domenica 27 maggio 2012

ESPERIENZE DI FEDE = INTERROGATIVI ED ANALISI



STRAORDINARIA, MIRACOLOSA APPARIZIONE DELLA *MADRE DI MEDJUGORIE, Regina della Pace*, in una località della Toscana alle 13,13 del 26 APRILE 2012 !

ESAME RADIESTETICO DELLA FOTO DELLA MADRE DIVINA, EFFETTUATO DA MARCELLO GIANI {Il migliore Radioestesista Italiano} che attesta sia *L’AUTENTICITA’ DELLA FOTO* {Raffigura Certamente un’ALTISSIMA ENTITA’ qual’è LA MADRE DIVINA}, sia una ENERGIA pari a quella della OM Nativa, sia LA PRESENZA DI UN BATTITO D’UN BAMBINO:

MARCELLO GIANI – 01/05/2012 –

{Tutti i dati professionali di Marcello Giani: www.laradiestesia.altervista.org }

Caro Alessandro,

Analizzando la foto che mi hai inviato, percepisco che non si tratta di un’entità qualunque; a mio avviso si tratta della Madre Divina che sta operando nel suo atto di generare; con il pendolo si percepisce il battito di una nuova vita; che si tratti della gestazione dell’Uomo Nuovo, della Nuova Umanità che auspichiamo??? Speriamo che questa gestazione non sia troppo lunga…….

Tutto ciò non deve essere paragonato ad una gestazione umana: la dimensione temporale è puramente materiale e terrena; con questo voglio sottolineare che non possiamo sapere con certezza quanto potrà durare tale gestazione; possiamo solo fare delle ipotesi……..

Senza tener conto della nuova vita che sta generando, la foto emana un’energia quantificabile in Bovis 28.000; Comprendendo, invece, anche l’emanazione di cui è testimone il battito di vita, la misurazione sale a Bovis 35.000.

Analizzando la tua foto, si percepisce chiaramente che stai canalizzando la stessa energia, ma non prendi parte alla gestazione: sulla tua foto non si sente il battito. Del resto dobbiamo considerare che la generazione in genere è appannaggio della polarità femminile. Inoltre l’energia che stai canalizzando è un’energia emissiva, con una direzione centrifuga e tendente all’espansione, a differenza dell’energia generante che è centripeta e tendente alla concentrazione.

L’energia che stai canalizzando misura in questo momento Bovis 28.000, la stessa della foto senza considerare la gestazione; praticamente la madre ha deviato una piccola parte dell’energia guaritrice verso un altro progetto importante……..

Questo è tutto ciò che mi sento di affermare interpretando le indicazione dello strumento di analisi.

Un grande abbraccio nella Luce,

Marcello

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Il battito del bimbo nel grembo della Madre Divina= con un semplice stetoscopio professionale, potrete constatarlo Voi stessi, a riprova dell’autenticità e la serietà dell’Esame Radiestetico effettutato da Marcello Giani, sulla foto della Madre.

Chi possiede un BioTensor o un Biometro (Misuratori dei Bòvis Energetici Emessi), può effettuare in prima persona un’Esame dell’Energia indicata in più misurazioni da Marcello Giani.

QUESTO EVENTO ECCEZIONALE, rientra perfettamente nel 4° Messaggio della Madre Divina a Fatima, trascritto e custodito da Suor Lucia e, dopo la sua morte, dal Vaticano stesso che l’ha secretato (…esclusa l’ultima frase trapelata (?), scritta in portoghese dalla mano di Suor Lucia…)

Quando avverrà? Come avverrà? Dove avverrà?Colei che darà all’Umanità questo Bimbo, sarà ancora Maria o un’altra donna prescelta?

 Marcello Giani, pur con la serietà e la precisione che lo contraddistinguono, può solo dirci *che sta avvenendo*, con tutte le caratteristiche indicate…”LA MADRE STA GENERANDO…” questo è l’elemento più importante per tutti voi che leggete e per L’Intera Umanità. Nel caos di questo 2012, abbiamo letto, sentito, ascoltato, percepito di T U T T O!...Mi viene da dire a tutti i “Dotti”, “Saggi”, “Istrioni” e “Saltimbanchi” d’ogni tipo…”…per favore, ora basta arrampicarsi sugli specchi della notorietà a tutti i costi o con le promesse più assurde, “come quella d’Esser Premiati ed andare in 5° Dimensione (…ma a far che? In premio di cosa?...)”, ma nessuno parla seriamente dell’UNICO, VERO CAMBIAMENTO CHE C’E’ DA FARE INTERIORMENTE, IN OGNUNO DI NOI ED E’ UN PROFONDO CAMBIAMENTO SPIRITUALE che annulli, disintegri tutte LE VERE BARRIERE alzate per dividere L’UMANITA’per DOMINARLA!... …”LA MADRE STA GENERANDO…”ed è certo che LA MADRE porterà Compassione e Amore a questa Umanità martoriata, dolente, illusa da promesse impossibili…

Posso solo affermare, con certezza, che TUTTO questo cambiamento avviene con 1 anno esatto d’anticipo…*entro il tempo che vedrà le foglie ancora verdi attorno a te (…a me, dalla Madre…)*,

Alessandro

P.S.= DOCUMENTO COMPLETO INTEGRALE.



Per eventuali Vs/ ulteriori richieste,  seiquattronove@gmail.com  –

Tel 0566844368 - Cell 3477613787



Un abbraccio a tutti Voi nella Luce Divina,



Alessandro Corsi
<§*§> LUCE INFINITA DELL'AMORE, DELLA COMPASSIONE, DELLA VERITA' <§*§>

mercoledì 23 maggio 2012

L A L A I C I T A' - I vari aspetti nella Società Odierna

)*( S T R E L I T Z I A )*(




LA LAICITA'

di Donatella Loprieno

Le istituzioni democratiche ed il loro funzionamento, in Italia, stanno sperimentando una inedita (nella forma ma non nella sostanza) alleanza con la Chiesa cattolica le cui posizioni sono iper-rappresentate nel dibattito pubblico. Le ingerenze dei vertici di tale confessione su qualsiasi materia implicante (direttamente o indirettamente) profili di natura religiosa, nello Stato costituzionale, ha diritto di cittadinanza se e nella misura in cui voglia rivolgersi alla coscienza dei propri credenti e non anche ai cittadini tutti, credenti o non credenti che siano.

Donatella Loprieno

Donatella Loprieno
insegna Istituzioni di diritto pubblico e Diritto dei migranti all’Università della Calabria. Le sue principali linee di ricerca riguardano i diritti di libertà anche in ottica comparata ed europea. In particolare, si occupa delle questioni legate al principio di laicità dello Stato. Da ultimo, si sta interessando alle collisioni tra la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà dell’arte con riguardo specifico alla censura cinematografica.

Tra le sue pubblicazioni, Profili di diritto costituzionale e comunitario in materia di libertà religiosa, Periferia, Cosenza, 2005;

Il supremo principio di laicità dello Stato e la sua difficile esistenza, in S. Gambino, G. D’ignazio (a cura di), La revisione costituzionale e i suoi limiti. Tra teoria costituzionale, diritto interno, esperienze straniere, Milano, Giuffrè, 2007.





LA LAICITA'
Silete theologi in munere alieno


Alberico Gentili - Silete theologi in munere alienoInterruzione volontaria di gravidanza, divorzio, decisioni inerenti le fasi iniziali e terminali dell’esistenza umana, ricerca scientifica, riconoscimento giuridico delle relazioni affettive tra omosessuali, esposizione di simboli religiosi negli spazi pubblici, edifici di culto per i fedeli di religioni diverse da quella cattolica: sono solo alcune delle tematiche che chiamano in causa la laicità facendola tornare prepotentemente alla ribalta tanto nei dibattiti pubblici tanto nelle riflessioni scientifiche.

 La rinnovata attenzione verso questa attitudine dello Stato costituzional-democratico contemporaneo richiede, fuor da ogni dubbio, di essere indagata nei suoi molteplici aspetti per le ricadute che un suo depotenziamento sicuramente avrebbe sui diritti di libertà e sulla pari dignità sociale delle persone. Ognuna delle tematiche (potremmo dire eticamente sensibili) richiamate sopra presenta, pur se in misura diversa, una dimensione di diritto pubblico e richiede norme di portata generale, cogenti per tutti (credenti, non credenti, diversamente credenti) e, dunque, anche per chi persegua un ethos dissonante rispetto a quello che per gli uomini e le donne di fede è il solo criterio per decidere cosa sia giusto, morale, naturale.



      Nel contesto delle discussioni in merito a tali materie, tanto negli ambienti cattolici tanto in quelli (sedicenti) laici è divenuto frequente l’uso di locuzioni del tipo: laicità buona, giusta, sana lasciando sottointendere che, da qualche parte o in qualche momento, vi sarebbe una laicità cattiva, ingiusta, insana. Tale profusione di aggettivazioni certamente non contribuisce a fare chiarezza ed, anzi, ha favorito una attribuzione di significati (una sorta di "ermeneutica della laicità”; sul punto si veda V. Pacillo, in www.olir.it/.../Pacillo_neoconfessionismo.pdf

) tale da far assumere alla laicità connotati diametralmente opposti


Ora, se pure è vero che il concetto di laicità, come modo di essere dello Stato costituzionale moderno e contemporaneo, presenta una endemica vaghezza e non conosce un unico modello di implementazione, da più parti se ne è attestata (o, forse, auspicata) la crisi ‘profittando’ proprio della indeterminatezza e incertezza dei suoi contenuti, della polisemia e della equivocità a cui si presta.




       La laicità, piuttosto, presenta un contenuto inequivocamente giuridico e la edulcorazione della sua consistenza altro non produce se non l’impoverimento del pluralismo che della democrazia resta uno dei principali connotati. Il nucleo minimo ‘indisponibile’ del principio di laicità pretende dallo Stato “equidistanza ed imparzialità nei confronti di tutte le confessioni religiose” (Corte cost., sent. n. 508/2000); impone allo Stato di assicurare pari protezione alla
coscienza di ogni persona che si riconosca in una fede, quale che sia la sua confessione di appartenenza e la visione immanente o trascendente dell’esistenza umana (Corte cost., sent. n. 440/1995);

 richiede ai pubblici poteri di mantenere sempre distinto “l’ordine delle questioni civili” dall’ordine delle questioni religiose. Da quest’ultimo corollario del principio di laicità discende che il sentimento religioso ed il senso di dovere verso di esso che caratterizza i fedeli non possono essere imposti come mezzi al fine dello Stato cui rimane precluso di “ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l’efficacia dei propri precetti” (Corte cost., sent. n. 334/1996).




      Come può evincersi da queste pochissime notazioni, ad entrare in gioco sono le acquisizioni irretrattabili del modello pluralista e del pluralismo delle fedi e delle visioni del mondo che sono tra le virtù principali dello Stato costituzionale contemporaneo. A voler essere più precisi, invero, occorre ricordare come lo stesso Stato moderno, quale forma di organizzazione del potere politico, nasce sulla premessa fondante e fondativa di vanificare il ruolo della religione come fonte di legittimazione del potere e come collante per una civile convivenza dei consociati


È quantomeno ragionevole pensare che ciò sia accaduto perché le religioni (o meglio le Chiese) non hanno dato sufficienti prove della loro capacità di unire. La scelta dei Costituenti italiani del 1948, in linea con quanto stava accadendo nel resto della vecchia Europa, fu di inserire nella Carta fondamentale, in forma solenne ed indisponibile a qualsiasi futura maggioranza parlamentare, i principi per una rinnovata convivenza basata principalmente sui diritti e sulle libertà e sulla pari dignità sociale delle persone, senza alcuna discriminazione di sorta.

 Ciononostante le tentazioni temporaliste della Chiesa (storicamente e socialmente dominante) di esercitare una potestas indirecta ovvero una ingerenza su qualsiasi materia coinvolgente profili religiosi, sopite a seguito del Concilio vaticano II, si sono talmente rinvigorite in questo scorcio del nuovo millennio da aver svuotato di senso e di contenuto l’idea della laicità.

La carica esplosiva insita nell’idea di uno Stato equidistante dalle confessioni religiose perché sufficientemente in grado di determinare da sé l’etica pubblica, avendo come sua stella polare i principi sanciti nella Costituzione, si depotenzia ogni volta che le gerarchie ecclesiastiche ‘suggeriscono’ ai rappresentati del popolo sovrano i parametri cui commisurare la ‘bontà’ della laicità stessa (come chiedere ai rei di reinterpretare la norma incriminatrice).

 E si badi bene che non sono per essa rilevanti soltanto le classiche materie in cui la Chiesa ha, da sempre, appuntato la sua attenzione (insegnamento, riconoscimento civile dei matrimoni, famiglia, presenza di ministri di culto nelle istituzioni segreganti, esenzioni fiscali e varie); piuttosto essa tende a farsi portatrice di un ethos generale valido per tutta la società, somministrando ricette per l’immigrazione, le politiche sociali o contro ogni ‘sovvertimento dell’ordine naturale’.

 La laicità strettamente intesa, ovvero quanto di indisponibile vi è nella sua natura, viene identificata dalle gerarchie ecclesiastiche con il relativismo etico e con il pensiero debole, con lo sfrenato edonismo e l’egoismo individualistico, con il materialismo o con lo scientismo. La libertà di coscienza, il convincimento che valori, fedi, credi sono relativi a chi li professa, sovente vengono spacciati per relativismo etico, per assenza di valori, per indifferenza verso le diverse opzioni etiche.

Possiamo, dunque, dire che, pur non presentando i connotati tragici del passato (anche recente), i problemi legati ad un pieno dispiegamento dei molteplici contenuti del diritto di libertà religiosa (che implica anche una libertà dalla religione essendo assodato che anche gli atei godono di piena cittadinanza costituzionale; sul punto si leggano le interessanti notazioni di E. Lecaldano, Un’etica senza Dio, Laterza, Roma-Bari, 2006) continuano a riprodursi, oggi, con nuove ed inedite sembianze.

Sono in molti ad interrogarsi sulle cause che avrebbero determinato questa ‘rivincita di Dio’ e cioè la deprivatizzazione dell’esperienza religiosa che, da fenomeno individuale destinato a declinare a fronte della modernità e dei processi di secolarizzazione, ha rinverdito le sue pretese di farsi coscienza collettiva e vuole ambire a rioccupare gli spazi pubblici.

 

Anche dove le derive fondamentaliste, tipiche di ogni pretesa che si erge a verità assoluta e non negoziabile, sono meno di ostacolo ad una armoniosa integrazione tra le diverse istanze, la discussione intorno ai temi della laicità delle istituzioni pubbliche, dei suoi apparati e delle sue politiche, ha assunto toni intensi e problematici. Infatti, è assai controverso come il ‘ritorno al sacro’ possa coniugarsi con processi di secolarizzazione, altrettanto forti, osservabili nelle nostre società.

 

Nel passaggio storico sotteso al nuovo millennio emergono nuove contraddizioni. Per esempio, da una parte, i processi di integrazione europea tendono a diluire le specificità nazionali; dall’altra, i processi di complessificazione della società e di erosione della capacità regolativa del diritto (e della politica) nei confronti dell’ordine economico, risvegliano il bisogno di confortanti identità. Un collante, in questa ricerca di tratti identitari, è costituito proprio dalla comunanza di fede, accreditata di una più coinvolgente intensità in quanto l’agire delle persone di fede sarebbe sollecitato non solo da un senso di doverosità verso sé stessi e l’umanità, ma verso una entità che le sovrasta ed alla quale esse credono di dover prestare devozione ed obbedienza.

 

Rebus sic stantibus, da più parti si auspica un recupero della capacità dialogica tra i sostenitori della dimensione laica e secolarizzata e chi ritiene imprescindibile attingere al patrimonio della dottrina sociale della Chiesa onde evitare un allentamento ‘degenere’ dei vincoli sociali. A cosa è dovuta siffatta urgenza e, soprattutto, quanto è praticabile il dialogo?
Nell’era del postsecolare, come da taluno viene definito l’attuale contesto storico-sociale europeo, le società, pur avendo introiettato ed accolto i risultati della secolarizzazione tanto sul piano giuridico-istituzionale tanto su quello dei comportamenti individuali e collettivi, sembrerebbero ritrovarsi in uno ‘stato di insicurezza morale che porta le religioni a offrire il loro aiuto, in particolare nelle problematiche connesse alla natura umana’ (G. E. Rusconi,
Non abusare di Dio. Per un’etica laica, Rizzoli, Milano, 2007), influenzando per tale via la determinazione dell’etica pubblica.

 

Il vincolo ad obbedire, per i fedeli, vale non solo nella professione di fede ma anche nella loro qualità di cittadini in nome di quella verità ultima di cui la Chiesa si fa interprete unica non rendendola disponibile alla verifica dell’etica del dubbio (si veda, da ultimo, il densissimo libro di G. Zagrebelsky, Contro l’etica della verità, Laterza, Roma-Bari, 2008). L’etica pubblica, quando si traduce in statuizioni di diritto, necessita di norme di portata generale la cui primigenia fonte di ispirazione, nello Stato liberal-costituzionale, è il catalogo dei principi costituzionali e non certamente la dottrina morale della Chiesa. Detto in altri termini, si condivide appieno quella dottrina che vuole estranea alla esegesi delle disposizioni costituzionali la ricerca della giustificazioni dei diritti di libertà e dei loro antecedenti.

 

Se uno Stato vuole dirsi autenticamente laico, se vuole reggersi sulle sole risorse che il disegno costituzionale ha prefigurato, se vuole costruire dialetticamente il proprio ethos, allora non può – a meno di rinnegare le sue stesse premesse – chiedere ad altri di delinearne il contenuto abdicando ad essi un tale immane compito. Il surplus di rappresentazione delle posizioni della Chiesa, ogni volta che essa rivendica a sé la ‘naturalezza’ di giudizi etici assoluti sulle vicende umane, conferisce a tale confessione uno status iper privilegiato che è formalmente e sostanzialmente incompatibile con la cittadinanza democratica. Nello Stato costituzionale, come osserva Zagrebelsky, non può esistere una verità assoluta, unilateralmente intesa, da far valere come verità per tutti.

 

A fronte di una asserita verità non discutibile e non negoziabile, ad esempio in merito alla naturalità della famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio e sulla innaturalità ‘disordinata’ e ‘peccaminosa’ delle relazioni omosessuali, il laico fino a che punto può rinunciare al proprio punto di vista ed accettare supinamente che l’Italia al riguardo sconti un ritardo gravissimo rispetto agli altri ordinamenti europei?



      Di quest’ultima tematica, e di molte altre (dalla libertà di coscienza e di ateismo fino alle questioni di bioetica, dalle limitazioni possibili della ricerca scientifica fino alla censura cinematografica per motivi religiosi), tenterò di occuparmi, prossimamente, in questa rubrica.

Donatella Loprieno

Gli enti ecclesiastici salvano le anime o producono profitti assai meno spirituali?

Di Greta Massa Gallerano

Greta Massa Gallerano affronta in questo articolo una tematica alquanto scomoda e scottante: i privilegi, in termini di risorse fiscali, che un legislatore, poco attento al supremo principio di laicità dello Stato, continua a prevedere a favore degli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica. Le vicende della esenzione dell’Ici a favore degli immobili ecclesiastici le cui attività vanno ben oltre la “salvezza delle anime” trattandosi in molti casi di attività commerciali ‘belle e buone’ appare tanto irragionevole quanto foriera di ulteriori discriminazioni a scapito dei privati e delle altre formazioni sociali a carattere religioso. A fronte di una profonda crisi economica e fiscale che rende difficile la fruizione dei diritti sociali fondamentali dei cittadini (la salute, il lavoro, l’istruzione), a chi giova consolidare le posizioni di privilegio della Chiesa cattolica? Certamente non alla laicità dello Stato, certamente non al carattere sociale del nostro ordinamento ed, infine, certamente non al pluralismo democratico che avrebbe dovuto informare la politica ecclesiastica italiana.

Greta Massa Gallerano è dottoranda di ricerca in “Impresa, Stato e mercato”, Università della Calabria, Dipartimento di Scienze giuridiche “C. Mortati”: I suoi interessi spaziano dalle tematiche del federalismo fiscale (“L’evoluzione del modello di finanziamento delle Comunità autonome in Spagna. Dalla Costituzione del ’78 alle rivendicazioni in materia fiscale e finanziaria dei nuovi Statuti di autonomia” ; in S. Gambino (a cura di) Regionalismi e Statuti. Le riforme in Spagna e Italia, Milano, Giuffrè, 2008) alle questioni legate al finanziamento diretto ed indiretto alle confessioni religiose (“Il finanziamento pubblico indiretto alle confessioni religiose e il caso delle esenzioni fiscali a favore degli immobili ecclesiastici”, in N. Fiorita - D. Loprieno (a cura di) “La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali”, Fup, 2009, in corso di pubblicazione).

Donatella Loprieno



enti ecclesiastici I.C.I.1. Il caso ICI. Profili di costituzionalità

Negli ultimi anni, l’esenzione dal pagamento dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI) per i beni (immobili) di proprietà degli enti ecclesiastici, ha suscitato non poche perplessità promuovendo un forte dibattito sia nel mondo giuridico che in quello politico. Più in particolare, la questione ha riguardato (e riguarda tutt’ora) gli immobili ad uso ‘commerciale’ di proprietà dei suddetti enti nonché le conseguenti problematiche emerse in seguito alle diverse riforme intervenute nella disciplina di tale imposta.

 L’ICI, istituita con d.lgs. n. 504/1992, si applica a tutti gli immobili siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati e da chiunque posseduti a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione ecc. Come noto, il d.l. n. 93/2008, recante “Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie”, dispone, al suo art. 1, che “a decorrere dall’anno 2008 è esclusa dall’imposta comunale sugli immobili di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo”. Anche se quest’ultima previsione porrebbe ulteriori interrogativi con riferimento all’oggetto della nostra riflessione non ci soffermeremo su tale aspetto, posto che la nostra attenzione sarà incentrata, piuttosto, sul pagamento di tale imposta da parte dei titolari degli immobili finalizzati allo svolgimento di attività commerciali. Ciononostante, risulta doveroso riportare alcuni dati al fine di rendere meno astratto il nostro ragionamento.

 Innanzitutto, può affermarsi la difficoltà di definire con certezza l’immenso patrimonio immobiliare degli enti religiosi, in quanto non esiste un censimento preciso. Si parla di quasi 2000 enti ecclesiastici e 100 mila fabbricati per un valore di circa 8 - 9 miliardi di euro ed il mancato pagamento dell’ICI da parte di tali enti determina un potenziale ‘buco’ nelle casse dei comuni italiani di circa 700 milioni di euro annui (stime Associazione Nazionale dei Comuni italiani). La situazione risulta, pertanto, aggravata dalla summenzionata esenzione introdotta dal d.l. 93/2008. Quest’ultima, difatti, renderebbe ancora più ‘ingiustificato’ e difficilmente sostenibile, economicamente parlando, il mancato pagamento dell’ICI da parte degli immobili ad uso commerciale di proprietà degli enti ecclesiastici.
Tornando alla previsione generale - d.lgs. n. 504/1992 - bisogna sottolineare come quest’ultima conosca alcuni ‘temperamenti’ nel caso in cui gli immobili in questione appartengano a soggetti specifici e/o vengano destinati allo svolgimento di attività di rilievo sociale che lo Stato ritiene meritevoli di agevolazione. Tra queste ipotesi, oltre a quella prevista dall’art. 7, co. 1, lettera d), vale a dire i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, rientra quella prevista dall’art. 7, co. 1, lettera i), che esenta dal pagamento dell’ICI gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, co. 1, lettera c), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), ossia i cosiddetti enti non commerciali. Pertanto, i requisiti per godere dell’agevolazione sono sostanzialmente due: un elemento soggettivo consistente nell’uso dell’immobile da parte di enti non commerciali, tra cui sono ricompresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti; un elemento oggettivo, ossia l’impiego dell’edificio esclusivamente per i fini elencati dalla norma in quanto socialmente rilevanti ed improduttivi di reddito. Il significato della norma sembrerebbe sufficientemente chiaro. Tuttavia, non altrettanto può affermarsi circa l’interpretazione che ne è stata offerta nel corso degli anni, in particolar modo con riferimento alla ipotesi in cui gli enti ecclesiastici, oltre alle attività istituzionali loro proprie, esercitino, altresì, attività diverse da quelle elencate dalla norma, acquisendo natura oggettivamente commerciale (nella realtà fattuale: alberghi, strutture sanitarie, et similia).


      Nel corso degli anni, si è assistito ad un corposo contenzioso tra i sindaci e gli enti ecclesiastici che tramite una interpretazione ‘estensiva’ della norma hanno tentato di ampliare la suddetta esenzione applicandola anche a quegli immobili dotati di natura oggettivamente commerciale. Nel 2004, la Corte di Cassazione chiariva che l’esenzione poteva applicarsi solo agli immobili di tipo non commerciale, e dunque nei suddetti immobili non doveva essere esercitata in nessun modo attività di impresa. L’interpretazione della Corte di Cassazione risulta rigorosa: al requisito soggettivo e a quello oggettivo ne viene accostato un terzo che riserva l’esenzione alle sole attività di tipo non commerciale.

 In contraddizione a tale lettura giurisprudenziale, il legislatore è intervenuto con la legge n. 248/2005, rendendo l’esenzione applicabile anche alle attività indicate dalla previsione generale “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”. Si passava, pertanto, ad una valutazione delle agevolazioni fiscali basata esclusivamente su criteri di natura soggettiva cioè la natura non commerciale dell’ente proprietario dell’immobile. Tuttavia, occorre sottolineare che gli enti ecclesiastici, secondo quanto previsto dall’art. 149 del TUIR godono della qualifica di ente non commerciale a vita anche se esercitano in prevalenza attività commerciale per uno o più periodi di imposta.

In sostituzione di tale interpretazione, già sotto osservazione presso la Commissione europea, è intervenuto il d.l. n. 223/2006 che ripristina l’obbligo del pagamento dell’imposta ma l’estensione si intende ora applicabile alle attività “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”. L’intento, probabilmente, era quello di ‘mitigare gli animi’ di alcune frange della politica, dei sindaci di molte città nonché della stessa Unione europea, particolarmente agitati in quel periodo dal fin troppo esplicito privilegio fiscale previsto dalla legge n. 248/2005. Tuttavia, tale previsione ha finito per costituire un ulteriore elemento di confusione all’interno di un quadro già compromesso dando luogo a difficoltà “interpretative ed applicative”: cosa si intende per natura ‘non esclusivamente’ commerciale? È sufficiente una pur minima attività di carattere religioso per far scattare l’esenzione o «l’avverbio esclusivamente significa ben poco in quanto una attività o è commerciale o non lo è e quindi la sua introduzione è legata al fatto che in alcuni casi il servizio sociale non è del tutto gratuito» (Tesauro F., “La Chiesa non ha l’esclusiva delle agevolazioni fiscali”, intervista per Panorama, 30 agosto 2007)?


    Come autorevolmente sostenuto con riferimento a quanto disposto dalla legge n. 248/2005, «ove si volesse convenire con quanto è andata affermando la Cassazione in questi anni, si dovrebbe ritenere che l’esonero dal regime generale impositivo si rivela manifestamente irragionevole, in quanto viene accordato in presenza di una attività (commerciale) diversa da quelle che giustificano l’attribuzione del beneficio fiscale, con conseguente violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione» (Fiorita N., “Prime riflessioni sulla politica ecclesiastica degli ultimi anni: enti ecclesiastici e agevolazioni fiscali”, in Diritto pubblico, 2, 2006).

      Analizzando quanto previsto dal d.l. n. 223/2006, tuttavia, può argomentarsi che ci troviamo, anche in tal caso, di fronte ad una violazione dei suddetti articoli della Carta costituzionale in quanto l’esenzione continua, comunque, ad essere accordata in presenza di una attività commerciale anche se tale attività non ha ‘esclusivamente’ natura commerciale, cioè lo è solo in parte. Tale previsione, pertanto, struttura il requisito per godere dell’agevolazione in termini di “non esclusività” dell’utilizzo del bene e non di “prevalenza”. Dunque, risulterebbe sufficiente una designazione non commerciale dell’immobile, anche se marginale, per ritenere soddisfatto il requisito della non esclusività.


      In realtà, i diversi interventi in materia (d.l. n. 223/2006 compreso) sembrano confermare il ricorrente favor politico italiano nei confronti di determinate confessioni religiose, rappresentando una precisa scelta del Governo volta a dare un chiaro riconoscimento del ruolo sociale svolto dagli enti religiosi. Tale scelta, tuttavia, ‘altera’ il principio di laicità quale «profilo della forma di Stato delineata nella nostra Carta costituzionale della Repubblica»( Corte Cost. Sent. n. 203/1989), quello d’uguaglianza e quello di capacità contributiva come anche quello comunitario della libertà della concorrenza.
Alla luce di quanto fin qui esposto, si potrebbe sostenere che l’esenzione dal pagamento di determinate imposte a favore di quegli enti ecclesiastici le cui finalità travalicano la ‘missione’ loro propria di

religione e di culto, divenendo queste di natura propriamente commerciale, condurrebbe ad una ulteriore forma di discriminazione tra attività commerciali ‘religiose’ ed attività commerciali ‘laiche’, potremmo dire tra contribuenti di serie “A” e contribuenti di serie “B”. Difatti, l’esenzione dal pagamento di determinati tributi, ha portato le confessioni religiose a trovarsi in un sistema di libera concorrenza con quelle attività economicamente rilevanti che dovrebbero trovarsi ad agire in un sistema in cui la concorrenza risulti sana e non falsata, così come previsto dalle disposizioni comunitarie sugli aiuti di Stato. Ed è specificatamente su questo profilo che si gioca il tema della compatibilità comunitaria della normativa in questione.

2. La compatibilità dell’esenzione ICI con le regole comunitarie in materia di aiuti di Stato.

Prima di prendere in esame la possibile violazione del divieto di aiuti di Stato sancito dal Trattato UE, un richiamo risulta necessario per chiarire l’oggetto di queste brevi riflessioni. Come noto, l’Unione europea “rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri” e “rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali”. Il problema si pone, come fin’ora evidenziato, con riferimento alle attività ‘economiche’ collegate a quella ‘pastorale’ dei suddetti immobili e non, appunto, allo status di cui godono le chiese in virtù della legislazione nazionale.

Tanto premesso, se prendiamo in considerazione non solo gli sgravi sull’ICI, ma anche quelli sull’IRES e sull’IRAP, di cui godono i suddetti immobili, la possibilità di trovarsi in presenza dell’aiuto di Stato assume una certa consistenza. Difatti, secondo l’art. 87 del Trattato sull’Unione europea, che attiene al divieto di aiuti di Stato, sono vietate le agevolazioni fiscali, “sotto qualsiasi forma”, che avvantaggino solo alcune tra le imprese che operano all’interno del mercato comune e che si presentino, dunque, come “agevolazioni di tipo selettivo”.


A tale previsione è necessario accostare l’approccio pragmatico della Commissione europea e della Corte di Giustizia europea secondo cui, nella nozione di aiuti di Stato, rientra qualsiasi misura che direttamente o indirettamente produca per l’impresa un beneficio economico. Inoltre, così come ha più volte affermato la Corte di Giustizia, la compatibilità degli aiuti di Stato va «valutata non già in ragione delle forme che (tali aiuti) assumono, bensì degli effetti che producono sulla posizione delle imprese». Conseguentemente, la minore tassazione, ossia i cosiddetti aiuti fiscali, rientrano a pieno titolo nella nozione di aiuti di Stato, mentre nella nozione di impresa può essere ricondotto «qualunque soggetto o ente che eserciti una attività economica, che offra cioè beni e servizi su un determinato mercato». Bisogna poi sottolineare che, ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza, la forma giuridica assunta dall’impresa non risulta rilevante; pertanto, «l’assenza del fine di lucro, di per sé, non priva affatto l’attività svolta della sua portata economica ed il soggetto che la svolge della qualifica di impresa».


Con un simile quadro di riferimento diviene inevitabile interrogarsi circa la compatibilità dell’esenzione ICI con le regole in materia di aiuti di Stato, in particolar modo con riferimento a quello che risulta essere il ‘nocciolo duro’ della questione e al quale facevamo riferimento poc’anzi: il fatto che sul mercato operano altri soggetti - ‘concorrenti laici’ - che non possono accedere alla agevolazione e che pertanto si trovano a competere in uno scenario in cui la «competizione ad armi pari» risulta distorta. Al contempo, potrebbe argomentarsi che la scarsa rilevanza dell’agevolazione fiscale sul mercato comunitario risulti bastevole a far decadere ogni ‘ragionevole dubbio’ circa la violazione del divieto di aiuti di Stato.


 

Tuttavia, come anticipato, l’esperienza comunitaria è rigorosa nel ritenere sufficiente anche il solo rafforzamento della posizione dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione rispetto all’inserimento nel mercato nazionale dei concorrenti comunitari.




     

Non desta soverchio stupore, pertanto, la richiesta di informazioni supplementari presentata dall’Unione europea nell’agosto del 2007 al Governo italiano, alla quale è seguita una nuova richiesta di informazioni inviata dalla Commissione europea nel novembre dello stesso anno. Quest’ultima non può essere superficialmente indicata (come da più parti si è fatto) come la volontà di Bruxelles di imporre l’ICI sulle chiese o sui luoghi di culto; l’intento, legittimo, della Commissione risulta piuttosto quello di avere un quadro preciso degli immobili che vengono utilizzati per fini commerciali e in che misura. Il problema, dunque, riguarda la discriminazione che si viene a creare tra attività commerciali ‘religiose’ ed attività commerciali ‘laiche’, in deroga ai principi nazionali e comunitari.

 

Tale argomentazione può essere maggiormente compresa se si considera che la stessa Commissione europea ha (re)agito in risposta ad un numero importante di istanze, provenienti da operatori italiani nel campo turistico-alberghiero come anche della sanità; istanze che riguardavano talune misure fiscali che avrebbero potuto, appunto, avvantaggiare certe imprese o essere suscettibili di falsare la concorrenza in ambito commerciale. Tuttavia, le risposte da Bruxelles tardano ad arrivare. Il ‘dossier’ sugli sgravi fiscali, dopo più di un anno, è ancora al vaglio della Commissione che continua a prendere tempo in considerazione di ingombranti pressioni politiche che spingono per una archiviazione.


      In conclusione, sembra potersi affermare che il «requisito per il ripristino di condizioni minime di equità e parità di trattamento è la definitiva esclusione da qualsiasi beneficio/privilegio fiscale per le attività che abbiano natura commerciale, qualsiasi sia il settore in cui operano, ripristinando così un criterio di rilievo costituzionale di corretta relazione tra articolazione del prelievo e capacità contributiva» (Nucara A., Pontesilli C., “L’ICI prigioniera dei privilegi”, Il Sole 24Ore, 18 luglio 2007).

 

Non si tratta, si badi bene, di far pagare l’ICI sui luoghi di culto, né tantomeno su quelli già esentati dalla norma (a ragion veduta) se utilizzati per fini sociali (come le mense per gli indigenti o i centri di accoglienza).

Si tratta di far rientrare gli enti ecclesiastici all’interno del dovere tributario e di capacità contributiva nonché del diritto di concorrenza quando, e nella misura in cui, questi esercitino attività di tipo commerciale. Si tratta, ancora una volta, della necessità di addivenire ad un più corretto rapporto tra Stato e Chiesa in ossequio alla piena attuazione del principio di uguaglianza e del supremo principio di laicità dello Stato.

Greta Massa Gallerano
Dottoranda di ricerca in ‘Impresa Stato e Mercato’
Dipartimento Scienze Giuridiche
Università della Calabria

<§> LUCE INFINITA DELL'AMORE, DELLA COMPASSIONE, DELLA VERITA' <§>


 


 



giovedì 3 maggio 2012

NOVECENTO di Bertolucci


BURT LANCASTER – Scena iniziale di NOVECENTO di Bertolucci

Perché iniziare con Burt Lancaster, un affresco corale come il film NOVECENTO? Filmati completi ed esaustivi sulle condizioni sociali, lavorative, politiche dei 50anni che videro l’Italia (dalla fine dell’800 alla fine della 2° Guerra Mondiale), non sono reperibili se non in forma fotografica, privati perciò di coralità e continuità.

Dalle scene iniziali nelle quali vediamo un Burt Lancaster proprietario terriero: la mia scelta è caduta sul grande attore americano come una sorta di *prototipo di padrone*, come ne conosceranno di simili milioni d’italiani, negli anni a seguire, fino ai giorni nostri, in questo 2012 che si preannuncia foriero di profondi mutamenti d’ogni profilo umano.

Questo proprietario terriero, assieme ad altri, davanti alle primissime proteste per le pessime, tragiche condizioni nelle quali versa un mondo del lavoro preminentemente contadino, si riuniscono e decidono di *finanziare gruppi di prezzolati mercenari che confluiranno tutti, nel neonato P.N.F. di Benito Mussolini.

Per l’Italia, inizia “un’altra storia” tragica e dura ed il film che solo sullo schermo finisce nel ’45….Durererà fino ai giorni nostri con “l’invisibilità di un nuovissimo tipo di Padrone senza volto…Il Nuovo Ordine Mondiale”. Alessandro



Novecento (film)


Novecento

Titolo originale
Novecento
Paese
Anno
Durata
318 min
Colore
colore
Audio
sonoro
drammatico, storico
Casa di produzione
Distribuzione (Italia)
Costumi

Novecento è un film del 1976 diretto da Bernardo Bertolucci.

Fu presentato fuori concorso al 29º Festival di Cannes.

Trama

Il film narra la storia di due italiani nati lo stesso giorno (il 27 gennaio 1901, stesso giorno della morte di Giuseppe Verdi), nello stesso luogo (una grande fattoria emiliana) ma su fronti opposti: Alfredo è figlio dei ricchi proprietari della fattoria, i Berlinghieri; Olmo è figlio di Rosina, contadina vedova della medesima fattoria, e non sa chi è suo padre data la promiscuità nella quale vivevano i contadini all'inizio del XX secolo, segregati di notte e sfruttati di giorno come bestie da soma. In effetti, in una scena dove Giovanni, il padre di Alfredo, pronuncia parole affettuose nei confronti di Olmo invitandolo dolcemente a rientrare in casa, potrebbe far intuire che Alfredo sia il fratellastro di Olmo. Proprio le lotte contadine e la Grande Guerra dapprima, e il fascismo con la lotta partigiana per la Liberazione poi, sono al centro dei fatti che si susseguono, con al centro, e per filo conduttore, la vita dei due nemici-amici, impersonati in età adulta da Gérard Depardieu (Olmo) e da Robert De Niro (Alfredo).

Burt Lancaster, nel ruolo del nonno di Alfredo, e Donald Sutherland nel ruolo del violento, cinico e spietato Attila, chiamato con la sua ferocia asservita al potere a rappresentare l'arrivo devastante del fascismo in un paese dove la ricca borghesia iniziava a temere le varie organizzazioni socialiste a difesa dei lavoratori, sono alcuni degli altri indimenticabili volti di questa pellicola. L'ultima parte del film si riallaccia alle scene iniziali, quando, durante il sospirato giorno della Liberazione, Attila viene finalmente giustiziato nel cimitero, di fronte alle tombe delle sue vittime, e Alfredo viene preso in ostaggio da un ragazzino armato di un fucile ricevuto dai partigiani. Olmo, creduto morto, ricompare ed inscena un processo sommario al Padrone Alfredo Berlinghieri. Il legame di amicizia prevale e Olmo "condanna" Alfredo ad una morte virtuale (in realtà sottraendolo al linciaggio), inizialmente poco compresa dagli altri paesani, ma alla fine coralmente accettata con una sfrenata e liberatoria corsa nei campi, sotto l'enorme bandiera rossa cresciuta e tenuta nascosta durante il ventennio.

Le forze dell'ordine sopraggiungono per intimare il disarmo ai partigiani, ed è proprio Olmo ad accettare per primo di deporre il fucile dopo aver sparato in aria per simboleggiare l'esecuzione della parte vile e malvagia del suo amico più caro. Alfredo ed Olmo iniziano così a scherzare di nuovo, accapigliandosi come da bambini. Il film si chiude sui due amici che, ormai anziani, continuano ad azzuffarsi nei luoghi dell'infanzia, con Olmo che continua, come faceva da bambino, a sentire la voce del padre (mai conosciuto) in un palo del telegrafo e Alfredo che goliardicamente si uccide come da piccolo si stendeva per gioco e imitando lo spericolato Olmo sulle traversine dei binari del treno in arrivo.

Accoglienza

Nei cinema italiani il film venne proiettato, con grande successo, in due fasi successive (Novecento Atto I e Novecento Atto II). Negli Stati Uniti si dovette proporre una sola pellicola ridotta a quattro ore (comunque troppe per le sale americane) ma questo film non ebbe successo.

Location

Il film è stato girato in Provincia di Parma, in Provincia di Cremona, in Provincia di Reggio Emilia e in Provincia di Mantova. La fattoria in cui si è svolto il film è l'azienda agricola Corte delle Piacentine del 1820 situata a Roncole Verdi, frazione di Busseto. I luoghi sono quelli di Giovanni Guareschi e Giuseppe Verdi. Infatti il primo è sepolto a Roncole Verdi, mentre il secondo è nato a Roncole Verdi come ricorda lo stesso nome della frazione. Molte scene furono girate anche a Rivarolo del Re ed Uniti (CR), Guastalla (RE) e a San Giovanni in Croce (CR).

Nel mantovano la troupe girò alcune scene al santuario delle Grazie di Curtatone e in una villa di San Prospero di Suzzara mentre nel cimitero vecchio di Poggio Rusco venne girata l’esecuzione del fascista Attila. Anche nel palazzo Canossa e nell'omonima piazza del centro storico di Mantova, furono filmate scene del film.

Backstage

Sul set del film il regista Gianni Amelio girò il documentario Bertolucci secondo il cinema. Bertolucci ha raccontato che durante le riprese la troupe del suo film sfidò piu' volte in avvincenti partite di calcio la troupe del film Salò o le 120 giornate di Sodoma che Pier Paolo Pasolini stava girando proprio nelle vicinanze. Tenuto conto che Pasolini morì (assassinato) il 2 novembre 1975, le riprese di Novecento, uscito nel 1976, dovettero impegnare Bertolucci per un arco di tempo decisamente ampio.

Note

  1. ^ (EN) Official Selection 1976. festival-cannes.fr. URL consultato il 18 giugno 2011.

* Novecento [1900] - 1976 - Parte 1: http://www.youtube.com/watch?v=bNe_n0CY5Fg
* Novecento [1900] - 1976 - Parte 2: http://www.youtube.com/watch?v=Oia_n2GoBAI

)§( LUCE INFINITA DELL'AMORE, DELLA COMPASSIONE, DELLA VERITA' )§(