri, non potremo mai sapere qual'è la nostra vera strada, poiché saremo sviati e confusi da falsi obiettivi, da bisogni indotti, da modelli da imitare, da ideali irraggiungibili, da apparenze e comportamenti che non ci rappresentano, che non esprimono ciò che veramente siamo.



Ripulire la nostra mente dai condizionamenti

Come sostengono da millenni molte scuole di autoconoscenza e molte tradizioni mistiche orientali, la mente mènte; è inevitabile che mènta, come può esprimere la nostra verità se gran parte dei suoi contenuti e processi di funzionamento sono stati programmati da altri? Per stabilire un valido contatto con se stessi e riuscire a cogliere e coltivare ciò che giace nel profondo di ognuno di noi, è dunque necessario compiere una bella pulizia nella nostra mente. Dobbiamo cioè vagliare attentamente tutto il bagaglio di idee, di convinzioni, di valori che la società ci ha instillato o che noi stessi abbiamo acriticamente raccolto fin dalla nostra infanzia, e separare quindi il grano dal loglio, vale a dire eliminare tutti i pregiudizi, i dogmi, i tabù, i falsi ideali che offuscano la nostra essenza vitale e la nostra lucidità interiore. Solo così è possibile riacquisire il proprio potere — non il potere su altre persone ma il potere personale, il potere cioè di essere se stessi e dirigere autonomamente e creativamente la propria vita: un potere che ogni essere umano possiede in nuce ma che finora è stato indotto a ricercare fuori da sé, nelle ideologie, in rigide istituzioni sociali, in divinità dispotiche e vendicative, in condottieri politici, in pastori di anime e via dicendo, invece che nell'unico luogo dove può essere davvero trovato, e cioè nel profondo di sé.

La vera libertà inizia così, con quest'opera di messa in discussione e di ripulitura, con questa assunzione di responsabilità, con la crescente consapevolezza che dentro a quell'abito, dietro a quella maschera che indossiamo e con cui ci identifichiamo c'è qualcuno molto più vasto, fluido, luminoso di quanto osassimo e sperassimo immaginare, qualcuno che da lungo tempo attende di essere risvegliato, per ampliare gli orizzonti della propria esistenza, riattizzare la propria fiamma vitale e sperimentare la vera gioia di vivere.

Come si possa in pratica ripulire la mente dai condizionamenti è uno dei temi su cui insistono maggiormente libri e seminari ispirati alla nuova cultura. Ovviamente non può essere la mente stessa a compiere questa opera di ripulitura: sappiamo bene che per essere efficace, un controllo deve essere effettuato da un altro soggetto distinto da colui che viene controllato. E allora? A chi affidare il ruolo di controllore?

Dato che il sentire non è manipolabile direttamente, esso rappresenta una valida possibilità per verificare le nostre "idee", convinzioni, valori e vedere se il sentire che ne risulta è coerente o no al pensare: potremmo così scoprire che alcuni cibi che credevamo cattivi li sentiamo invece buoni, e viceversa, altri decantati dalla pubblicità come ottimi, si rivelano alla prova dei fatti di ben altro tenore. Tutto può essere sottoposto a verifica: non solo il cibo per il corpo, ma anche quello per la mente — come libri, giornali o programmi radio-TV — e poi il cibo per le emozioni e anche quello per lo spirito.

Tuttavia, quando parliamo del sentire come strumento tramite cui distinguere le mele buone da quelle marce, non ci riferiamo al sentire "normale" dell'individuo medio, che è un sentire per lo più atrofizzato, ma ad un sentire risvegliato e affinato.


Conclusioni

Dunque, il primo passo sulla via della autoconoscenza è in genere rappresentato dal prendere coscienza dei nostri bisogni e sensibilità interiori (che spesso avviene a seguito di una crisi, esistenziale, relazionale, o spirituale che sia); il secondo passo è di iniziare un qualche percorso di ripulitura dai condizionamenti e di risveglio del sentire interiore: nella apposita sezione di questo campo sono appunto illustrati alcuni dei principali metodi e tecniche in proposito (link).






LO STATO GLOBALE DELL’ESSERE



In questo capitolo cercheremo di approfondire i principi e le logiche che sottostanno all’evoluzione e allo sviluppo del potenziale umano. Il concetto di evoluzione umana nasce dalla convinzione che ogni persona può accedere a uno stato di coscienza più elevato e creativo, che coincide con un'esperienza unitaria dell’essere, che - in contesti differenti - è stata chiamata: stato di autocoscienza, consapevolezza globale del proprio essere, stato di meditazione, esperienza del Sé, esperienza transpersonale, che a livello neurofisiologico corrisponde agli stati armonici ad alta coerenza e, secondo la teoria olistica dell’informazione, al concetto di quarta densità cibernetica.

In questo e nel prossimo capitolo cercheremo di fare chiarezza sulle vie evolutive che l'essere umano di questo periodo ha realmente a disposizione e delle tecniche per realizzare l'esperienza dell'essere. Secondo la filosofia del movimento per la crescita umana nell'essere umano attuale vi è una grande inconsapevolezza dei comportamenti, delle sensazioni, delle emozioni, dei sentimenti e degli stessi pensieri; questo significa che l’essere umano è "addormentato" e vive gran parte delle attività "di veglia" non in modo realmente "cosciente" ma "inconsciamente"; quando ci innamoriamo, quando ci arrabbiamo, quando prendiamo delle decisioni, in realtà siamo spesso mossi da desideri e paure inconsce, da condizionamenti sociali, da imprintings familiari o nazionali, da modelli di comportamento che abbiamo interiorizzato in modo coatto e inconsapevole.

Ricodificando ciberneticamente quanto appena detto, possiamo dire che l’essere umano è un sistema vivente estremamente complesso in cui esistono tutte le stratificazioni di informazioni e di codici dell’intero processo evolutivo, dall'atomico, al biologico, al sociale, (che corrispondono alla prima, seconda e terza densità cibernetica). Nello stato di coscienza normale questa complessità di informazioni e di codici è in larga parte inconscia e frammentata. Quando viviamo l’esperienza dell'essere o dell’unità di coscienza, attraverso glimpses (attimi di intuizione) o tecniche di meditazione, questa molteplicità informatica si trasforma in totalità. Gli innumerevoli livelli di comunicazione inconscia, automatica e frammentata ritrovano coerenza e unità: l’attività cerebrale diventa sincronizzata, sinergica, elettromagneticamente coerente e armonica.

Comincia così a delinearsi una visione differente e molto più articolata dell’essere umano, a cavallo tra involuzioni patologiche e straordinarie possibilità di sviluppo del potenziale della sua coscienza.




Se ipotizziamo che l’essere umano, in questa cultura materialista, stia utilizzando solo una frazione delle sue potenzialità, la comprensione e lo studio della quarta densità, e delle tecniche per lo sviluppo della coscienza potrebbero portare a rivoluzionari cambiamenti umani e planetari. Ma cosa significa realmente realizzare il proprio potenziale umano? Cosa significa evoluzione della coscienza?

Albert Einstein sosteneva, come molti altri scienziati, che l’uomo attuale utilizza solo una piccola percentuale delle sue potenzialità cerebrali. Normalmente si è portati a pensare che per raggiungere il 100% delle nostre risorse mentali dovremmo utilizzare molto di più la nostra mente, aumentare la nostra attività cerebrale e avere una formidabile memoria, intelligenza, conoscenza e abilità di elaborazione delle informazioni. In breve, emerge l’immagine di un "cervellone" dalla velocissima capacità di calcolo e dall’enorme cultura.

Le nostre ricerche sul potenziale cerebrale e sugli stati di coscienza più evoluti contraddicono questa visione. Pensare che il 100% sia una questione di quantità e velocità è essenzialmente scorretto, è solo una proiezione meccanicista adattata all’uomo e, fortunatamente, non siamo delle macchine. Da queste ricerche emerge invece un dato di estremo interesse: il cervello utilizza al massimo le sue risorse quando la persona è rilassata, cosciente e in stato di benessere generale. Si passa da una fantasia tecnologica in cui lo sviluppo del potenziale cerebrale è essenzialmente mentale, ad una visione in cui le potenzialità del cervello si esprimono al meglio quando la persona è naturalmente in equilibrio e consapevole di se stessa.

Si passa dall’avere una mente superiore all’essere totalmente se stessi, compito peraltro non facile ma che può essere compreso e sviluppato in modo scientifico e articolato. Ognuno di noi quindi può raggiungere uno stato di massima realizzazione del suo potenziale imparando a conoscere e sperimentare tutte le dimensioni di se stesso. Vediamo con più precisione gli elementi essenziali di questo gioco evolutivo.



Alcune ricerche scientifiche sugli stati di coscienza hanno rilevato che i quadri più sincronici osservati, in Oriente come in Occidente, appartengono a persone che meditano. La meditazione è uno strumento potentissimo di conoscenza di sé e quindi di autorealizzazione. È altresì il grande unificatore, armonizzatore e sincronizzatore della nostra mente e del nostro essere. Chiunque desideri realmente entrare nel sentiero della propria evoluzione conoscerà la meditazione e l’alchimia degli stati di silenzio interiore.

La meditazione è uno stato di non-mente, di silenzio interiore in cui i pensieri tacciono e la coscienza è quieta e risvegliata. Mentre ogni essere umano è differente da ogni altro nell’aspetto esteriore e nelle informazioni della sua mente, è certamente uguale nel suo stato di vuoto.

Sul nostro vuoto interiore possiamo sincronizzarci tutti, al di là delle razze, delle fedi religiose e delle ideologie. Il vuoto interiore è lo stato in cui si trovano i poeti quando percepiscono la bellezza, è lo stato in cui si perdono gli amanti. Il vuoto della mente è uno stato di pienezza dell’essere: l’unica via all’unità inividuale e planetaria.


La nostra tuttavia è una civiltà della pienezza e dell'avere, dove non vi è più spazio per il silenzio e il vuoto. Viviamo in un mondo brutale, abbiamo perso i nostri sensi e i valori fondamentali del vivere. Vi sono animali che godono così profondamente della gioia di vivere nella natura che decidono di lasciarsi morire se vengono costretti dall’uomo a vivere in cattività, altri animali invece si adattano pur perdendo la gioia e l’integrità, come gli orsi spelati che ballano legati alla catena o le bestie dagli occhi spenti negli zoo.

L’essere umano sicuramente appartiene alla seconda specie; si è costretto da solo ad una vita finta e avulsa dalle naturali leggi di natura, conoscendo così la tristezza e l’apatia e si è adattato totalmente a questa condizione innaturale, dimenticando di avere egli stesso le chiavi della propria prigione. Si è dimenticato della bellezza delle stagioni e del gusto intenso che reca l’incertezza della vita. Per un po' di sicurezza ha accantonato tutto ciò che possiede un reale significato e si è sottomesso alle regole più barbare del vivere accettando tutto senza riserve o quasi.

Per decenni il mondo è stato soffocato dalle dittature, ma solo oggi l’opinione pubblica dei pochi paesi più civilizzati si schiera contro queste ignominie e prende posizioni concrete. Ancora oggi il nostro pianeta e la nostra Italia stanno perdendo inesorabilmente la loro bellezza, soffocati dal bisogno di denaro e di potere, ma nessuno o quasi dice nulla. La vegetazione è sommersa da orribili palazzine, villette massificate, strade, le terre sono inquinate da pesticidi, industrie e negozi. I ritmi naturali di vita sono soffocati dagli orari, dai turni, dai tempi delle macchine. I sentimenti umani sono dimenticati nell’ombra dell’efficienza, dell’interesse e del perbenismo.

A volte si sente il desiderio di morire, di abbandonarsi o di andarsene... ma dove? Di fatto tutta la nostra Terra è sotto questo malefico incantesimo! Eppure tutti noi ben sappiamo che è possibile cambiare ogni cosa semplicemente volendolo. Quando si è voluto, si sono abbattuti muri che dividevano nazioni, si sono aperte relazioni tra popoli nemici, si sono stipulati accordi sulla non proliferazione nucleare, sulla salvaguardia degli animali o dei pochi santuari ecologici esistenti rimasti sul pianeta. Più che un ritorno ad un passato non tecnologico occorre un salto di consapevolezza su vasta scala. Il salto planetario di consapevolezza - ottenuto grazie alla radicale e profonda trasformazione delle abitudini e della coscienza dei singoli individui - è il punto centrale su cui si è sviluppato lo "Human Potential Growth Movement", il movimento per lo sviluppo del potenziale umano.



Papalagi
di Tuiavii di Tiauea è un libro tra i più sacri e veri. Racconta le osservazioni autentiche di Tuiavii, un capo tribù delle isole Samoa al ritorno da un viaggio in Europa agli inizi del secolo. È un testo di etnologia controcorrente, forse uno degli unici in cui è l’uomo bianco ad essere osservato e giudicato da un "selvaggio" che analizza nei dettagli le sue nefande abitudini sociali, psicologiche e spirituali. Un testo dissacrante in cui viene evidenziata la falsità della civiltà attuale, i suoi presupposti legati all’esteriorità e la profonda ipocrisia interiore che privilegia l’avere alla bellezza dell’essere, la vita pressante delle città al respiro della natura, l’inibizione della sessualità alla libertà di amare.

Vi sono molte ipotesi su come si sia venuta a creare questa situazione e sui perché la razza ariana, di cui siamo parte integrante, abbia scelto queste linee di sviluppo, ma tant'è, al di là delle ragioni, la situazione è questa da migliaia di anni. L’uomo ha creato questa degradazione basata sulla separazione tra sé e sé, tra sé e gli altri esseri umani e tra sé e la natura. Cicerone già parlava ai suoi tempi di questa corruzione come di un fatto da tempo assodato. Occorre ora capire chi sia veramente l’essere umano, quali siano le sue potenzialità e come riuscire a svilupparle in modo corretto e profondo.

L’essere umano è un seme che può essere aiutato a crescere e a dare i suoi frutti; questo antico assunto è presente nella parabola biblica dei semi gettati dal contadino che cadono sui sassi o sul terreno fertile, così come nei Tantra e in molti altri testi sacri, e rappresenta il sentire di tutto il movimento per lo sviluppo del potenziale umano, base della Nuova Era. Come un seme l’essere umano può germinare o ammuffire in un sacchetto di plastica senza vedere la prossima primavera, può crescere ed espandersi naturalmente o essere piantato in un terreno artificiale e vivere in serra, può dare fiori e frutti e ricreare vita o anche morire senza acqua o senza sole.

Nel mito dell’albero, presentato nel primo capitolo, ritroviamo il nostro modello di essere umano, modello che implica una crescita soggetta a numerose variabili e che quindi deve essere profondamente compresa e aiutata. L’essere umano ha dato prova di enormi potenzialità, nel bene e nel male, in ogni campo dello scibile e ha anche dimostrato di poter trascendere la stessa conoscenza avventurandosi nella Terra Incognita dell’inconoscibile, nel mistero divino.

Ma non sono solo i grandi geni ad esprimere le possibilità dello sviluppo del potenziale umano.

Ogni essere umano - anche nella semplicità quotidiana - è capace di elevati sentimenti, di amore e compassione, di responsabilità verso ogni essere, di percepire la bellezza della Terra, di cambiare il suo destino, di creare, trasformando la banalità in senso. Ma questi momenti preziosi non vengono recepiti né dalla scienza né dalla pedagogia e restano così isolati e dimenticati. È necessario che le differenti dimensioni umane vengano comprese più profondamente e che la scienza, la psicologia, la medicina le possano applicare all’intero processo educativo. In questo capitolo cercheremo di impostare il grande problema dello sviluppo del potenziale umano e di evidenziarne i punti essenziali, fornendo così a chiunque lo desideri un primo reale strumento per attualizzare le proprie potenzialità inespresse in esperienze vive.





Da millenni l’essere umano si sta moltiplicando su questo pianeta senza nessuna consapevolezza delle sue reali potenzialità.

Tranne che per la crescita del corpo fisico e per l’apprendimento scolastico, lo sviluppo dell’essere umano, dal punto di vista olistico, è totalmente insufficiente. I rari esseri umani che riescono a svilupparsi pienamente lo fanno senza il minimo aiuto da parte della società, sono un frutto della volontà e dell’intelligenza individuale o dei pochi gruppi che esistono sul pianeta per questo preciso scopo.

Ritorniamo al modello olistico, se l’essere umano possiede una sua unità e numerosi livelli di manifestazione, è necessario che essi vengano correttamente e scientificamente sviluppati. In termini di livello, l'attuale società consumistica considera nell’ambito educativo solo il primo e il quarto livello, ossia il corpo e la mente, e anche questi due in modo molto parziale e riduttivo.

Abbiamo visto come la principale caratteristica degli esseri viventi è di essere coscienti, ossia di possedere un’unità di coscienza che comprende, coordina e utilizza la massa delle informazioni del "corpo" inteso come l’intero sistema psicofisico. Da questo centro è necessario partire per ogni reale sviluppo del potenziale umano. Sviluppare la consapevolezza della propria unità di coscienza è una pratica essenziale per ogni processo di evoluzione; senza di essa non può che esserci uno sviluppo frammentato e superficiale. Ogni espressione umana di fatto emerge dal proprio centro e di esso è espressione.

Il centro è antropomorficamente rappresentabile come il creatore di un’opera sinfonica che diventa anche il direttore d’orchestra e ne dirige l’esecuzione coordinando i vari strumenti e dando loro ritmo e personalità. Senza il centro creativo e direttivo non esisterebbero né l’opera né la sua realizzazione. Il centro è il perno vuoto e cosciente della ruota da cui si diramano i raggi dei nostri sensi e delle nostre azioni. La comprensione del centro e il suo sviluppo cosciente rappresentano il primo essenziale passo per una trasformazione individuale.



Essendo il centro dell’essere - o identità - un concetto quasi sconosciuto nella nostra cultura, sono possibili immediate incomprensioni. Benché il centro di coscienza sia assolutamente stabile e unico, il suo riconoscimento consapevole ossia la sua identificazione può essere profondamente differente in individui di diverso livello evolutivo.

La vita di un essere umano si manifesta psichicamente in differenti livelli come sensazioni, istinti, emozioni, pensieri, sentimenti e stati di coscienza superiori. Se un essere umano si cristallizza eccessivamente su un certo livello, tende ad identificarsi con esso. Dal punto di vista socio-evolutivo, possiamo differenziare due grandi momenti evolutivi che corrispondono a due differenti identificazioni: l’Ego o Io o personalità, e il . Questi termini, che spesso sono stati utilizzati con diverse accezioni da differenti scuole, possono essere presi come passi sul cammino dell’evoluzione umana. Nella nostra concezione attribuiremo loro i seguenti significati.


L’Ego o Io è un fenomeno mentale tipico della razza umana. È il senso di identità più istintivo e naturale, tipico della persona meno evoluta, che purtroppo rappresenta la quasi totalità della popolazione. L’ego è la nostra personalità, dall'etrusco phersu: la maschera degli attori. In ogni via di evoluzione spirituale, l'ego è considerato un fenomeno mentale finto e illusorio che ostacola la vera conoscenza del proprio essere o .

Il senso comune dell’io infatti non corrisponde all’autentica esperienza della soggettività interiore, ma ad una serie di condizionamenti e impressioni esterne derivate dalla famiglia e dalla società. L’ego viene definito un "aggregato" e viene considerato falso in quanto alla morte esso - essendo appunto aggregato di elementi psichici esterni - si disgrega e si disperde come i componenti chimici del corpo fisico.

In questo stadio la coscienza interiore è ottenebrata dalla mente concreta orientata all'attività esteriore e quindi identificata con il proprio corpo, con i suoi istinti, emozioni, pensieri, ideologie politiche e credi religiosi (i sette ego di cui parleremo successivamente). È il livello in cui l’ignoranza spirituale è massima e quindi la libertà individuale e lo sviluppo delle sue potenzialità sono minime. L’ego è un centro orientato ad uniformarsi psichicamente, senza alcuna riserva, alle leggi della mente collettiva. Nel successivo capitolo analizzeremo le sette principali forme di ego come differenti forme di identificazione sui diversi livelli dell'essere.


Nelle persone più evolute l’ego inizia il suo processo di distacco dagli aspetti più bassi della personalità e assume caratteristiche di maggiore individualizzazione, pur restando un fenomeno esteriore.

Questo ego di transizione verso il è caratterizzato da un senso di identità più evoluto e interiorizzato, ma comunque illusorio, tipico delle persone sensibili, psicologicamente avanzate o spontaneamente spirituali. In questo stato si sente di non far più parte della massa, della collettività, ma di essere un individuo unico e autonomo; la mente diventa più sensibile e recettiva alla coscienza interiore e percepisce intuitivamente la necessità di un grande cambiamento di cui tuttavia nulla ancora conosce. La mente si sintonizza con le frequenze più elevate e armoniche della coscienza e spesso ne riceve grandi stimolazioni.

L’io presuppone quindi un processo di individuazione in cui i valori interiori, umani, sentimentali, ideali o spirituali diventano il senso centrale della propria esperienza psichica, dando così un differente impulso alla vita e al proprio comportamento. Nel passato questo stato di transizione verso una più delineata e integrata identità spirituale poteva durare per vite intere non essendoci nessuna informazione per indirizzare questi bisogni interiori verso l’esperienza del Sé.

In questo momento storico invece la grandissima diffusione di testi, informazioni, musiche, associazioni e gruppi orientati alla ricerca spirituale permette una rapida trasformazione interiore dall’identità egoica verso livelli più profondi di coscienza.



Il vero centro di coscienza, silenzioso e incontaminato, viene riscoperto solo con l’esperienza profonda del proprio essere. Il è quella parte di noi che rappresenta la vera essenza e sopravvive al processo della morte. Viene considerato Atman (anima), una parte microcosmica di Brahma, la grande anima universale, mai separato da essa. Raramente è frutto di un’esperienza casuale e individuale, più spesso rappresenta l’effetto delle consapevoli pratiche di meditazione e di ricerca interiore sviluppate all'interno delle differenti scuole spirituali. L’esperienza del Sé nasce nel silenzio del proprio essere, non è quindi in nessun modo un’esperienza mentale. Nell’esperienza dell’essere la mente non c’è, tace. Il sé è "il punto di coscienza divina dentro di noi": il raggiungimento di questa esperienza diretta apre le porta alla vera evoluzione della coscienza.

Continuando la pratica delle tecniche di meditazione, l’esperienza del Sé, ossia l’esperienza della coscienza vuota e silenziosa, si espande e si approfondisce fino alla scomparsa della dualità, non si percepisce più il senso di individualità né la separazione tra corpo e realtà esterna, si realizza così l’unità, lo Yoga. L’Atman individuale realizza la sua unità con Brahma: la coscienza del Tutto. L’evoluzione dell’esperienza del Sé si realizza nell'esperienza del divino. Non è questione di comprensione intellettuale o di intuizione. È diretta esperienza di cui non è possibile parlare concettualmente data la sua natura sovramentale.


Anche in chi ha realizzato livelli di coscienza elevati, l'ego permane, sebbene si attenui progressivamente. L’importanza strategica e sociale dell’ego è indiscussa: la nostra società attuale infatti è fondata sulla legge del potere e della supremazia dell’uomo sull’uomo e sull’ambiente e quindi viene selezionato e premiato chi possiede un ego più forte e competitivo. Come troverete nel paragrafo sui sette tipi di ego, in ogni settore umano l’ego rappresenta il deterrente sociale, dallo sport in cui si seleziona il più forte fisicamente, agli istituti di ricerca dove si seleziona l’ego più istruito e dotto, agli ambienti ecclesiastici dove si premia il più umile e devoto, ad alcune scuole spirituali dove emerge il più santo. Ma l’ego tuttavia rimane una struttura falsa. Veri mistici come Gesù, Socrate, Pitagora, Mansur e Bruno sono stati spesso rifiutati e uccisi dalla società. Pittori come Van Gogh sono morti sconosciuti e derisi. Scienziati come Galileo furono costretti a rinnegare scoperte come l’eliocentricità del sistema solare, migliaia di saggi e illuminati sono morti senza che la storia riportasse il minimo accenno della loro esistenza. Si selezionano normalmente solo i geni che oltre alle qualità straordinarie posseggono anche un forte ego sociale.




Yoga Citta Vritti Nirodha. Lo Yoga è l’arresto intenzionale dell’attività spontanea della sostanza mentale. Primo aforisma degli Yoga Sutra di Patanjali


Il vuoto è la prima delle tre contemplazioni. Ogni cosa viene vista come vuota. Poi segue l’illusione. Pur sapendo che tutto è vuoto, le cose non vengono distrutte, bensì ci si occupa delle proprie faccende nel mezzo del vuoto. Ma, pur non distruggendo le cose, neppure si presta loro attenzione: questa è la contemplazione del centro.

Lu Tzu

Lo stato di coscienza corrispondente con l’esperienza dell'essere o esperienza del Sé è uno stato di vuoto consapevole, di silenzio, unità e totalità.

In questo stato la percezione psicosomatica è intensa e dilatata, non confondibile con stati di sopore, semiveglia o bassa consapevolezza. Lo stato di coscienza del centro è uno stato di totale presenza, in cui si sperimenta un flusso di sensazioni nel presente: è lo stato di qui ed ora in cui, non essendoci pensieri, non vi sono fughe nel passato o estraniazioni nell’immaginario o nel futuro.

Al centro del nostro essere c'è il silenzio e il vuoto cosciente, la prima-seconda matrice. L’esperienza del centro dell’essere è forse l’argomento più difficile da trattare proprio per l’attuale livello di coscienza medio identificato con l’ego. Tuttavia, considerando che l’esperienza di meditazione è relativamente comune tra i nostri lettori, tenteremo di esprimere i concetti chiave e le esperienze essenziali di questo stato di coscienza allo scopo di permettere a coloro che l’hanno sperimentato, o lo sperimenteranno in tempi brevi, di riconoscerlo e svilupparlo in modo più "scientifico".



Occorre innanzitutto saper discriminare tra meditazione, contemplazione e concentrazione. Lo stato che identifichiamo con il termine tecnico di meditazione è uno stato di non-mente, in cui i pensieri sono assenti e si vive la consapevolezza del silenzio o vuoto interiore del proprio essere, normalmente permeato da un senso di completezza e piacere. Nella recitazione dei mantra o delle preghiere, nella visualizzazione di immagini o di simboli interiori, si attua invece una concentrazione mentale che implica uno stato di attività psichica volontaria e focalizzata su un oggetto, che non corrisponde e quindi non deve essere confusa con lo stato di meditazione.

L’esperienza estetica di apertura di fronte ad uno spettacolo naturale o il rilassamento profondo, tipico di molte tecniche come il training autogeno o simili, sono normalmente considerati come stati di contemplazione ossia di coscienza espansa in cui manca l’esperienza spirituale del centro e che, di nuovo, non sono e non debbono essere confusi con lo stato di meditazione.

Benché gli stati spirituali portino spesso all'apertura di percezioni più sottili e di fenomeni psichici come visioni di colori, forme simboliche, sogni lucidi, percezioni extrasensoriali, telepatia e altro ancora, essi non devono essere considerati come necessari o sintomatici di una reale spiritualità. Una persona equilibrata può sperimentare stati di profonda meditazione per anni, ritrovando il proprio centro di coscienza spirituale e vivendo in un livello di profondo benessere e unione sacra con la vita senza aver mai sperimentato la minima visione o stato alterato. La meditazione non è uno stato alterato di coscienza ma il naturale stato maturo dell’essere umano autocosciente.

Visioni, immagini, e stati alterati sono un effetto collaterale assolutamente irrilevante e spesso dannoso in quanto distolgono la consapevolezza dal proprio vuoto e dal proprio silenzio perdendosi negli irreali scenari della fantasiosa mente.



Come abbiamo già detto, l'esistenza, dal punto di vista della cibernetica olistica, può essere suddivisa in due grandi categorie: i Cyber e i non Cyber. Il Cyber rappresenta ogni cyberspazio soggettivo ossia ogni "campo" (un insieme) di informazioni con un centro o unità di coscienza centrale. Tutti gli esseri viventi, dall’ameba, alle balene o all’intera Terra Gaia sono esempi di Cyber (cyberspazi soggettivi).

I non-Cyber rappresentano ogni cyberspazio oggettivo ossia una qualsiasi area o campo senza centro. Gli oggetti non viventi come i sassi, le costruzioni, le macchine e gli oggetti virtuali, essendo privi di un centro di coscienza, costituiscono la categoria non-Cyber (cyberspazi oggettivi). Ogni Cyber vive il proprio cyberspazio soggettivo come "il suo corpo" di cui ha diretta percezione e con cui c’è totale identificazione, ossia che sente come "se stesso". Il cyberspazio oggettivo o esteriore è quello che ogni unità cyber vive come esterno a se stesso, è il "mondo fuori di noi".

Tanto più elevato è il livello di evoluzione del Cyber, tanto più complesso è il suo cyberspazio soggettivo. Nell’essere umano - il più evoluto cyber vivente sul pianeta - il cyberspazio interiore contiene molte dimensioni di informazione: da quelle più profonde a quelle più sublimi e spirituali.


Più di qualunque altro animale o essere vivente, l'essere umano possiede, oltre alle dimensioni reali (che vengono percepite direttamente dalla coscienza tramite i sensi interni ed esterni), varie dimensioni mentali "virtuali", ossia numerosi





LE ESPERIENZE DELL’ESSERE





Buddha significa risvegliato. Le ricerche più recenti della psicologia transpersonale, nata da Assagioli e Maslow, rivelano l’esattezza dell'assunto Zen: ogni persona possiede la natura del Buddha e quindi può fare esperienza del risveglio. Riportiamo qui di seguito una serie di esperienze - in gran parte ripresi dai basilari testi: Le esperienze delle vette di Ferrucci, Tertium Organum di Ouspensky e The varieties of Religious Experience di William James - in cui grandi scienziati, Nobel, artisti, letterati e mistici raccontano le loro esperienze di coscienza espansa: momenti di vera illuminazione, di estasi spirituale che hanno segnato indelebilmente le loro vite. Così li descriveva William James: La nostra normale coscienza di veglia, quella che chiamiamo razionale, non è che un tipo di coscienza, tutto intorno alla quale giacciono forme potenziali completamente diverse, separate dalla coscienza normale da una pellicola sottilissima. Possiamo attraversare l'intera vita senza sospettarne l'esistenza: se però si esercita lo stimolo appropriato, si entra in contatto con tali forme nella loro completezza. Nella tradizione Zen vengono chiamate satori, attimi di perdita dell’ego, glimpses di illuminazione, di coscienza superiore in cui si sperimenta la fusione con il divino; in psicologia transpersonale vengono appunto chiamate peak experiences, "esperienze delle vette", che a lungo andare si trasformano in uno stato stabile di illuminazione: il samadhi. Il Sathya Darpana così li descrive:


L’esperienza estetica pura (rasah)... è conosciuta intuitivamente, in un’estasi intellettuale non accompagnata da ideazione, al più alto livello dell’essere cosciente; gemella della visione di Dio, la sua vita è come un lampo di luce abbagliante di origine trascendente, impossibile da analizzare, eppure nell’immagine del nostro essere.

A queste esperienze di grandi personaggi aggiungiamo alcune esperienze di persone "comuni" per testimoniare, ancora una volta, che nel profondo della coscienza non vi sono differenze o gerarchie.




Tutto avvenne in un secondo e fu il momento più importante della mia vita. Era la vera realtà. Prima di questo vivevo in un lungo sonno, e d’improvviso mi sono svegliata. Perfino l’aria sembrava essere viva. Ogni cosa acquistava un significato e le sue conseguenze pratiche non erano certo meno intense del sentimento soggettivo.




Me ne stavo quasi sdraiato, a pochi metri da una villa di campagna, quando il mio essere cambiò stato: gli alberi, le fronde e il cielo e ogni cosa divenne viva ed io mi sentii completamente fuso con questa vita, con le foglie e la casa e la terra. Era come se le parti di cui era formato il mio mondo, me compreso, diventassero un tutt’uno. Un senso di semplice beatitudine pervadeva ogni cosa.





Si era all’inizio della primavera, quando aveva appena compiuto trentasei anni
(n.d.r. Bucke descrive se stesso in terza persona). Insieme a due amici aveva trascorso la serata a leggere Wordsworth, Shelley, Keats, Browning e in particolare Whitman. A mezzanotte si separarono ed egli fece una lunga corsa in carrozza (si era in una città inglese). La sua mente, profondamente presa dalle idee, dalle immagini e dai sentimenti suscitati dalla serata di lettura e di conversazione, era calma e tranquilla. Era in uno stato di gioia quieta, quasi inerte. Tutto a un tratto, senza un avvertimento di nessun genere, si trovò avvolto interamente come da una nube color fiamma. Lì per lì pensò al fuoco, a qualche conflagrazione improvvisa nella grande città, poi si rese subito conto che la luce era dentro di sé. Un attimo dopo lo colse un senso di esultanza, di gioia immensa, accompagnato o seguito immediatamente da una illuminazione intellettuale del tutto indescrivibile. Nella sua mente irruppe un brevissimo lampo dello splendore di Brahma (la coscienza cosmica degli induisti) che da allora in poi ha illuminato la sua vita; sul suo cuore cadde una goccia della Beatitudine di Brahma, che a partire da quel momento ha lasciato per sempre un sapore paradisiaco.


Tra le altre cose constatò e seppe che il cosmo non è fatto di materia morta ma è una Presenza viva, che l’anima dell’uomo è immortale, che l’universo è costituito e ordinato in modo che senza possibilità di dubbio tutte le cose operano insieme per il bene di ciascuna e di tutte, che il principio fondamentale del mondo è ciò che chiamiamo amore e che la felicità di ciascuno, a lungo andare, è assicurata in modo assoluto. Sentì che aveva imparato più nei pochi secondi durante i quali durò l’illuminazione che nei mesi e addirittura negli anni precedentemente dedicati allo studio, nonché di aver appreso gran parte di ciò che nessuna ricerca avrebbe mai potuto insegnargli. L’illuminazione di per sé non durò più di pochi istanti, ma i suoi effetti si rivelarono incancellabili; fu impossibile per lui dimenticare ciò che in quel momento aveva visto e conosciuto; né mise mai in dubbio, né avrebbe potuto farlo, né quella notte, né in alcun altro momento. Lo straordinario avvenimento di quella notte fu la sua vera e unica iniziazione al nuovo e superiore ordine di idee. Ma si trattava soltanto di una iniziazione. Egli vide la luce, ma quanto alla sua provenienza e al suo significato non ne sapeva di più di quanto ne sapesse la prima creatura che vide la luce del sole.





Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro (Il Tao della Fisica n.d.r.). In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce, l’acqua e l’aria che mi circondavano erano composte da molecole e da atomi in vibrazione, e che questi a loro volta erano costituiti da particelle che interagivano tra loro creando e distruggendo altre particelle. Sapevo anche che l’atmosfera della terra era continuamente bombardata da una pioggia di "raggi cosmici" , particelle di alta energia sottoposte a urti molteplici quando penetrano nell’atmosfera. Tutto questo mi era noto dalle mie ricerche nella fisica delle alte energie, ma fino a quel momento ne avevo avuto esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e teorie matematiche. Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; "vidi" scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; "vidi" gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne sentii la musica; e in quel momento "seppi" che questa era la danza di Shiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù.





Era mattino. Stavo guardando l’alba in Free School Lane. Un panorama improvvisamente prese forma e tutto ciò che vedevo diventava splendido. Il mondo intero era una sola musica radiosa, un ritmo meraviglioso, le case, la gente che camminava, i bambini che giocavano, ogni cosa sembrava far parte di un tutto luminoso.




Tutto a un tratto il mio spirito si aprì un varco... e là fui abbracciato con amore, come uno sposo abbraccia la sua sposa ardentemente amata. Ma non riesco a esprimere né a parole né per iscritto la grandezza esultante che era nello spirito; neppure la si può paragonare a niente, se non al fatto che la vita viene generata in mezzo alla morte ed è uguale alla resurrezione dalla morte. Sotto questa luce all’improvviso il mio spirito vide attraverso ogni cosa, dentro tutte le creature e fuori di esse, anche nelle piante e nell’erba, conobbe Dio, chi egli è e come è e in che cosa consiste la sua opera; e repentinamente in quella luce la mia volontà fu incitata da un impulso possente a descrivere l’esistenza di Dio.




Il Maestro parlava carezzevolmente, desideroso di confortarmi. Il Suo sguardo calmo era impenetrabile. "Il desiderio del tuo cuore sarà esaudito". Raramente Sri Yukteswar si permetteva di parlare per enigmi. Ero confuso. Mi toccò lievemente il petto, sopra il cuore.

Il mio corpo divenne immobile e come radicato al suolo. Non respiravo più, come se un immenso magnete avesse ritirato l’aria dai miei polmoni. Anima e mente perdettero all’istante i loro vincoli fisici e uscirono come un’ondata di fluida e penetrantissima luce da ogni mio poro. La carne era come morta, eppure nella mia intensa consapevolezza sentivo che mai, prima d’allora, ero stato pienamente vivo.

Il mio senso di identità non era più limitato da un corpo, ma abbracciava tutti gli atomi circostanti. La gente in strade lontane sembrava si muovesse dolcemente nella mia remota periferia. Le radici delle piante e degli alberi mi apparivano attraverso un’opaca trasparenza del suolo; distinguevo il fluire della loro linfa.

Tutto quello che mi era vicino era nudo davanti a me. La mia abituale visione frontale s’era mutata in una vasta vista sferica che percepiva tutto simultaneamente. Attraverso la parte posteriore della mia testa, vedevo le persone camminare lontano sulla via Rai Ghat e mi accorsi anche di una mucca bianca che si avvicinava lentamente; quando giunse sullo spiazzo dinanzi al cancello aperto dell’ashram, la osservai come con i miei occhi fisici. Quando passò dietro il muro di mattoni del cortile, la vidi ancora con perfetta chiarezza.

Tutti gli oggetti nel raggio della mia visuale panoramica tremolavano e vibravano come figure sullo schermo. Il mio corpo, quello del Maestro, il cortile dai pilastri, i mobili e il pavimento, gli alberi e i raggi del sole a volte si agitavano con violenza sino a che tutto si fondeva in un mare luminoso, come cristalli di zucchero messi in un bicchiere d’acqua si sciolgono dopo essere stati agitati. La luce unificatrice si alternava con le materializzazioni delle forme, e le metamorfosi rivelavano la legge di causa e effetto presente nella creazione.

Un’oceanica gioia scoppiò sulle rive calme infinite dell’anima mia. Realizzai che lo Spirito di Dio è inesauribile Beatitudine. Il Suo corpo è fatto di innumerevoli tessuti di luce. Una luce gloriosa che si espandeva sempre più dentro di me cominciò ad avviluppare città, continenti, la terra, i sistemi solari e stellari, le tenui nebulose e i fluttuanti universi. L’intero cosmo dolcemente luminoso, simile ad una città che si scorga lontana nella notte, scintillava nell’infinità del mio essere. L’abbagliante luce al di là dei profili sferici acutamente incisi si attenuava un poco agli estremi limiti, dove potevo scorgere una morbida radiazione che non diminuiva mai. Essa era indescrivibilmente sottile; i quadri planetari erano formati da una luce più densa.

La divina diffusione di raggi scaturiva da un’Eterna Sorgente che fiammeggiava in galassie, trasfigurate da auree ineffabili. Incessantemente vedevo i raggi creatori condensarsi in costellazioni e poi risolversi in lembi di trasparente fiamma; con ritmica inversione, miriadi di mondi si tramutavano in diafana luminescenza; poi il fuoco divenne firmamento.

Conobbi il centro dell’empireo quale punto di percezione intuitiva nel mio cuore. Uno splendore irradiante sorgeva dal mio nucleo e si distendeva su ogni parte della struttura universale. La divina amrita, nettare dell’immortalità, pulsava attraverso me con una fluidità d’argento vivo. Udii la Voce creativa di Dio risuonare come Om, la vibrazione del motore Cosmico.

A un tratto l’aria ritornò nei miei polmoni e respirai di nuovo. Con una delusione quasi insostenibile, capii di aver perduto la mia immensità infinita. Di nuovo ero costretto nella umiliante gabbia di un corpo, che difficilmente si adatta allo spirito. Come un figliol prodigo ero fuggito dalla mia casa macrocosmica e avevo imprigionato me stesso in uno stretto e meschino microcosmo.

Il mio Guru era immobile dinanzi a me. Stavo per prostrarmi ai suoi sacri piedi, pieno di gratitudine per quell’esperienza di coscienza cosmica così a lungo e appassionatamente cercata. Egli me lo impedì e parlò con calma e semplicità: "Non devi troppo inebriarti d’estasi. Molto lavoro ti resta ancora da fare nel mondo. Vieni, spazziamo il balcone, poi andremo a passeggiare sulle sponde del Gange".




A un tratto vidi una palla d’oro, un globo di fuoco cader dal cielo con grande lentezza. E immerse nel gran verde, in silenzio molle. Oh! La palla del cielo! Non era il piccolo lampo della tua canna, uomo mortale. Scendeva dagli azzurri calma e tacita... dimenticai molte sciagure, vidi in un sogno scendere le stelle luminose, e le vedo sempre, come pastore seduto sulla pietra... E non mi dolse d’essere una stella che illuminando discendeva nell’ombra... E sentii la mia vita confusa col gran tutto.




Avevo appena detto queste parole, che un’intuizione sfolgorante e stupefacente sembrò impossessarsi della mia mente e illuminarla. Percepii la realtà della mia anima e la sua pura indipendenza da tutte le condizioni spaziali e materiali... Lo spazio non era nulla per lo spirito! In quella nuova consapevolezza splendeva la presenza di Dio, Egli stesso uno spirito dappertutto contemporaneamente, il Creatore che dimora in tutto l’universo simultaneamente.

Si può conoscere l’Infinito solo con una facoltà superiore alla ragione, entrando in uno stato in cui il sé finito non esiste più - in cui l’essenza divina ci viene comunicata. Questa è l’estasi. È la liberazione della mente dalla sua consapevolezza finita. Il simile può conoscere solo il simile; nel momento in cui si cessa di essere finiti, si diventa uno con l’Infinito. Nella riduzione della tua anima al suo sé più semplice, la sua essenza divina, si realizza questa unione, questa identità.




Questa sensazione che tutto è cosciente e vivente, viene quando la nostra consapevolezza fisica - e non solo la mente - si risveglia dalla sua oscurità e diventa cosciente dell’Uno in tutte le cose, del Divino che è ovunque.




Vidi l’eterno, onniscente, onnipotente Dio dalle origini mentre avanzava, e mi venne il capogiro! Rintracciai le sue orme sui campi della natura e trovai in ognuna di esse, perfino in quelle che potevo appena decifrare, una saggezza e un potere senza fine, una perfezione imperscrutabile.




I
l Dio che incontro laggiù, negli abissi, è diverso dal Dio che preghiamo qui, sulla terra. È un Dio senza suono d’organo, senza liturgia, immenso e turchino. Lo ricordo dal silenzio assoluto, dal suo misterioso messaggio di eternità.




La luce si fece sempre più viva, il boato più forte; mi sentii vacillare e quindi scivolare fuori dal corpo, tutto avvolto in un alone di luce... Il mio punto di coscienza diventava sempre più grande, era tutto avvolto in un alone di luce... Ora ero tutto coscienza, senza alcuna delimitazione, senza alcuna idea di appendice corporea, senza alcuna sensazione proveniente dai sensi, ero immerso in un mare di luce. Non ero più me stesso, o, per essere più preciso, non ero più quello che avevo saputo di essere, un punto di coscienza limitato da un corpo; ero invece un grande cerchio di coscienza nel quale il corpo non era che un punto, immerso nella luce e in uno stato di esaltazione e felicità indescrivibili.






IL MODELLO OLISTICO DI ESSERE UMANO




Il termine sviluppo del potenziale umano sottintende una visione molto più vasta e profonda di quella attuale, un modello olistico in cui l'essere umano non è una semplice struttura biologica vivente e pensante ma un essere spirituale multidimensionale dalle ampie potenzialità. Il punto centrale di tutto lo sviluppo del potenziale umano è la riscoperta multidimensionale di se stessi come unità di coscienza, come anima in perenne contatto con il Tutto e come essere vivente in continuo scambio di informazioni, sensazioni ed energie con la natura e la società. La nostra civiltà ha favorito lo sviluppo delle qualità umane strettamente necessarie al funzionamento fisico, razionale e intellettuale della società, dimenticando l'educazione all'amore, alla creatività, ai sentimenti, ai valori, alla bellezza, al rispetto della vita, alla ricerca della spiritualità, all'evoluzione interiore, alla tolleranza e alla cooperazione. Oggi, in ogni parte del mondo, si sta sviluppando una rete di centri, associazioni e villaggi che operano per l'educazione umana verso una dimensione planetaria, per l'evoluzione globale. Il futuro pacifico, umano e sostenibile ed ecologico del nostro pianeta dipende da quanto saremo capaci di autoeducarci ad una dimensione globale, di trasformarci in esseri umani migliori e più evoluti, di comprendere il nostro importante e delicato ruolo nella complessa rete di relazioni che sostiene la vita della Terra. E' necessario un grande salto evolutivo verso la coscienza planetaria.


Questa è una mappa pratica per muoversi in un territorio ancora in gran parte sconosciuto. In questo momento è quanto mai necessario elevare il livello di consapevolezza e di coscienza, aiutando l’essere umano a realizzare se stesso attraverso lo sviluppo globale delle sue potenzialità.

Il vecchio mondo sta crollando perché abitato da un’umanità inconsapevole di sé stessa e delle sue bellezze, ignorante delle proprie potenzialità, spiritualmente sottosviluppata ed eccessivamente sviluppata in alcuni suoi aspetti materiali o intellettuali a completo discapito di altri. La profonda convinzione di tutti i gruppi che oggi operano sul pianeta è che si possa unire il meglio del sapere scientifico, artistico e spirituale che l’intera umanità ha accumulato nei millenni e aiutare questo processo di rinascita della nuova umanità, di rinascita di un uomo e di una donna nuovi, che a loro volta potranno far crescere bambini e bambine in un contesto di vita maturo, umano, naturale e orientato all’evoluzione spirituale.

Questo vuole essere un tentativo pratico di stimolare questa visione attraverso la diretta conoscenza delle teorie, delle tecniche e delle esperienze oggi disponibili a tutti per superare questa crisi ecosistemica e riportare un nuovo rinascimento olistico sul pianeta.



Il vecchio mondo è stato caratterizzato da una inammissibile violenza e da un radicato orientamento materialista: violenza tra uomini e uomini, violenza sulle donne, sugli animali, sulla natura intera. Tale atteggiamento nasceva da un modo di pensare orientato al possesso individuale dei beni materiali, allo sfruttamento e, quindi, ha generato frammentazione e divisione tra razze, gruppi politici, gruppi sociali, gruppi economici. La scienza è divisa dalla religione, la medicina si occupa esclusivamente del corpo e la psicologia esclusivamente della mente. L’attuale situazione di crisi ecosistemica che interessa la Terra intera, come la sovrappopolazione, il disboscamento, l’inquinamento, l’effetto serra, sono il frutto di questa insana cultura.



Ciò che è necessario comprendere è che questa cultura nasce da un modello di essere umano analogamente orientato al materialismo e alla divisione.

Dicotomico significa letteralmente "diviso in due": secondo questo modello oggi imperante l’uomo è diviso in corpo e spirito, e la componente materiale è enormemente più importante di quella spirituale poiché nessuno o quasi ha diretta esperienza della sua dimensione interiore e quindi si finisce per credere che la realtà materiale sia di fatto l’unica vera realtà. In ogni caso il corpo e lo spirito vivono due realtà separate e spesso inconciliabili. Secondo questo modello ogni essere umano è visto come un frutto materiale che nasce dall’accoppiamento di due genitori e che, crescendo da zero, deve essere totalmente istruito e indottrinato secondo la cultura dei genitori e della società. Questo essere umano cresce meccanicamente e inconsciamente secondo linee prestabilite, e quindi subisce i condizionamenti tipici che caratterizzano i suoi genitori: la loro cultura e la loro religione. Da questo modello nascono quindi degli esseri umani che saranno totalmente identificati con ogni sorta di antichi e inutili condizionamenti, convinti che le idee che essi pensano sono le loro idee, e che i comportamenti automatici che governano la loro vita sono gli unici possibili e (probabilmente) i migliori. Questo atteggiamento di fondo porta necessariamente ad un continuo, incessante conflitto con tutti gli altri modi di vivere e pensare, nati da altri simili condizionamenti culturali.



Non può esserci evoluzione verso la coscienza globale senza uno sviluppo globale dell’essere umano. E’ quindi necessario - ai fini di una corretta crescita - comprendere le logiche olistiche del benessere e del malessere e iniziare una decisa virata verso uno stato di vita reale. Il processo iniziale di crescita può essere attuato senza alcun aiuto esterno, è sufficiente una buona dose di desiderio e di fermezza nel rompere i comportamenti nefasti. Salute ed evoluzione sono due aspetti della stessa realtà. Questo concetto è presente in ogni tradizione medico-spirituale. Vi è un’unica energia-informazione nell’esistenza e nell’essere umano: la stessa energia-informazione che genera malattia e dolore quando viene negata alla vita e alla spontaneità della sua crescita. E’ la stessa energia-informazione che si illumina di immenso quando può espandersi nella vita e nella coscienza.




IL MODELLO OLISTICO CYBER






Abbiamo tradotto e sintetizzato i vari modelli olistici del passato e del presente in un unico modello che abbiamo chiamato Cyber, esso considera l’essere umano una unità di coscienza, che si manifesta in molteplici dimensioni. Questo modello considera che l’unità multidimensionale umana esiste contemporaneamente sul piano fisico, istintivo, affettivo, emozionale, mentale, psichico e spirituale della realtà. Ogni dimensione è in relazione sincronica con le altre. L’unità del modello è data dal centro di coscienza - chiamato identità, io, sé o soggettività o "punto zero" – che dà coerenza le differenti dimensioni in un’organica unità vivente e intelligente. Ognuno di questi livelli possiede una sua struttura, una sua "anatomia" e "fisiologia", e delle sue logiche e leggi particolari, molte delle quali sono ancora in gran parte a noi sconosciute.

Queste considerazioni generali costituiscono i principi comuni su cui si basano la maggior parte delle antiche e moderne medicine, psicologie e vie spirituali, riassunti nel modello Cyber. Ribadiamo ancora che in questo modello la "coscienza di sé" o identità è considerata come il centro della complessità umana, il centro di gravità su cui convergono tutte le dimensioni.

Possiamo immaginare un Cyber come una sfera, o meglio un uovo di luce, con un centro più luminoso che rappresenta il sé o l’identità. Questo ovoide scientificamente è rapportabile ad un campo elettromagnetico costituito quindi da fotoni o quanti di luce in velocissimo movimento vorticoso e roteante intorno al centro o all’asse del campo. Cyber è basato sul concetto che energia equivale a informazione. La rappresentazione di un ovoide di energie informate in costante movimento su se stesse significa esattamente una unità dinamica e in continuo scambio con l’esterno in cui ogni fotone porta informazioni ed energia all’interno dell’unità e dall’unità all’esterno. Gli esseri viventi in piena salute sono come delle trottole di energia intelligente che si muovono sul proprio centro di coscienza.



CYBER7: LE SETTE DIMENSIONI DELL’ESSERE


"In passato non esisteva alcuna scienza psicologica della patologia umana: non esisteva il primo livello della psicologia.

Nessuno se ne curava perché la malattia poteva essere scacciata senza entrare nei suoi meccanismi psicologici. Non c’era bisogno di fare nulla. In Oriente esistevano alcune tecniche e tuttora esistono che semplicemente ponevano nel nulla il disturbo. I matti venivano mandati nei monasteri, presso maestri spirituali, presso religiosi. In Oriente non c’erano gli psicanalisti, c’erano i maestri. Lo scopo non era curare la mente, lo scopo era trascendere la mente. Ma una cosa è aiutare un matto ad uscire dalla follia e altra cosa è creare una scienza psicologica della follia. Per fare questo occorre un approccio scientifico. In Occidente Freud, Jung, Adler e altri hanno creato il primo livello di scienza psicologica: la psicologia della patologia. Magari non sono stati d’aiuto alle persone che erano nei guai, ma hanno creato un solido terreno scientifico sul quale la seconda psicologia - la psicologia dell’uomo sano - può crescere.

Questo secondo livello, sviluppato da Maslow, Fromm, Janov e altri, sta attraversando ora i tormenti della nascita. E’ un’approccio affermativo, che non pensa in termini di malattia ma in termini di salute, sostanzialmente non preoccupato della patologia ma della crescita di un essere umano integro.

Questo secondo livello della psicologia ha preparato la strada dello sviluppo del terzo livello della scienza psicologica: la psicologia dei Buddha.

Sono esistiti i Buddha, milioni di individui hanno raggiunto la condizione di Buddha, ma una scienza psicologica dei Buddha non è stata finora possibile. Nessuno ha mai tentato di fare ricerca sulla mente ridestata, di creare una disciplina scientifica. La condizione di Buddha è esistita come un fenomeno individuale che nessuno ha tentato di studiare scientificamente.



Gurdjieff è stato il primo a tentare di sviluppare il terzo livello della psicologia ma ha fallito. Era un mistico, egli stesso era un Buddha, ma ha dovuto fare riferimento ad uno dei suoi discepoli P.D. Ouspensky, per convalidare scientificamente e costituire una disciplina da quello che era la sua conoscenza…

Ci sono almeno sette tipi di persone al mondo, così devono esserci almeno sette Buddha. Devono essere studiati molto profondamente, uno per ciascun tipo. Tutti e sette i tipi dovranno essere compresi. Finchè tutti e sette i tipi non verranno studiati veramente a fondo, passo per passo, strato per strato, il terzo livello della scienza psicologica, la psicologia dell’illuminazione non potrà essere formulata."
Osho Rajneesh



Secondo le più comuni concezioni olistiche antiche e moderne, l’essere umano è un ologramma ossia un microcosmo dell’intera esistenza e quindi nei suoi 7 livelli psicoenergetici troviamo la rappresentazione dei sette livelli di evoluzione planetaria.

In questo capitolo presenteremo "le sette dimensioni dell’essere" del modello Cyber applicato all'essere umano, che costituiscono le basi dell’anatomia e fisiologia globali della cultura olistica.

Cyber7 è quindi la naturale evoluzione del modello Cyber, come unità di coscienza, applicato alla coscienza umana che, essendo suddivisa in strati e livelli necessita di un modello più articolato e complesso.

Comprendere le dimensioni del microcosmo umano richiede, di fatto, la comprensione del complesso processo di evoluzione cosmica, terrestre e sociale. La comprensione del modello dell’essere umano a sette dimensioni ci fornirà un quadro sufficientemente articolato per comprendere la situazione socio-patologica di fondo che caratterizza l’umanità nel presente momento storico di transizione, e quindi le vie per decondizionarci e ritrovare l’integrità.



Una delle più consistenti differenze tra la visione occidentale e orientale nasce dalla concezione del processo creativo. Mentre l’Occidente vede la creazione essenzialmente come un processo fisico-energetico per cui dalla "singolarity" esplode un Big Bang di particelle fisiche che creano l’intero universo materiale, nella parallela visione orientale dalla singolarity chiamata Bindu (il punto di coscienza divina senza dimensioni) si vengono a creare - sincronicamente - infiniti universi su differenti contemporanee dimensioni di realtà. Secondo le più avanzate concezioni cosmologiche spirituali, antiche e moderne, l’atto della creazione è l’espressione divina dell’essere cosmico (Brahma, Mahadeva, Logos) che si manifesta nei suoi sette corpi simultaneamente. L’intero universo materiale considerato oggi dall’astrofisica, formato da miliardi di ammassi galattici, rappresenta, in questa visione, solo il corpo materiale di questa infinita divinità.

L’essere umano olograficamente e sincronicamente rappresenta in sé questa stessa struttura multidimensionale, e per questo viene considerato un microcosmo fatto ad immagine e somiglianza di Dio: l’infinito macrocosmo. La scienza riconosce solo l'aspetto fisico dell’intero cosmo, nell’essere umano solo la componente fisico-materiale.

La medicina olistica, sintesi tra scienza e misticismo, considera l’essere umano con un modello unitario multidimensionale in cui coesistono armonicamente le dimensioni materiali e quelle spirituali.

Nell’essere umano infatti, secondo le scuole yogiche, tantriche, buddhiste, jainiste, ritroviamo sette dimensioni contemporanee che si manifestano nei sette corpi e nei sette centri psicoenergetici chiamati chakra.



Così come la luce si scompone in sette colori, ossia in sette bande di frequenze armoniche dal rosso al violetto, così anche l’unità Cyber si può suddividere in Cyber7 in cui sono evidenziate le sette bande o livelli di energia e di coscienza che corrispondono ai vari livelli evolutivi della coscienza e alle varie parti psicosomatiche del suo corpo e del suo spirito.

Nel modello Cyber7 ognuno dei sette livelli, rappresentati dai colori dal rosso al violetto, identifica un livello o gradino evolutivo della coscienza:

1) il primo livello corrisponde all’inconscio cosmico, la mente e la memoria della materia dell’universo;

2) il secondo all’inconscio collettivo, molto più ampio rispetto all’equivalente concetto junghiano, che include la mente e la memoria di tutti gli esseri viventi del pianeta;

3) il terzo livello è l’inconscio personale, sede di istinti, passioni e desideri, dei condizionamenti (karma) passati;

4) il quarto livello corrisponde al conscio, al presente e si può trasformare in autocoscienza, primo passo verso i livelli superiori;

5) il quinto corrisponde al terzo ma con la consapevolezza e diviene così il superconscio individuale, sede delle memorie delle vite precedenti e della coscienza degli scopi evolutivi presenti e futuri;

6) il sesto il superconscio collettivo, che raggruppa tutte le coscienze e intelligenze del pianeta, analogo alla Noosfera di Teilhard de Chardin, o coscienza planetaria o Gaia;

7) il settimo al superconscio cosmico, l’insieme di tutte le coscienze e memorie spirituali dell’intero universo: la mente di Dio, l’illuminazione.



Il modello Cyber7 corrisponde esattamente agli antichi modelli orientali dei sette chakra come il modello tantrico e il modello yogico. La concezione medico-psicologico-spirituale olistica su cui si basa il modello Cyber comprende sette zone:

1) Zona anale, connessa con il coccige che si espande alla parte posteriore delle gambe fin sotto i piedi. E’ il Muladhara, primo chakra della tradizione induista.

2) Zona sessuale, connessa con il bacino, si espande alla parte anteriore e interna delle gambe fino alle dita dei piedi. E’ il chakra Swadhistana.

3) Zona gastrica, connessa con lo stomaco e le vertebre lombari. E’ il chakra Manipura.

4) Zona cardiaca, connessa con il torace e il cuore, si espande alla parte inferiore delle braccia fino alle dita. E’ il chakra Anahata.

5) Zona espressiva, connessa con la gola, il collo e le vertebre cervicali, si espande alla parte superiore delle braccia fino al pollice e indice e al viso. E’ il chakra Vishudda.

6) Zona cerebrale, connessa con la testa, gli occhi e il cervello umano. E’ il chakra Ajna.

7) Zona di apertura, connessa con la fontanella. E’ il chakra Sahasrar o loto dai mille petali.

Per questa sua possibilità di sintesi il modello Cyber costituisce un potenziale di grande interesse per poter unificare le antiche saggezze con la moderna psicosomatica, psicologia e con le scienze fisiche. Scopo dello sviluppo del potenziale umano e del modello Cyber è di comprendere l’unità multidimensionale umana, sintetizzando scienza, psicologia e spiritualità in un’organica visione capace di alleviare le pene umane e permettere un più alto ed evoluto livello di esistenza.




IL MODELLO TANTRICO A SETTE LIVELLI




Tantra, dalla radice indoariana tan: estendere, espandere, continuare, significa letterariamente "ciò che estende la coscienza" e in generale: sviluppo, evoluzione continua.

Il Tantra - che ha origine nella preistoria dell’umanità e che ebbe enorme sviluppo e diffusione nell’India dei primi secoli della nostra era - rappresenta la punta più scientifica e sperimentale di varie forme di religiosità. Il Tantra rivoluziona e contagia le precedenti concezioni spirituali induiste, yogiche, buddhiste e shivaite proponendo, attraverso una visione psicofisica estremamente analitica: un modello integrato a sette livelli.

Il fondamento di questa tradizione - fortemente analogo al mito dell’albero - consiste nel concetto di coscienza-energia, Shiva-Shakti, che abbiamo già analizzato (Link), nella dottrina dei sette chakra o centri psicoenergetici e dell’energia Kundalini. Kundalini, dalla radice Kundalin, che significa "circolare, spiraleggiare" è la forma addormentata della Shakti, l’energia creatrice divina, e giace addormentata alla base della colonna vertebrale. Le tecniche tantriche di integrazione e meditazione portano ad un suo risveglio.

Nella fisiologia sottile tantrica il canale centrale è chiamato Sushumna, "ricco di estasi, altamente benedetto", ad esso sono affiancati Ida, il canale chiaro di energia femminile, il cui nome significa "fresco, corrente o flusso di venerazione" che sale a spirale dal testicolo sinistro alla narice destra, e da Pingala, il canale caldo di energia maschile, che significa "di colore solare, bruno fulvo" che sale dal testicolo destro alla narice sinistra.

L’unione tra le forze maschili e femminili porta al risveglio di Kundalini e alla sua naturale salita verso i centri superiori che porta ad una profonda trasformazione dell’adepto. Ogni centro corrisponde ad un livello o corpo.



1) Muladhara
- "la radice - supporto" - è il centro sacrale. E’ il primo centro e corrisponde al corpo fisico costituito dagli atomi e dalle energie psichiche istintive legate alla sopravvivenza. Elemento Terra. Sesso, paura, aggressività, territorialismo e incoscienza sono gli aspetti tipici di questo "centro radice". E’ il centro del sonno e dell’inerzia spirituale ma anche del risveglio della Kundalini.

La caratteristica di che è orientato in questo centro, è un materialismo privo di ogni aspirazione, di psiche legata alle tradizioni e agli averi materiali, di psicologia reattiva e grossolana, dotato di forte attaccamento e preoccupazione per la sopravvivenza. Questi sono anche esattamente i punti che devono essere superati per attivare il primo chakra. La kundalini a questo livello è paragonata ad un drago.

Primo compito del ricercatore è liberare l’energia femminile kundalini, la fanciulla interiore, da questo drago che giace nell’oscura inconsapevolezza del sonno spirituale e lasciarla ascendere alle sfere più elevate dell’essere.



2) Svadhishthana
- "la speciale dimora di lei" - è il centro sessuale, il cui elemento è l’acqua, ed è connesso con il secondo corpo o corpo delle energie vitali o bioenergie, e all’insieme di tutte le cellule e delle loro energie.

Quando una persona è centrata su questo centro la sua unica necessità e il suo unico scopo è il sesso, come erotismo, desiderio incessante, insaziabile e frustrante basato sulla relazione interpersonale. L’energia psichica assume i connotati della libido freudiana o dell’energia orgonica reichiana.

Il superamento di questo livello reintegra questa energia riportandola in connessione con gli aspetti più elevati dell’essere e trasformando la creatività biologica in creatività artistica, intellettuale e spirituale.



3) Manipura
- "la città dei gioielli splendenti" - è il centro delle emozioni, dei desideri e delle passioni, caratterizzato dall’elemento fuoco. E’ il luogo della "volontà di potere" adleriana. Qui nasce la spinta all’autoaffermazione, a dominare, conquistare, manipolare gli altri e il mondo. E’ il centro psicofisico delle relazioni sociali e dei giudizi di valore sia positivi che negativi, verso gli altri e se stessi. Ira, tristezza, invidia, depressione, languore, esaltazione, ferocia.

La maggior parte delle persone blocca questo centro sentendosi dominata o impotente. Chi si identifica diventa competitivo e dominato dalla sete di raggiungere i suoi scopi.

Questi primi tre chakra costituiscono i centri primari nei quali si svolge il dramma del mondo quotidiano. L’intero pianeta ristagna da millenni su questo livello evolutivo, insufficiente per le ben più elevate possibilità umane. L’insieme delle attività di questi tre centri porta ad una visione materialista ed estroversa della vita, in cui ogni piacere è legato ad un raggiungimento esteriore. L’energia di questi tre centri è stata lungamente demonizzata ed associata a qualità diaboliche e negative. L’unico vero peccato è invece che questi tre centri inferiori siano separati dai quattro superiori. L’energia di ogni chakra è divina, creativa e lecita nel momento in cui viene utilizzata in connessione con la consapevolezza e la saggezza che viene dagli altri centri.



4) Anahata - il centro del cuore -
è in centro dell’identità e dell’amore impersonale e incondizionato, del senso di comunione, di unità con tutto ciò che ci circonda. Ogni mancato riconoscimento del proprio sé e ogni ostacolo alla nostra intima necessità di amare ed essere amati porta ad un blocco del quarto chakra. Anahata letteralmente significa "non percosso" dal fatto che produce un suono interiore, un OM che investe l’intero corpo e che continua senza che vi sia sforzo. Om (AUM) è il suono seme, la vibrazione creativa dell’energia Shakti. "Om è il suono del silenzio". Caratteristica di questo centro psichico è la coscienza che si risveglia dallo stato di coscienza sognante, entrambi questi stati sognante e cosciente sono legati al centro del cuore. L’apertura di Anahata corrisponde alla coscienza del proprio stato sognante e immaginativo, ossia la consapevolezza dell’inconscio, la coscienza di essere presenti anche nel sogno. Nell’AUM "A" prende il significato di coscienza desta, percezione della realtà presente, la U è la coscienza sognante, la percezione degli oggetti sottili e la "M" corrisponde al silenzio della meditazione o del sonno senza sogni. Sogni, immagini, fantasie, simboli e miti sono parti di un linguaggio analogico e profondo che si apre alla coscienza con l’apertura del quarto centro.

Il chakra del cuore è l’inizio della grande trasformazione interiore, della "vita nuova", la sua attivazione corrisponde ad un riorientamento di 180° delle proprie energie, dall’esteriorità all’interiorità, dal basso all’alto, dal superficiale al profondo. Il centro del cuore, che nelle persone comuni è rivolto verso i primi tre chakra, con l’autocoscienza derivata dalla meditazione e dall’aspirazione al divino si rivolta verso i centri superiori.

Il centro del cuore è splendente e irraggiante e grazie a questa luce cosciente il ricercatore spirituale penetra le profondità del proprio essere alla ricerca di se stesso e dei suoi valori, portando luce nelle tenebre.



5) Vishudda - "il purificato" -
è il centro della gola e della creatività. Ogni forma di autoespressione prende origine da qui, ogni blocco alla naturale espressione di se stessi, in termini di manifestazione di sensazioni, sentimenti, emozioni o pensieri blocca il quinto centro. La spontaneità che nasce dall’armonia dei prini centri in equilibrio porta ad un corretto utilizzo di Vishudda. Vishudda, quando aperto, è il centro della beatitudine dell’essere e quando Kundalini sale a questo centro, scrive Ramakrishna, "il devoto vuole udir parlare solo di Dio". Vishudda è "la porta verso la Grande Liberazione" scrive un testo tantrico, siamo a metà strada verso "l’altra sponda" della coscienza, a cavallo trea l’anima individuale evoluta e la più vasta oceanica coscienza planetaria.



6) Ajna - "il loto del comando" -
è il centro sulla fronte, il terzo occhio interiore che nasce dalla fusione delle due visioni separate degli occhi fisici. Il suo simbolo è un cerchio con ai lati due petali, in cui possiamo vedere ben rappresentati i due emisferi cerebrali che si uniscono. Sul piano più basso il sesto centro comanda l’intero corpo come di fatto fa la ghiandola ipofisi ad esso associata. E’ il centro di comando delle idee e delle emozioni e su un piano superiore diventa il centro in cui comprendiamo le logiche che comandano l’intera esistenza sui piani più sottili. Le logiche del karma e delle reincarnazioni, delle prove che ci troviamo a superare e la visione degli spiriti senza corpo che sempre ci circondano e degli spiriti più vasti, gli Dei che governano i destini dell’umanità.

L’espressione della coscienza a questo livello è data dal Sabeji o Savikalpa Samadhi, lo stato di meditazione profonda in cui sperimentiamo l’unione con la coscienza del Tutto, dove per tempi lunghissimi non vi sono più pensieri ma solo luce e coscienza espansa. E’ il centro e il livello a cui giungono i grandi mistici di ogni religione in cui si sperimentano stati di estasi e rivelazioni spirituali.



7) Sahasrara - "loto dai mille petali" -
è situato sulla sommità della testa e apre la porta alla coscienza cosmica. Nel suo aspetto inferiore, attraverso la ghiandola epifisi pone in comunicazione i cicli cosmici e planetari (giorno, notte, stagioni) con i ritmi biologici dell’essere umano. Nel suo livello superiore pone in relazione la coscienza individuale con la coscienza cosmica. L’io si compenetra nel Tutto, "La goccia si scioglie nel fulgido oceano".




I SETTE TIPI DI EGO




Nel modello Cyber7 ogni centro psicoenergetico è connesso a una precisa struttura mentale che possiamo definire ego. L’ego, o più comunemente l’io, è il centro della mente e della nostra personalità sociale. Personalità deriva da persona: la maschera che i greci usavano nelle tragedie. La personalità, l’ego, è quindi una maschera sociale in cui ci caliamo per essere accettati e riconosciuti dagli altri.

Ogni persona nella nostra società desidera di possedere un ego forte, ammirato e stimato. Di fatto il livello di evoluzione estremamente basso della nostra "società dello spettacolo" basata sulla divisione e il potere, impone che le persone si selezionino per la loro personalità. E’ un processo narcisistico collettivo che si attua forzando ogni essere umano a rappresentare un personaggio. Essendo identificata con la realtà esteriore, la nostra società crea esseri umani identificati con il lato esteriore del loro essere. Questo capitolo intende fornire una rapida panoramica dei sette livelli o tipi di personalità tipici della nostra società attuale. Queste sette tipologie nascono semplicemente dall’identificazione della mente con l’attività più bassa ed esteriore di uno dei sette chakra. Esistono di fatto anche sette tipi di sé che tuttavia non tratteremo in questa sede data la maggiore complessità.


Nasce dall’identificazione della mente con il primo chakra.

L’ego di primo chakra è tipico quindi di chi si identifica con il proprio corpo fisico, nel bene e nel male. Atleti, culturisti, sportivi, miss, attrici, modelle spesso sono esempi chiari di questo tipo di ego, identificato in positivo con gli aspetti fisici della forza o della bellezza.

L’ego, ossia la personalità identificata, può anche essere negativa: abbiamo così le persone ossessionate dalla propria magrezza o grassezza, dalla pancia, dalla cellulite o dalle rughe.


Nasce dall’identificazione con il secondo centro.

L’ego di secondo chakra è tipico di tutti coloro che vivono per un altra persona, per cui le relazioni affettive rappresentano il nodo principale della vita. La grande maggioranza delle canzoni, dei film, dei programmi televisivi sono orientati a questo tipo di ego. Una persona che vive la fine di una relazione può entrare in uno stato di estrema depressione e perdita di senso del vivere se il suo ego era fortemente orientato sul secondo. Il senso di abbandono e le ferite infantili da carenza di contatto fisico con la madre e il padre sono responsabili della creazione di un enorme "buco" sul secondo centro che porterà l’individuo a restare ossessivamente orientato su questo livello e quindi schiavo delle relazioni.


Nasce dall’identificazione con il terzo chakra che gestisce il potere e la paura. Ogni persona nella società esprime un suo proprio ego, ossia la sua identificazione con il proprio lavoro, posizione, valore, grado, livello o stato. L’ego si identifica con il denaro guadagnato o posseduto dalla famiglia, con le amicizie influenti, con il prestigio e i riconoscimenti ricevuti, con la nobiltà del casato o con qualsiasi altra condizione ritenuta buona a livello di massa. Più la posizione è elevata più l’ego deve essere forte e maggiore sarà la pressione. L’ego di terzo chakra negativo si identifica con la sua debolezza o impotenza di agire o di essere "qualcuno" nella società.


Nasce dall’identificazione con il centro del cuore, viene chiamato "self-extension", estensione del self. In questo tipo di ego si ritrovano tutti coloro che si identificano in una squadra, in un club, in un partito, in una religione, in uno stato o razza. C’è un profondo senso di compiacimento in questa identificazione che a volte può portare al fanatismo, ancora comune nelle discussioni politiche e religiose come negli scontri tra tifoserie avversarie.


Nasce dall’identificazione con l’attività del quinto centro. E’ caratterizzata dall’identificazione con l’attività creatrice o con l’oggetto creato. Artisti, "creativi", poeti, scienziati, ma anche semplici pittori, artigiani, agricoltori o casalinghe possono avere questo tipo di ego. Normalmente chi riesce a creare, dal compositore, al grande scienziato o all’eccelso pittore, e a vivere di ciò, sarà ovviamente identificato con la sua scienza o arte. Ma, per quanto riguarda l’ego, non ha la minima importanza che l’oggetto creato sia una crosta o una poesia dozzinale: l’ego non vede e non sente, chi non apprezza la sua creazione non comprende.


Questo tipo di ego nasce dall’identificazione con l’attività del sesto centro.

La caratteristica essenzialmente generale e universale di questo centro, che nella sua reale espressione porta alla coscienza planetaria, nei suoi risvolti inferiori crea una visione mentale allargata e onnicomprensiva, un sistema di pensiero. Sono le doti dei veri statisti, dei grandi filosofi, scienziati, ecologi, umanisti, letterati, psicologi che hanno allargato gli orizzonti del loro lavoro alla massima estensione possibile o ad un livello internazionale. Questa visione spesso contraddistingue i grandi personaggi, così che la loro attività si ripercuote universalmente. Al suo livello inferiore troviamo gli intellettuali, i pensatori, i sognatori, gli idealisti, i teorici, ecc....


Nasce dall’identificazione con l’attività del settimo centro. E’ caratterizzato dal desiderio di passare alla storia o comunque di essere ricordati anche dopo la propria morte per le proprie azioni o qualità. E’ quindi un tipo di personalità che confonde l’esperienza di immortalità o sopravvivenza della propria coscienza dopo la morte con la fittizia sopravvivenza del proprio ego nella società futura.



Alcune considerazioni per terminare questo capitolo: un essere umano completo dovrebbe avere tutti e sette i tipi di ego e, nel suo processo di evoluzione e disidentificazione, potrebbe via abbandonare queste identificazioni e questi atteggiamenti esteriori giungendo ad un suo "centro di gravità permanente", come Gurdjieff chiamava il sé stabilizzato.

Tuttavia osserviamo che spesso le persone si cristallizzano su un particolare tipo di ego e polarizzano lì tutte le loro energie. Si creano così automi che "pensano solo al lavoro", "che non possono stare senza un uomo", "che sono tutti per la parrocchia", "che vivono per lo sport", "che hanno in mente solo..." Questi sono ego cristallizzati e per questo più difficili da distogliere dalla loro eccessiva polarizzazione e da riorientare verso aspetti più profondi ed evoluti del loro essere.




SENTO, DUNQUE SONO.

PER UN RIEQUILIBRIO TRA PENSARE E SENTIRE

di Enrico Cheli


"Cogito, ergo sum"
— affermava il grande filosofo Cartesio oltre tre secoli fa — io so di essere in quanto penso, se non pensassi non sarei o non saprei di essere.

Ma è proprio vero che solo pensando io esisto? In realtà l'essere non si dimostra col solo pensare ma anche e soprattutto col sentire: un computer pensa ma non è, perché non sente; un neonato invece non pensa eppure è, perché sente. Bisogna chiarire bene questi due concetti del pensare e del sentire, perché in occidente siamo portati a confonderli non poco, con gravi conseguenze sul piano sociale — tra cui una scienza senza coscienza e una politica senza cuore — e anche sul piano individuale — basti per tutte la cronica noia esistenziale che affligge gran parte delle classi medie e elevate.

Gli esseri umani adulti hanno a disposizione sia la facoltà di sentire sia quella di pensare, e entrambe sono utili e necessarie al loro benessere psicofisico e al buon andamento della vita sociale.


Il sentire
è ciò che si percepisce direttamente di una situazione, di un oggetto, di una persona con cui siamo in contatto: le sensazioni fisiche che essa attiva nel nostro corpo, le emozioni e i sentimenti che smuove, le intuizioni e le immagini che suscita in noi. Appartiene al sentire ad esempio la piacevole sensazione di dolce che avvertiamo in bocca allorché mangiamo un cioccolatino o le emozioni che proviamo nel vedere un cucciolo di animale o anche la sensazione fisica di piacere prodotta da una carezza o da un abbraccio.


Pensare

è invece l'interpretazione razionale che di tale situazione o esperienza fornisce la nostra mente razionale. Ad esempio: "la cioccolata mi fa ingrassare" e anche: "meglio non carezzare quel cucciolo altrimenti mi affeziono" e infine: "non sta bene farsi accarezzare/abbracciare da persone che conosciamo da poco".

Mentre il sentire è sempre immediato e spontaneo, il pensare è inevitabilmente influenzato dai nostri schemi mentali, dai pregiudizi e dalle abitudini sociali e culturali. Sentire è "essere in contatto diretto col qui e ora," con la realtà del momento, mentre pensare è sovente un "focalizzarsi sulle speranze o le paure inerenti una certa situazione", vedendola non già come realmente si presenta ma sulla base delle proprie aspettative preesistenti.

Talvolta, per ritemprarci dallo stress, andiamo a fare una gita al mare, in campagna o in montagna, ma capita spesso che riusciamo a trarne solo un minimo vantaggio, perché la maggior parte del tempo la passiamo a pensare, e questo ci impedisce di sentire e quindi di entrare in reale contatto con la natura e con la sua capacità di rigenerarci. Quanti sono capaci di stare anche solo mezz'ora di fronte ad un bel panorama senza pensare, semplicemente godendosi le proprie sensazioni? Essere in contatto con le proprie sensazioni richiede di non pensare, poiché quando siamo sintonizzati su una delle due funzioni escludiamo in buona parte o del tutto l'altra.

E' importante rivalutare il sentire sia perché è una chiave per poterci liberare dai condizionamenti (vedi cap. link) sia anche e soprattutto perché è solo sentendo che possiamo veramente affermare di esistere: quando arriveremo al momento di dire addio alla nostra vita e faremo l'ultimo bilancio di come abbiamo vissuto, non lo faremo certo in base a cosa e quanto abbiamo pensato, ma a cosa e quanto abbiamo sentito, a quanta soddisfazione la nostra vita ci ha elargito, a quanto piacere o quanto dolore abbiamo dato e ricevuto, a quanto ci siamo aperti o chiusi all'amore, agli altri, a noi stessi, a quanto ci siamo permessi di esprimere il nostro vero essere. Ebbene, questo è il metro con cui dovremmo valutare la nostra vita anche nel presente.

Molte altre cose si potrebbero dire per spiegare questi due concetti e la differenza che intercorre tra loro, ma, mentre il pensare si spiega bene a parole — giacché di parole è costituito — è molto difficile illustrare a parole il sentire e, per quanti sforzi si facciano, non saremo mai in grado di comunicare la bontà di un certo manicaretto o l'effetto inebriante di un certo profumo. Il sentire si può afferrare appieno solo con l'esperienza sensoriale diretta — assaggiando, annusando — e va ricordato che qui stiamo parlando di un sentire non solo a livello fisico, corporeo, ma anche emozionale e spirituale.

Invece di usare altre parole mi sembra quindi il caso di proporre un piccolo "assaggio", un esercizio semplice semplice che illustra meglio di qualsiasi discorso che cos'è il "sentire interiore", iniziando dal livello più facile: il sentire corporeo.




Seduti in posizione eretta e comoda, chiudete gli occhi e portate l'attenzione al vostro corpo che poggia sulla sedia; il corpo era lì anche un momento fa, ma non sentivate niente, perché la vostra attenzione era focalizzata altrove. Sentite dunque come sta il vostro corpo, qui, ora. Che cosa vi comunica il vostro corpo? Sta comodo, ha voglia di muoversi, è addormentato? Per adesso non muovetevi, non cambiate posizione, limitatevi a sentire. Sentite come state voi, il vostro corpo siete voi, come state qui, ora. Quella che vi arriva è una sensazione spiacevole o piacevole, o tutte e due? Cosa ha voglia di fare il corpo? State per qualche minuto in questo stato di "ascolto" interiore, senza interpretare ciò che sentite (potrete semmai farlo dopo) e poi lentamente riaprite gli occhi (e a questo punto, se volete, potete muovervi e fare quello che il vostro corpo vi ha comunicato di desiderare).

Sentire vuol dire essere consapevoli delle proprie sensazioni; delle informazioni esteriori e interiori che ci pervengono attraverso i sensi e soprattutto degli stati fisiologici ed emozionali che esse producono in noi.

Molti esercizi vanno fatti ad occhi chiusi perché ad occhi aperti la nostra attenzione è inevitabilmente attratta e distratta dall'esterno mentre il "sentire" proviene da dentro, quindi è lì che dobbiamo focalizzarci. In questi esercizi è importante rilassarsi e lasciare che la percezione del nostro corpo si metta da sola a fuoco, poiché il sentire funziona esattamente all'opposto della percezione esteriore: nella percezione esteriore noi andiamo a cercare le cose attivamente e le focalizziamo con sforzo, invece quando guardiamo dentro dobbiamo utilizzare il processo opposto che è quello di rilassarsi e ricevere passivamente quelle sensazioni, emozioni, segnali che il nostro corpo e il nostro inconscio continuamente ci mandano. Procediamo dunque con un altro esercizio.




Sempre seduti in posizione eretta e comoda, chiudete gli occhi e unite le vostre mani, e sentite la sensazione che si produce; state per qualche decina di secondi almeno a sentire, poi staccatele e sentite la differenza. Dopo qualche decina di secondi riunitele e di nuovo sentite la differenza. Infine riaprite gli occhi.

Vi è più chiaro adesso, dopo gli esercizi, cosa si intende per "sentire"?

Naturalmente, nella vita ci sono momenti in cui bisogna affidarsi al sentire e momenti in cui bisogna utilizzare il pensare: se state facendo dei conti o una traduzione dall'inglese forse è il caso che attiviate il pensare, ma se siete fuori a fare una passeggiata in campagna e attivate il pensare vi private di tutto il piacere e di tutto l'apprendimento che potete ricavare da questa esperienza.

Provate a sentire per qualche momento il vostro corpo come avete imparato negli esercizi precedenti e poi provate a pensare; quale di queste attività è più piacevole? E' attraverso il sentire che proviamo piacere, così come proviamo dolore. Se le persone fossero più in contatto col proprio sentire, mai e poi mai ci sarebbero le guerre, primo perché non ci sarebbe il motivo del contendere, perché quando si sente pienamente, si avverte che gli altri sono uguali a noi, che siamo tutti connessi e che quindi facendo del male a qualcuno lo faccio anche a me stesso; secondo, perché se siamo in contatto con il sentire vogliamo provare piacere e non andare a morire e a far morire gli altri.


2. Il rischioso prevalere del pensare sul sentire

Le due funzioni del pensare e del sentire non compaiono assieme nell'essere umano, ma hanno fasi evolutive diverse. Fino ad una certa età noi siamo solo sentire, da bambini noi siamo sentire allo stato puro. Piano piano poi cominciamo anche a pensare e - se non intervenisse la società, attraverso l'educazione - le due funzioni procederebbero da un certo punto in avanti di pari passo. Invece notiamo che dai 6/7 anni in poi, man mano che crescono le facoltà razionali, decrescono quelle irrazionali, il sentire appunto.

Il crescere della razionalità avviene anche per un motivo di carattere biologico: alcune connessioni neuronali con la crescita si attivano e potenziano l'emisfero sinistro; il decrescere del sentire dipende invece interamente da fattori socioculturali: il bambino a sei anni inizia infatti ad andare a scuola e questo comporta lo starsene seduto per ore ad ascoltare, leggere, scrivere - tutte cose cioè che hanno a che fare col pensare e con l'emisfero sinistro, mentre dedica sempre meno tempo a correre, giocare, divertirsi - a quelle attività cioè che stimolano il sentire.

La scuola, così come è attualmente, è una palestra intensiva sul pensare, quindi il bambino sviluppa molto questa facoltà e poco quella del sentire, il che crea due conseguenze fortemente negative: la prima è che i bambini che hanno l'emisfero del pensare già forte, lo rafforzeranno ulteriormente, e questo è un paradosso, perché dovrebbero semmai bilanciarsi e sviluppare anche il lato carente del sentire; questi bambini si troveranno abbastanza a loro agio quanto a rendimento scolastico, ma a scapito di una parte importante del loro essere. La seconda conseguenza investe i bambini più portati per le attività dell'emisfero sinistro, che si trovano inevitabilmente in difficoltà in un ambiente che non riconosce le loro capacità ed anzi spesso le squalifica; se hanno la fortuna di incontrare insegnanti sensibili potranno superare tali difficoltà e magari bilanciarsi, sviluppando il lato carente, altrimenti andranno ad infoltire le schiere dei cosiddetti disadattati, che non sono tagliati per divenire letterati, filosofi o scienziati ma potrebbero diventare dei validi artisti, artigiani, lavoratori manuali, atleti e invece a scuola passano quasi sempre per ritardati. La nostra cultura ha infatti stabilito che l'intelligenza risiede solo nel pensare: con il sentire mica ci si fanno i soldi, non si vincono le battaglie, non si va sulla luna, quindi a che serve? Il sentire ci permette di amare, di sentirci in connessione con gli altri, di godere della bellezza della natura, dell'arte, ma tutto questo che utilità pratica ha?



3. Quando il pensare confonde il sentire

Il sentire è nostro, è la cosa più nostra che abbiamo. Il pensare invece non è del tutto nostro, poiché, come si è visto in precedenza, è facilmente manipolabile ed è quello che da millenni avviene. Mediante le ideologie, gli indottrinamenti, l'uso strumentale dei mass media e altre forme di condizionamento sociale si possono portare gli individui a credere vere, giuste, naturali cose che non lo sono affatto e viceversa, a credere innaturali e negative cose assolutamente necessarie e positive. Il sentire invece non è manipolabile: non si può spacciare una sensazione spiacevole per piacevole, lo si può far credere con le parole ma alla prova dei fatti il bluff salta fuori - una sensazione è piacevole o spiacevole e basta, non la posso definire attraverso un'altra sensazione. Qualcuno può convincervi che la cioccolata è cattiva, ma se avete il coraggio di sottoporre a verifica tale affermazione, assaggiandola, non potrete fare a meno di provare una sensazione dolce e piacevole che smentirà ogni tentativo di farvi credere il contrario. Analogamente, nessuno potrebbe mai cambiare il vostro sentire e farvi sperimentare il sesso come sgradevole, però è possibile, come ben sappiamo, modificare i pensieri sulla sessualità, caricandoli di così tante valenze negative e sensi di colpa da inquinare il pieno godimento di questa fondamentale sfera dell'esperienza umana.



4. Come fare per sapere se si ama davvero?"

Una delle sfere della vita in cui il sentire dovrebbe essere predominante è quella dei rapporti sentimentali. I sentimenti - lo dice la parola stessa - appartengono al sentire, non tanto ai sensi fisici, quanto a quelli emozionali. Perché così tante persone sono incerte sui loro sentimenti e non sanno se amano davvero oppure no? Il motivo risiede spesso nel fatto che la loro capacità di sentire è atrofizzata e quindi il "segnale" arriva troppo debole per essere riconosciuto come "amore". Ma nella maggior parte dei casi il problema è ancora più complesso, e deriva da una una interferenza tra pensare e sentire: il cuore ci invia una sensazione di amore mentre la mente ci dice che quella non è la persona giusta oppure che non è giusto amarla perché siamo già legati e via dicendo.

La confusione nasce dal non essere consapevoli della complessità che c'è in noi, del fatto cioè che una parte di noi può pensare in un modo e un'altra sentire in modo opposto.

In entrambi i casi è necessario schiarire le proprie percezioni e imparare a distinguere tra pensiero e sensazione. Quando il sentire è nitido, non c'è alcun dubbio. Fino a che c'è un dubbio vuol dire che il sentire è confuso e si mescola al pensare. Essere più consapevoli di se stessi è la chiave per fare questa importante distinzione. Fino a che pensare e sentire non sono ognuno al proprio posto, si crea confusione. Il pensare non è qualcosa di cattivo, il problema è che è stato così enfatizzato da aver monopolizzato anche la sfera del sentire. Invece di occuparsi delle cose di sua pertinenza è andato ad impicciarsi anche di quelle che appartengono al sentire, e così il nostro povero sentire, oltre ad essere affievolito, si trova anche a scontrarsi con il pensare, creando situazioni davvero ingarbugliate.

Oltre al problema di riconoscere i sentimenti nel loro vero significato, la disarmonia tra pensare e sentire produce anche altri effetti negativi, tra cui l'incapacità ad aprirsi, di lasciarsi andare al piacere dell'intimità, che porta molte persone a ricorrere a mezzi esterni quali ad esempio l'alcool, che funge da inibitore della mente onnipresente; il guaio è che l'alcool attutisce anche il sentire, rendendo il rapporto meno soddisfacente (anche se coloro che vi ricorrono non se ne rendono spesso conto per mancanza di confronto).

Se da bambini fossimo stati addestrati a accettare e comprendere i nostri sentimenti non avremmo difficoltà di questo genere nella vita, ma come abbiamo visto, le cose sono andate diversamente.



5. Desensibilizzarsi per soffrire di meno

Se è vero che la società non fa niente per sviluppare il nostro sentire e che anzi tende in vario modo a distoglierci da esso, focalizzando tutte le energie sul pensare, è anche vero che in una certa misura siamo complici di questo processo, nel senso che, per motivi che ora vedremo, anche noi abbiamo partecipato attivamente a chiudere il nostro sentire.

Il sentire è la funzione che ci collega al piacere e al dolore, e ogni essere vivente è orientato per natura a ricercare il piacere e sfuggire il dolore. Poiché durante l'infanzia molte persone hanno vissuto più dolore che piacere, la soluzione più ovvia è stata quella di desensibilizzarsi, di chiudere cioè il più possibile la finestra del sentire. Purtroppo non è possibile chiudere solo il dolore: la finestra del sentire è una sola e se si chiude si chiude anche al piacere

Molti bambini vivono in situazioni di tale degrado che la suddetta chiusura appare evidente. Ma anche per i cosiddetti bambini normali l'infanzia non è mai rose e fiori come la si dipinge e talvolta la si ricorda. La maggior parte di noi ha avuto genitori e insegnanti che, anche se ce l' hanno messa tutta, avevano pur sempre i loro limiti e non ci hanno dato tutto l'affetto di cui avremmo avuto bisogno, non ci hanno dato l'attenzione che avremmo voluto, non ci hanno talvolta (o spesso) rispettati come persone, ma ci hanno considerati esseri inferiori. Quindi noi abbiamo sofferto, una sofferenza non necessariamente acuta, magari per molti leggera, ma costante, e questo ci ha portato a chiuderci, desensibilizzandoci, cioè riducendo al minimo la nostra sensibilità. Chi è iper-sensibile? Uno troppo sensibile, una persona che sente in modo molto forte. Nella nostra psicologia "ipersensibilità" è una parola che designa uno stato negativo, eppure ipersensibile è anche una persona che sente di più il piacere. E' bello essere ipersensibili in una bella giornata di sole, ma se fuori tira sempre vento, se piove o grandina, che cosa possiamo fare se non chiudere le finestre? Questo è stato il dramma di molte persone, appartenenti alla generazione dei nostri padri e dei nostri nonni ma in certa misura, seppure inferiore, anche alle generazioni più giovani.

Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo chiuso, nel corso dell'infanzia, la finestra del nostro sentire, solo che adesso non siamo più nell'infanzia, forse non piove più, forse il vento è cessato, ma ciò nonostante abbiamo ancora la finestra chiusa. Questo è il paradosso della paura cristallizzata in abitudini: ciò che aveva un senso in un certo momento, tende a protrarsi anche quando le condizioni esterne sono mutate. E' fondamentale rendersi conto che oggi non siamo più degli inermi bambini, che fuori non grandina più, e se anche talvolta accade, possiamo utilizzare strumenti appropriati per affrontare il maltempo. Riaprire il proprio sentire può fare paura, ma - mi chiedo e vi chiedo - è preferibile vivere tutta la vita a finestre chiuse, o accettare il rischio di prendersi anche qualche bagnata di pioggia e però godersi le belle giornate di sole, di profumi, di colori? Pensateci bene. Ognuno deve sentire da solo quale è la sua scelta di vita, io voglio solo porvi di fronte ad una scelta consapevole, sappiate cosa scegliete e sappiate che avete il potere di scegliere, poi scegliete voi.



6. Il senso del dolore

In un capitolo sul sentire non poteva mancare qualche cenno al dolore, che del sentire rappresenta il polo negativo, così come il piacere costituisce quello positivo. Da un punto di vista evolutivo il dolore non è realmente negativo, ma noi ne abbiamo talmente paura che quando si presenta lo sfuggiamo senza tentare di capirne le cause e gli insegnamenti. Che cos'è dunque il dolore? Ha uno scopo o ce lo ha davvero mandato il Padreterno per punirci della nostra disobbedienza nei giardini dell'Eden?

Io non credo a un Dio vendicativo, dunque il motivo deve essere un altro. Proviamo allora a immaginarci per un momento di essere Dio, nel senso di Colui che progetta l'uomo. Siamo il grande Progettista, progettiamo l'uomo e gli diamo certe funzioni: il pensare, il sentire, il piacere e anche il dolore, perché siamo convinti che entrambe siano utili a qualcosa. Dal progettista cosmico passiamo ora ad un comune mortale, ad un progettista di automobili che deve progettare un automobile con determinate funzioni. Anche l'auto ha qualcosa che assomiglia al sentire, o meglio ha un qualcosa che si collega al sentire del guidatore e gli consente di fare certe cose. Qual' è la parte percettiva dell'auto? Come fa il guidatore a sentire se la sua auto sta bene o non sta bene? Guardando il cruscotto!

Se manca la benzina, si accende la spia della riserva, così come nel vostro corpo si "accende" la fame che vi dice: "c'è bisogno di cibo". Nella vettura, quando manca l'olio, si accende la spia dell'olio, questo è il sentire dell'auto e il progettista ha previsto che alcune importanti variabili siano comunicate al guidatore attraverso questi segnali. A cosa serve ad esempio la spia dell'acqua? Ci dice che l'acqua sta per bollire, che il sistema di raffreddamento non funziona bene.

A cosa serve dunque il dolore, che scopo ha? Il dolore è una spia che ci comunica qualcosa, ad esempio che siamo sulla strada sbagliata, oppure che stiamo agendo nel modo sbagliato. Ci dice insomma che qualcosa non va nel nostro corpo (se è un dolore fisico) o nella nostra vita affettiva (se è un dolore emozionale).

Dalla sola luce-spia non possiamo sapere perché l'acqua bolle, sappiamo solo che qualcosa non và. Lo stesso vale per il dolore: il dolore in sé e per sé non ci dice le cause, però ci dice che qualcosa non và. Nel caso della spia dell'acqua la cosa da fare è fermarsi subito, onde evitare di fondere il motore, poi cercare di capire la causa del problema e aggiustarla, da soli o con l'aiuto di uno specialista (il meccanico). Lo stesso dovremmo fare nella vita: se sentiamo che la nostra vita va in una direzione che ci fa star male, la prima cosa saggia è fermarsi - fino a che non ci fermiamo come facciamo a fare un esame interiore, a capire che cos'è che non va e a tentare di risolverlo, anche chiedendo eventualmente aiuto a un amico, a uno psicologo, o a una guida spirituale?

Se ci fermiamo subito i guai sono contenuti, se aspettiamo troppo l'auto si fonde e bisogna cambiare il motore. E lo stesso accade nella vita, se non ci fermiamo ai primi segnali di sofferenza la situazione si aggrava e sarà un po' più difficile e doloroso risolverla. Se avessimo avuto le "finestre" del sentire un po' più aperte avremmo colto subito il segnale di dolore e ci saremmo fermati per tempo.

Come già abbiamo visto a proposito dei sentimenti, a volte il problema non è tanto nella chiusura del sentire, ma nell'interferenza su di esso prodotta dal pensare: immaginiamo di camminare su una strada sempre più calda, ad un certo punto cominciamo a scottarci i piedi, che fare? Tornare indietro, sarebbe la scelta istintiva, ma se nella nostra mente c'è una credenza per cui bisogna andare avanti ad ogni costo, può darsi che decidiamo di proseguire a dispetto del nostro sentire.

E' il senso del dovere che spesso ci fa agire in modo contrario al nostro sentire. Com'è che da piccoli ci hanno fatto fare cose che non ci piacevano? Il trucchetto consiste in una formula magica che si declina in 3 o 4 modi: il più semplice e diretto è "devi"; una variante più subdola è poi "è bene per te", un'altra variante è "altrimenti ti punirò, ti punirà Dio, ti succederà qualcosa...".

Questo "devi" impostoci da altre persone noi lo interiorizziamo talmente che diventa un "devo", siamo cioè noi stessi ad imporci certe cose - come ben ha messo in evidenza Sigmund Freud nel concetto di Super-io. Finchè è un "devi" io posso anche provare ad oppormi, ma quando sono io stesso che mi obbligo, cosa faccio? Mi ribello a me stesso? Non mi resta che accettare l'idea che è giusto, è inevitabile, insomma, che devo.

Quante volte usiamo la parola "devo" nella nostra vita? Pensate a quante volte usiamo "devo" anche in situazioni piacevoli - "Devo andare a sciare"; "devo uscire con gli amici" etc. - situazioni insomma per le quali sarebbe più appropriato usare la parola "voglio". Ma "voglio" è tabù, è una parola cancellata dal vostro vocabolario. Quando da piccoli dicevamo "voglio", forse ci davano uno schiaffo o ci rispondevano che "L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re". "Voglio" non esiste più, un bambino non deve volere, deve fare quello che dicono gli altri, "deve".

Un adulto può comandare a un bambino ma si trova a sua volta a dover fare quello che dicono i suoi superiori o il governo - è sempre un devi. Naturalmente l'adulto ha una valvola di sfogo, si rifarà sul bambino. Questo adulto che non ha mai potuto volere nulla e ha sempre dovuto, ora su qualcuno può, su suo figlio può, è lui che può e il bambino che deve. E' una illusione grama che il rivalersi su qualcun altro possa risolvere le angherie e le frustrazioni subite, ma per millenni si è perpetuato questo meccanismo, e solo da qualche decina d'anni ha iniziato a modificarsi, se pur in modo diverso da luogo a luogo e da famiglia a famiglia.



7. Il senso del piacere

Così come il dolore ha lo scopo di segnalare che stiamo sbagliando qualcosa, che la strada intrapresa non è positiva per noi, il piacere ha - o dovrebbe avere - la funzione inversa, cioè di confermare e rinforzare determinati comportamenti, scelte, pensieri che vanno bene per noi. Purtroppo, il piacere è stato fortemente stigmatizzato e colpevolizzato dalla cultura cristiana (e anche molte altre) e si è persa la sua preziosa valenza di orientamento, non solo nel senso che le persone raramente sanno seguirne le benefiche indicazioni, ma anzi in molti casi le rifuggono come malvagie.

Forti delle loro convinzioni, i detrattori del piacere sostengono, non del tutto a torto, che esso è molto spesso malvagio: si pensi al sadico o al violentatore, che provano piacere compiendo atti sicuramente negativi non solo per la vittima ma anche per se stessi; perché allora provano piacere, se il compito del piacere è di indicare la giusta via alle persone? La risposta e semplice: stravolto nel suo significato profondo, in un mondo contrassegnato da repressioni e distorsioni che hanno generato ogni tipo di perversione, il piacere ha perso del tutto la bussola in certe persone. Ma la colpa non è del piacere, bensì di coloro che lo hanno demonizzato, così come hanno demonizzato tutto ciò che di buono la dimensione materiale e corporea offre all'umanità.

Una persona sana non può provare piacere a scapito di un altro, non solo per senso morale ma anche per consapevolezza e per sensibilità, per "capacità di sentire l'altro", nel senso che la comunicazione empatica gli farebbe avvertire il suo dolore come proprio. Ma sappiamo che sono assai poche le persone davvero sane e che anche quelle cosiddette normali sono sane solo a metà.

Tuttavia, ricordiamo che lo scopo di questo campo è di stimolare una evoluzione nelle persone, quelle che non si accontentano di essere nella normalità ma che vogliono esprimere di più di se stesse, che aspirano ad una più elevata realizzazione dell'essere. Già la semplice presenza di questa elevata aspirazione ci garantisce che il lettore è fatto di ben altra pasta rispetto al sadico o al violentatore di cui sopra, e quindi può avvalersi del piacere come bussola per orientarsi, senza eccessivi timori di fare del male a qualcuno. Certo, dobbiamo sempre chiederci se ciò che facciamo (o omettiamo di fare) può danneggiare qualcuno o noi stessi, ma se così non è, possiamo tranquillamente goderci il piacere e seguirne le indicazioni.

Si pone, qui, il problema di cosa voglia dire "fare del male a qualcuno", un genitore punisce il figlio (spesso, non sempre) per il suo bene: un figlio che se ne va di casa fa soffrire i genitori, ma la colpa non è sua, bensì dei genitori che pretendevano di possederlo e controllarlo; analogamente, chi si separa, fa soffrire il partner e i figli, ma spesso non ha alternative e applica il principio "meglio una fine sofferta che una sofferenza senza fine".

Dobbiamo quindi saper distinguere i vari casi, tenendo inoltre presente che non sempre la vittima è innocente come sembra, e può anzi aver iniziato lei stessa l'escalation che poi porta l'altro (il presunto carnefice) ad agire in un certo modo da portatore di dolore.

Teniamo altresì presente che vi sono vari livelli di piacere: il piacere fisico, quello emozionale, quello mentale e quello spirituale, come meglio vedremo al capitolo - parlando del tantra. Sviluppando la propria sensibilità e sensitività le sensazioni di piacere saranno avvertibili in modo più nitido, come pure quelle di dolore, e sarà più agevole orientarsi, cercando di evitare le strade portatrici di dolore e seguire quelle portatrici di piacere, gioia, armonia o qualsiasi altro nome si voglia dare alle sensazioni piacevoli.

E qui approfittiamo per aprire una breve parentesi e sottolineare che il seguire un cammino di evoluzione personale e in particolare lo sviluppare la capacità di sentire non elimina automaticamente la negatività e il dolore dalla nostra vita; rende, è vero, più intenso e appagante il contatto con la gioia e l'amore, ma amplifica anche il dolore, ogni volta che esso si manifesta, poiché se siamo più aperti percepiamo tutto con maggiore intensità, piacere e dolore. Questo non deve però spaventarci né deluderci, in primo luogo perché il guadagno in termini di gioia, realizzazione e amore val bene qualche grado di sofferenza in più, e poi perché col tempo si impara, proprio grazie alla nitidezza con cui si avverte il dolore, a prevenirlo, cioè a intuirlo alle prime avvisaglie e a smettere subito di fare (o non fare) quello che sta per produrre dolore.

Per concludere questi brevi cenni sul piacere, possiamo dire che si tratta di una funzione da riabilitare e comprendere; una funzione indispensabile per tutti coloro che vogliono essere se stessi e saper individuare la propria vera strada.



8. Il sentire come "prova del nove" per la fondatezza del pensare

Ricolleghiamoci adesso coi temi del capitolo precedente. Poiché il sentire non è manipolabile direttamente, esso rappresenta una valida possibilità per ripulire la nostra mente dai condizionamenti. Se accetto il principio che molte delle mie "idee", convinzioni, valori, non siano realmente mie ma piuttosto elementi ereditati inconsapevolmente dall'ambiente socioculturale, posso sottoporle a verifica mediante il sentire, fare cioè esperienza diretta di quelle cose e vedere se il sentire che ne risulta è coerente o no al pensare: potrei così scoprire che alcuni cibi che pensavo cattivi li sento invece buoni, e viceversa, altri decantatimi dalla pubblicità come ottimi, si rivelano prova dei fatti di ben altro tenore. Tutto può essere sottoposto a verifica: non solo il cibo per il corpo, ma anche quello per la mente - come libri, giornali o programmi radio TV - e poi il cibo per le emozioni e anche quello per lo spirito. Molto importante la valutazione dei programmi televisivi, gran parte dei quali sono infatti alquanto intossicanti, nel senso che tutta quella violenza, quella sessualità patologica e quelle vicende angoscianti o terrorizzanti che ne costituiscono gli ingredienti producono su di noi un effetto di chiusura, di paura e tensione inconscia che - come un cibo indigesto - provoca brutti sogni durante la notte, facendoci riposare male e influendo negativamente anche sul morale. Se poi, come è il caso per molti, vedere programmi intossicanti non è un fatto isolato, ma una abitudine quotidiana, l'effetto permane e si accumula, giorno dopo giorno, creando un vera e propria corazza.

In quanto studioso della comunicazione e dei mass media ero a conoscenza di ciò da tempo, tant'è che nel 1992 ho anche pubblicato un libro sugli effetti psicosociali dei mass media, tuttavia è stato negli anni seguenti, grazie allo sviluppo del mio sentire, che ne ho avuta la prova diretta anche sul piano personale oltre che su quello della ricerca psicosociologica.

La maggior parte delle persone accetta di mangiare cibi scadenti o di vedere programmi televisivi nocivi perché ingurgita senza realmente assaporare, in quanto non ha mai affinato la propria capacità di sentire e ha perso anche gran parte di quella che aveva nell'infanzia. Grazie a tale carenza nel sentire, è possibile a "cuochi" di pochi scrupoli propinare cibi scadenti o anche avariati col vecchio trucco di usare spezie e "sapori" forti che coprono il vero gusto di quel cibo o di quel programma.

Un passo fondamentale per conseguire la vera libertà è quindi quello di riattivare la nostra capacità di sentire. Non è affatto difficile, basta investire in questo compito un po' di tempo ed energie: è il minimo che possiamo fare dopo aver destinato anni della nostra vita a sviluppare il pensare. E il gioco vale davvero la candela: sentiamo una testimonianza in proposito.



Da quando, anni fa, iniziai a recuperare e coltivare il mio sentire, molte cose sono cambiate in me e nella mia vita: oggi i sapori buoni sono più buoni che mai, e quelli cattivi li avverto da lontano, mi basta "annusarli", e di conseguenza li evito, quindi nutro il mio corpo di cibi più sani e più buoni, e la mia mente di libri e programmi migliori - anche se va detto che, mentre per i cibi e i libri non ho avuto problemi, per i programmi TV è così difficile trovarne di buoni che ho finito per smettere quasi del tutto di usare il televisore: meglio l'astinenza che l'intossicazione. (...)
Oggi posso dire di avere piena consapevolezza dell'effetto che produce in me un cibo, un programma TV, una persona, un'idea: sono in grado di avvertire ciò che essi stimolano o producono in me a prescindere da quelle che sono le mie aspettative preesistenti. Di fronte ad ogni esperienza cerco di pormi il più vuoto e aperto possibile, e se anche vi sono in me aspettative o pregiudizi in proposito, li metto da parte, sospendo il giudizio, assaggio prima di giudicare, non dopo. Questo è il vero giudizio, l'altro è un pre-giudizio, cioè un giudizio che precede l'assaggio, l'esperienza diretta, effettiva. (Tratta da Armonia, n. 8/99).



9. Per un recupero del sentire


Nella vita ci sono momenti in cui bisogna affidarsi al sentire e momenti in cui bisogna utilizzare il pensare: se state facendo una traduzione da una lingua straniera o delle operazioni matematiche è certamente il caso che attiviate il pensare, ma se siete fuori a fare una passeggiata in campagna e attivate il pensare vi private di tutto il piacere e di tutto l'apprendimento che potete ricavare da questa esperienza.

Tuttavia, se per anni ci siamo dedicati solo al versante del pensare, è evidente che la facoltà del sentire si è un po' atrofizzata e così, quando serve, non funziona o funziona in maniera distorta, confusa. E' quindi necessario riattivarla, e non è affatto difficile, basta investire in questo compito un po' di tempo ed energie: è il minimo che possiamo fare dopo aver destinato anni della nostra vita a sviluppare l'altra facoltà.

Quando, nelle conferenze e seminari che tengo, parlo della necessità di "recuperare il sentire", incontro in genere reazioni diverse nelle persone: alcune sono d'accordo con le mie tesi e consapevoli di essere troppo razionali e troppo poco aperte al sentire; altre invece, ritengono di essere fin troppo aperte e vorrebbero semmai chiudersi. Potrei anche concordare con questi ultimi, dato che non esiste una strada che va bene per tutti, e l'importate è l'armonia tra le varie dimensioni dell'essere: dunque, così come i troppo orientati sul pensare devono recuperare il sentire, è anche vero il contrario. Tuttavia ho avuto modo di constatare che molti di coloro che si ritengono fin troppo aperti, soffrono non tanto per la loro apertura ma anzi a causa della poca fiducia che nutrono nei confronti del sentire. La sofferenza deriva insomma dal fatto che nelle situazioni della vita essi danno più ascolto al pensare che al sentire, trovandosi spinti da convinzioni e condizionamenti a permanere in situazioni spiacevoli invece di tirarsene fuori, come sarebbe naturale fare. Se, mangiando un certo cibo o stando con una data persona, provate sensazioni spiacevoli, non è una buona soluzione quella di ridurre il vostro sentire - anche se turarvi il naso può sembrarvi la cosa più facile da fare. La soluzione corretta - l'unica sana - è quella di cambiare cibo o persona; se poi qualcosa vi impedisce di farlo, questo non dipende dal sentire ma dal pensare. Vedete quindi che anche in questo caso il problema si risolve liberandosi da idee e convinzioni erronee e perniciose e fidandosi di più del proprio sentire.

La ricetta per recuperare il proprio sentire e anzi affinarlo ancor più, è semplice e consta di tre ingredienti base:

- la consapevolezza che sia importante riattivarla, ed è quello che sto cercando di comunicarvi con queste pagine;

- la volontà di impegnarsi in tal senso, e questa è una responsabilità che spetta interamente a voi;

- l'esercizio, attraverso tecniche e situazioni appropriate, e queste si possono imparare su alcuni libri, incluso questo, e meglio ancora partecipando a corsi o seminari esperienziali. Si sono già visti due esercizi in proposito nelle pagine precedenti; adesso concluderemo questo paragrafo con un ultimo esercizio sul respiro. Il respiro è qualcosa che fluisce continuamente, e per certe persone è più facile sentire il movimento che non il proprio corpo immobile. Anche il respiro produce delle sensazioni: a livello muscolare e toracico, a livello gustativo/olfattivo (si sente come qualcosa che si avvicina ad un sapore) e infine - quando si raggiunge una certa sensibilità - si possono avvertire anche sensazioni di carattere emozionale.



Chiudete gli occhi e ponete la vostra attenzione sul respiro, respirando normalmente: non fate niente per cambiarlo, semplicemente osservatelo, sentitelo, così come avviene; sentite il torace e la pancia che si dilatano e si restringono, oppure, se vi è più facile, focalizzatevi sul naso e sentite l'aria che passa attraverso le narici. Senza alcuno sforzo, semplicemente ascoltate, osservate il vostro respiro, siate consapevoli dell'aria che entra, dell'aria che esce. Dopo un po' potete anche provare ad "assaporare" queste sensazioni, forse hanno un loro "gusto" particolare, come quei sapori appena accennati che richiedono una lunga e attenta degustazione per venire fuori. Procedete per almeno un minuto, meglio due o tre. Quando lo desiderate potete concludere l'esperienza e riaprire piano piano gli occhi, rimanendo ancora per un po' in contatto con lo spazio interiore che avete sperimentato.



Per approfondimenti teorici sull'argomento

CHELI E. Dietro le maschere alla scoperta di se stessi, ed. Compagnia degli Araldi .

CHIA M. Tao Yoga. Il risveglio dell'energia attraverso il Tao, ed. mediterranee.

LOWEN A. Il piacere. Un approccio creativo alla vita., ed. Astrolabio.

Maslow A. Verso una psicologia dell'essere, ed. Astrolabio.

OSHO RAJNEESH, Vivere, amare, ridere, ed. News Services Corporation.

PEARLS F., HEFFERLINE R.F., GOODMAN P., Teoria e pratica della terapia della gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, ed. Astrolabio.

PIERRAKOS J. Corenergetica, ed. Crisalide.




REALIZZARE SE STESSI

di Enrico Cheli



Per molti realizzare se stessi significa "affermarsi socialmente", acquisire potere, prestigio, denaro, e infatti gran parte delle persone aspirano a diventare "qualcuno" nella vita, oppure, se non si reputano all'altezza, fanno la scelta opposta, rassegnandosi a rimanere dei "nessuno". La società fa di tutto per uniformarci, per trasformarci in cittadini obbedienti e in macchine da lavoro, magari macchine intelligenti, visto che oggi non servono più braccia ma menti, però di una intelligenza più simile a quella di un computer che non a quella umana. Rinunciando alla propria dote di straordinarietà si finisce per ricercarla fuori di sé, nei personaggi di un film o di un romanzo, nelle vicende dei protagonisti della politica, dello sport o dello spettacolo e via dicendo. Siccome ci sentiamo dei nessuno, sogniamo di essere qualcuno, e se non riusciamo neppure a sognare, allora ci accontentiamo di ammirare chi ai nostri occhi lo è. Ma la straordinarietà dei vari "qualcuno" che costellano i molteplici palcoscenici della vita è quasi sempre fasulla, creata ad arte dai media per compensare l'eccesso di ordinarietà che i più sono costretti a vivere. Entrambe queste scelte — rassegnarsi ad essere nessuno o tentare di diventare qualcuno — generano confusione e sofferenza: ogni individuo è fatto per essere se stesso e tutto ciò che non è "se stesso" ("qualcuno" o "nessuno") non può realmente gratificarlo, realizzarlo, ma al massimo dargli l'illusione momentanea di esserlo. Molta della insoddisfazione esistenziale che caratterizza la nostra epoca dipende proprio da questa illusione, dallo sprecare il proprio tempo ed energie per realizzare ciò che non siamo o per trattenerci dal rischio di metterci davvero in gioco, come rivela la seguente testimonianza.



Le mete che ho inseguito negli ultimi cinque o sei anni si sono rivelate insoddisfacenti ed illusorie, e tutto ciò che ruotava attorno ad esse sta crollando come un castello di carte. Pur trattandosi di un processo doloroso ne avverto l'inevitabilità e anche la positività. Ho toccato con mano che denaro, prestigio e potere sono solo chimere che promettono ma non mantengono; è ben altro ciò che può davvero realizzarmi come essere umano, che può farmi stare bene con me stesso e con gli altri: ci illudiamo — la società ci illude — che se avremo più soldi, più potere, più prestigio saremo diversi, la nostra vita sarà migliore, ma questo è vero solo a livello superficiale; se non si cresce dentro, l'abito può al massimo ingannare gli altri ma non noi stessi. Io ho avuto la grande fortuna nella mia vita di raggiungere abbastanza presto certi traguardi e di scoprirne la vacuità, l'illusorietà. E' come se vivessi per soddisfare le esigenze di un altro, non di me stesso. Per quanto la mia mente fosse molto soddisfatta, orgogliosa di tutti i traguardi raggiunti, al mio cuore non arrivava nulla di positivo, niente che mi facesse sentire un po' più felice: potevo pensare di avere tutto ciò che occorre per la felicità ma non potevo ingannare il mio "sentire di non essere felice".


Già alcuni decenni fa lo psicanalista Erich Fromm aveva messo in evidenza, nel suo noto libro Avere o essere? (Mondadori) che la nostra felicità e il nostro benessere appartengono prevalentemente alla sfera dell'essere; l'avere, da solo, non può dare la felicità, sia che si tratti dell'avere materiale, sia che si tratti di avere sociale, vale a dire: potere, fama, prestigio etc. Non tutti però hanno letto Fromm, e ancor oggi la maggior parte delle persone è preda di questa illusione, la cui forza sociale risiede in due fattori: 1) nel fatto che molti individui non raggiungono mai alcun traguardo materiale o sociale e quindi non arrivano a toccare con mano che tali traguardi sono vuoti, non nutrienti, e così possono illudersi ad infinitum, vivendo di speranza o di rassegnazione; 2) quelli che raggiungono qualche traguardo si rendono, sì, conto che essi non risolvono affatto i loro bisogni e problemi esistenziali, però gli è difficile accettare il fatto che qualcosa che tutta la società valorizza e insegue sia in realtà un'illusione, e allora pensano: "non funziona perché non ho abbastanza potere, denaro, riconoscimento sociale: devo averne di più, devo scalare una vetta più alta, lì troverò ciò che cerco". E così la spirale si perpetua. E' un po' come la storia del vestito nuovo del re: il re è nudo, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo, dal momento che gli altri sembrano vederne ed ammirarne il vestito, nessuno ha abbastanza fiducia in sé stesso da credere in ciò che vede coi propri occhi e da andare contro corrente: solo la purezza di un bambino — ancora non condizionato dalla società — svela l'inganno. Così è per le false mete che si diceva: pur toccando con mano la loro vacuità, manca la fiducia in se stessi per ammetterne la vacuità: la società non può sbagliare — crediamo — e se tutti dicono che questo è ciò che davvero conta nella vita bisogna che sia così; se per me non funziona è colpa mia, forse non ne ho abbastanza. Chi si ostina in questa spirale perversa passa tutta la vita a scalare vette sempre più alte senza però trovare mai ciò che cerca: con un po' di fortuna, capacità e determinazione può anche arrivare a conquistare "vette" molto alte, ma che differenza fa una medaglia in più quando il proprio essere ha bisogno di altro?

Per capire che cosa significhi nella nuova cultura l'espressione "realizzarsi" proviamo a immaginare l'essere umano come un seme che deve germogliare, crescere e maturare, anzi, come un insieme di semi diversi — o talenti — ciascuno dei quali rappresenta una parte importante di quel meraviglioso microcosmo che è l'uomo. Se noi diamo spazio al nostro bagaglio interiore e dedichiamo tempo e attenzione a coltivare le nostre potenzialità siamo senz'altro sulla giusta strada, stiamo gradualmente realizzando noi stessi, e questo non può mancare di farci stare bene, di darci soddisfazioni e gratificazioni vere, cioè che ci nutrono nel profondo. Se, viceversa, rinneghiamo il nostro bagaglio autentico e tendiamo a sostituirlo con qualcos'altro che non ci appartiene, solo perché crediamo — o ci hanno fatto credere — che sia meglio così, allora ricaveremo solo soddisfazioni effimere, momentanee, che gratificano forse la nostra maschera sociale ma non la nostra essenza profonda, ciò che veramente siamo. In questo caso possiamo stare certi che prima o poi il nostro essere autentico si ribellerà, facendoci provare sempre più spesso sensazioni del tipo "inquietudine", "insoddisfazione", "noia esistenziale" e simili. Per quanto dolorose, non vanno criticate: sono sensazioni benefiche, sono la spia rossa che ci segnala che qualcosa non va nel modo in cui stiamo vivendo la nostra vita, e grazie ad esse possiamo decidere di fare qualcosa per cambiare in meglio.

Troppo spesso deleghiamo ad altri il nostro potere di autodeterminare la nostra vita, rinunciando, in cambio di tranquillità e rassicurazione, al nostro diritto di essere noi stessi.



Che triste un fior di pesco

che un giglio vuol sembrare

stupendo è invece il fiore

ch'esprime quel che è.


Chiarito che cosa vuol dire "realizzarsi" cerchiamo di capire come poterlo fare in concreto. Il punto di partenza è senza dubbio conoscere se stessi, scoprire cioè di quali "semi" — o talenti — è composta la nostra dotazione interiore. Quali sono le cose per cui siamo più portati? In che cosa possiamo eccellere? Qual'è il percorso che più si conta alle nostre aspirazioni e caratteristiche?

La natura ci ha dato un radar molto semplice per rispondere a queste domande: le cose che più ci stimolano e ci danno soddisfazione sono spesso quelle più adatte a noi. Se abbiamo dentro di noi certi talenti — ad esempio di tipo artistico — ogni volta che ci imbatteremo in un'opera d'arte o incontrerete un artista o ne leggeremo la vita, sentiremo qualcosa dentro, una emozione, un sussulto, un sospiro, e così per ogni altra inclinazione: sentiamo qualcosa dentro che ci emoziona, ci stimola, ci attrae. Se da bambini fossimo stati allenati a capire veramente i nostri sentimenti e a fidarci delle indicazioni interiori non avremmo difficoltà nello scegliere la strada giusta per noi perché i nostri sogni e le nostre aspirazioni ci farebbero da guida. Il punto è che non veniamo affatto abituati a sviluppare questa dote ma anzi siamo indotti a scegliere il nostro percorso scolastico e poi lavorativo in base a tradizioni di famiglia o a considerazioni meramente opportunistiche, quali la redditività, il prestigio sociale e simili. Insomma, è la mente razionale a decidere, più che il cuore e il sentire interiore — una mente che non è neppure del tutto nostra, condizionata com'è dall'ambiente sociale.

L'educazione dovrebbe essere il processo attraverso il quale il potenziale di ogni individuo — le sue inclinazioni e i suoi talenti — viene riconosciuto e aiutato a germogliare, a venire fuori: "educazione" deriva infatti dal latino ex-ducere che significa letteralmente "portare fuori". Purtroppo quello che si fa a scuola in molti casi non è un portar fuori i talenti del bambino, ma piuttosto portare dentro i valori e gli schemi mentali e comportamentali degli adulti, quindi non è un ex-ducere ma piuttosto un in-ducere, cioè indottrinare, inculturare. La nostra mente, in misura maggiore o minore, è il prodotto di una inducazione; solo il sentire interiore è nostro, è la cosa più nostra che abbiamo, ed è indipendente dall'ambiente sociale: che noi siamo nati in Cina o in Italia, poveri o ricchi, il nostro sentire è unico, i nostri talenti sono unici. Ecco perché trovare la propria strada non è un affare per la mente ma piuttosto per quel radar interiore che chiamiamo "sentire".

Il nostro "radar" funziona in modo molto semplice, comprensibile anche da un bambino: se ciò che facciamo ci stimola, piace, ci da soddisfazione e ci nutre, non solo nel corpo ma anche nel cuore e nell'anima, allora significa che ci stiamo realizzando. Se invece la nostra vita ci stanca, ci annoia, sembra assorbire tutte le nostre energie restituendoci poco o niente in cambio, se l'entusiasmo è per noi solo un lontano ricordo, allora questi sono segnali inequivocabili che siamo distanti dalla nostra strada e non stiamo affatto realizzando noi stessi, ma tutt'al più qualche ideale o modello altrui, qualcosa insomma che non fa realmente parte di noi. In questo caso dobbiamo avere il coraggio di ammettere con noi stessi che è tempo di cambiare.

In fondo al nostro essere sappiamo tutti, seppure vagamente, qual'è la nostra vera strada, ma spesso abbiamo paura ad ammetterlo perfino con noi stessi; la nostra ragione si preoccupa sempre di dimostrarci in infiniti modi che è impossibile seguire quella direzione, che avremmo troppo da perdere, che non saremmo all'altezza, che ormai è tardi, etc. etc. Certo, sono motivi indubbiamente validi, ma che senso ha vivere una vita che non ci realizza? Ed è davvero così terribile perdere qualcosa che tutto sommato non ci gratifica affatto?

Sono sempre più frequenti i casi di persone che in un certo momento della loro esistenza cambiano radicalmente la loro vita. Queste persone prendono coscienza delle loro reali esigenze e capacità e si rendono conto del fatto che la vita che conducono e il lavoro che fanno non rispecchia affatto il loro vero essere. Non è mai troppo tardi per trovare la propria strada. E non è nemmeno detto che si debbano fare scelte drastiche come quelle suddette, a volte basta molto meno per nutrire il nostro essere: un hobby, una attività artistica, una pratica spirituale adeguata, frequentare le persone giuste etc. E' certamente una grossa responsabilità quella di realizzare la propria vita, ma il gioco vale senz'altro la candela: la vita è nostra: chi ci può dire cosa va bene o cosa non va bene per noi se non noi stessi? Che senso ha "divenire qualcuno" in confronto a "essere se stessi"?



"Quando, anni fa, mi resi conto che stavo vivendo un copione scritto da altri, decisi di non stare più al gioco, di non accontentarmi di vivere una vita standard, anche se ricca di vantaggi e privilegi quale era la mia, ma di vivere la mia vera vita, di esprimere la mia vera essenza. Non sapevo però come realizzare tutto ciò, intuivo che doveva esserci dell'altro ma non sapevo cos'era. Ho dovuto calarmi a fondo dentro di me per scoprire ciò che veramente sono, ho dovuto mettermi totalmente in discussione; cambiare molte idee che credevo mie, molti atteggiamenti che mi limitavano, ho dovuto lottare per affermare il mio diritto ad essere me stesso, lottare con soggetti esterni, ma anche con alcune parti di me. Non è stato facile, e il percorso non è ancora terminato, ma i miei sforzi sono stati ampiamente ripagati."


C'è una qualità comune a tutti gli esseri umani, anche se in molti è ancora allo stato latente, e si chiama potere personale, cioè il potere di prendere la vita nelle proprie mani, di autodeterminarla, sentendo nel profondo di noi stessi ciò che va bene, ciò che ci fa sentire realizzati. Nessun altro può fare questa scelta al nostro posto. Dobbiamo sentirci degni di vivere la nostra autenticità, ognuno a proprio modo, perché, anche se noi esseri umani ci somigliamo per molti aspetti, ognuno possiede una propria unicità, una sfumatura di colore, di fragranza, e consentendo a se stesso di farla sbocciare e di viverla non solo realizza se stesso ma arricchisce anche l'intera umanità.



Il più bel dono

che un fior può fare al mondo

è quello di sbocciare pienamente

condividendo ed esprimendo ciò che è;

così è per l'uomo,

prezioso fiore della consapevolezza.






LE ALIMENTAZIONI DEI SETTE CORPI


Il primo passo concreto per iniziare un corretto sviluppo del potenziale umano è certamente il comprendere come si "alimenta" un Cyber umano sui suoi sette differenti livelli di realtà. Si inizia necessariamente con il lavoro sul negativo, ovvero con l’opera di disintossicazione (nel corpo) e di decondizionamento (nella mente). Da millenni abbiamo ricevuto informazioni che, invece di nutrire il nostro essere, hanno creato in noi una sorta di lento avvelenamento cronico o, nei casi migliori, un forte abbassamento della consapevolezza globale che tende a farci vivere più come automi che come liberi individui creativi. L’esperienza spirituale è caratterizzata da un'enorme finezza, che i nostri sette sensi sono in grado di percepire solo se l’intero essere è in stato di salute ed equilibrio globale. Il nostro essere è composto da sette livelli ognuno dei quali richiede una sua corretta e specifica alimentazione. Un "cibo" malsano, adulterato, finto o non adatto può solo nuocerci e intossicarci. Vediamo quindi ora - concisamente - come impostare una corretta alimentazione del nostro essere.


Il primo corpo è fisico-chimico ed è composto di atomi allo stato solido, liquido e gassoso. La prima regola per decondizionare/disinquinare il corpo fisico (come gli altri corpi) è quella di non introdurre veleni! È quindi assolutamente necessario sapere quali veleni sono presenti nel nostro "cibo" ed eliminarli dalla nostra dieta.

Solidi.
Tutti i prodotti alimentari minerali, vegetali e animali negli ultimi decenni hanno subíto un trattamento chimico e quindi contengono residui tossici di differente grado. Il nostro corpo da migliaia di anni è abituato a riconoscere solo le molecole naturali, ad assorbirle, trasformarle e utilizzarle propriamente nella struttura cellulare. Qualsiasi alterazione chimica, fisica o genetica modifica la natura originale e diventa una sorta di "elemento estraneo" che il corpo si sforzerà di riconoscere e utilizzare anche se è potenzialmente cancerogeno o tossico. Tutta la produzione alimentare ha subito nell’ultimo secolo un forzato processo di raffinazione che ne ha alterato le caratteristiche e ne ha impoverito il potenziale nutritivo. Non mangiate zucchero bianco, è dannoso per il sistema nervoso. Mangiate la frutta (che contiene zucchero organizzato), miele, malto o zucchero grezzo.

I vegetali e la frutta
. Verdura e frutta nascono in campi trattati chimicamente con fertilizzanti ed erbicidi; crescono, e vengono "protetti" da antiparassitari e anticrittogamici; alla fine vengono trattati per conservarsi più a lungo o per sembrare più "belli" all'ignaro consumatore (patate ai raggi gamma, limoni al difenile, mele brillantate, risi sbiancati, uova colorate). L'ingegneria genetica, poi, si è sostituita alle più "naturali" tecniche di selezione e ibridazione: creando nuovi vegetali con un’alterazione genetica del DNA che potrebbe avere drammatiche ripercussioni sul sistema immunitario e sulla salute.

Quindi in generale evitate ogni cibo inquinato, ossia cibatevi solo di alimenti che provengono da coltivazioni biologiche (cresciute senza uso di sostanze chimiche). Tra le verdure, il più elevato tasso di inquinamento è quello delle insalate e dei vegetali a foglia larga che, per la facilità di essere attaccati da insetti e larve, vengono pesantemente irrorati con sostanze chimiche.

Le carni e le proteine animali
. Ogni anno nel mondo vengono somministrate (e fortunatamente qualche volta anche denunciate) massicce dosi di sostanze ormonali e di antibiotici agli animali da allevamento intensivo: bovini, suini, pollami. La maggior parte delle carni, compresi i latticini e le uova, contengono quindi residui di ormoni e varie sostanze chimiche estremamente dannose. La vita di allevamento, anche senza l’uso di sostanze chimiche, è comunque assai malsana e innaturale: chiunque veda un allevamento intensivo di polli o suini quasi certamente non avrà più il coraggio di mangiarne, tanto ributtante è il loro stato. Di nuovo evitate ogni sostanza tossica dannosa per il corpo che indebolisce il fegato e il sistema immunitario. Acquistate e consumate solo carni, latticini, uova e pesce di certa provenienza biologica e allevati all’aperto.

L’acqua
. È la sostanza più femminile e recettiva. Il nostro corpo è costituito in gran parte di acqua e ogni funzione biologica utilizza l’acqua come medium (liquidi intra ed extracellulari, siero, linfa, liquido cefalorachidiano). La sua capacità di includere e contenere altre sostanze è enorme e per questo viene facilmente inquinata attraverso il semplice contatto con sostanze tossiche, veleni, residui e gas atmosferici derivati dai processi industriali e di combustione (piogge acide). L’acqua pura nel mondo sta velocemente scomparendo. La maggior parte delle acque italiane sono inquinate da pesticidi, atrazine e infinite altre sostanze. Bevete acque di sorgente, il più possibile pure, oppure bevete acqua minerale in bottiglie di vetro, in quanto la plastica delle comuni bottiglie PET o PVC rilascia residui tossici.

Gas
. L’idrogeno, l’ossigeno e l’azoto, tre dei più comuni elementi del corpo umano sono dei gas. L’aria del nostro pianeta, come l’acqua, non è più pura. Sopra tutte le città del mondo, e nella pianura padana in particolare, ristagnano ammassi di gas dello spessore di varie centinaia di metri. Respirate aria il più possibile non inquinata, se vivete in città usate ionizzatori e depuratori, ma certamente uscite nei fine settimana a riossigenare il corpo in collina, al mare o in montagna.


Il secondo corpo è energetico vitale o eterico e rappresenta l’architettura sottile che sostiene e organizza il corpo fisico. Quando ci nutriamo al secondo livello sentiamo "piacere". Nella sua parte più grossolana è rappresentato dall’energia elettromagnetica. La più importante alimentazione del secondo corpo può essere considerata la luce solare. Sulla Terra i primi atomi si sono potuti fondere insieme in un unico organismo grazie alla luce solare: fotoni dorati, caldi e pieni di energia sferica e viva. Il secondo corpo è un corpo di energie viventi ed altamente organizzate che si ciba di energie elementari e quindi il primo punto per una sua corretta alimentazione è cibarsi di alimenti vivi e integri.

Mentre per l’alimentazione del primo corpo il punto principale è l’architettura degli atomi in molecole complesse (vitamine, proteine, acidi grassi polinsaturi, ecc.), che devono restare il più possibile integri nella loro forma originaria, per il secondo corpo è necessario che questi stessi cibi conservino la loro vitalità. Se piantiamo due carote fresche entrambe cresceranno e vivranno, ma se passiamo una delle due al microonde, o nel congelatore, o nell’acqua bollente, la carota, che è un cyber di terza classe, ossia un’unità vivente di coscienza multicellulare, morirà, e con essa moriranno anche tutte le sue cellule. Così, dal livello dei multicellulari (dove ogni cellula è altamente organizzata con le altre in un’unica organica unità), si cadrà fino al primo livello atomico (molecole non organizzate fra loro).


La migliore alimentazione per il secondo corpo è quindi vivere nella natura viva, in contatto con gli elementi, respirare aria pura e profumata, carica di ioni, bere acqua fresca di fonte o di fiume, camminare sulla terra, lavorare e scaldarsi al sole, andare a letto al tramonto, dormire di notte, risvegliarsi all’alba, riposarsi sotto gli alberi, mangiare frutta e verdura appena colta, latte appena munto, uova di giornata e così via. È strano che dopo miliardi di anni questa semplice vita ci appaia oggi una mera utopia arcadica. A livello umano l’energia del secondo livello si trasmette attraverso l’amore fisico, l’affettività, la sensualità e il contatto corporeo: una mamma che abbraccia un bimbo, darsi la mano, accarezzarsi, fare l’amore, massaggiare il corpo, godere dei sensi sentendo il piacere di correre, dormire, lavorare, svegliarsi, fare pipì, mangiare, prendere il sole ecc.. sono tutti modi ottimi di alimentare il secondo corpo. Senza contatto di piacere, i bambini come i vecchi si ammalano nel secondo corpo.




L'energia vitale è analoga, nella sua componente più fisica, ai campi elettromagnetici. Un essere con molta forza vitale trasmette un forte campo elettromagnetico. Per disinquinare il secondo corpo bisogna conoscere i campi elettromagnetici artificiali e limitarne gli effetti dannosi. Le onde elettromagnetiche e ionizzanti provocano infatti un’alterazione del normale campo vitale che può portare a numerose e anche gravissime malattie come leucemie e tumori. Intorno ad ogni congegno elettrico, in particolare i trasformatori, si viene a creare un campo elettromagnetico che lo circonda per alcuni centimetri o anche per alcuni metri. Nei fili elettrici che si trovano in ogni casa, scorre corrente alternata 50 volte al secondo (50 Hz): abbiamo rilevato che il campo elettromagnetico attorno a questi fili si espande anche per un metro tutt'intorno e influenza profondamente il delicato campo elettromagnetico del nostro cervello e del nostro corpo.

Radiosveglie, apparecchi elettrici televisori e fili elettrici non dovrebbero restare nella stanza dei bambini o nella camera da letto. Per ovviare a questo è sufficiente mettere un interruttore generale della stanza, che si spegne quando si va a letto (50 - 100.000 lire di elettricista). Oltre a questo, i telefonini producono dannosissime microonde, i televisori emettono raggi x, le linee ad alta tensione creano campi di radiazioni di oltre 100 metri, le stazioni emittenti radio-tv creano campi ad alta frequenza. L’alterazione dei ritmi giorno-notte è un’ulteriore mazzata per il ritmico ed equilibrato corpo eterico.

Tra le tecniche di maggior effetto per il disinquinamento naturale del primo e del secondo corpo ci sono in particolare le acque termali pure che, possono depurare il corpo, la pelle, gli intestini, il sangue e il sistema nervoso, reintegrando le sostanze tossiche con sali minerali puri che vengono direttamente dalla Terra e in particolare con le energie vitali che le acque pure portano con sé e che possono ricostituire, specialmente se aiutate dall'energia della luce solare diretta, le fibre energetiche depauperate del nostro secondo corpo.




Il terzo corpo emozionale istintivo o astrale si ciba ovviamente di emozioni. Insieme al quarto corpo mentale, a cui è particolarmente connesso, è uno dei corpi più inquinati e condizionati e richiede un attento lavoro di ripulizia. Le emozioni sono come i sapori che mettiamo sui cibi: colorano gli eventi di tinte forti o sfumate. Ogni momento di gioia o dolore è in realtà un momento di normale realtà colorato emotivamente - in positivo o in negativo - dal terzo corpo. Disinquinare e decondizionare il terzo corpo significa diventare consapevoli del piano emozionale e discriminare ciò che ci è utile da ciò che ci è dannoso. Ogni film dell’orrore, di violenza, di guerra, ogni fumetto nero o rivista porno, alimenta il nostro terzo corpo di emozioni basse, pesanti e negative. Alimenta centri già devastati come quelli della paura, della rabbia, della lussuria o dell’invidia. Spesso le pubblicità alimentano emozioni di inferiorità/superiorità, di competizione/arrivismo o di smodato desiderio. Allo stesso modo esistono persone, luoghi, cibi e situazioni che alimentano basse emozioni e istinti negativi. Sport come la boxe e la caccia sono intrisi di aggressività e violenza. La carne e gli insaccati, gli alcolici, le droghe e gli stupefacenti sono essenzialmente "cibi" emozionali di basso livello che possono offuscare e condizionare la delicatissima sensibilità del corpo astrale impedendogli di percepire le energie più evolute e sottili. Al contrario possiamo alimentarci di emozioni e sentimenti elevati, umani e nobili.

Negli antichi testi orientali si invitano coloro che iniziano il cammino della ricerca a frequentare veri amici, sensibili e dello stesso livello di evoluzione, con cui scambiare le proprie impressioni emotive positive e fortificare i propri sentimenti elevati. L’incontro con un grande personaggio o con un maestro spirituale è un evento che porta con sé un’enorme carica di impressioni emozionali elevate che rimangono poi indelebilmente legate alla relazione stessa.




Il quarto corpo mentale o psichico si ciba di informazioni. Il massimo di informazioni si sperimenta nel vuoto e nel silenzio della meditazione: il silenzio è il cibo dell’anima. Ma la nostra società apprezza solo il pieno e teme il vuoto e il silenzio perchè non li conosce. Il quarto corpo può esistere in due modalità e quindi richiedere due alimentazioni; per comprendere questa dualità ricordiamo che il chakra del cuore nella maggior parte delle persone è aperto verso il basso, ossia verso i primi tre livelli più esteriori e materiali, ma può aprirsi anche verso l'alto portando la persona a percepire i livelli più sottili ed elevati del proprio essere. Così il quarto corpo, quando il cuore è orientato all'esteriorità, si ciba di nozioni mentali, concetti intellettuali, dati e opinioni, mentre quando il cuore è orientato ai livelli spirituali, si ciba di amore incondizionato e silenzio. Le informazioni mentali di cui si ciba il quarto corpo inferiore possono a loro volta essere negative o positive.

Da quando il bambino nasce, i genitori e la società lo "istruiscono" parlandogli o dandogli testi da leggere, che sono solo parole scritte: lo alimentano di informazioni mentali. Essendo la mente collettiva degli ultimi duemila anni orientata alla separazione, all’aggressività, alla mancanza di tolleranza e al potere dell’uomo sull’uomo, appare evidente che genitori e maestri, pur animati da ottime intenzioni, continuano da millenni a trasmettere ai bambini una cultura materiale e priva di valori, perpetuandone così la validità sociale. È assolutamente fondamentale comprendere che siamo tutti condizionati in profondità dalla vecchia cultura e dai suoi perversi valori, basati sul senso del peccato e della colpa, sulla coercizione e sulla completa mancanza di reali valori umani, ecologici e spirituali. Questo è uno dei livelli in cui il decondizionamento deve essere più profondo. La nuova cultura globale può svilupparsi solo da un radicale abbandono dei vecchi valori mentali. Questo certamente non significa gettare secoli di arte, scienza e storia, ma liberare la mente dai falsi preconcetti che non permettono l’evoluzione della coscienza globale. Finché non saremo liberi da tutto ciò che alimenta l’ego, ossia l’"io" sociale, non potremo avere una mente individuale e pronta all’evoluzione.




Il senso dell’io nasce dalla mente, è un prodotto della società, e la società continua ad alimentare l’ego delle persone. Come il maestro spirituale Krishnamurti e il fisico Bohm hanno evidenziato, l’ego è un prodotto della divisione della mente. Le grandi divisioni sono quella tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e gli altri esseri umani e tra l’essere umano e se stesso. La vecchia cultura ha alimentato per millenni queste divisioni creando razze, classi, stati e religioni in continua lotta tra loro, creando antagonismi e gerarchie tra gli esseri umani all’interno della stessa patria o religione, creando blocchi psicosomatici tra sesso e amore, tra sentimenti e doveri, tra corpo e anima. Quando sentiamo dire, o noi stessi diciamo: "io sono italiano" o "cristiano" o "di sinistra" o "di destra", dobbiamo renderci conto che siamo schiavi di una divisione. Da un’altra parte dell’Italia o del mondo qualcuno dirà e crederà di essere esattamente l’opposto. L’essere umano è libero e ogni condizionamento è un limite alla sua libertà.

Molti ritengono che oggigiorno ormai vige uno stato di libertà e democrazia: non è vero. Possiamo dire che il condizionamento dittatoriale dello stato e della religione è meno pesante ma siamo ancora lontani dalla libertà. Un esempio: la pressoché totalità dei bambini che nascevano nella Germania nazista erano nazisti, quelli che nascevano in Russia erano comunisti, quelli che ancora oggi nascono in Israele credono di essere ebrei, se nascono in un paese mussulmano diventano regolarmente mussulmani, mentre se nascono in Europa sono cristiani; ma dov'è allora la libertà di religione? Questo evidenzia come, sia sul piano politico che religioso, esistano ancora delle gravissime forme di mancanza di rispetto per i più elementari diritti umani.




Il processo di decondizionamento avviene attraverso la consapevolezza dei condizionamenti attuali e, soprattutto, grazie allo sviluppo di un centro di coscienza superiore all’"io della mente", che coincide con l’esperienza dell’essere e lo sviluppo del . Esistono ormai numerose possibilità di alimentare il corpo mentale in modo estremamente positivo, attraverso libri, musiche di ogni genere, film, conferenze, incontri di livello culturale superiore e orientato ad una vera libertà e umanità. Libri, film, musiche, dipinti possono veicolare al nostro animo sentimenti superiori e alimentare il nostro senso di bellezza, di saggezza, di bontà, d’amore, di verità, di giustizia. A livello più umano e concreto, decondizionare la propria mente significa innanzitutto cambiare i propri comportamenti nel momento in cui vediamo che sono portatori di malessere o di divisione. Tutti i modi di relazionarci con gli altri, gli amici, i partner possono essere profondamente modificati in senso armonico, e nel pieno rispetto per la propria identità e libertà. Abbandonate il più presto possibile tutte le situazioni di famiglia, relazione, amicizia e lavoro che non vi fanno sentire liberi e a vostro agio.




L’ego è una falsa identità, vivere per l’ego significa perdere una vita per seguire doveri e schemi che non sentiamo nostri. Il è la nostra vera natura, è semplice, profonda e immediata. L’ego si impara inibendo le naturali energie umane, sessuali, emotive, psichiche e spirituali, e sostituendovi comandi e comandamenti basati sull’"inibizione dell’azione" e sul timore di Dio e dell’autorità. Il è frutto di un senso di amore impersonale per se stessi, per gli altri e per la vita stessa. Il porta un sorriso autentico che viene dal cuore: il quarto centro. Don Juan diceva a Carlos Castaneda che l’uomo di conoscenza è colui che diventa consapevole della mancanza di senso della vita e che quindi decide di seguire la via che ha un cuore. Passare da un comportamento controllato ad uno fluido e spontaneo è uno dei sistemi più sicuri di decondizionarci. Nel processo di trasformazione dobbiamo ascoltare le donne e le energie femminili che sono portatrici di qualità più sensibili, intuitive e sottili, e da millenni sono state condizionate a comportarsi secondo codici patriarcali. Non è facile trovare vere donne ma comunque è molto più facile che trovare uomini autentici. Statistiche americane indicano che la presenza femminile nei gruppi orientati all'ecologia e alla trasformazione è maggiore di un quinto rispetto a quella degli uomini.

Ascoltate la vostra anima femminile, la vostra sensibilità, i vostri sentimenti autentici e lasciate che siano essi a dirigervi nel caos della vita attuale.


Il quinto corpo è spirituale e si ciba di energie-informazioni sacre. È importante capire che la religiosità ufficiale, imposta dalla famiglia e dalla società fin dalla prima infanzia, essendo accettata dalla mente in maniera passiva e spesso coercitiva, difficilmente potrà rappresentare una vera alimentazione del quinto corpo.

Solo quando facciamo esperienza di noi stessi come , della nostra autentica natura e sviluppiamo una vera forma di religiosità iniziamo ad alimentare il quinto corpo. Tra tutti i condizionamenti del passato, quello spirituale è stato senza dubbio uno dei più forti.

È sufficiente sostituire l’esperienza diretta della propria coscienza con una serie di concetti e frasi fatte. La religione cattolica, come praticamente ogni altra religione fondata su dogmi e gerarchie, trasforma un potenziale ricercatore spirituale in un "fedele". Il quinto corpo non si ciba di "fede" ma di esperienze dirette, non è sufficiente dire: "io sono un’anima divina e sono figlio di Dio" perchè questo sia vero. Ai bambini vengono insegnate frasi fatte, prive di esperienza diretta e di senso interiore. Il risultato è un quinto corpo spirituale denutrito e atrofizzato, che si accontenta di una messa alla domenica o di un rito nella sinagoga o nella moschea senza avere la grazia di sperimentare la beatitudine dell’esperienza del silenzio e della comunione col Divino.

È necessario che ai bambini (e agli adulti) venga trasmesso il senso della ricerca e del profondo mistero della coscienza, che vengano insegnate tecniche di differenti scuole e religioni, per sperimentare gli stati spirituali, affinché ogni essere umano trovi il suo vero cammino attraverso l'esperienza diretta.




In questo capitolo abbiamo dato informazioni che possono essere validamente usate per alimentare il quinto corpo. Se un lettore leggesse tutti i testi relativi alla spiritualità che abbiamo riportato nella bibliografia potrebbe certamente saziarsi. Ma il cibo energetico/informatico del quinto corpo è molto più sottile delle parole scritte. Il quinto corpo si nutre veramente quando si entra in un luogo sacro, quando si incontra un vero maestro spirituale, quando si frequenta una scuola di ricerca interiore e si sente il contatto con gli altri esseri umani che stanno ricercando e sperimentando il divino dentro e fuori di loro. Momenti magici, situazioni di espansione di coscienza, silenzi di grande significato: l’anima si nutre di questo e si delizia. Nutrirsi di energia/coscienza divina è vivere in estasi, in beatitudine: infatti il quinto livello di realizzazione viene chiamato Ananda, beatitudine spirituale. A volte oggetti sacri, libri, cassette di canti, bajan o musiche new age possono alimentare il nostro quinto corpo anche nella ristrettezza di una vita cittadina. Ma deve aprirsi un canale, una porta con il divino che è sempre in noi e fuori di noi, che è sempre presente in ogni istante.




Il sesto livello è planetario, universale, sacro. Il vero cibo per il sesto corpo è l'esperienza oceanica di sentirsi parte della natura vivente e intelligente di Gaia. Ogni energia e informazione che alimenti la nostra visione globale verso la coscienza planetaria nutre comunque il sesto corpo. Siamo a livelli assai evoluti, entriamo nell’intimo dell’esperienza sacra dei grandi santi e mistici, ma anche, in alcuni casi, dei grandi scienziati e pensatori che hanno portato l’umanità più vicina ad una cultura globale e ad un sentimento universale dei diritti umani ed ecologici. San Francesco, James Lovelock, l’Ipotesi Gaia, libri come La coscienza cosmica di Bucke o correnti psicologiche come quella di Jung, Reich, Assagioli, Maslow, visioni ecumeniche allargate come quelle nate ad Assisi negli ultimi anni, le grandi associazioni internazionali come Amnesty International, Green Peace, la Croce Rossa, l’ONU, il WWF, e molti altri stanno contribuendo ad alimentare il sesto corpo sui suoi vari livelli.

L’unico decondizionamento è costituito ancora una volta della sopravvivenza degli ego limitati che non vogliono un’unica Terra e un’unica Umanità per paura di perdere i loro interessi personali e le loro identificazioni culturali.




Il settimo corpo si ciba di esperienza di Infinità, di Totalità, di Assoluto, di Vuoto: qualità ovviamente onnipresenti e che quindi possono essere ritrovate in ogni granello di polvere, in ogni istante. Questo è il cibo che alimenta in noi la coscienza del Tutto, il corpo trascendente, chiamato anche corpo nirvanico e per raggiungere questo stato è necessario il vuoto totale della mente. In questo vuoto assoluto anche il svanisce e con esso l’illusione della separazione e dell’identità spirituale, la goccia di rugiada si perde nell’oceano, il Divino esiste ed ogni cosa è lui. Alimentare questo livello è problematico, in quanto tutti sono alla ricerca di un io più forte e potente, una piccola minoranza di ricercatori cerca un spirituale, pochi, quasi nessuno, desidera trascendere la propria identità e perdersi nell’infinità intelligente.

Questo è il livello dei grandissimi maestri, dei Buddha che hanno raggiunto "l’altra sponda" e non rientreranno più, non si incarneranno più in un corpo perchè non esiste più né io, né sé. Gautama il Buddha, Ramana Maharshi, Krishnamurti, Osho Rajneesh, Babaji, Nisargadatta Maharaji, e molti maestri Zen hanno raggiunto questo livello e hanno trasferito questa conoscenza ai loro discepoli alimentando in loro questo settimo corpo che li unirà al cosmo. I messaggi di questi maestri sono univoci su un unico punto: vuota la mente, abbandona l’ego, trascendi il Sè, comprendi che l’identità è illusoria, è un aggregato, disidentificati con ciò che pensi di essere e resta senza identità. Onore a coloro che sono passati dall’altra sponda... il meglio della coscienza planetaria che si unisce alla coscienza cosmica.


<*> LUCE INFINITA DELL'AMORE E DELLA VERITA' <*>



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