° ° ° Suor Eugenia Bonetti, Missionaria ° ° °
SUOR EUGENIA BONETTI - intervista - (Se non ora quando? 13 febbraio) - WWW.RBCASTING.COM : http://www.youtube.com/watch?v=k0KfZOIxsu4
L' 8 MARZO E' TUTTI I GIORNI, L' 8 MARZO E' DIGNITA', RISPETTO E AMORE PER SE STESSI, PER QUELLA PARTE DI LUCE CHE VIVE E SI MANIFESTA IN OGNUNO DI NOI, UOMO O DONNA,DURANTE TUTTO L'ANNO una testimonianza da una piazza che ha dato via al risveglio...franca |
(grazie all'amica Anna perchè, nonostante le prove fisiche cui è sottoposta, mette primariamente se stessa al servizio degli altri, come volontariato e come informazione )
Domenica scorsa 13 febbraio ero bloccata in casa, come mi succede spesso, dal dolore per il blocco della schiena, ed ho visto in tv le donne in piazza del Popolo a Roma.
Mi ha molto colpita la testimonianza della suora Eugenia Bonetti e sono felice di potervela porgere per la vostra riflessione, perchè risaltano molti concetti da meditare, riflettere e divulgare nei nostri rapporti quotidiani.
Spero molto in un radicale cambiamento dei veri valori sia dell'uomo che della donna, per poter cambiare i rapporti in meglio, per il bene di tutti, specialmente di chi è piccolo, affinchè il mondo di domani sia più vivibile.
Buona lettura, buona condivisione in famiglia, in tutti gli ambienti e tra le vostre conoscenze.
Sempre con Gesù nel cuore.
Anna
DONNE E DIGNITÀ
Libere di leggere
La testimonianza in piazza di suor Eugenia Bonetti
“Vogliamo un Paese che rispetti le donne tutte”. Un grande striscione rosa appeso alla terrazza del Pincio e una piazza del Popolo a Roma stracolma di donne di tutte le età, ma anche uomini e bambini, senza simboli di partito, senza distinzioni. Madri con figlie, donne con mariti o fidanzati, coppie con passeggini. Un milione di persone in 230 città italiane e 30 città straniere. Talmente tanta gente da non riuscire ad entrare dalle vie d’accesso alla piazza, intasate di vita festosa e cartelli con slogan originali, indignati o curiosi: “L’Italia e le donne hanno ben altra dignità”, “La donna libera è l’assoluto contrario della donna leggera”, “L’Italia non è una Repubblica fondata sul favore (sessuale)”. E un significativo flash mob iniziale: un minuto e mezzo di silenzio e un grido dal palco: “Se non ora quando?”. La piazza ha risposto a voce sola: “Adesso”. Così si è svolta domenica 13 febbraio la manifestazione di piazza del Popolo convocata da un gruppo di donne del mondo della cultura, dello spettacolo, della società civile, per reclamare il rispetto della dignità della donna. Un vento nuovo che ha percorso la penisola da Nord a Sud, ma anche in altre città del mondo, perché le donne italiane – quelle “vere” – sono stanche di come vengono rappresentate dal mondo della politica e dei media e hanno deciso di dire “Basta”. Tanti gli interventi delle donne che si sono succeduti sul palco, tra gli applausi scroscianti della piazza.
Ne riportiamo uno, tra i tanti: quello – applauditissimo – della missionaria della Consolata suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia). Suor Eugenia ha vissuto in Africa per 24 anni, ha lavorato in un centro Caritas di Torino con le donne vittime di tratta e ora coordina centinaia di religiose che operano sulle strade, nei centri ascolto, nei centri di detenzione ed espulsione e nelle case famiglia.
“Basta con questo indegno mercato”. “Sono qui per dare voce a chi non ha voce – così ha esordito la missionaria –, alle nuove schiave, vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale, per lanciare un forte appello affinché sia riconosciuta la loro dignità e ripristinata la loro vera immagine di donne, artefici della propria vita e del proprio futuro. A nome loro e nostro diciamo basta a questo indegno e vergognoso mercato del mondo femminile”. Suor Eugenia ha fatto notare che “l’immagine che viene trasmessa in tanti modi e forme, dai media, dalla pubblicità e dagli stessi rapporti quotidiani tra uomo-donna è l’immagine del corpo della donna inteso solamente come oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno, misconoscendo invece l'essenziale che lo stesso corpo umano racchiude: una bellezza infinita e profonda da scoprire, rispettare, apprezzare e valorizzare”.
La donna non è una merce. “Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono in modo spudorato sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche – ha sottolineato la religiosa – ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare. Quale immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia?”.
Suor Eugenia ha evidenziato soprattutto una grossa contraddizione: “In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti. Abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, pensando di aver risolto il problema, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante dei programmi e notizie televisive, della cultura del vivere quotidiano”. “Tutto questo – ha sottolineato – purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono modelli da imitare e mete da raggiungere”.
Un appello contro l’indifferenza. “Troppo spesso – ha detto suor Eugenia – la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore. Il suo vero successo e il suo avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, ma deve essere fondato sulle sue capacità umane, sulla sua bellezza interiore e sul suo senso di responsabilità”.
Un appello contro l’indifferenza. “Troppo spesso – ha detto suor Eugenia – la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore. Il suo vero successo e il suo avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, ma deve essere fondato sulle sue capacità umane, sulla sua bellezza interiore e sul suo senso di responsabilità”.
“Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte a quanto oggi accade in Italia nei confronti del mondo femminile. Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il Paese”. Da qui l’appello alle “autorità civili e religiose, al mondo maschile e maschilista che non si mette in discussione, alle agenzie d’informazione e formazione, alla scuola, alle parrocchie, ai gruppi giovanili, alle famiglie e in modo particolare alle donne”: riappropriarsi “di quei valori e significati sui quali si basa il bene comune per una convivenza degna di persone umane, per una società più giusta e più libera”.
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Fabrizio de André - discorso su Anime Salve - Ultimo Concerto '98 01: http://www.youtube.com/watch?v=hUrb_3r-lf8
Fabrizio De Andrè - In Concerto 1998 integrale (Prima parte): http://www.youtube.com/watch?v=MdxOjf-xkl0
Fabrizio De Andrè - In Concerto 1998 integrale (Seconda parte): http://www.youtube.com/watch?v=RibkkJxEshA
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8 Marzo 2011: Giornata internazionale della donna
La giornata internazionale della donna, comunemente definita festa della donna, ricorre l'8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo.Storia
Il «Woman's Day» negli Stati Uniti (1908-1909)
Nel VII Congresso della II Internazionale socialista, tenuto a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907, nel quale erano presenti 884 delegati di 25 nazioni - tra i quali i maggiori dirigenti socialisti del tempo, come i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, August Bebel, i russi Lenin e Martov, il francese Jean Jaurès - vennero discusse tesi sull’atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea, sul colonianismo e anche sulla questione femminile e sulla rivendicazione del voto alla donne.Su quest'ultimo argomento il Congresso votò una risoluzione nella quale si impegnavano i partiti socialisti a «lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne», senza «allearsi con le femministe borghesi che reclamano il diritto di suffragio, ma con i partiti socialisti che lottano per il suffragio delle donne». Due giorni dopo, dal 26 al 27 agosto, fu tenuta una Conferenza internazionale delle donne socialiste, alla presenza di 58 delegate di 13 paesi, nella quale si decise la creazione di un Ufficio di informazione delle donne socialiste: Clara Zetkin fu eletta segretaria e la rivista da lei redatta, Die Gleichheit (L’uguaglianza), divenne l’organo dell’Internazionale delle donne socialiste.
Non tutti condivisero la decisione di escludere ogni alleanza con le «femministe borghesi»: negli Stati Uniti, la socialista Corinne Brown scrisse, nel febbraio del 1908 sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non avrebbe avuto «alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione». Fu la stessa Corinne Brown a presiedere, il 3 maggio 1908, causa l’assenza dell’oratore ufficiale designato, la conferenza tenuta ogni domenica dal Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater: quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, fu chiamata «Woman’s Day», il giorno della donna. Si discusse infatti dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne.
Quell’iniziativa non ebbe un seguito immediato, ma alla fine dell'anno il Partito socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali «di riservare l’ultima domenica di febbraio 1909 per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile». Fu così che negli Stati Uniti la prima e ufficiale giornata della donna fu celebrata il 28 febbraio 1909.
La Conferenza di Copenaghen (1910)
Il lunghissimo sciopero, che vide protagoniste più di 20.000 camiciaie newyorkesi, durato dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, fu considerato, nel Woman's Day tenuto a New York il successivo 27 febbraio, come una manifestazione che univa le rivendicazioni sindacali a quelle politiche relative al riconoscimento del diritto di voto femminile. Le delegate socialiste americane, forti dell'ormai consolidata affermazione della manifestazione della giornata della donna, decisero pertanto di proporre alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi nella Folkets Hus (Casa del popolo) di Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910 - due giorni prima dell'apertura dell'VIII Congresso dell'Internazionale socialista - di istituire una comune giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.Negli ordini del giorno dei lavori e nelle risoluzioni approvate in quella Conferenza non risulta che le 100 donne presenti in rappresentanza di 17 paesi abbiano istituito una giornata dedicata ai diritti delle donne: risulta però nel Die Gleichheit, redatto da Clara Zetkin, che una mozione per l'istituzione della Giornata internazionale della donna fosse «stata assunta come risoluzione».
Mentre negli Stati Uniti continuò a tenersi l'ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei - Germania, Austria, Svizzera e Danimarca - la giornata della donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911[1] su scelta del Segretariato internazionale delle donne socialiste. Secondo la testimonianza di Aleksandra Kollontaj, quella data fu scelta perché, in Germania, «il 19 marzo 1848 durante la rivoluzione il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne». In Francia la manifestazione si tenne il 18 marzo 1911, data in cui cadeva il quarantennale della Comune di Parigi[2].
Non fu però ripetuta tutti gli anni, né celebrata in tutti i paesi: in Russia si tenne per la prima volta a San Pietroburgo solo nel 1913, il 3 marzo, su iniziativa del Partito bolscevico, con una manifestazione nella Borsa Kalašaikovskij, e fu interrotta dalla polizia zarista che operò numerosi arresti. In Germania, dopo la celebrazione del 1911, fu ripetuta per la prima volta l'8 marzo 1914, giorno d'inizio di una «settimana rossa» di agitazioni proclamata dai socialisti tedeschi, mentre in Francia si tenne con una manifestazione organizzata dal Partito socialista a Parigi il 9 marzo.
L'8 marzo 1917
Le celebrazioni furono interrotte dalla Prima guerra mondiale in tutti i paesi belligeranti, finché a San Pietroburgo, l'8 marzo 1917 - il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia - le donne della capitale guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra: la fiacca reazione dei cosacchi inviati a reprimere la protesta, incoraggiò successive manifestazioni di protesta che portarono al crollo dello zarismo, ormai completamente screditato e privo anche dell'appoggio delle forze armate, così che l'8 marzo 1917 è rimasto nella storia a indicare l'inizio della «Rivoluzione russa di febbraio». Per questo motivo, e in modo da fissare un giorno comune a tutti i Paesi, il 14 giugno 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima dell’apertura del III congresso dell’Internazionale comunista, fissò all'8 marzo la «Giornata internazionale dell'operaia».
In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta soltanto nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d'Italia, che volle celebrarla il 12 marzo, in quanto prima domenica successiva all'ormai fatidico 8 marzo. In quei giorni fu fondato il periodico quindicinale Compagna, che il 1º marzo 1925 riportò un articolo di Lenin, scomparso l'anno precedente, che ricordava l'8 marzo come Giornata internazionale della donna, la quale aveva avuto una parte attiva nelle lotte sociali e nel rovesciamento dello zarismo.
La connotazione fortemente politica della Giornata della donna, l’isolamento politico della Russia e del movimento comunista e, infine, le vicende della Seconda guerra mondiale, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione. Così, nel dopoguerra, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York, facendo probabilmente confusione con una tragedia realmente verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate dall'Europa. Altre versioni citavano la violenta repressione poliziesca di una presunta manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857,[3] mentre altre ancora riferivano di scioperi o incidenti verificatesi a Chicago, a Boston o a New York.
Nonostante le ricerche effettuate da diverse femministe tra la fine degli anni '70 e gli '80 abbiano dimostrato l'erroneità di queste ricostruzioni, le stesse sono ancora diffuse sia tra i mass media che nella propaganda delle organizzazioni sindacali.
Compare la mimosa
Nel settembre del 1944 si creò a Roma l’UDI, Unione Donne in Italia, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d'Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro e fu l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, le prime giornate della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all'ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l'8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l'Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, secondo un'idea di Teresa Noce [8], Rita Montagnana e di Teresa Mattei.[9]Negli anni del 1950, anni di guerra fredda e del ministero Scelba, distribuire in quel giorno la mimosa o diffondere Noi donne, il mensile dell'Unione Donne Italiane (UDI), divenne un gesto «atto a turbare l’ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico».[10] Nel 1959 le parlamentari Pina Palumbo, Luisa Balboni e Giuliana Nenni presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l'iniziativa cadde nel vuoto.
Il clima politico migliorò nel decennio successivo, ma la ricorrenza continuò a non ottenere udienza nell'opinione pubblica finché, con gli anni settanta, in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista.
L'8 marzo 1972 la manifestazione della festa della donna si tenne a Roma in piazza Campo de' Fiori: vi partecipò anche l'attrice americana Jane Fonda, che pronunciò un breve discorso di adesione, mentre un folto reparto di polizia era schierato intorno alla piazza nella quale poche decine di manifestanti inalberavano cartelli con scritte inconsuete e «scandalose»: «Legalizzazione dell'aborto», «Liberazione omosessuale», «Matrimonio = prostituzione legalizzata», e veniva fatto circolare un volantino che chiedeva che non fosse «lo Stato e la Chiesa ma la donna ad avere il diritto di amministrare l'intero processo della maternità». Quelle scritte sembrarono intollerabili, perché la polizia caricò, manganellò e disperse le manifestanti.[11]
Il 1975 fu designato come "Anno Internazionale delle Donne" dalle Nazioni Unite e l'8 marzo le organizzazioni femminili celebrarono in tutto il mondo proprio la giornata internazionale della donna, con manifestazioni che onoravano gli avanzamenti della donna e ricordavano la necessità di una continua vigilanza per assicurare che la loro uguaglianza fosse ottenuta e mantenuta in tutti gli aspetti della vita civile. A partire da quell'anno anche le Nazioni Unite riconobbero nell'8 marzo la giornata dedicata alla donna.
Due anni dopo, nel dicembre 1977, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione proclamando una «giornata delle Nazioni Unite per i diritti della donna e la pace internazionale» da osservare dagli stati membri in un qualsiasi giorno dell'anno, in accordo con le tradizioni storiche e nazionali di ogni stato. Adottando questa risoluzione, l'Assemblea riconobbe il ruolo della donna negli sforzi di pace e riconobbe l'urgenza di porre fine a ogni discriminazione e di aumentare gli appoggi a una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese.
Note
- ^ (EN) Pagina dell'ONU sull'edizione 2008 della Giornata Internazionale della Donna
- ^ (DE) Natascha Vittorelli, Der 8. März und seine Geschichten, articolo dell'8 marzo 2005, sul sito dell'Università di Vienna
- ^ Anno che, come è stato fatto notare da alcune femministe francesi che indagavano sull'origine della Giornata della donna, coincide con quello di nascita di Clara Zetkin
- ^ Temma Kaplan, On the Socialist Origins of International Women's Day, in «Feminist Studies», 11, 1, 1985, pp. 163-171 (PDF Sulle versioni circolanti sull’origine della data dell’8 marzo
- ^ Tilde Capomazza, Marisa Ombra, 8 marzo. Una questione lunga un secolo, Iacobelli Editore 2009, ISBN 978-88-6252-042-3, pag 84-89.
- ^ Susanna Nirenstein, Il giallo '8 marzo' ma quella data è un falso storico, articolo de La Repubblica, del 6 marzo 1987
- ^ Gian Antonio Stella, Quella svista sull' 8 marzo, articolo del Corriere della Sera, dell'8 marzo 2004
- ^ Teresa Noce "Rivoluzionaria Professionale" Ed. Aurora 2003 (ristampa)
- ^ Laura Fantone, Ippolita Franciosi, (R)Esistenze: il passaggio della staffetta, Morgana, 2005, p. 34.
- ^ T. Capomazza, M. Ombra, cit., pp. 93-95
- ^ T. Capomazza, M. Ombra, cit., pp. 111-115.
- Tilde Capomazza, Marisa Ombra, 8 marzo: storie miti riti della giornata internazionale della donna, Pavona di Albano Laziale, Iacobelli, 2009 ISBN 88 6252 042 3
- Mirco Volpedo, 8 marzo, Genova, Erga, 2009 ISBN 88 8163 437 6
- Alessandra Gissi, Otto marzo. La Giornata internazionale delle donne in Italia, Roma, Viella, 2010 ISBN 88 8334 447 3
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